Il 28 ottobre ha le lancette nel segno. L’ora legale ha lasciato il posto a quella solare e l’arrivederci è a fine marzo, quando saremo 6 mesi piu grandi. L’effetto è già evidente, lungo le strade della citta’, sotto un cielo scuro e lattiginoso. Il cielo, al tramonto, non è più rosato e setoso e la pioggia ci ha messo del suo per rendere il tutto più “freddo”. I cappotti si muovono goffi, strada facendo, e qualcuno emana odore di naftalina. Alle 18 in punto, il buio. Le luci artificiali della città cominciano il loro lavoro in attesa dell’aggiunta “Luci d’Artista” che prendera il via e vita il 31 di ottobre. Filastrocche e disegni e nasi all’insù ci condurranno ancora una volta a spasso per le strade e le stelle cittadine. Ma il 28 ottobre ha nel segno e negli occhi un cappellino e due “mandorle”, due calci ad un pallone, in una partita mista dal buon finale. Erano bei tempi, avrebbe cantato Vecchioni. Luci a Valdocco. Anni prima di quelle d’ Artista.
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Vestite d’argento
Reduce da seminario e giornate di studi medievali e “leggi razziali” mi rendo conto dei giorni silenziosi su questo blog.
Mentre in alcune zone del Sud, in Salento, sento dire e vedo immagini targate Internet che sono all’81 di agosto, con corpi a mollo a mare, la collina torinese, viceversa, si veste di colori autunnali: giallo, rosso, arancione, verde, residuo di una estate che davvero fa fatica ad abdicare. L’aria è calda e sono più numerose le t shirt che giubbini a contendersi la scena e fare apparizioni, slalom, e nascondersi lungo le vie del centro. Le castagne o “caldarroste” tengono banco e forse sono davvero l’altra cosa che richiama l’autunno insieme ai colori. Coppie dai sacchetti a coni, uma mano uno, una mano l’altra, nella pesca del cono da passeggio. Per Luci d’ Artista, giunta alla sua ventunesima edizione, ci sarà tempo: l’inaugurazione è prevista per il 31 0ttobre quando in Salento, molto probabilmente sarà 92 agosto. Tempo permettendo. In attesa delle 24 installazioni di Luci d’Artista, per le strade torinesi, visi orientali fanno la loro presenza, mentre dall’altra parte, del mondo, l’Italia del volley fa la sua, presenza, e bella figura in finale, vestita d’argento. Complimenti.
Recanati
Dopo un breve passaggio a Loreto per un ripasso veloce sul significato delle formelle poste sui portali della Basilica (nascita di Adamo, Eva, nascita del lavoro, teologicamente, uccisione di Abele, cacciata dal Paradiso, caduta, ecc. ecc. ), all’interno della Basilica, sulle sibille e profeti, sul Pomarancio e sul Lotto, d’obbligo era il recarmi ancora una volta presso “Casa Leopardi”, a Recanati, città della poesia. C’ero stato un paio di volte ma ad ogni visita aggiungo un pezzetto di conoscenze che per un motivo o un altro non avevo ben recepito nelle passate visite. Solo un dato si è scolpito bene-bene fin dalla prima visita: la quantità di libri letti dal poeta italiano, catalogati dalla stessa famiglia ed esposti al pubblico. Un gioiello, una biblioteca che il papà di Giacomo avrebbe voluto a disposizione di molti. Un’ altra informazione che voglio condividere e ritengo sia utile a quanti si appresteranno in futuro a fare visita. Nel Palazzo che si apre al turista si manifesta con tutta la sua imponenza con uno scalone monumentale, il primo consiglio-obbligo, utile e’ che non è ammesso scattare fotografie. Nel Palazzo infatti (che vede la prima pietra di costruzione, indietro negli anni, ben prima dell’insediamento del Conte Monaldo), al secondo piano, risiedono ancora i discendenti di Giacomo Leopardi. Unica concessione, si possono scattare foto ma fuori dalla finestra della biblioteca, affaccio direzione piazza e casa di “Silvia”. Il caldo è davvero insopportabile e quel piccolo fazzoletto di ombra prima dell’accesso e inizio percorso con visita guidata, ce lo contendiamo in una quindicina di innamorati della cultura e della storia di un grande uomo, poeta, letterato, e della sua grande famiglia. Nell’attesa che si faccia l’ora esatta per la visita, si sconfigge il caldo con tutti gli stumenti a disposizione: ventagli, acqua e ventilatori portatili, di quelli a pila. Si, anche questi, “ventolatoli” con pile a “mandola”. Troppo forti e simpatici. Gli orientali non si fanno mancare nulla, neanche l’autan contro le punture dei “moschito”.
Tra i 12 mila e i 15 mila, letti dal giovane Giacomo, la sua biblioteca, il ruolo dei precettori, il suo luogo di studio e punto di osservazione per la bella Silvia, cioè Teresa Fattorini. “Ah, Silvia… ” morta così precocemente, nel fiore degli anni, quando a quella età, normalmente si progetta, si programma. Ma “a Silvia” era più che altro la necessità di scrivere, 10 anni dopo la morte di Teresa, un giudizio sulle speranze disattese dei giovani. Questa volta non mi sono fatto mancare una visita presso la residenza dei Fattorini (il papà di Giacomo, Conte Monaldo, aveva promosso a rango superiore quello di Teresa, adibendolo a cocchiere di famiglia), la dimora di Teresa (la Silvia), la sua cameretta, i suoi attrezzi da lavoro. “E l’amore? C’era posto per l’amore tra Giacomo e Teresa? ” Chiede qualcuno tra i visitatori. Certamente i due, Giacomo e Teresa, si conoscevano e probabilmente qualche scritto e qualche occhiata ci saranno stati ma… socialmente erano posti su gradini differenti, quindi, probabilmente, niente amore. Anche se il dubbio, a visita conclusa, a qualcuno, resta.
Ritorno a Roma
Dopo aver lasciato Spello, Spoleto e Assisi faccio ritorno velocemente nella capitale. A Spoleto ho respirato aria internazionale, da “due mondi”, inserito in un contesto da “Festival”non di canzoni ma di cultura. A Spello, profumo di fiori tra vie cittadine ben “infiorate”, e profumo di arte, alla ricerca di Baglioni, (ma nom il cantante! ) Cappella, affrescata dal grande Pinturicchio. Ad Assisi, l’aria e’ decisamente spirituale.. , da raccoglimento e ricerca. C’erano un tempo, dalle parti di Valdocco, i “gruppi ricerca”. C’erano, un sabato e una domenica, una volta al mese. Erano belli, interessanti. Se non ricordo male… una volta a Valdocco, una volta da qualche parte, una volta, perfino ad Assisi. Una volta, quando non c’erano smartphone, facebook e le storie erano diverse da quelle di Instagram. Terminati gli incontri, ci si scriveva sulla mano il numero di telefono fisso, la via, il cap e la scuola. “Cosi una volta ti vengo a prendere”.. “Scrivimi, ti prego, ti amo, yeah… “. Cosi nascevano le amicizie. Ah, Roma c’e’….! A Roma il Tevere “score” e così l’Aniene. Lentamente fluiscono. E cosi il flusso dei pensieri e della coscienza. Apro e chiudo il libro “Ragazzi di vita” e ne intercetto i luoghi, il Fontanone, piazza san Pietro in Montorio, cosi difficile da raggiungere in bus (nulla da aggiungere nel qual caso uno di quelli si dovesse rompere, perche’, mi dicono sia solo uno e uno soltanto a fare il giro del Gianicolo. Sara’ vero? Quello che avrei dovuto prendere “espettorava” gia’ da un pezzo, all’ombra della pensilina, e cosi, l’uomo con tuta Iveco giunto da qualche officina con l’ossigeno in mano, ne decretava qualche minuto piu tardi il ricovero coatto)scendendo giù, per gli scalini, arrivando a Trastevere, il palazzo del Ministero dell’Istruzione…
Il “Riccetto”, pischello di P. P. P. tuffatosi, anni prima, dalla barca, (nel fiume), che lentamente segnava il fiume, per salvare la rondinella che rischiava la vita, ha guardato, da “grandicello” la lenta agonia di Genesio, travolto dai mulinelli, attratto e respinto dall’acqua. Genesio, mentre affonda, guardato dai fratellini, panni stretti fra lebraccia. Lacrime, che velano la vista mentre svelano chi siamo. Qualche anno in più e l’individualismo e l’egoismo del Riccetto prendono il sopravvento. Eppure… solo poche pagine prima era impregnato di una tensione ideale, di solidarietà, di prossimità, di vicinanza alle creature piu fragili. Fosse il titolo di una canzone sarebbe “come si cambia”…
La sedia della maturità
La sedia della maturità è molto più di un oggetto. In quella mezz’ora, di seduta, sulla sedia, tutto ruota nella testa, le sue rotelle, (ma anche senza rotelle, che va bene ugualmente) in quel preciso momento, con tutta l’ ansia accumulata, poi, a radiografarla e’ come in un flipper, che stelle ce ne sono a milioni; ruota il candidato, alla Mose’ in san Pietro in Vinvoli, con la sua torsione, che sembra prendete la via di fuga, verso sei visi, che scrutano, domandano, ascoltano, pesano, la solitudine di quell’istante. Passano velocemente in mezz’ora cinque anni, due guerre mondiali, morti, vinti, vincitori, Foscolo, Ungaretti, Montale, Pavese, i contratti, le societa’, atti e contratti, Cassola e la fabbrica e la sua paga del sabato, l’iscrizione dopo la terza media, le gite, le vacanze, di Natale, estive,
di Pasqua, gli amori, soprattutto quelli non corrisposti, le delusioni, quelli che non si sa mai… gli intervalli, i libri, gli appunti; poi termina tutto con la domanda del Presidente: “che farai da domani? Progetti? Lavoro o Università? ” La seduta è tolta, e tutto si scioglie in un men che non si dica: in una stretta di mano.. rimettere la sedia in ordine, al centro della classe, chiudere la porta, che dentro si discute il voto e… e avanti il prossimo. Sembra ieri quando al posto del candidato A. e la sua tesina sul lavoro, c’ero io e la mia solitudine e la giacca e la cravatta troppo stretta che non vedevo l’ora di toglierla e la sedia messa in ordine per A. Ma non era ieri. Era oggi, la maturita’ di A., C, A., S…
Roma è…
Il treno ha fischiato. Non solo. È partito e lascia dietro di sé scie di emozioni, cose viste e da provare a rivedere, studiare da ricordare. Alla prossima. Roma è ad un tiro di schioppo da Torino racchiuso in nemmanco un palmo della mano. Santa Maria Maggiore, Santa Prassede, i suoi mosaici. Roma questa volta e’ stata un esame, il Tempietto del Bramante (San Pietro in Montorio, davvero difficile da trovare) e ricordi, passato e presente che si mischiano e affacciano su una delle terrazze più suggestive della capitale eterna: il Gianicolo. Il Tempietto del Bramante, che fa sentire tanto Jep Gambardella o molto partecipante dello sposalizio della Vergine. In effetti la sensazione è quella di essere un qualche figurante del film o della notissima tela. Festa del Patrono di Roma, festa come rottura dell’ordinario e introduzione nel tempo straordinario. E la voglia di partecipare alla festa della vita è tanta, con tanta eterna bellezza intorno. Roma è un doveroso ripasso-omaggio al Pinturicchio e alle storie di San Bernardino, ai Musei Capitolini per Caravaggio e a Palazzo Barberini per lo stesso con tanta voglia di “buona ventura”. Roma e’ il Mose’ in San Pietro in Vincoli, con la sua torsione che sembra alzarsi da un momento all’altro per recuperare l’uscita, massiccio e muscoloso, con quei due ciuffetti di capelli che paiono due minuscole corna. Passando dall’ interno all’esterno, una cascata di verde attende il viandante nei pressi della piazza antistante la Basilica, tra una rampa di scale e la Basilica un pittore, qualcuno che riposa stanche membra e altri che si godono il fresco sotto “portego”. Roma è arte, magia, passione, “fuoco” e fuochi d’artificio. Roma è un arrivederci a presto.
Quando il sorriso allaga il mare
Profumo di mimosa, e l’occhio si allarga, e le narici dilatano, su quel fiore appuntato al bavero del cappotto. L’occhio della mente si dilata, fino a Ventimiglia e da li in Provenza e poi mare, tanto mare, nella giornata della donna. Un piano bar e le note di Cammariere Sergio si diffondono nell’aria. E dimmi, di che mese sai? Si, “sai”. Il tuo viso roseo ha un profumo intenso che quando si allarga, allaga il mare. Questo mi capita di pensare, osservando sbocciare un fiore che si apre come il tuo sorriso, ogni qual volta osservo il mare. Certo, vorrei scrivere di mimose e di storia, di “E tre”, articolo del blog, al quarto anno del suo compleanno, oppure del convegno, dell’altro ieri, a Torino, su don Milani e la figura dell’Idr. E che dire del sig. Antonio Corapi, artista, sarto approdato a Torino da “Gasperina” omaggiato da Bruno Gambarotta su Torino Sette? Che bello il primo, e il “tre” , le emozioni per una bella pagina di storia, personale, che a pensarci bene, nessuno ci avrebbe scommesso un euro su. Ma le cose piu’ belle sono le piu’ difficili. Il parka blu, il vento, il sorriso, un volume rosso tra le mani. Torino era mia. Cerco di “chiudere” il volume. Ma il mare allontana molto e avvicina te. Il Profumo di mimosa, sul bavero e in ogni dove, nella giornata-festa-ricorrenza della donna.
Ferrara
Ho seguito kilometro dopo kilometro la linea ferroviaria che da Bologna procede verso Ferrara immaginando di rileggere riga dopo riga uno dei libri di Giorgio Bassani, “Gli occhiali d’oro”. I due palazzi, grattacieli, adiacenti la stazione, sono visibili in lontananza, dal treno stesso, e ne annunciano, al viaggiatore, l’arrivo nella cittadina estense. Con un pizzico di fortuna sono riuscito nell’intento di raggiungere la meta prefissata, nonostante lo sciopero ferroviario, proclamato da una organizzazione sindacale. Appena sceso dal treno sono immerso e attanagliato da un misto di foschia e da una morsa di gelo. Attraverso il corso facendomi strada tra persone in attesa di qualche bus. Accelero il passo, da percepire cosi facendo, il minor freddo possibile. Passo tra due palazzi, uno spiazzo aperto, come fosse un cortile. Lo oltrepasso. Riflettori e transenne mi annunciano che sono sul terreno della Spal (squadra di calcio ferrarese); costeggio lo stadio e cammino sempre diritto:
nel giro di 5 o 6 minuti giungo al Castello Estense
. Le cose da rivedere sono molte, dal castello stesso, al
Duomo (il Guercino, sfuggitomi a giugno!), al
Palazzo Costabili, detto di Ludovic(in particolar modo la Sala del Tesoro e la rappresentazione delle due sorelle, Beatrice e Isabella, affacciate al balcone) ancora, Schifanoia (e qui la fortuna è doppia). Al palazzo Schifanoia, una guida davvero competente, gentile, ben preparata, spiega il Salone dei Mesi, cosa ne e’ rimasto, la suddivisione dei registri, dei personaggi, della vita di corte, e non solo, di Ferrara, del buon governo, di Borso d’Este, raffigurati da Francesco Del Cossa, Cosme’ Tura, Ercole De’ Roberti. Poi, è la volta della visita presso il convento del Corpus Domini (e un ringraziamento alle suore che ne hanno permesso la visita fuori orario) dove sono collocate le tombe degli Estensi e quella di Lucrezia Borgia. Infine, il complesso che ospita la mostra sugli ebrei. Tutto veloce, compatto, ma ora che sono di ritorno, in treno, penso ne sia valsa davvero la pena. Ferrara, merita davvero. Tanta dolcezza…un pochino è con me. Vassoi di doci caratteristici sono al mio seguito. Ben conservati. Ancora per poco.
Fermate poetiche
Mi sono reso conto che la “produzione” del blog ha conosciuto una “fermata” da piu’ giorni. Eppure di cose interessanti che hanno suscitato curiosità e riflessioni ce ne sono state. E quindi, “inchiostro”alla penna. E anche di numerose, oltre che interessanti. Capita. A volte. Di rilassarsi e dedicarsi ad altro. Per esempio alla lettura. Per non parlare poi dei “buoni consigli” della scuola. E quest’anno sono davvero tantissimi. Ma partiamo dai fatti da accennare. Dalla “sVentura”, alla panchina Ikea, a livello “nazionale”,
prodotta virtualmente sui social dopo il fischio finale di Italia-Svezia. “Luci a San Siro” spente, o mai accese. Lacrime di Buffon per un viaggio mancato. Lasciamo pero’ tutto cio’ e dedichiamoci alle bici verdi e arancioni che spopolano a Torino (grazie ad una app è possibile prendere a noleggio una bici con pochissimi centesimi e lasciarla non necessariamente in stalli o stazioni ben delimitate come accade per le bici gialle”comunali”. L’importante è non intralciare strade, vie, ecc.ecc.). Nello snocciolare gli eventi, non mi sono fatto mancare un’uscita presso l’oratorio della circoscrizione, ora gestito dai Salesiani, e una breve spiegazione sulla validità del sistema pedagogico del Santo sociale torinese. L’oratorio e il cortile come elementi necessari alla costruzione e conduzione della casa e/cosa comune. Ogni casa salesiana possiede un cortile e una sala giochi. Iniziativa apprezzata e lodata tra giubilo di un pallone che entra in rete, come metafora di una buona vita, ed una pallina che entra nella porta di un calcio balilla. Insomma, un’ora buona e dolce di buone pratiche e una fetta di pane e nutella a condire gioia ed entusiasmo adolescenziale. Le curiosità e le novita’, certamente, sul percorso cittadino, non si fanno certo mancare.
Nuove “fermate poetiche”sono state installate in via Pietro Micca.Difficile accorgersene, dato il frastuono e la confusione cittadina che hanno anticipato “la vigilia” di Natale. Mi fermo, leggo, incuriosito,
rifletto..all’ombra della Mole e di mille luci di luci d’artista.
4 11 1966: l’impegno e la meglio gioventu’
“Sabato pomeriggio”. Titolo di una canzone. Qualche libro, incornicia la scrivania, un pc, un altro in corso di lettura, fogli sparsi, penne, matita. Un ticchettio simile al rumore delle lancette di un orologio distrae la mia attenzione pomeridiana, obbligandomi cosi ad interrompere la lettura del diario di Anna Frank, avviato oramai verso la conclusione. Mi alzo e lentamente recupero la finestra occultata da tendina e rivestita di leggerissimo velo o “panno di nebbia”. Al mio avvicinarmi, alla finestra, il ticchettio sembra modificarsi in un beccare di un passerotto. Sembra il titolo di altra canzone. “Passerotto non andare via”. Stesso cantautore e canzone. Rimuovo la tendina, passo il dorso della mano su di un angolo della finestra, cerniera fra il tepore interno e lo smog esterno. Dalla “porziuncola” ripulita dal velo, scorgo che il ticchettio, simile al cammino delle lancette di un orologio prima o il becco di un passerotto poi si è in realtà trasformato nella tanto attesa pioggia che lentamente si e’ affacciata sulla nostra citta’. E picchia, sulla finestra. Dopo un lungo periodo di siccità, afa, smog, finalmente una “ventata” di pulizia. Chissà quanto durerà….Oggi 4 novembre. Oramai in piedi penso che avrei dovuto riflettere su alcuni suggerimenti da fornire ai ragazzi, a scuola, al fine di svolgere un tema sull’ impegno. Mi “affaccio”, fuori e sui suggerimenti. L’impegno de “la meglio gioventu'”, in quell’occasione da Nord a Sud riunitasi a Firenze per salvare la cultura, patrimonio universale, sommersa dall’acqua e dal fango del fiume Arno, straripato dagli argini con tutto il suo carico distruttivo. Ripenso al Crocefisso del Cimabue, “strappato” dal fango, e che ho avuto la fortuna di ammirare un po’ di volte nel corso dell’anno. Torno alla scrivania, accendo il pc, rivedo documentari e frammenti del film. Tutto puo’ essere bello, anzi, bellissimo (come si conclude il film), se poi si riuscisse a tutelare il bene comune, a fare comunita’, esprimere solidarieta’, ancora meglio. La meglio gioventu’, l’impegno e i volti di ragazze e ragazze, così belli anche se sporchi di fango, muniti solo di pala, stivali, giubbotto. E impegno.