La sedia della maturità è “lucidissima”
come mai lo è stata lungo il corso degli anni, di forzata e anche sforzata attività, mentre la tesina, con un velo di tristezza, oggi, sta per congedarsi; ad esser chiari, ha conosciuto una brevissima esistenza, la tesina, (la sua), tra alti e bassi, fortune e sfortune, “uccisa”, forse, in culla troppo presto. E ora, che la cronaca diviene storia, di cose da raccontare, quella tesina, certamente ne avrebbe da dare in pasto a noi, consumatori di storie. Intanto, ride e sorride sotto i suoi “4 baffi”, sostegno e stampelle per lei e candidati, di ieri, di oggi e domani. Anche senza tesina. “Lucida”, perché la recente candidata che ho avuto modo e piacere di ascoltare è stata esauriente, brillante, concisa. Lucida, la sedia, per essersi accomodati tante candidate e candidati .
La candidata alla maturità si presenta alla commissione e al pubblico presente per assistere e “assisterla”con una bellissima tesina dal titolo che promette bene. Orecchie e occhi ben aperti, perché l’argomento scotta fin dagli inizi della narrazione, cioè, dai tempi di Marx”: “Dalla Storia alle storie”(candidata V. M. indirizzo socio-sanutario). È il racconto di tre generazioni operaie (identica famiglia) nella stessa fabbrica, zona sud del torinese, a cavallo tra Moncalieri e Trofarello. “Tempi duri”, ci chiarisce la candidata, per tutte e tre le generazioni ma anche dolci, i suoi, il suo tempo, i “suoi tempi”, accordati tra studio e attesa, nell’attesa che i turni terminassero . Le storie, “quelle non solo della domenica”, (come giustamente cita la candidata) ma di una settimana intera, per una vita, tra presse, grasso dei macchinari che cola, olio e tute blu, al lavoro e lavate e appese ad asciugare ad un sole che ha solo il gusto del presente. Si, tute blu. E dire che qualche storico ne sosteneva la fine, della storia, teorizzandone, di conseguenza la fine, del lavoro. La Storia, raccontata attraverso le storie delle tre generazioni, a cominciare dagli scioperi di marzo del 1943 a Torino. Poi ancora l’accordo italo belga del 1946, la tragedia di Marcinelle (8 agosto 1956) , il ritorno agli scioperi operai del marzo 1943, considerati il “seme della Repubblica”, e “seme della Costituzione”. Gli scioperi del marzo ’43, la “grande spallata” alla caduta del fascismo. E ancora, la Resistenza, la Costituzione (sostanziale e materiale, come richiedeva uno dei titoli del tema e come la candidata chiarisce il senso della traccia pur avendo preferito il tema sulla “solitudine”), Marcinelle, Mattmark, cause, conseguenze, la ricostruzione, italiana, il boom economico, il movimento studentesco del 1968, quello operaio del 1969,( e “La meglio gioventù” ), lo Statuto dei lavoratori, la sua struttura. Il mondo del lavoro oggi e i lavoratori, letto attraverso le lenti e articoli della Stampa, le delocalizzazioni e la finanziarizzazione dell’economia, la globalizzazione, i mercati. La tesina cominciava con una frase di Olivetti, e guarda caso, recentemente, a Ivrea è stato conferito il titolo di “patrimonio” umano… quando si “dattilografava” era tutto così bello… Una bella tesina, e una sedia “lucida” perché oramai, la sedia tornera’ sotto il banco mentre la tesina, la povera tesina, seppur cosi giovane sta per andare definitivamenre in pensione. Un vero peccato. La candidata continuava a raccontare poi, (per una parte in inglese) le storie al lavoro in un mondo che cambia. Dal lavoro al nuovo voncetto di lavoro, avrebbe detto altro candidato. Poi psicologia (il lavoro in carcere e forme di retribuzione) diritto (cooperative, snc… ) italiano (Ungaretti, decadentismo), storia (resistenza, partigiani, 8 settembre, armistizio) fino ad esaurire la sua prova in modo davvero…. maturo. I suoi libri trattengono tutti gli odori della fabbrica, e si spargono, con classe, la sua, da pagina 100. Vorrà dire e dirci ancora qualcosa?
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Tempo di maturità
Questa mattina nel tragitto casa-scuola, manciate di ragazze e ragazzi con i dizionari in mano: facile da raccontarsi, immaginare, e incontrarli. Chiacchiere in liberta’ su ipotetiche tracce, ricordando Caproni. E allora, alle 8 di mattina, tutti pronti per il tema di maturità. L’individuazione di una sedia, quella giusta, per un totale di 4 “sedute” e poi, via, licenziati dopo un “contratto” di 5 anni. Anche sulla metro capitava di incontrare più dizionari oggi che giornaletti “metro” tra le mani dei passeggeri in un anno intero di tragitto. Segno del tempo che cambia e difatti, la maturita’ arriva sempre col caldo a vendemmiare visi e uva. I temi erano fattibili e piacevoli, soprattutto due, l’articolo di giornale, sul libro “I giardino dei Finzi Contini” di Giorgio Bassani, ambientato a Ferrara, e l’articolo tre della Costituzione: rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale. Ancora un tema sulle masse e sulla solitudine.
Archiviata la prima e deposto il dizionario sulla scrivania, il pensiero corre a domani. Alla seconda prova.
Ora legale
L’orologio” (Carlo Levi) è stato completato. In ogni sua parte (pagina). La notte cala e “par di sentire ruggire i leoni”. A Roma. Dove anche lo sferragliare dei tram è così diverso. L’atmosfera del libro è da “ricostruzione” a tratti e a tratti uguale. Luigini e contadini…questa dicotomia mi pare interessante. Come il periodo narrato. Il “mio orologio” era fermo ad Eboli, poi, complice una conferenza sulla Costituzione al Polo del 900 ho ripescato il libro citato nell’ambito della ricostruzione dei tempi della Costituente e Costituente; il mio ricordo era fermo ai tempi della passione, di Scienze Politiche. Non ne rammentavo molto. Pero’ di un paio di cambi ora, a Roma, si. Sono, a dire il vero tanti i posti dove mi sono trovato a cambiare ora. A Roma avanti, e indietro (e indietro, a Roma, posso assicurare che era stata una sensazione spiacevole: dalle parti di Viale Giulio Cesare non riuacivo a ritrovarmi) a Ferrara indietro, alle Cinque Terre, avanti, a Urbino avanti, ad Arezzo indietro, Senigallia avanti…a Torino entrambe, e di ricordo in ricordo ho trascorso piacevolmente un’ora insonne. Ora non so se continuare con la lettura di “Fausto e Anna” o col “Signore delle mosche”. Tempo un’ora di lancetta e decidero’ il da farsi. Un’ora soltanto. Avanti, ovviamente.
Costituzione, Lavoro e buon 2018
E così, lentamente, ci si avvia ad archiviare il 2017. Per le strade del centro, nel pomeriggio, passeggiate, chiome lucide, cappottini e vestitini, rivestono e ornano strade “pettinate” da torinesi e turisti, nella camminata pre “aperitivo” del cenone. Al fondo di via Garibaldi si apre piazza Castello, col suo albero “elettrico” ed il presepe.Sullo sfondo svetta maestosa la Mole Antonelliana “vestita” a festa, illuminata ed illuminante. Oltrepasso le bancarelle e un paio di “cantanti” al ritmo della musica “Regia”. Entro nel cortile della Cavallerizza, e lo spettacolo e’ affascinante, oggi come ieri. Mi dirigo sotto la Mole Antonelliana, un paio di foto e faccio ritorno. Rasento gli uffici Rai e riconosco il cancello, dove Diego un giorno lascio’ in una notte bianca la sua rosa per la sua Marilisa. E mentre penso a tutto cio’, a Dostoevskij e agli innamorati, alle pagine della Stampa e la storia e le cronache su quella benedetta rosa senza saperne l’epilogo, mi passa vicino il Presidente della Regione Chiamparino. Penso di augurargli un buon anno ma sabaudamente non dico nulla, taccio, e osservo l’Universita’ e tutti gli esami sostenuti, la Laurea e i trionfi. Da qualche balcone “piove” nonostante il divieto qualche “petardo”, ma si sa che…In alcune citta’, Torino compresa, piazze blindate e cin cin a casa. Unica “guerra” ammessa, tra Panettone e Pandoro e intanto, nell’attesa, tv e Fantozzi, un classico da sempre. Prima del solito trenino e dell’ormai inflazionato “pepepepepe’….”alla chiusura del 3-2-1….
Alla tv, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha da poco concluso il suo discorso agli italiani, a reti unificate. Nel discorso, i punti fondamentali, sono il riferimento alla Costituzione, carta fondamentale, bussola di una comunita’, fondata sul lavoro. Proprio 70 anni fa, come in questi giorni, i Padri Costituenti avevano terminato il loro lavoro, donandoci questa bellissima carta fondamentale, dalla sovranita’ appartenente al popolo che la esercita nei modi e nelle forme stabilite dalla legge. Il decreto, appena firmato, relativo allo scioglimento delle Camere, e di conseguenza, le elezioni il 4 marzo, rappresentano l’ appuntamento per esercitarla, la sovranita’. Il lavoro: che ve ne sia uno almeno in ogni famiglia. Il ricordo a chi non puo’ o/e non riesce a festeggiare, per poter garantire i servizi essenziali. Devo dire che mi è molto piaciuto il discorso del Presidente. In alcuni frangenti mi ha ricordato quelli bellissimi, di Sandro Pertini.
Per quanto mi riguarda, ho concluso questi momenti di vacanza terminando alcuni libri (per la verità letti a suo tempo): “Cristo si è fermato a Eboli” ( Carlo Levi); “Fontamara” (Ignazio Silone); “Il giardino dei Finzi Contini” (Giorgio Bassani). Di questi libri, parlero’, scrivero’, dato che saranno proposte per le loro tesine.
Che dire? Un augurio di un 2018 migliore con tanta serenità e gioia nel cuore.
“Tracce” negli occhi ma… “Caproni, chi era costui? “
Fin dalle prime luci dell’alba, Torino è un fiorire di zainetti e dizionari: e’ l’annuncio di una nuova maturità alle porte. Trentamila? Chi lo sa. Molti, tanti, pero’. Carta di identità, biro, occhi stropicciati per una notte insonne o a singhiozzi, in tutti i sensi; eccoli pronti, i “maturandi” con un passo fuori dalla scuola e uno ancora dentro, in ogni caso, in piedi, “davanti al cancello” prima dell’appello, prima della busta, prima del tema o saggio, cellulare alla porta, ovviamente, prima di tutto. Un viaggio, per loro, di 5 anni che va esaurendosi, lentamente, ma che ricorderanno, per sempre. Nei discorsi, nelle sere d’estate che verranno, negli incontri che faranno, porteranno sempre “tracce negli occhi”. Ne parleranno, se ne parlera’ e riparlerà, per molto… ancora molto. Tutta una vita davanti. A buste aperte provo a leggere. Quella sul miracolo economico l’avrei svolta subito, immediatamente, con tutti quei ricordi universitari…miei; il movimento studentesco, quello operaio, Palazzo Campana, le contestazioni, il triangolo industriale, l’Italia che è una Repubblica fondata sul lavoro, ma che a Marcinelle (Belgio, accordo governo italiano-belga, minatori in cambio di operai minatori)morirono tantissimi italiani… e la politica, gli accordi, le ferie, il ritorno al Sud, le Ferrovie dello Stato e le industrie di stato… Ma anche il progresso materiale, morale (che dire? abusivismo, condoni, sanatorie, ne scriviamo?) e poi la tecnologia, il lavoro… erano belle e interessanti tracce. Nelle aule, una domanda: “Caproni, chi era costui? “
Lettura a Porto Cesareo
Sul lungo mare di Porto Cesareo “allungo” la mia vita sfogliando giornali, riviste e libri, ormai da un po’. Di tempo e giorni (Il Quotidiano, Il Messaggero, La Stampa, Internazionale e Chiara Frugoni. “Uhhh davvero?” mi dico. Si. Davvero” mi rispondo. A dire il vero, per diletto, piuttosto che col pensiero dell’allungo vita. Tra le tante cose, l’interesse al dibattito referendario, la Costituzione (chissa’ dovro’ leggerla un po’ a scuola), le Olimpiadi ed il suo “medagliere e la storia scritta da Roberto Costantini sul Messaggero. Una tal Anna Bianchi, romana trentenne, disillusa dagli uomini, incontra Marco Rubini, sposato con Giulia autrice sotto pseudonimo di romanzi d’amore e sesso che hanno come protagonista una ragazza di nome Anna. I racconti “quotidiani”, ben “fatti”, interessano. Chissa’ se riusciro’ a saperne qualcosina prima di andar via dal Salento
. Mi piace dove è ambientata la storia, a Roma, cosi da immaginare facilmente la stazione Termini e i suoi varchi di accesso, via Marsala, Giolitti, i tram che sferragliano e i bus che svuotano e riempiono la pancia, il bus 70 diretto verso il Vaticano, le coppie in attesa che arrivi e piazza della Repubblica, la sua fontana, le banche, i portici così sabaudo, le Terme e Santa Maria degli Angeli, con i lavori stupendi di Michelangelo da lasciare nasi all’insù e bocche aperte. Mi muovo a mio agio e così farei per il movimento fisico e psicologico dei miei eventuali. Chissa’. Affondo le mani nelle tasche, alla ricerca di chissa’ quali ricordi e quali scritti. Una penna, un pezzo di carta, una mail, un cerotto. Una ferita da racconto che stenta a rimarginarsi.
Jep Gambardella che passeggia per piazza Navona e dice; “Ho capito una cosa. Che non posso piu’ perdere tempo a fare le cose che non mi va di fare”. Ora pero’, via, e facendo cenno con la mano. e scacciando mosche e pensieri. Mi allineo ai molti, occhi ancora assonnati, ovali ben inquadrati, occhi neri, azzurri, capelli biondi, neri, castani, trecce, treccine, tutti felici e contenti nel pregustare l’oggetto del desiderio. E allora sapete che c’e’? buon pasticciotto a tutti.
Dopo il pasticciotto, insomma, un saltino dal ficarolo non me lo leva nessuno. Un po’ per due sane risate e un po’ per osservare da vicino l’effetto che fa una “ficatigna” senza spine. Ho dieci minuti ancora per il parkimetro e tanta voglia di ridere e gustare…
Seggi chiusi
Seggi chiusi e urne aperte. Exit poll. Avanti Appendino a Torino e Raggi a Roma, probabile primo sindaco donna nella storia capitolina. Pd: voto amministrativo o politico? Lunga e’ la notte dello spoglio.
A mezzanotte e dieci minuti alcuni dati: a Torino 693 sezioni su 900 e rotti, Appendino al 54 per cento, Fassino 45 per cento. A Roma Raggi ormai una certezza.
A Roma Giachetti fa i complimenti alla Raggi. Virginia primo sindaco donna. A 37 anni. Che fa il paio con Torino. Una coppia di donne. Fossero un film: “Arrivederci Roma” e Torino: l’altra faccia della stessa Roma”. E quest’ ultima e’ stata anche una canzone di Venditti.
A mezzanotte e venti Fassino dichiara che il nuovo sindaco di Torino e’ Chiara Appendino. Bruciati oltre dieci punti di vantaggio. Chissa’ che ora non si apra una riflessione sulla bellezza dell’ italicum.
E’ cominciata oggi la lunga corsa verso elezioni “globali”.
Noi ci si rivede ad ottobre. Per una sana e robusta Cistituzione. Da difendere.
Dopo 23 anni al Comune si cambia.
“Il caso da’ i pensieri e il caso li toglie: non c’e’ nessun’arte ne’ per conservare ne’ per acquusire”. (Pascal)
Un sogno nel cassetto
Ma cosa sara’ mai questo sogno nel cassetto che tutti noi coltiviamo fin da piccoli? Ricordo che quando ero ragazzo mia madre mi mandava a comprare una rivista, “Il cassetto della nonna”; poi col tempo, mischiati a baci e carezze le complicita’ di un libro, (ehm, con una ragazza) iniziato e mai terminato, poi altri sogni, di altre, di una, le sue lettere, classiche o moderne, un manoscritto e tutto condiviso, insieme a baci, carezze, abbracci. Poi, il mio, mai sopito, un libro da scrivere, poi da terminare e poi concludere e pubblicare, poi Roma, la politica, il mondo, viaggiare, una laurea, ancora Roma e il Vaticano e infine…insegnare. E poi il mare, un faro… Cosa e’ importante e cosa lo e’ meno? Da dove si e’ partiti e dove giunti? E cosa si e’ visto, come? Con chi? Soli? In compagnia? In classe, con classe, fuori classe? Ma forse non e’ piu’ probabile che quegli stessi interrogativi ci abbiano trasformati e quindi resi migliori come persone? Bhe’, oggi nella quiete e inquieta scuola dalle classi vuote ne ho chiuso uno, di cassetto, ma non a chiave. Circostanze, visibili e poco visibili, eccellenti e complete biografie inserite in numeri e lettere (sezioni). La chiave del cassetto e della vita non appartiene a nessuno se non a tutt* coloro che ho incontrato in questo bellissimo ma piccolissimo mio primo viaggio che si chiama scuola, mio primo anno di insegnamento. Lascio un paio di cd, “I cento passi”, una chiavetta con “Il ragazzo di via Fani”, “La stanza del figlio”, e alcuni libri (La storia di Elsa Morante), copie de La Stampa, un editoriale dei lettori, una copia della Costituzione, una riflessione sul mondo dei giovani, come ci vedono, come li vediamo e come si vedono, pratiche di inclusione e cittadinanza…e infine una polaroid 2015/2016.
Dalla scuola, buone vacanze.
Torino Jazz Festival
Fermata Metro Torinese. Davanti: Marconi, Porta Nuova, ecc.ecc. Dietro: Dante, Carducci, ecceteta eccetera. Dentro. A sinistra una signora sulla settantina risponde al cellulare. Voce altissima. Ci porta a conoscenza dei suoi tentativi per una prenotazione ad un tal ospedale. Si sdoppia e mima l’operatrice, l’agenda, il calendario, il dottore e nel giro di poco sappiamo tutto delle sue cartelle cliniche. Condivisione sociale non voluta e non cercata. Solo passivamente sopportata. Cento occhi tutti a sinistra. Verso di lei. “Ti preghiamo, smettila” pensiamo collettivamente. Al centro della metro. Un ragazzo probabilmente in mancanza di una rotella o di un giovedi intero con bottiglia d’acqua in mano da portare a passeggio in pochi centimetri quadrati si avvicina ad ogni passeggero dicendo:”eccoti!” sorridendo. Ma chi e’? Mima le mosse di ciascuno e ognuno. Si abbassa, si alza, ride, sorride, guarda dove osservano i viaggiatori. “Signore e signori, dalla metro torinese va ora in onda Uno nessuno e centomila”, dice urlando e ridendo sotto i suoi baffetti. Mha’. Tra alcune fermate scendero’. Musica e Jazz mi verranno incontro e la musica si fara’ strada, tra le mie e altrui orecchie. Giorni di musica a cavallo tra il 25 aprile e il primo maggio, tra Costituzuone (da salvare!!!) e lavoratori, e lavoro da creare. Velocemente perche’ A.A.A. lavoro cercasi! Urgentemente al reparto 18-35. Il referendum, con i vari cambi di campo stile tennis, strategie di alcuni politici tra una consultazione referendaria e l’altra e’ ormai alle spalle. Chi vince e chi perde, tutti vincono nessuno perde. 32,1 per cento. Quorum non raggiunto. Tredici milioni di si. I No 2 milioni e tot. Vince la Basilicata e il Salento (perche’ far arrivare tubi e tubicini a S.Foca? E allungare cosi di 50 km e arrivare proprio sulla perla del Salento?). L’astensionismo tiene banco. I voti si contano. A ottobre conteremo. Aria di 2006. Sana e robusta Costituzione. Sopra la metro.
Oggi, domani e dopo in piazza a Torino, lungo le strade musica e festa. A ottobre, sara’ tutta un’altra musica. Qualcuno si ricordera’ di un ‘ciaone’. E allora, la corsa e’ finita. Si scende. Ciao. Solo ciao. Ne. Dicono a Torino.
Referendum popolare: urne aperte
E finalmente il tanto atteso 17 aprile e’ arrivato. Urne aperte dalle 7 alle 11. Referendum popolare. Proposto dalle Regioni.
51 milioni di elettori alle urne tra un si e un no. La consultazione sara’ valida se si rechera’ alle urne la maggioranza degli aventi diritto, cioe’ 25 milioni e “tot.” di elettori.
Se vince il si le societa’ petrolifere che hanno “in mano” concessioni per cercare-estrarre petrolio-gas entro le 12 miglia, una volta scaduta la concessione, chiuderanno la piattaforma e riconsegneranno la concessione. Lo stop per la prima trivella sara’ previsto per il 2018. L’ultimo per il 2034. Nel frattempo con il si le piattaforme sottocosta chiuderanno. Sottocosta significa cioe’ entro le 12 miglia.
Se vince il no tutto resta come e’ con attivita’ di estrazione fino ad esaurimento giacimento.
Ora all’interno delle 12 miglia le piattaforme sono 92 su un totale di 135 trivelle.
Stamattina alle 5 e 30 il tempo non volgeva al brutto ne si sentiva odore di pioggia ma verso est il tempo era “decisamente” non bello. Fogli alla mano (designazioni, bolli, atti) in direzione dei seggi verso le scuole. Non avevo ombrello con me ma un pochino mi sentivo “Amerigo Ormea”. Torino intanto dormiva ancora e in giro si potevano vedere solo Presidenti di seggio, scrutatori, scrutatori dell’ultima ora che andavano a sostituire quelli assenti per malattia o altro. Nella citta’ che era stata della Fiat ora Fca, i nuovi “operai” sono gli addetti ai seggi. Qualche bus strideva nel tratto antecedente la via dei Santi Sociali. I tetti delle case si alzavano e abbassavano a piacimento in un “ronf-ronf”, “zzżz” stile fumetti. Un colpo di vento allontanava dai miei piedi alcune cartacce di un sabato sera consumato da chissa’ chi e chissa’ dove. Non diro’ ora in quale scuola sono diretto ma l’obiettivo si. Sentirsi per un giorno proprio Amerigo. Senza ombrello e altro ancora. Ma…ci provo…il cancello, le famiglie, un altro cancello, il cortile, un numero. Suono il campanello. Un visino carino, occhi dolci e chiari mi apre. Ha un berrettino “d’arma” calato sulla fronte e occhi bellissimi. Mi apre e riconosce, dal giorno prima. Entro. Ritrovo il Presidente, un amico, una vecchia conoscenza. Prendo confidenza con i registri, firmo e sento l’organizzazione dei lavori impartita dal Presidente. Le pause…la prima elettrice. Sono le 7: si comincia. Dopo un’ora cerco la macchinetta del caffe’ o il bar. E’ chiuso. Nel salone una tv e’ accesa. La corsa va in onda. In molti vedono ma non guardano. Chissa’ dove sono. Un caffe’ e rientro in sezione.
Il resto lo annoto tra le pieghe di un blocco.
L’affluenza al momento (sono le ore 16:15) non e’ molto alta. 15-20-12 per cento….Da questo mio banco scruto gli elettori che come gocce d’acqua, scheda e carta di identita’ alla mano attendono un gesto da parte degli scrutatori “appollaiati” su di un banchetto “uomini-donne”. Oggi a dire il vero non vi e’ bisogno di un cenno…nessuna attesa, nessuna coda al momento…la giornata in ogni caso e’ ancora lunga. “Amerigo” scruta” in religioso silenzio. Davanti a me solo una lunga fila di banchi accatastati “circondati” da un nastro bianco e rosso. “Magari fosse una coda di elettori” afferma uno scrutatore uscito un attimo dall’aula per una boccata d’aria. In alto a sinistra i numeri delle sezioni a me famigliari. Molto. A ricordo di competizioni elettorali andate nel tempo. ..
Oggi un numero davanti a 58-un sltro 59-e un altro ancora al 61….in quest’ultima sezione risuonano ancora i complimenti del Presidente. Era il 2006. Fra un cartello e l’altro, sezioni, sanzioni, convocazione dei comizi e norme resistono attaccati i cartelli….Un carabiniere sale e scende portando documenti mentre un vigile contempla plichi e annuncia numeri. Il “quorum” batte ma e’ lontano.
E dalle parti di Amerigo? Qui le suore vestite di bianco sono una rarita’. Difficile scovarle. E’ormai calata la sera. E’ buio e un filo volante pende tra una cabina e l’altra. A illuminare il tutto, due occhi bellissimi che incorniciano il viso della “finanziera”…quando li incroci il “quorum” comincia a battere.
E’ mezzanotte.Il referendum non ha ottenuto il quorum. Oserei dire o scrivere un titolo “referendum…impopolare”.
La mia citta’, Torino, ha concluso con il 36,6per cento dei votanti e la cosa mi rasserena per il lavoro svolto. Al momento unica regione da premiare la Basilicata. Unica citta’ al momento che supera il quorum e’ Potenza.
Non resta che trovare un po’ di luce. Esco sconsolato, saluto seggio e…finanziera e…”buonanotte” agli aventi diritto che il loro diritto non hanno utilizzato.