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Davanti la lavagna…studiate, istruitevi…disegnate

20150220_150751Chissa’ “cosa sara’ degli oltre 130 mila precari nella scuola, visibili nelle intenzioni, buone chissa’quanto e come, della “scuola buona” o ” della buona scuola”,  chissa’ se a, b, c, d integreranno o lentamente sostituiranno pezzi di storia come le pagelle…chissa’…di pensiero in pensiero gli occhi si levano poco oltre la lavagna….”istruitevi, studiate….”.La leggi, la rileggi. Poi, rimetti tutto a posto, per domani. Le matite, smozzicate, i fogli lasciati sui banchi, racconti di storie e di storia, raccolti come documenti. Gli schiamazzi sono oltre, dispersi per poche ore lungo le loro strade, fino a domani, quando si raccoglieranno ancora e ancora in forme ricomposte, con orari appena modificati. “Il consiglio di Istituto ha deciso e modificato….”. La lavagna, pulita, i gessi, le lettere ed il loro studio, un po’ di solitudine e tanta voglia di….disegnare. Sono li, a portata di mano. “Ma che ti piacerebbe fare, o, che ti sarebbe piaciuto fare, ora che sai come sono andate le cose?”” Studiare lettere”.” E tu?”Mi domandava prima di ritornare sulla via del rientro con un treno a due passi da noi. Silenzio e  penna in mano, qualche foglio sdraiato sul tavolino di un bar dopo una fugace colazione. Un attimo di silenzio e poi, nell’atto di prendere penna e foglio, servivo la mia risposta: “disegnarti gli occhi, ogni giorno, cosi belli, intensi, scuri, cosi sempre addosso.Cosi belli, cosi tuoi. Cosi un po’ miei”.

L’amore è…

L'amore

Si ricomincia. Dopo il “tre” e il “ciò che si vuole si può”, una breve pausa e, al lavoro, tra i “nuovi lavori”.  Tra i precari della scuola, con le sue contraddizioni. Edifici e tablet. Risorse da prefisso telefonico e lavagne elettroniche con registri elettronici. (pero’,  presenti ancora in poche scuole, a dire il vero. Mentre per quanto riguarda i registri elettronici si registrano “esodi” di tecnici dai piani alti ai piani bassi per una “registrata” di “frequente”. Forse il collaudo ha bisogno ancora di tempo. Si tornerà al cartaceo o in tandem?). Edifici da ristrutturare “come da estrazione a sorte”, però, attenzione, uno solo, sotto la lente d’ingrandimento dal primo cittadino ad un altro primo ex cittadino. Perchè un solo edificio da portare all’attenzione del governo per ricevere le “cure” dovute e non tutti, in tutta Italia?  Perché, da subito non stabilizzare tutte e tutti le lavoratrici e i lavoratori della scuola? A me, onestamente, pare come dire, “dato che i vincoli di bilancio ci impediscono una spesa, urgente, necessaria, ma differibile, e non si possono spendere soldi come si vorrebbe, al fine di stare sotto il “tetto eurpeo”, allora, dato che i progetti non potete farli, bene, fate a metà”.  O meno. Un po’ come dire, “amatevi a metà“.  Pazzesco. Stabilita la definizione di nuovo concetto di lavoro, almeno da osservazione e analisi personale,  non resta ora che parlare, in modo tale che, più se ne parla e forse più politiche correttive si adottano. Anche quando gli sguardi non si incrociano, gli occhi non si scrutano le mani, fugacemente tese, si sfiorano. Parlare e liberare, anzi, liberarci da quei fardelli di pseudo contratti che non liberano l’amore. Come quei due ragazzi che nella scala dei valori hanno deciso di mettere l’amore. E lo comunicano.

Il lavoro è stato davvero utile e interessante. Parlare del nuovo concetto di lavoro e di nuove figure di lavoro tra il “conflittuale” chè è “il sale della democrazia” e le “encicliche sociali”. Ci sta.  All’interno, persone, con le loro storie, le loro ansie, preoccupazioni. Che occorre ascoltare, registrare, scrivere, comprendere. Umanizzare il mondo. Un altro mondo è possibile.

Cio’ che si vuole, si puo’. Ancora due pensieri.

Il primo al Giappone e alla sua popolazione nel terzo anniversario del disastro nucleare.

Il secondo. Occhio alla coppie. Uno “sguardo” attento della Chiesa alle coppie. Quando l’amore è…

Il viaggio non finisce mai, solo i viaggiatori finiscono

DSCN3196DSCN3197Ripercorro, ancora una volta, il solito tragitto. Scarpe sul selciato, pensieri altrove. Ore 7.50. Velocemente costeggio quel tratto di strada che mi separa  dal luogo di lavoro. Un percorso breve, amico. Un semaforo, qualche negozio, una benzina. Un tempo, esisteva, dall’altra parte del corso, un trincerone, un rialzo. I treni percorrevano quel tratto guardando tutto e tutti  sopra tutto, prima di entrare per un breve tratto nella pancia della nostra città e sbucare poi nella vecchia e cara stazione Porta Susa. Ora, al posto dei binari, esiste solo una ferita. Da ricucire. E chissà se si avrà la forza di ricucire. A volte i treni congiungono città lontane, aiutano ad evadere, almeno mentalmente;  altre volte invece, contribuiscono solo a dannare.  Forse si ricucirà, un giorno. Quando ci si “sarà resi conto”. Quando ci saranno le risorse. Sotto quel corso, ora, piu’ gallerie permettono ai treni di “s-freccia-re”  sotto terra.  Ah, come si è modificato il territorio della nostra città. Torino. Quante ferite. Davvero, “affondata” e affondati noi. Continuo il mio percorso, ancora una volta. Un’ultima volta. L’orologio che ha scandito le entrate e le uscite di un anno, scandisce velocemente il tempo che passa. Pulizia armadietti, consegna chiavi, firma di quel che si lascia. Come ogni anno. Assorto nei pensieri, mi domando se si possa qualificare civile un Paese che si permette il lusso di “chiedere”, meglio, prendere, senza domandare, quasi tutto, senza “riconoscere”. Nulla. E’ un Paese civile quello che, pur sapendo, sulla carta, le necessità di quanti lavoratori necessita una scuola, si permette il lusso di precarizzarne, lo stesso numero per anni e anni e anni? In sintesi: se si sa che una scuola necessita di cinque insegnanti, perché due devono essere a tempo indeterminato e tre precari, con contratti annuali, pronti ad entrare ed uscire come da una porta girevole? E’ un paese civile quello in cui si “Innalzando” le mansioni del lavoratore, un po’ come quel grattacielo, mantenendone la stessa retribuzione? La società muta, le funzioni aumentano, gli stipendi restano al palo. Il sistema Italia “svappa” e perde 250 mila posti di lavoro, o forse piu’. Il “Fare” non è una questione di fiducia. Tra il dire e il Fare, di mezzo il mare. Mare della disperazione. “Ti rendi conto?” domanda qualcuno. Ora? E prima? E’ un Paese civile quello che ti costringe nella precarietà e ti ricaccia nella povertà relativa? E’ un Paese civile quello che non riesce ad accogliere con le strutture dovute ragazzi diversamente abili, privati di un insegnante di sostegno che lo affianchi per tutta l’intera giornata e non “ad ore”? E’ un Paese civile quello che ti chiede formazione continua, ovviamente, con il proprio contributo personale, senza mai arrivare poter dire:  “ora dire basta?”  Queste forse, per chi legge,  sono parole schiacciate dal peso della sofferenza. Ricordo solo che lo Stato, la pubblica amministrazione ha chiesto, ha pagato lo stipendio in ritardo, perché ogni qual volta si muta destinazione, l’inserimento dei propri numeri riservati per il pagamento stipendi conosce numerosi ritardi; una pubblica amministrazione, sistema scuola che ha aumentato a dismisura le mansioni, (certo, dopo i tagli Gelmini!) che mi renderà “nuovo assunto” il primo settembre, azzerandomi ancora una volta “l’anzianità”. mi farà partecipare all’ennesima lotteria del tutti contro tutti, ma non ha mantenuto fede all’impegno: la stabilizzazione di tantissimi non “s’aveva da fare e non si è fatta”. Come un matrimonio romanzato. Una pubblica amministrazione che mi ha coinvolto soltanto nell’ennesimo viaggio. Come diceva Saramago, “Il viaggio non finisce mai, solo i viaggiatori finiscono”. O ti fanno finire, pensando di gabbarti un pochino.

Un pensiero, a chi vive in condizioni simili, i cassintegrati, che nei primi mesi di quest’anno si sono visti erodere le proprie entrate di ben 4 mila euro. Civile?

Ancora un viaggio. Ancora la domanda: “è un Paese civile?”.  E’ civile chi mi dice che devo essere contento perché ogni anno ho un contratto annuale, da precario, e non vedo mai fine? E’ civile chi mi dice benpensante perché ho un contratto di questo tipo? L’orologio intanto ha percorso gli ultimi giri che doveva. E’ giunta l’ora. E così, civilmente, diversamente da chi non lo è stato, rimbalzandosi le responsabilità per una mancata stabilizzazione, quest’anno, garantendo comunque il servizio, o meglio, i servizi,  ho consegnato, ancora una volta, le chiavi. Altri viaggiatori pronti fino ad un nuovo consumo.

Al via i saldi

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Inizio saldi. Code davanti ad alcuni negozi. Soldi, per la verità, rari. Forse turisti e mercati rionali penseranno a trascinare la spesa. Ci hanno già pensato ad “assorbirli” con aumenti e balzelli varii. Carrelli della spesa vuoti, come portafogli e conti correnti,  e inflazione che corre. I primi, che gravano per un  piu’ del 4,3% rispetto all’anno scorso.  E salari fermi. Solo i prezzi e la cassaintegrazione corrono, verso il miliardo di ore la seconda. Prezzi che corrono ad un ritmo doppio rispetto ai salari. Il Codacons ha calcolato che gli aumenti, nel 2012, per un single, si traducono in un aggravio di 925 euro. Già in molti hanno salutato il nuovo anno con un “botto” da quasi cinquanta euro, in medicine, causa influenza. E un cenone alquanto magro, “compresso”.

Residui “bellici” sul selciato di una “guerra” pirotecnica per salutare l’anno nuovo ci infomrano sulle speranze dei torinesi e non. Altre speranze “sventolano” sull’albero. Una lettura veloce a qualche desiderio espresso sull’albero di Porta Nuova, a Torino: Lavoro, esami universitari da passare, amore, a tutte le età. Uno sberleffo ai Maya: “siamo ancora vivi”, alla faccia loro.

Nei pressi, una cabina telefonica e quattro sedie. Forse per comunicare nel migliore dei modi possibile i nostri desideri. O, giusto per origliare nel miglior modo possibile. O forse in tema di web, di cinguettii, di videochat,  di wow per “followers”, un ritorno al passato. Provero’ a telefonare e chiedere come mai, ancora, non si sa nulla dei passaggi in ruolo. Dei precari di Stato, della scuola. Fermi, da anni. Evidenziando le storture di una scuola: corsi di violino ai bimbi di quattro, cinque anni e precari da quattro cinque anni. E forse piu.  Così, per rimanere in tema. Di contraddizioni. E i saldi dei lavoratori sono al via da anni.

Nella foto, biglietti d’auguri, di speranza a Porta Nuova, stazione di Torino.

Sulla e nella Mole Antonelliana (Natale a Torino)

DSCN2792DSCN2793Domenica e lunedì  (antivigilia e vigilia) di ultimi acquisti, ultimo shopping,  prima della grande festa. In molti “di fretta” col “panic Monday, (come negli Usa) principali ritardatari nei regali natalizi. Ansia da regalo. Un giro, quattro passi, per le vie del centro torinese:  via Pietro Micca, Piazza Castello, via Po, una sbirciata in via Garibaldi. La tredicesima ha preso un’altra strada, o meglio, un’altra via, per tantissimi. Percorro lentamente via Po, con le sue luminarie, a destra, via Accademia, il  primo Parlamento subalpino,  il suo Museo Egizio. Altre luminarie. Percorro ancora via Po, la Facoltà di Lettere, un’occhiata da libro Cuore dentro la Cavallerizza (con i suoi ricordi, la scuola) e poi, diritto,  fino ad arrivare al Museo del Cinema. La Mole Antonelliana è maestosa, con i suoi 167 metri. Decido di  acquistare il biglietto: cupola, ascensore panoramico e museo del cinema. Pochi istanti e sono su. Torino ai piedi di questo gigante.  Che bella Torino da quassù. La realtà  con i suoi ritmi frenetici è come sospesa. Ridiscendo. L’aria, quassù, è gelida.  Ho il biglietto anche per il museo. Nell’ampia base, una fila di poltrone rosse invita a rilassarsi.  Mi siedo, anzi, mi spalmo, su una di quelle. Osservo la cupola. Ricorda tanto la polarizzazione della società italiana. Una base di povertà ampia. I piu’ ricchi diventano ancora piu’ ricchi. La base e la stella, simboli  del giro di affari misurati in queste giornate, nella corsa agli acquisti. La stella ricorda i regali sempre piu’ costosi, quelli di lusso. Per pochi, ma mai in diminuzione, mai in cassaintegrazione. Quelli griffati, da grandi marche. La base, quelli da un euro, o giu’ di lì. Sempre sul pezzo. In fondo, quello che conta, è anche un semplice biglietto, sincero. Un augurio. Una vicinanza che continui anche gli altri 365 giorni. Ma come è composta questa base che ricorda la società attuale? Quasi il trenta per cento delle persone residenti in Italia è a rischio povertà. L’ascensore personale che avrebbe potuto, dovuto, portarmi sotto l’albero personale il contratto a tempo determinato, non è partito. Ormai non si comprende piu’ chi e perchè ha negato l’accesso.  Come per tante altre persone. Si è parlato spesso di precari, dell’Amministrazione statale, 230 mila, con contratto in scadenza al 31 dicembre: per loro, bontà “governativa”, gentile concessione:  contratto prorogabile fino al 31 luglio.  Per noi, solo illusioni. Da settembre. Ancora per quanto tempo? Non è dato sapere. Due scioperi e nulla di fatto. Penso alla percentuale delle persone che non possono permettersi una settimana di ferie, lontani da casa: 46%; penso a quanti non riescono a riscaldare adeguatamente la propria abitazione: 17%; a quanti non riescono a sostenere spese impreviste per 800 euro: 35%. Naso all’insù, verso questa cupola, le sue al, meglio, corridoi, i riservate al museo del cinema,  i manifesti di film andati, locandine (tra questi Profondo Rosso, Così ridevano,  girati a Torino, insieme a molti altri) riproposti, mai terminati. Dopo Mezzanotte. Anche prima. Mi accomodo beatamente su una di queste poltrone. Sulo schermo si proietta un film. Davanti a me, una coppia di turisti commenta il proprio.  Provo a chiedere loro alcune impressioni sulla nostra città.

Forse è stato solo un sogno, commenta lei. Una deviazione dal solito binario, della solita stazione, forse un viaggio nel tempo, come nel film di Woody Allen “Midnight in Paris“. Quelle ore sospese in una dimensione senza spazio nè tempo, per cui nel giro di poche ore ti ritrovi a Torino. Forse L’adrenalina del viaggio, pazzesca. Quella esilarante sensazione di sfondare i confini dell’abitudine per vedere cosa c’è oltre, immersi nella città. Sensazione di essere piccoli, a sentir loro, di fronte a tanta maestosità, a quei palazzi così belli, antichi, grandi, anche se è evidente una certa discrepanza fra la parte vecchia e nuova della città. Che entusiasmo poi toccare con mano il cuore pulsante di una città così grande, così attiva, così elegante…l’estetica dei monumenti e delle chiese e dei palazzi, come Palazzo Reale, la Chiesa di San Lorenzo, la Mole…è stato spettacolare!!! Sia la panoramica notturna da cui si puo’ ammirare tutta la città distesa e la Gran Madre e il monte dei Cappuccini.Il Museo del Cinema è stato dolce, appassionante, una novità. Come il circolo dei lettori, l’ambiente che ho sempre sognato…perchè i libri, come il cinema, sono il rifugio dei sognatori.

Un Paese che non brilla e non fa scuola

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Ciascuno di noi si sceglie e scegliendosi, sceglie anche per tutti gli uomini. Nulla puo’ essere bene per noi senza esserlo per tutti. Chi ha scelto, deciso anni di precariato di stato? Ancora oggi, nulla, nessuna parola sulla stabilizzazione dei precari scuola,  nonostante le promesse, nonostante gli incontri ormai reiterati, gli impegni del Ministero. Vi è  sempre qualcosa che manca. Cosa manca? Chi gioca con la pelle delle persone?  Chi suscita attese? Chi speranze senza vergogna che durano anni? Nella ex settima potenza mondiale, la “vetrina” non luccica, anzi. Guardandandola bene, al suo interno, si possono notare oltre ai tagli nella scuola pubblica (ma non dovevano partire ora le assunzioni? le risorse risparmiate tagliando, non dovevano essere reinvestite? e come mai, allora, attori politici, ministeriali, mef, che si interrogano, videochattano senza parlare chiaramente, direttamente alla parte interessata?) senza senso,  le condizioni di chi in essa ci lavora (classi senza via di uscita di sicurezza con  lettini  che pesano all’inverosimile, nelle scuole materne,  così ravvicinati che non esiste  neanche lo spazio per muoversi, altri (lettini),  che girano continuamente, cambiando ogni giorno possessore e “fruitore”; scuole che se rubano le grondaie resti senza per mesi, insegnante di sostegno a ore, magari su due bambini, e al pomeriggio, il disabile, a carico di qualche operatore, probabilmente senza preparazione, ingegnandosi, adattandosi, alla meno peggio; scuole che se si rompe l’ascensore, il bimbo sulla carrozzina lo si sposta da un locale della scuola all’esterno sulla forza delle proprie braccia…carta igienica, sapone, portati da casa………e la lana di vetro nelle controsoffittature? e la prospettiva del trasferimento temporaneo di alcune scuole per quel motivo? mentre qualcuno batte le mani ai pochi tablet che hanno raggiunto qualche classe di qualche scuola…nessuno alza la voce nel dire, nonostante una sanzione, precari da sette, dieci anni: vergogna, di Stato. Un tempo, a ridosso delle politiche, qualcuno azzardava nell’accontentare, nel far finta di concedere qualche…”prebenda”…ora neanche il giusto. Schiacciati da una certa politica sorda che non vuol rispondere. Ad ora, nonostante le attese e gli incotri nessuna immissione in ruolo.

Impegno etico e responsabilità…..continuo la lettura della poesia Termopili, di kavafis e Anguilla, di Montale.  Trasmettono capacità di trasmettere resistenza alle avversità e alle ingiustizie.

(Nella foto, il Comune di Torino)

Precari senza stipendio

I mille euro, per i precari, non sono solo un miraggio. Sono inesistenti. Almeno così, fino ad oggi. Per molti. Privi di certezze non solo nel futuro, ma anche nel presente. Ogni anno la solita identica storia. Tale e quale. Solo che quest’anno risulta peggiorata. Cosa? Mi riferisco al pagamento e all’accreditamento sul conto corrente dello stipendio dovuto per i lavoratori della scuola. Precari, assunti in una nuova scuola. Certo, al proprietario di casa possiamo dire “che le chiavi” del sistema informatico  non erano disponibili, e che quindi  lo  stipendio, e il suo accreditamento sul conto corrente risulta impossibile, con il risultato che, a oggi, non vi sono i soldi relativi al mese di lavoro effettuato… e così, l’affitto non verrà pagato e forse , il proprietario di casa, comprenderà…ma   altri non capiranno, così come è nella natura dell’uomo, non capire quando non vuole capire…E’ l’egoismo imperante, bellezza, e “al diavolo gli impegni presi” ……….La richiesta non è esorbitante, di  bonifici vari per recarci a pranzare o cenare presso  “Il covo del brigante”  “Allo schiaffo” o al “Caffè Marini”, ma è la sacrosanta richiesta di poter ricevere quel giusto che ci spetta per vivere o  sopravvivere dignitosamente. Insomma, il nostro corrispettivo.  A fronte del lavoro già effettuato, dilatato, con mansioni che esorbitano, spesso, dal dovuto. Frutto di tagli insistenti, continui, per anni.  Insomma, caro Ministro dell’Istruzione, “Chiedo e ricevo”anzi, chiedo e devo ricevere  il  mio, a fronte di un lavoro già effettuato  e che vale anche due o tre unità produttive, grazie a chi La precedeva, così munita di forbice da tagliare allegramente senza rendersi conto dei danni effettuati, riportandoci, almeno nelle condizioni di lavoro, ai temi della serva della gleba. Quello voglio, quello esigo. Il mio.  Stiamo lavorando, giusto? E allora, dateci il nostro “Pane nostrum”.  Si puo’ fare una “ricognizione di situazione” anche in questo campo? O per mantenere i servizi essenziali oltre che estendere all’infinito le funzioni del lavoratore, volete ridurlo, quest’ultimo anche alla fame? I servizi vanno mantenuti, ma con il personale giusto. La redistribuzione delle risorse deve avvenire andando a pescare chi li ha, i soldi, e tanti. Basta tagliare. Basta. Insomma, nel valzer delle responsabilità del perchè non sono stati accreditati ancora i compensi, la risposta è da commedia all’italiana: “interrogato il morto non rispose”. Certo ci vuole davvero una “rivisitazione” dell’Abbecedario, un po’ per tutti. Lavorare gratis, non piace a nessuno, soprattutto quando la banca, il trenta settembre reclama le spese. E soprattutto ci si  indispettisce quando montagne di soldi pubblici finiscono in numerosi conti correnti, sparsi tra l’Italia e la Spagna,  e i bonifici, in un giorno, sono davvero esorbitanti. Qui, in questo caso, da rimpinguare è uno solo, di conto corrente e così il bonifico, mensile. Il mio, quello di molti altri. Davvero, le cronache ci riservano un basso profilo etico. A trecento sessanta gradi. Menzogne a quintali, corruzione, vite parallele, danze, festini, aperitivi, e caseifici. Insomma, basta filosofare. Abbiamo già dato. Basta giocare a nascondino. Prima di bearsi sull’informatizzazione della scuola, qualcuno si metta la mano sulla coscienza, dal momento che i propri dipendenti sono senza stipendio. Per la Cgia di Mestre i nuovi poveri, in Italia, a far data dal 2007, sono 988 mila. Si può vivere con 900 euro al mese o giu’ di li? Ci provi lei, tecnico, insieme ai suoi colleghi. Insieme ai nuovi poveri, si aggiungano 1.250 mila disoccupati (pensare ad una città come Milano ferma!) e 421 mila nuovi cassintegrati. Siamo in caduta libera.  Pensiero “lagnante”, che non vuol riferirsi a nessuno in particolare, ma a tutti in generale.

“Per tutte le altre destinazioni”

 Caro amico ti scrivo, riecheggia nell’aria………..e già manca, un po’ a tutti, Lucio Dalla.  Cassetta, per le lettere, forse un pochino datata, come le cabine telefoniche. Destinate, parrebbero, ad un massiccio ridimensionamento, causa invasione cellualri e utilizzo dei social network. E’ la globalizzazione, bellezza. E chi non possiede cellulari o pc? “E chi se ne frega”, ormai è il motto imperante di chi conosce solo e soltanto forme d’egoismo. E tagli. Una sforbiciata all’istruzione, una alla sanità, una ai trasporti, ai treni, un’altra………Massì, tagliamo. Qui, si,“accaventiquattro“, pronti a tagliare, armati di “forbice”. E’ l’Europa che lo chiede, bellezza. Si, ma l’Europa non chiede che si taglino servizi essenziali, che si cancellino “persone”. Bellezze, tagliate altrove!  Ma la cassetta fa anche ricordare che “per tutte le altre destinazioni” sono i centomila, circa, laureati dall’Italia, a cercare fortuna altrove. Centomila che “partono”. “Che fare?” Restare a guardare entrando così nel novero del “9%” di disoccupazione? Partecipare ancora piu’ attivamente al grande ammortizzatore famigliare? Buono si, come cuscinetto fino a quando non arriva l’ora di “metterci contro”: “colpa dei padri”, sostengono per mettere contro generazioni. E la soluzione che propongono i benpensanti? “abolire l’articolo 18″. “Pazza idea”, scrivendo con canzoni. Anzicchè estendere a tutti la garanzia, il diritto, lo cancellano. Per fortuna esiste la Fiom, che quotidianamente ci ricorda qualcosa.

Già, che fare? I Tfa, partiranno, (a giugno?) ma molti laureati non sanno “che pesci prendere”. La loro laurea è ancora valida per poterli frequentare (i Tfa) o è stata “depennata” e quindi non adatta per essere inseriti nelle classi di concorso?  E se depennata, questo cosa vuol dire? Insegnamento precluso? Solite annose domande a fronte del fatto che esistono, ad oggi,  insegnanti sprovvisti di titolo universitario ma con cattedra a tutti gli effetti, e magari te li ritrovi come Presidenti di commissione alla maturità. Dove ci si informa? Miur o Università? E chi è in possesso del titolo universitario, magari due, se impossibilitato a frequentare (il tfa)”cosa farà?” o “cosa sarà?” per riprendere il testo di un’altra canzone del grande Lucio Dalla? Già, cosa sarà…Cosa sarà nel frattempo di coloro che non parteciperanno ai Tfa, perchè non potranno? “Delocalizzati” ancora, magari in qualche amministrazione, magari col “grembiulino”? Delocalizzati, piazzati, parcheggiati, a guardare, come accaduto alcuni giorni fa, le elezioni rsu, appena concluse, in alcune amministrazioni, e non poter dire nulla, non poter decidere nulla, ma solo “osservare”, partecipare al lavoro collettivo, al servizio, questo si, ma non poter esercitare un diritto elementare: il diritto di voto. O di candidarsi.  Alla faccia della democrazia. Sul posto di lavoro. Magari inseriti per anni in un sistema “precario”, da cinque, sette, dieci anni, magari con un velato “nonnismo”. E non soltanto decidere chi, cosa, ma neanche potersi candidare. E nel frattempo  prepararsi a lasciare il posto. Altro giro. Altra destinazione. Ciao….

Il vento è cambiato. Precari: Col nostro stipendio paghiamo chi ci insulta

Il vento è cambiato e alla fine, coloro che tifavano per l’astensionismo al referendum, non sono riusciti a metterlo “nel quorum”. La domanda di partecipazione politica si protrae da febbraio, anche se, a mio modo di vedere, in alcune circostanze, quali le amministrative di Milano, l’elettorato, forse, chiedeva altre cose. Sicuramente non Tabacci. Come che sia, il vento è cambiato e pare che gli unici a non accorgersene siano proprio i domiciliati a Montecitorio. Un referendum inutile, è stato detto, da un “capitano” senza fascia, forse per non “caricarlo” troppo di significato politico,  ed evitare così ulteriori “sberle”, anche se, a mio modo di vedere, ne aveva, di senso politico. Eccome. In Germania si è dato uno stop al nucleare, sicuramente perchè i verdi hanno un’influenza, forte, in quella realtà e quel tema è particolarmente sentito. Qui, in Italia, sentono solo il profumo degli euri. Volevano provarci e riprovarci a rifilarci l’acqua privata, il nucleare, il legittimo impedimento. Le prime, questioni di profitto. O personali, come l’ultima. Anche se, a mio modo di vedere, nonostante un referendum abbia sancito 4 si, secchi, la gente che si incontra in coda nei supermercati, con i carrelli pieni di confezioni di acqua, è davvero in contraddizione con se stessa. Dovremmo davvero recuperare le famose caraffe e utilizzare l’acqua del rubinetto. A Torino, inoltre, l’acqua pubblica è una delle migliori, e i controlli mensili sono costanti e continui. Sarebbe bastato osservare il caso parigino per capire come la privatizzazione dell’acqua avrebbe aumentato le tariffe in maniera esponenziale. Una città, la capitale francese, con due società che si spartivano il territorio, suddiviso tra la riva destra e la riva sinistra.

Il vento sta cambiando, e ripeto, gli unici a non accorgersene sono davvero una buona fetta degli inquilini di Montecitorio. La parte peggiore dell’Italia? Qualcuno ha avuto il coraggio di dire che sono i precari. Incredibile, davvero. Parrebbe che a Montecitorio, alcuni, siano i protagonisti di un film e che il titolo, attribuibile al Governo sia: “Unico indizio: assente”. Alcuni precari, quelli della scuola, si sono già congedati, e, risultano disoccupati, termine contratto. Di qui a poco, migliaia li seguiranno. Senza sapere meta, inizio e termine di un nuovo ipotetico nuovo contratto. Ora, in molti attendono il ricorso, il risultato di una class action, per chi ha lavorato per almeno un paio d’anni come precario. Peccato che questi risultati arrivino mediante la forza di sentenza e non mediante la forza del sindacato o di una politica capace di ascoltare e rappresentare questi bisogni. Complice anche l’effetto “voto utile” di veltroniana memoria che ancora oggi brucia lasciando una buona fetta di elettorato priva di rappresentanza.

Sotto lo stesso tetto, un tempo, un unico contratto, un unico padrone, una solidarietà. Oggi non è piu’ così, almeno per ora. Penso che davvero gli schiaffi se li diano da soli, questi governanti. Loro si, parte peggiore incapaci di capire che non rappresentano piu’ la maggioranza reale del Paese e che, forse, non ne possiedono una in Parlamento.

Aspettiamo il passaggio parlamentare, da qui a pochi giorni, e speriamo in una dichiarazione di fidiuca. Anzi, di sfiducia. Molte cose sono cambiate, da quell’aprile 2008.

Il vento è davvero cambiato.

Indisponibili

A Torino è cominciato l’autunno. Caldo? Non si sa. Minuscole goccioline, di tanto in tanto, ci bagnavano. Torino, una città con circa 76 mila studenti e con 12.400 borse di studio erogate nell’anno accademico (con un importo da 2mila a 4.500 euro l’anno: borse ora a rischio?). In Piazza Arbarello, luogo storico per le partenze delle manifestazioni studentesche, sono già in tantissime e tantissimi per la manifestazione indetta dalla Rete degli Studenti, per dire no. Studenti e lavoratori della scuola, insieme, per dire no “alle politiche della scuola del governo”. Un’ora di sciopero, invece, promosso dalla Flc-Cgil e un’intera giornata promossa da Unicobas. Chiedo a Igor Piotto, Segretario Provinciale Flc di Torino, perchè un’ora soltanto. “Abbiamo programmato pacchetti di sciopero da un’ora cadenzati ogni 15-20 giorni, per tenere alta alta la mobilitazione. Nelle precedenti assemblee non vi è stata un’ attenzione alta per uno sciopero da indire per un’intera giornata,e questo sicuramente spiegabile con la crisi economica e la conseguente perdita di salario che dallo sciopero deriverebbe. Penso che con oggi si sia aperta una possibilità. Esiste un movimento in piazza e noi ragioneremo su questo. Se cambia il contesto nelle assemblee, noi siamo pronti. Il problema, ripeto, è di capire se vi è un movimento. E cosa ci chiedono i lavoratori nelle assemblee”. E la crisi economica, in città, picchia duro. Un mercato del lavoro che ondeggia sulla e nella crisi: diminuiscono gli avviamenti, aumentano i contratti precari, diminuiscono anche le famiglie che ricorrono “alla badante”. E nella crisi chiedo al professor di sociologia del lavoro, Luciano Gallino, se, negli ultimi mesi, qualcosa è cambiato, magari con un approccio diverso. Magari ipotizzando una riappropriazione del nostro futuro. “Rispetto ad un po’ di mesi fa, esiste un sintomo in piu’ che consiste nella partecipazione. Le varie facce della crisi spingono le diverse parti e componenti di lavoratori e studenti a trovare un accordo. Alla fine degli anni ‘70 l’ideologia legava il movimento; vi era una sorta di rappresentazione della necessità di cambiare, di “sbloccare la società”, come sostenevano i tedeschi. La crisi in atto è davvero forte; potrebbe avere sviluppi, imprevisti, sia a destra, sia a sinistra. Ricordiamoci della crisi degli anni ‘30. In ogni caso, ripeto, rispetto ad alcuni mesi fa, vi è piu’ partecipazione”. Personalmente ho optato per lo sciopero di sei ore. Pensando ad Ilaria studentessa di scienze politiche, specialistica, a Torino, che vorrebbe “vivessimo in un mondo migliore”. Con il sogno di un futuro, ma sembra che ci stiano lentamente togliendo perfino la capacità di sognare; ad Alberto, studente lavoratore di Scienze Politiche, lavoratore presso un grande centro commerciale, (“tasse universitarie elevate”)che non saprà se e quali corsi seguire, ai fratelli gemelli, Simone e Mattia Ciabattoni, bravi, meritevoli, ma forse, senza borsa di studio? Pensando a chi mi chiede di scrivere per denunciare con la penna, o la tastiera,una ingiustizia, perchè scritti nel nome della Pace.

Si fa un gran parlare di banchi sponsorizzati da privati e pubblicità che entra nelle scuole. Ma di loro, cioè delle persone che ho visto durante la manifestazione e ricordato ora? Del loro futuro? Oggi, e sempre, con voi, domani, con la Fiom, con Barbara e gli amici della Skf. Poi, voi con noi, perchè in ogni scuola, potrebbe nascondersi una Pomigliano.

Movimentiamoci”, con lo spirito di Genova.