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Torino, tra pioggia e vento

20191220_161128Non saprei proprio da dove cominciare a scrivere alcune riflessioni, malgrado il vento, fastidioso. Nel tram, arancione, serie 28,  un ombrello solitario fa il giro del 15, e chissà per quante volte, in una giornata, dato che al sottoscritto è  capitato di vederlo al solito posto, in orari e direzioni  diversi. Chissa in quali circostanze è  stato dimenticato: proprietario assorto nei suoi pensieri, impegnato in una discussione, conversazione, telefonata o chissà  che. Ombrello fermo, al solito posto, contemplato da chissà quanti occhi in un giro di pensieri: lo prendo, non lo prendo, lo dico, non lo dico, lo lascio. Eppure, pioveva, e chissà a quanti avrebbe fatto comodo, in prestito, una forma di possesso temporaneo. Pavimento lucido, bagnato, tram mezzo pieno o mezzo vuoto, il che è  uguale, luci ad intermittenza che invogliano a socchiudere gli occhi, anche questi, ad intermittenza, e lasciarsi cullare dai ricordi, la nenia dello sferragliare, lento, scivoloso,  quando c’era il biglietto e salirci su, in famiglia, era una festa. Dalle fessure degli occhi e dai finestrini appannati si schiude la città, la frenesia, delle compere,del tutto, del niente, la Gran Madre, la sua piazza e l’abbraccio, i Cappuccini, piazza Vittorio, via Po con le sue Chiese ed i suoi Presepi, la magia di una città altrettanto magica che scivola via…aspettando sera.

20191220_155318Ma avrei potuto scrivere dei libri, da leggere, regalare, tenere, mettere  insieme, per comporre un albero, di pagine…oppure di una bellissima libreria, 20191221_190352quella del bar del Polo del ‘900, in corso Valdocco, a Torino, da consultare, sorseggiando un buon caffè, prima di avventurarsi sul tram, alla scoperta di Torino e di…un ombrello e della sua nobile storia dimenticata e ricercata in un tram.

28 aprile

20190428_160432Il vento alza il polline e ondeggia il pallone, e ad ogni fermata del tram, a porte aperte, si insinua il polline, e ci si stropiccia gli occhi e riparte il tram e partono starnuti, di tutti un po`, a turni, per la par condicio. A piazza Vittorio, dove un tempo, molto lontano, c’erano le giostre e la cioccolata di Ghigo, e il parcheggio delle macchine, prima della piazza pedonalizzata, i chioschi per il festival del gelato. Oggi, il vento spazzava via le sedie di qualche bar, sparpagliate e disordinate, pronte per la sera, e allontanava l’annuncio estivo fatto di coni. Dal tram e sul ponte, Superga e la Gran Madre sembrano due regine e il Po ed il Monviso due re. Oggi, 28 aprile, lo sferragliare del tram ricorda quello di un treno, il Parigi Napoli express con fermata a Pisa, sotto la Torre. Chissà  che fine ha fatto, quel treno…

“Qui Roma”

“Qui Roma”. Piazza Vittorio. Roma. Quartiere multietnico,  come si sostiene e come di fatto è.  Avanzandomi “spiccioli” di ore di “vacanze romane” termino il mio viaggio con la metro A,  nelle viscere della capitale,  esattamente alla fermata metro “Piazza Vittorio”. Le scale mobili,  l’uscita,  dopo quelle e le tradizionali, la segnaletica “M”, proprio in faccia ad un portone che rimanda ad un film: “era della Laura,   Morante?” I portici contribuiscono a rendere questa porzione  di capitale, molto sabauda,  simile a Torino, ma mai fredda,   con i portici simili  a quelli di pizza Statuto,   palazzi umbertini,  tram verdi che sferragliano direzione Termini,  o Togliatti, che resistono,  (tutto,  binari,  tram,  bancarelle… ) e il mercato coperto,  Esquilino,  che resiste,  negli anni con il suo stesso identico fascino di sempre.  Al centro della piazza il giardino,  tanto confuso, e davanti le tre direttrici che confluiscono verso Santa  Maria Maggiore.  Spiccioli,  di tempo,  e monete,  ne ho ancora e quindi decido di proiettarmi all’interno del mercato. Cibarie di ogni tempo,  primizie o frutta fuori tempo massimo. Lucida,  invitante,  come l’uva.  I profumi e i colori si perdono nell’aria sollecitando olfatto e vista. L’umanità  qui è  infinita e una babele di lingue stordisce i passanti. Dopo aver comprato qualche frutto recupero l’uscita.  Mi ridesta lo sferragliare piu’ imponente, difatti sento un treno fischiare. Il trincerone di Termini è  a due passi da qui. Un altro  treno fischia,  quasi per salutarmi, e nel farlo pare tanto il rumore di un petardo,  di un capodanno di venti anni fa. Quando la cronaca cittadina di questo spicchio romano potevi leggerla sulla carta di… “Qui Roma”. Con la Stampa,  ovviamente,  con un piede qua e uno su,  sotto gli altri portici. Di Torino. Tanto e molto altro ancora,  “qui, a Roma”,  addentando un gustosissimo “trapizzino” al pollo,  a quattro euro. Tutto bello,  tutto buono,  tutto un sogno. “Qui Roma”.

Libera

Lunedi, 21 marzo. E’ primavera, inizio del rifiorire. La settimana e la giornata cominciano di prima mattina. Al lunedi e’ cosi: si fa memoria, si programna, si riflette, si ricordano  le cose fatte e quelle da fare, i consigli da fare, da dare, ordinari e straordinari; la rassegna stampa, un caffe’ e fuori dalle vetrine del bar, i ragazzi che schiamazzano, riassumendo ieri e ipotizzando oggi. Prima dell’entrata. Sono leggeri, colorati, casinisti, talvolta, incasinati spesso, sghignazzanti e piagnucolanti a fasi alterne. Sognano la liberta’ estiva e il movimento, t-shirt e calzoncini corti, mare e sole sulla pelle.Espressione di una canzone di Lorenzo Cherubini. Tra poco, dopo l’appello,  si muoveranno verso piazza Vittorio, con un paio di insegnanti al seguito, come prescrive la normativa. E’ il giorno della marcia di Libera: partenza prevista per le 9.00 da Piazza Vittorio. Arrivo previsto, in piazza Carignano per le 10.30. E’ la Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. “Ponti di memoria, luoghi d’impegno”. Una manifestazione che avra’ luogo contemporaneamente in altre citta’ italiane. E’ una manifestazione che Libera promuove da un po’ di anni: 21. Saranno scanditi i nomi di tutte le vittime innocenti delle mafie. Penso a Peppino Impastato, i cento passi, al suo impegno. I ragazzi si muovono mentre io resto inchiodato nella lettura dei quotidiani. Dopo 88 anni un Presidente Usa (Obama)si reca a Cuba e qualche politico resta amareggiato dal fatto che non sia Raul sulla pista ad omaggiare. Fiore bianco e rosa. Il primo a Michelle, i secondi alle figlie. Resto inchiodato e rattristato dalla notizia sulla strage “delle studentesse”, un bus di ritorno da una gita e una festa a Valencia  esce fuori strada e in 13 trovano la morte.  Un incidente, una tragedia. Finisce fuori strada un bus: 13 studentesse morte, tra queste 7 italiane. Si trovavano in Spagna per l’Erasmus. Belle, giovani, colorate, al termine dei loro studi. Non riesco ad aggiungere altro, ne’pensare, ne’ scrivere.

Bugie a portata di mano

Foto Borrelli Romano. Preparazione bugie“Una volta, al mondo, non c’era il fuoco. Gli uomini avevano freddo e andarono da Sant’Antonio…” Sul tavolo, in ordine sparso, farina, zucchero, marmellata, latte, ricette, fiabe di Calvino e bugie in divenire. Foto Borrelli Romano preparazione bugieTutto mischiato, nel tempo. Mani impastate nei miei ieri e nei miei oggi. Bugie passate e presenti. Polvere di farina sparpagliata come d’estate,  spighe al vento, capelli biondi appena mossi…impasto, pulisco e…assaggio. Buone. Un velo ancora, necessario per addolcire e passare oltre. Zucchero a velo come neve. L’ambiente e’ caldo e io accaldato da tutto questo impasto. La luna in cielo e’ un forte richiamo. “Quasi quasi esco” . Dalle parti della Gran Madre, lei, luna,  si specchia nel fiume come una bella donna mentre il traffico impazzisce e mi stordisce. Ha un bel viso acceso. Luci dei fari che abbagliano gli occhi e occhi abbagliati da occhi troppo luccicanti e cuore infiammato e luci tremolanti simili a luci di candele accese all’interno di una Chiesa. Un tempo da queste parti, i Muri, si era soliti alzare bicchieri e calici alla mano per brindare a baci e bugie mai troppo dolci. “Sei la mia passione piu’ grande” recita una scritta sul muro, tra strada, Muri e fiume. Mi passa affianco una coppia stretta stretta o forse era solo il tempo, che passa. Passo, passa, passava, passavano, passano, i passi di tutti.  Marciapiedi slabbrati. Ricordi frammentati e parecchio appuntiti. Bello da quaggiu’, il fiume ed il suo scorrere con la vita. Altro giro altra ruota. “Venghino signori, venghino” risuona ancora piazza Vittorio, quando il Carnevale passava e si fermava qui: baracconi e profumi di cioccolata e zucchero filato e filarini dietro ragazzine.  Cioccolata, Parini e il giovin signore, carrozze, cavalli e signorine. Tutto scorre e tutti corrono. Almeno per un …Po. Mi specchio sulle acque del fiume affacciandomi appena appena, stando attento a non scivolare nel pantano dei ricordi, prima di Roma e prima di che…L’affaccio sul mondo, ieri, oggi e domani, civilta’ globale.  Lo fa anche una ragazza con due trecce bellissime e due orecchini la fine del mondo. Sorride.  La osservo mentre lei scruta  il suo viso riflesso nell’acqua: le trecce paiono due corde sul pozzo, il viso solcato dal fiume disegna rughe bugiarde, lei muove il dito, quasi a volersi ridisegnare. Forse non si piace. E’ carina, nei suoi riflessi rossicci. Non avrebbe bisogno di “truccarsi” col dito…nell’acqua. E’ la ragazza con l’orecchino di perle. Lungo il marciapiede accarezzato dall’acqua “vaporosa” siamo in tanti, a truccarci, o mascherarci. Maschere Di Varnevale. Tutti allo stesso istante. E’ Carnevale. “Puff”. Mi e’ passata la voglia di stare fuori. Corro a casa. Bugie a portata di mano…bugie a/tradimento….il che e’ la stessa cosa. Sul tavolo, un libro ancora aperto. Un ricordo, una filastrocca piemontese: “cesa  granda campanun ca fa dun dun…” c’e’ posto ancora per una bugia. “Venghino, venghino…”

Un viaggio chiamato amore

“Questo viaggio chiamavamo amore” e’ terminato. I titoli di coda scorrono velocemente mentre TFF Torino p.zza Castello 27 11 2015.Borrelli Romanova avanti, sequenza dopo sequenza, ancora per qualche giorno.20151127_182941 Fa sempre piacere rileggere una pagina di storia, quella di Sibilla Aleramo e Dino Campana. Provare a inquadrarla, oggi, diversamente da ieri: il carteggio, la prima guerra mondiale, italiano, storia e psicologia. Oggi con qualche strumento in piu. Qualche nozione da restituire a scuola. Quando in una classe la storia e la scuola non sono due sofferenze. Massimo  T. di Giunti afferma che “Una donna” e’ un libro da comodino. Dopo averlo rivisto, (film) e in merito ad alcune scene, pensavo dicesse da…”letto”. Ma era Campana che era un…tipo. Nonostante fosse lui a voler scrivere un tipo, di lei. E, “baciarle la mano”. In ogni caso ha ragione Massimo quando afferma che e’  un ottimo libro.. Infatti uno lo custodisco nei pressi, del comodino, mentre questo che ho appena comprato, da Giunti, mi serve per regalarlo. Anche la scuola e'” un viaggio chiamato amore”. Una passione. Fa freddo, questa sera, a Torino,  ma fuori si sta bene e sotto la luna piena pure. Nell’aria vibra vento gelido e polemiche sul Dome, il pallone posizionato in piazza Vittorio: 22 metri per 16 in una piazza “aulica”. Nell’aria risuonano ancora musiche e danze di donne nella giornata contro la violenza sulle donne, quando era mercoledi, sotto l’atrio di Porta Nuova. 25 11 2015 foto borrelli romano.porta nuova Probabilmente e’ l’effetto Campana. Via GaribaldiTorino bia Garibaldi 27 11 2015 borrelli romano e’ una poesia, scritta da una L28. A dire il vero e’ un pochino piu’ lunghina e  mi sembrera’ fra qualche ora non piu’ una ragazzina ma una bellissima.. trentenne. Gia’ perche’ l’85 e’ l’anno in cui mori’la Morante e l’anno in cui nacque un’altra grande passione.  E’ l’effetto tempo. Sara’ una L 30. La percorro tutta e la srotolo. Poi torno indietro, in piazza Castello. Il presepe e’ pronto. Sull’albero invece ci si lavora. Costeggio la Facolta’di ieri, il mio passaporto per oggi. Un biglietto. Per un viaggio chiamato amore.

Ancora dai Cappuccini

20150710_163414Terminato il lavoro attraverso velocemente il mio quartiere, solcando e disegnando sul suo suolo con le mie emozioni. Entro da Alberto il giornalaio. Chiedo un biglietto del tram, di quelli commemorativi, don Bosco e la Sindone. “Un euro e cinquanta”, mi dice. Porgo le monetine, scendo i tre gradini che separano il suo negozio dal manto stradale e vado verso la fermata del tram. Tre fermate e sono a Porta Pila. Un incontro di storia e geografia. Dai finestrini aperti sento una babele di lingue. “Vivi, vivi”, chi vende le olive. “Due eulo” chi vende la frutta dagli occhi orientali. Qualcuno intona la Marsigliese. E poi profumi e odori che invadono questo carrozzone, mentre io, intento a recarmi ai Cappuccini, osservo, rifletto, ripasso storia e geografia. Personalizzandola. Mi ripeto che forse scrivere di  storia è  un po’ come incasinare la geografia. Ripenso alla storia recente, personale. Le ultime ore,  prima della discussione tesi sono state anche quelle speciali. “Personalmente credo”. “Mentre iI mio quartiere si colorava dei miei colori delle mie emozioni. Al mio passaggio, contaminandoci vicendevolmente.” Valdocco. “Che bella Chiesa” ha esclamato lo zio Vito mentre con la macchina tagliavamo a fette pezzi di storia. E intanto mentre pensavo a come prendere l’abbrivio del discorso ripensavo a come pezzi del mio quartiere si erano trasformati in una sorta di cattedrale e  forse stava andando in scena una messa laica che si celebrava dopo neanche una parentesi graffa di neanche 5 anni.  Parentesi. Al cui interno un’altra quadra ne conteneva lavoro studio e frequenza di “mercanti di luce” dove rovesciare grandi quantitativi di “perché “. Parentesi tonde da sviluppare e ai loro esterni,   parentesi piu belle di amore,  di “treccia”,  di trecce, di occhi scuri,  mare e cuori, disegnati in ogni orizzonte. Talvolta si e’ corso il rischio di evaporare ma alla fine è  stato il cuore che ha dettato il ritmo e tenuto tutto, al cuore di tutto. Forse non è stata una suonata di una meravigliosa orchestra 20150710_110347ma sintesi  di una robusta realta’,  bhe’,  questo si. Ah! Come sono belli i sogni quando si realizzano. E perché  no,  anche quando si pensa e si immagina di sentirsi un pichino all’altezza nel poterli realizzare…. a costo di! Sogni che viaggiano,  scrissi qui sopra,  agosto 2014. Eh si,  la vita “le’ bela,  le’ bela’”. Torino passa velocemente al mio passaggio: le vele dell’universita’, il gasometro, il fiume, piazza Vittorio, la Gran Madre, ancora la scarpinata. Pantaloncini hipster,  scarpe stringate,  macchinette digitali e macchine che io non ho e che queste si,  mai sognate. Ma intanto risalgo. Faticosamente. Col cuore. La vetta, finalmente raggiunta! Che bella Torino da quassu’… con la storia che…. mi piace rileggere. Ammiro, contemplo e leggo la storia. Il tempo avanza. Per un attimo mi sembra di essere a Urbino. Inavvertitamente pronuncio:”ma dove sei? ” E’quasi ora di rientrare. Da piazza Syntagma ci sara’ un discorso….non lo voglio perdere. 20150711_113547

Torino. Dal monte dei Cappuccini

Da quassu’ (dal Monte dei Cappuccini) la musica è davvero diversa. Dopo aver raggiunto piazza Gran Madre in tram, quello verde, storico,  la metà del mio numero preferito, il 13,  allungo il passo, almeno fino a che riesco, dal momento che questo piccolo sentiero torinese, su per questo piccolo monte, per le mie gambe è pari all’intensità del sentiero numero 4 di Gressoney di lontana memoria quando le cime delle montagne allungavano e stringevano i loro occhi a mo’ delle orientali. Ma erano solo miraggi dopo una lunghissima scarpinata di quattro lunghissime e faticosissime ore. Qui siamo sotto il quarto d’ora di marcia e nessun paio di occhi, tantomeno a mandorla, incrociano i miei,  (fa un caldo pazzesco e a quest’ora, le 13, la metà del mio numero preferito, sono l’unico in giro) a parte un banalissimo cannocchiale per vedere meglio la citta”. Basta una semplice moneta e  Torino è ai miei piedi, distesa ma non addormentata. Torino è tra le mie braccia, si culla o la cullo. O ci culliamo vicendevolmente. Si allunga e mi offre le sue bellezze, i suoi tesori. Allungo le mani e “acciuffo” con il cannocchiale  quanto desidero e dal lato in cui è più desiderabile e propensa a farsi amare. La città. Ti piace, eh, questo modo di procedere? Piazza Vittorio con i suoi 22 locali …li immagino…immagino la gente parlare del più e del meno e parlando e riparlando, girovagare tra tempi passati e presenti e orientare al futuro tra mani che si tendono, protendono e si allacciano. Piazza Gran Madre, una Basilica a cielo aperto solo pochi giorni fa, con le sue saracinesche tirate su, lambita da un venticello appena appena “udibile”. All’orizzonte qualche uccello distende le ali, si gonfia, per prendere “la sua rincorsa” e lasciarsi andare. Allungo lo sguardo oltre la direttrice della metro torinese, con le sue stazioni e le stazioni “bike”: 127, come una macchina di un tempo, quando la si caricava per bene perché la città chiudeva per ferie e si scendeva giù. Al Sud. Allungo ancora lo sguardo, verso la città e vedo il porticato di una facoltà, ragazzi e ragazze ripetersi la lezione, per loro sinonimo di futuro immediato, per me già passato. Che sollievo, nonostante in queste pochissime notti che mi separano da quel traguardo-record, quell’esame e gli amici tornino a farmi visita sotto forma di sogno. E ad essi altri se ne aggiungono, alcuni sbiaditi, altri indelebili. Un bel sogno. Ed è tutta un’altra musica, ora. Musica che sale, dai portici di via Roma, musica che sale, dal cuore. La città, sotto il monte brulica, zigzagando ora di qua’ora di là. La città esprime gesti grandiosi e belli, semplici e resistenti. Alcuni nascosti altri visibi e belli come quello di Cecilia e Riccardo studenti ormai “maturi” all’8 marzo di Settimo,  cittadina alle porte torinesi. Cecilia che prende appunti e li incolonna sul quadernone, per Il suo compagno di classe Riccardo,  impossibilitato a seguire le lezioni, in attesa di un’operazione. Cecilia, alunna più buona d’Italia. Un altro mondo è  possibile. Il tram rumoreggia, riavvia i motori, riprende la sua corsa, in senso inverso, direzione centro. Superga è lì in attesa. Superga, un ghiacciolo al limone in questo “inferno” torrido che brucia e non passa. Superga, all’ombra dei ricordi. Il tram appena partito ha lasciato posto ad uno successivo. È ora. Anche per me è ora di ridiscendere e avviarmi verso casa. Felice. Sì, si può essere felici. Anche quando meno… te lo aspetti o come quando… la felicità l’hai costruita giorno dopo giorno dietro la stanchezza. Felice.

Al femminile

Aspettare (seduta). Scrivere (a mano). Messaggiare (su cellulare). Sorvegliare. “Portami a vedere la Dora, portami a vedere la Dora“, chiedeva mio padre questa mattina dopo averla vista in foto, in compagnia del Po. “Dora chi?” Ho chiesto io. Dopo un attimo comprendo che il suo desiderio era quello di vedere le fontane in piazza Cln. Quelle per intenderci dove hanno girato Profondo Rosso, dove lui ricorda la Rinascente, la Marus con il “leone” e Zucca, oltre al famoso bus a due piani. “Ok. Si parte. Anzi, partiamo“. Tutto sembra un viaggio anche quando i metri da percorrere non msono poi molti. Piazza Castello, via Roma pedonalizzata, piazza San Carlo. Nel volger di poco e di pochi minuti scopro che la passeggiata e “tutto intorno a noi”  e’ tutto o quasi al femminile. Ma le due figure che hanno catturato ulteriormente la mia attenzione sono state una saggia signora, Heidi, tedesca, intenta a scrivere una lettera in un momento di relax, (e non so dire se all’ombra di qualcosa o intenta a prendere i primi raggi di sole). Seduta ad un tavolino di un caffe’ (“e’ uno de piu’ buoni” mi sussurra) lascia alle sue spalle il Duomo e le Porte Palatine. E’ intenta a scrivere una lettera…Chiedo gentilmente di scambiare due parole. E’ davvero un soggetto raro. Mi racconta che si chiama Heidi, che e’ tedesca ed e’ qui per turismo. E ovviamente le piace scrivere. Ha un cappellino bianco ed un cappotto blu. Non appena si accorge degli scatti anche lei ne produce uno, alla penna, e fissandomi negli occhi, ma non di rimprovero,  mi riversa addosso una quantita’ di azzurro e di luce.Torino 7 4 2015.Heidi.Duomo.foto Borrelli Romano Sa di essere una delle poche a scrivere lettere, non e’domenica e non potra’partecipare al concorso de La Stampa (o forse si), ma un paio di versi prova  comunque a scriverli. Li leggo. Ripiega e ripone il foglio nel suo quadernetto.”Il nostro momento cognitivo e’ ricco ma anche tanto rumoroso rispetto a quello in cui sono vissuta. Sa,  io sono una immigrante digitale,  quelli per intenderci… sa,  nel 1985… “E mi racconta una storia tra lbiro stampato e e-book. “C’era più silenzio,  un tempo.  Forse piu’ scrittura corsiva,  poesia su carta, scritta con penna, a caratteri liberi. Poco distante da qui, 140 caratteri, seduti ai bordi della Dora,  una poesia binaria, 1 /2 o 2 .0. Ammesso fosse…poesia. Ringrazio, saluto e recupero la mia strada. Dall’altra parte, una giovane ragazza in tuta mimetica sosttene un fucile. Fa parte dell’esercito che da qualche giorno staziona davanti al Duomo e si occupa di sicurezza e di vigilare.L’Ostensione della Sindone si avvicina e cosi la visita del Papa a Torino e a don Bosco.  Tecnicamente, quel fucile,  che modello  sara’? Chiedo se pesa e se e’ vero….poche parole, appena appena. Bisogna sorvegliare e guai a distrarre e distrarsi. ps. Ora prendo anche io un caffè in questo bel posticino, anzi, Casa Broglia (via Torquato Tasso 13) a due passi dal Duomo.Torino 7 4 2015. Piazza Cln.foto Borrelli RomanoTorino 7 4 2015.Heidi.Duomo.foto,Borrelli RomanoTorino 7 4 2015. in pzza Cln.foto Borrelli RomanoTorino Duomo 7 4 2015.foto Borrelli Romano

Torino. E’ generale. Sciopero 12-12-2014

TORINO 12 dic 2014, foto Borrelli Romano20141212_102529TORINo 12 dic 2014 foto Borrelli Romano20141212_10295220141212_100451Torino 12 dic 2014,foto Borrelli RomanoTorino 12 dicembre 2014, foto di Romano BorrelliTorino 12 dicembre 2014 foto di Borrelli RomanoTorino, 12 dicembre 2014, foto Borrelli Romano20141212_10312420141212_10333212 dic 2014, Torino, foto Borrelli Romano12 dic 2014, Torino. Borrelli Romano12 dic 2014 Torino. Romano Borrelli12 dic 2014 Torino. Borrelli Romano12 -12-2014, foto Borrelli Romano12 12 2014, Torino. Foto Borrelli RomanoTorino, 12 dicembre 2014, foto Romano BorrelliTorino 12 dicembre 2014, foto, Romano Borrelli20141212_120612Torino 12 dicembre 2014, Piazza San Carlo, foto, Borrelli RomanoLasciamo parlare le immagini di questa bellissima piazza. Giovani, operai, cassintegrati, studenti, universitari, in mobilita’, e gente costretta a licenziarsi pur di averla ancora e uscire dalla tagliola Fornero, professori, tecnici, amministrativi, collaboratori, disoccupati, vigili del fuoco, donne, uomini per dire e gridare che “non ci siamo”. Una giornata colorata e parecchio, gelata per dire no, che cosi proprio non va.

Lungo il corteo amiche, amici, compagne, compagne…Turigliatto (Franco) in testa,  Airaudo  (Giorgio) e tantissima bella gente.

Il corteo, “fratello gemello” del primo maggio termina, meglio,  “sfocia” in  piazza San Carlo con un interessantissimo elenco di articoli della Costituzione e l’intervento della Camusso. Una parte del corteo da Piazza Castello prosegue verso via Pietro Micca per svoltare poi a destra verso il Comune. Da qui, svolta a sinistra  verso via Garibaldi fino a dividersi in due tronconi ulteriori…

Ps. Tra questo mare di gente ho potuto constatare che e’ partito ufficialmente il mantra “ci dobbiamo assolutamente vedere prima di Natale…combiniamo dai!”

Oramai la giornata è terminata. Si conta quanta gente ha aderito allo sciopero, quanti erano presenti in piazza e via dicendo…pero’ fa riflettere il fatto di aver cominciato la giornata con un caffè, tra le pieghe di un racconto, di una storia  e questa si è trasformata in realtà. Torino 12 dicembre 2014, Bar Casa del caffè, foto, Romano BorrelliPiazza San Carlo sembrava la piazza di altri tempi, di altri anni. Piena, partecipata, colorata, attenta. Ogni parola del comizio non sfuggiva e non doveva sfuggire. Quella parte del corteo, defilatasi, arriva a due passi dello stesso bar. E il cordone dei poliziotti, fermo, sotto l’arco,  riflesso  contro le vetrine del bar…uno sguardo reciproco e poi…ognuno per la propria strada…via Garibaldi il primo, il Comune il secondo…

Ora non resta che dire: è stata una bella giornata. Buonanotte Torino. Uno sguardo alla Mole e…un saluto alla piazza.Torino, 12 dicembre, piazza Castello e la Mole. Foto, Romano Borrelli