Lasciamo parlare le immagini di questa bellissima piazza. Giovani, operai, cassintegrati, studenti, universitari, in mobilita’, e gente costretta a licenziarsi pur di averla ancora e uscire dalla tagliola Fornero, professori, tecnici, amministrativi, collaboratori, disoccupati, vigili del fuoco, donne, uomini per dire e gridare che “non ci siamo”. Una giornata colorata e parecchio, gelata per dire no, che cosi proprio non va.
Lungo il corteo amiche, amici, compagne, compagne…Turigliatto (Franco) in testa, Airaudo (Giorgio) e tantissima bella gente.
Il corteo, “fratello gemello” del primo maggio termina, meglio, “sfocia” in piazza San Carlo con un interessantissimo elenco di articoli della Costituzione e l’intervento della Camusso. Una parte del corteo da Piazza Castello prosegue verso via Pietro Micca per svoltare poi a destra verso il Comune. Da qui, svolta a sinistra verso via Garibaldi fino a dividersi in due tronconi ulteriori…
Ps. Tra questo mare di gente ho potuto constatare che e’ partito ufficialmente il mantra “ci dobbiamo assolutamente vedere prima di Natale…combiniamo dai!”
Oramai la giornata è terminata. Si conta quanta gente ha aderito allo sciopero, quanti erano presenti in piazza e via dicendo…pero’ fa riflettere il fatto di aver cominciato la giornata con un caffè, tra le pieghe di un racconto, di una storia e questa si è trasformata in realtà. Piazza San Carlo sembrava la piazza di altri tempi, di altri anni. Piena, partecipata, colorata, attenta. Ogni parola del comizio non sfuggiva e non doveva sfuggire. Quella parte del corteo, defilatasi, arriva a due passi dello stesso bar. E il cordone dei poliziotti, fermo, sotto l’arco, riflesso contro le vetrine del bar…uno sguardo reciproco e poi…ognuno per la propria strada…via Garibaldi il primo, il Comune il secondo…
Ora non resta che dire: è stata una bella giornata. Buonanotte Torino. Uno sguardo alla Mole e…un saluto alla piazza.
Nella mia Torino, oggi, la strada avrebbe dovuto convergere verso una meta, la Fiera Internazionale del libro. Un paio di interventi ai quali avrei voluto assistere. Nonostante i notiziari dicano e diano code e attese piuttosto consistenti. Nel mio “convergere”, lentamente, verso la stazione della metro, avanzava da corso Francia, il corteo, pacifico, dei No Tav. Piazza Statuto, Corso San Martino, Porta Susa, via Cernaia e via dicendo. Presto comincerà il balletto dei numeri sui presenti. Grande spiegamento delle forze dell’ordine. Metro sbarrata, quindi accessi vietati e meta saltata. Ma non importa. E’ stata un’occasione per veder sfilare davvero un corteo tranquillo, colorato, pacifico, con tantissime anime. Lungo i binari del tram, persone. Davvero impressionante pensare dalla banchina, in attesa, come d’ abitudine accade, in altre giornate, di tanto in tanto allunghi il collo e ti affacci a vedere se il tuo bus è in dirittura d’arrivo mentre oggi, al posto dei tram e bus, arrivavano striscioni con nomi di Paesi poco pronunciati ma molto attivi. La temperatura, segnava 25 gradi. Caldo e polline in gran quantità. Sul finire del corteo, alcuni militanti, muniti di scope e palette, sacchi un carretto, pulivano le strade di Torino. Questo è il servizio “d’ordine e pulizia” del corteo. Un pomeriggio davvero colorato. Un cartello, a Porta Susa, ricorda che “Torino è città della pace”.
Avrei voluto cimentarmi in una “pseudo-cronaca”, nel racconto di chi c’era e chi no.Sul grande assente di oggi e sul passato lavorativo di quanti hanno nelle mani i segni della fatica del lavoro di una vita, sul viso gli stenti di una vita stretti alla catena, di donne a conciliare lavoro in fabbrica e lavoro in famiglia, e di occhi che hanno visto tutto, nella luce artificiale della fabbrica: mattino, pomeriggio, sera, notte. Compagne e compagni di lavoro, pensionati, amici di scuola, famiglie con bimbi e passeggini al seguito. Torino, la crisi e il lavoro che manca. La crisi del settimo anno che comunque porta in piazza, a Torino, oggi, migliaia di persone. Aspettavo la giornata di oggi, per incontrare storie, raccontarle, scriverle, provare a svolgere quello che pia e, impedito durante la settimana. Non esistono piu’da un pezzo le catene, ma altre catene impediscono di fare cio’ che si vorrebbe, cio’ per cui abbiam studiato e accontentarci cosi, al ribasso, pur di sopravvivere. Nella festa, il festeggiato, pero’, è assente. Nella festa del lavoro, manca proprio il lavoro. Che paradosso. Un lavoro povero e quel poco riceve poco reddito. Per alcuni, paradosso dei paradossi, è l’alba della mobilità. Associazioni, categorie, partiti. Amici. Tra gli amici, incontro MarcoRevelli che usa con abilità un cellulare di ultima generazione e filma, filma, filma. Dopo aver tenuto per un bel pezzo lo striscione dell’ Altra sinistra. Filma e fotografa diventando bravo tanto come quando parla e insegna scienza della politica. E sorrideva, sotto i suoi baffi. Mi sarebbe piaciuto sapere a cosa pensava, a quante feste del primo maggio gli “ronzavano” nella testa. Recuperi la piazza, Castello, poi Via Po, dove incontri il gruppo di musica e ti dicono “ci manchi e manchi tanto ai bambini”, poi, l’altra piazza, Vittorio, testa e coda del corteo. Avanti e indietro a stringere qualche mano e “ciao, come stai?” e così fanno in tanti. Incontri Armando Petrini, in versione ecologico, bici e bandiera, Simone, ormai, ben inserito e amici incontrati a Roma, Ferrero, amici incontrati dieci anni fa, in treno o a qualche manifestazione per la pace, a ridosso di un San Valentino. Amici, amiche, compagni, compagne, uniti e poi divisi da qualche documento, qualche parola non limata bene finita nel calderone di un documento. Documenti contrapposti. Mozioni, aree, correnti, come le si voglia chiamare, buone per “dividere” più che unire. Contrapposizioni in ambito congressuale e che continuano in molte riunioni. Eppure, al primo maggio, in piazza, ci devi essere per ritrovare un pezzo della storia, un pezzo di se stessi. Ecco, ci siamo. Ci siamo ancora, nonostante tutto. La mattina ti alzi presto, metti il vestito buono e vai incontro a loro e loro vengono incontro a te. I lavoratori. Gente con cui mangi pane, sudore e lacrime, mentre gli altri, godono dei profitti accumulati sulla pelle altrui. “Domenica aperti”, e pensi che non vorresti mai vederlo un cartello così, e invece, ora ci è toccato vedere anche cartelli, come “Primo maggio aperti”. Il film della memoria corre di chi è in piazza comincia a proiettare scene di cordoni dei militanti che “proteggevano” Bertinotti, Cossutta, Rizzo e altri ancora e tutti insieme che cantavano l’Internazionale. La sinistra, un tempo. Altri ricordano il primo maggio del 1994, a Torino, subito dopo quella grandissima manifestazione del 25 apriledi Milano, sotto la pioggia, ai piedi del Duomo. “Un milione sotto la pioggia.” “Che liberazione”. Non erano solo titoli di giornali. Era un riporre la speranza ne voler e poter cambiare una politica e una maggioranza fresca di urne. Tutti i partecipanti indossavano quelle magliettine bianche, con il bimbo che dorme e pensa che in fondo, “la rivoluzione non russa”. Il primo maggio, tutti vogliono esserci, in piazza, per ricordare “di quando suonava la campana della fabbrica e la linea partiva, quando verso mezzogiorno, quel rumore liberava i lavoratori dalle catene, di montaggio, e si riappropriavano della propria libertà, andando a mangiare, in pausa. E quando la pausa te la concedeva, il padrone, non quando l’organismo, il fisico vorrebbe.
La linea, era li, a dettare i tempi e comandare. E i ricordi si riproducono a valanga, come fossero accaduti ieri. I pensionati, ricordano quando “volevi andare a pisciare” ma non potevi, perché “la prima pausa era toccata a te“, quando non “avevi bisogno di pisciare”. “Per pisciare, avevi tempo, si, ma dovevi aspettare altre due ore”. Quel gusto così buono della pizza ancora calda e di quelle brioches che forse non erano buone, ma almeno riempivano la pancia e aiutavano a combattere quel “mostro” sempre in cammino, della catena di montaggio. Le mamme, che usavano la pausa per raggiungere la cabina telefonica per telefonare a casa e svegliare i figli. Lasciando ancora raccomandazioni. “Il caffè è già pronto. La pasta, a mezzogiorno, e il sugo è ancora caldo. L’ho preparato questa mattina. Alle quattro. Mi raccomando.” Cuore di mamma. E così, i tempi scivolavano via, lentamente, e oggi, nella giornata di oggi, provi a raccoglievi. O almeno, avresti voluto. E così, infatti, cercavo di raccoglierli, in una giornata della Festa dei lavoratori tutt’altro che da festeggiare, per i numeri che le cronache sulla disoccupazione ci forniscono. E che allarme, sul e del lavoro!!
Pero’, il primo maggio, bisogna esserci. Ad ogni costo. Una festa bella, giovane. Di tutti. Per tutte, tutti. Spiace aver visto le saracinesche di alcuni negozi e supermercati tirate su. Mentre dovevano restare giù.
Mi sarebbe piaciuto scrivere di piu’, storie di vita, storie importanti, ma, a metà di via Roma, si verificano momenti di alta tensione, davanti. Senza capire il perché, chi è davanti, comincia ad indietreggiare. Allungare il passo e poi a correre. Mamme con bambini piangenti cercano velocemente vie di fuga, laterali. Ci si perde e ci perdiamo. Le parole, insieme alle lacrime dei bambini diventano di ghiaccio. Sono impronunciabili. Si perde molto. Perdo la forza, le parole, i pensieri, il blocchetto con tante storie che avevo già raccolto. Pensavo che le perdite fossero più che altro a livello personale. Anche a livello collettivo, certamente. Le parole diventano di ghiaccio e non sono più pronunciabili. Oggi, le perdite, sono soprattutto a livello collettivo. Perdiamo tutti. Doveva essere una giornata di festa. Dei lavoratori. Non una musica così…stonata. Doveva esser un’altra musica, di speranza. La speranza di seguire un sogno. Musica. Come quella suonata dalla banda che era in corteo.
Penso al cassetto dei nonni……….mentalmente lo riapro.
IL VOTO ALLA FEDERAZIONE DELLA SINISTRA VALE DOPPIO!
“A Torino si corre da soli in quanto il Pd si è inchinato di fronte ai diktat di Marchionne … Il voto utile è quello alla Federazione della Sinistra …”
Video molto interessante:
Piazza Castello. Il giorno dopo l'”ammassamento” degli alpini. Un altro effetto, un altro colpo d’occhio. Alcuni manifesti attaccati lungo le colonne della Piazza. Juri Bossuto al microfono. Alcuni militanti che si impegnano nella distribuzione del programma del candidato della Federazione della Sinistra. Fra i candidati della Circoscrizione 4, Simone Ciabattoni. Juri Bossuto e Simone Ciabattoni. Due candidati, uno sindaco al comune di Torino, l’altro alla Circoscrizione 4 di Torino, entrambi presenti nella notte del famoso referendum sull’accordo di Mirafiori. Entrambi pronti a dire, ribadire, motivare il loro no. Juri Bossuto, un candidato sempre dalla parte dei piu’ deboli, Simone Ciabattoni, viso giovane, pulito, da poco diciottenne, al servizio della politica. Entrambi per uno schieramento che ha poca visibilità. Forse La Stampa, ieri, e Rai 3, hanno dedicato spazio. Ma davvero mortificante sapere che alle ultime battute lo spazio dedicato ai candidati è così sproporzionato, tale da ricordare le profonde disuguaglianze nella società.
Per il loro impegno e per i chilometri macinati in questo mese di campagna elettorale, meritano davvero un posto, e avere così, davvero amici in….Comune.
A vederlo ieri, ritratto sui manifesti appesi davanti al Comune, Juri Bossuto dava l’idea di un uomo a pezzi, nel vero senso del termine: pezzi di una gigantesca foto del candidato della Federazione della Sinistra e di Sinistra Critica sono stati venduti ai cittadini per sostenere la campagna elettorale.
Fenomenologia di un aspirante-sindaco fuori dagli schemi – forte di una carriera politica nel solco di Rifondazione (consigliere nella seconda circoscrizione e poi presidente della medesima, fino all’ingresso in Consiglio regio-nale) –, convinto di poter guastare la festa a Piero Fassino sottraendogli voti a sinistra: «La nostra è la sinistra che fa la sinistra». E l’altra? «Quella che si riconosce in Fassino rischia di avallare il lavoro della giunta Chiamparino: una buona squadra ma non è tutto oro quel che luccica». Tre gli addebiti
mossi all’amministrazione uscente: «La svendita del patrimonio pubblico, la sudditanza verso i privati e naturalmente, il debito che ci porteremo sul groppone per i prossimi decenni».
Per questo Bossuto – 46 anni, torinese – tenta la sfida: «Vogliamo dimostrare di essere una sinistra responsabile e non demagogica. Una sinistra che, contrariamente a come viene descritta dai suoi avversari, non è capace di dire solo no. Semmai “no, ma …” Dove in quel «ma» si riassumono scelte precise: difesa del lavoro; lotta al precariato e alla delocalizzazione delle imprese; una rielaborazione del Piano
regolatore che tenga conto del verde pubblico e dei servizi, oggi inesistenti in alcuni quartieri di recente costruzione;
recupero delle periferie; impiego delle aree ex-Mirafiori per sviluppare la ricerca e l’innovazione con un occhio di riguardo alla sostenibilità ambientale; valorizzazione degli «atou» ambientali di Torino (cominciando dai fiumi); chiusura del centro al traffico e mezzi pubblici a basso costo; potenziamento del Welfare e dell’edilizia pubblica. Non ultima, la battaglia per l’acqua pubblica».
Previsioni per il primo turno? «Non lo so. I sondaggi ci danno in tutti i modi possibili, e noi dei sondaggi non ci fidiamo. Specie quelli targati Pd. Dal 5% in su prendiamo tutto».
Pubblichiamo il post di Daniele che ci comunica come stanno crescendo i consensi intorno al candidato sindaco di Torino Juri Bossuto. Alle elezioni comunali di Torino del 15 e 16 maggio non asteniamoci e sosteniamo JURI BOSSUTO candidato dalla Federazione della Sinistra e da Sinistra Critica, da sempre dalla parte dei giovani, dei lavoratori, dei disoccupati e del popolo. Candidato forte e coerente, Juri! Merita il nostro appoggio e il nostro voto. Una parola sola dentro e fuori il palazzo, a differenza degli altri candidati a sindaco.
Diamo una mano anche noi con i nostri amici e compagni!
Superare il 4% a Torino è possibile e praticabile.
Questa è anche una soglia psicologica che se raggiunta avrà un duplice fine: costringere al ballottaggio Fassino e dunque fargli ascoltare le istanze della Federazione della Sinistra e dimostrare al veltrusconismo che non vi sono sbarramenti e censure mediatiche di sorta che possono far perdere la voce alla sinistra, quella vera.
JURI BOSSUTO, inoltre è un ottimo candidato, il migliore possibile per Torino, comunista e “moderato” allo stesso tempo, oltre che con un bagaglio conoscitivo della cosa pubblica di primo ordine.
Vota e fai Votare alle comunali del 15 e 16 maggio 2011 Juri Bossuto della Federazione della Sinistra.
Buon compleanno, Statuto dei Lavoratori. Ieri, professori universitari, politici, studenti universitari e molti altri hanno partecipato presso la Sala Rossa del Comune di Torino a rendere vivo lo Statuto dei Lavoratori, nato il 20 maggio del 1970. Un cammino iniziato già anni prima. Una legge sotto continui attacchi. Da difendere. Da estendere. Con lo Statuto dei Lavoratori, la Costituzione entra in fabbrica, luogo inteso come posto di lavoro. Pensare al prima che entrasse in vigore e pensare al dopo. Pensare a quell’anno, il 1970. Ripensare alla primavera di quell periodo, e all’autunno successivo, durato 35 giorni, e all’inverno successivo, che stenta a terminare. Spesso, da precario della scuola, nella mia “fabbrica” fatico a pensare che la Costituzione sia entrata in quelle mura. Si lavora in edifici fatiscenti. Troppo freddo, troppo caldo. Muri scrostati, servizi che non funzionano e che non vengono riparati. Porte non funzionanti. Non entra la Costituzione e da precario potrei uscire, insieme a tantissimi altri con un solo cenno, come avveniva un tempo. Ma il tributo piu’ grande lo hanno ricevuto gli oratori che hanno contribuito con le loro lotte a rendere vivo lo Statuto. Che brividi. Il nostro grazie non sarà mai abbastanza grande.
Un altro grazie al ricordo di come era prima della promulgazione dello Statuto dei Lavoratori, il mondo del lavoro, con le schedature degli operai. Informazioni dei propri dipendenti, raccolte ed archiviate.
Rimando alla lettura del libro di Bianca Guidetti Serra, così, per farsi una idea, di come era il prima.
…
Attualità delle analisi e proposte del compagno segretario di Rifondazione Comunista Paolo Ferrero
Il treno è arrivato alla meta (la mia) con 50 minuti di ritardo.
Ora, a questo punto, pretendo un “decreto” che mi “regolarizzi” per il ritardo: perchè dovrei recuperare? Perchè dovrei perdere denaro dal mio stipendio?
Vorrei un decreto che mi ridia indietro parte del tempo speso in treno causa ritardo, oltre ad un congruo rimborso.
Vorrei un decreto che abolisse la Tav e si occupasse delle normali manutenzioni dei treni e delle tratte ferroviarie. Con la media velocità per tutti e non la bassa velocità per i ceti bassi e l’alta velocità per i ricchi e i poteri forti che li rappresentano per inquinare e devastare il territorio ancora di più.
Vorrei un decreto per “ripescare” le forze politiche, in Parlamento, che non avevano superato lo sbarramento.
Vorrei un decreto per regolarizzare le domande a concorsi, arrivate in ritardo a destinazione; in tal modo si conferisce la possibilità, a tutti, di concorrere.
Vorrei un decreto per l’eliminazione della precarietà, sia del privato, che della pubblica amministrazione.
Vorrei un decreto per dare la possibilità a tutti di svolgere un lavoro: così davvero sarebbe una Repubblica fondata sul lavoro.
Vorrei un decreto per garantire a tutti l’assistenza sanitaria.
In molti, bloccati alla stazione Porta Susa, Torino, al freddo, con un voce metallica che si diffonde per i locali sotterranei, continua a ripetere “causa guasto tecnico i treni in arrivo e partenza….”In una stazione senza bagni, senza macchinette con bevande calde….
Anche la “Freccia rotta” stavolta non parte nemmanco…al momento 40 minuti di ritardo.
Il treno dei “precari”, Torino Aosta, chissà’…ora è un’ora che siamo fermi….con l’abbonamento già in tasca e ritardo assicurato…