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“Bella ciao”

20200424_055304Nella giornata di oggi i ricordi e le mancanze affollano la mente come tanti personaggi di un romanzo qualsiasi di Dostoevskij,  la folla   in uno dei tanti bus mattutini,  pieno di studenti, quelli del prima che entrassero in vigore le restrizioni  causa coronavirus che in un  colpo solo ci ha portato via affetti, persone, celebrazioni,  rito, La fiaccolata. Già, perché la vigilia del 25, il 24 a sera, da  piazza Arbarello, zona centrale del  torinese, partiva sempre il serpentone, la fiaccolata, con in testa, i reduci, i partigiani, “Il fiore, del partigiano”.  E li, i saluti, gli abbracci, degli amici, compagni di fabbrica, di un tempo, quelli che vedi certamente in due occasioni, con l’orgoglio di appartenere ad una classe, operai all’Arpino, per intenderci. Era bello vederli confluire tutti, stanchi, ma soddisfatti, tutti, alcuni, di aver donato, col sangue, la liberta, altri, molti, che l’hanno avuta, in dono, prima di giungere dopo aver attraversato via Cernaia e via Pietro Mucca  in piazza Castello. Si è portato via, questo covid, non solo quei momenti, fatta di abbracci e di grazie, il fiore, rosso,  che la mattina presto si lasciava nei vari angoli della città  di Torino, dove una lapide  ricorda un caduto, morto per la libertà. Si cominciava dalle parti di piazza Statuto, porta Susa,  piazza XVIII dicembre. Fiori, tanti fiori. Silenzio. Ricordi. Poi, lentamente verso altri punti, fino a confluire in piazza Carlina, luogo di Gramsci, verso mezzogiorno. Ognuno poi, un discorso. Ci tornavo poi, in silenzio, da solo, nel pomeriggio, perché il silenzio è  pieno sempre. Mi mancano le bandierini del tricolore, sui bus, quelle che mio padre mi introdusse a vedere, da piccolo, quando, come in un film in bianco e nero, quei bus erano ancora verdi, poi rossi e poi ancora arancioni. Mi manca un giornale,  Liberazione, che ne portava il  suo nome, in rosso, quello del grande Curzi, con il suo testone ed il suo viso bonario, la pipa ed il suo editoriale in prima pagina. Sandro,  quello della mia tesi di laurea, Sandro, come l’altro grande che diede l’annuncio.  20200425_143907Mi manca non poter sentirne i ricordi,  dachi ha combattuto, perla libertà, ora possiamo e dobbiamo leggere e studiare. Si è portato via molto, a tutti, questo covid. Ed era bello, vedere passando dalle Chiese come questo giorno fosse destinato alle prime Comunioni. Il bianco, dei vestiti, e poi il rosso.  Speriamo dipoter rientrare presto e bene in possesso di  tutte queste cose.

Sono le 15. Spuntano “fiori del partigiano” dai balconi.  Resistere dobbiamo. Alziamo, usciamo sui balconi, cantiamo. Bella ciao.

 

 

Fine maturità

Dopo il gran caldo e le bolle e i confronti con gli altri anni e le corse per i Pinguino, ventilatori e condizionatori, e le pratiche per la chiusura dei pacchi contenenti i compiti e i verbali delle maturità,  è  giunto il tempo, altro, dei confronti e dei numeri espressi in centesimi. I giornali premiano attualmente gli sforzi del liceo salesiano Valsalice. Vedremo poi complessivamente. C’era un tempo in cui i voti della maturità si esprimevano in sessantesimi e in quel periodo c’era ancora il muro di Berlino e l’URSS (poi CSI) e  la Jugoslavia sulla cartina geografica. C’erano 4 materie all’orale   e di queste una scelta dal candidato, e la seconda “desiderata”…C’erano i binari della Torino-Milano appena sopra corso Principe Oddone e il passaggio del treno era cosi famigliare e puntuale che sembrava dovesse entrare nelle case dei torinesi da un momento all’altro. Altri tempi. Caldi come questi, certamente. C’era una fontanella in marmo nella stazione di Porta Susa, ai binari tronchi, dove era il ricovero dei treni rossi e bianchi della Torino Pont Castellamonte. C’erano panchine, in marmo, a due passi dalla fontanella dove le coppiette si perdevano immaginando di prendere il primo treno a disposizione. C’era un giornalaio che fabbricava notizie tutti i giorni e c’erano donne e uomini carichi nei loro borsoni di vita e storia viva. E c’erano gli aggiustatori di parole e di storie posizionati davanti alla serie di cabine telefoniche che qualcosa di buono contribuivano a creare.Ora c’è  “Prendimi” che non è  una versione del gioco delle coppie ma una caccia al tesoro di libri sparsi in luoghi ben designati. A pagina 37. Una bella storia e notizia.

Pino Puglisi

Dieci giorni con la “saracinesca” dell’inchiostro o dei tasti abbassata. Levigare le parole, proprio non mi riusciva. Ancorarle come tanti vagoncini per articolare un trenino di pensiero, ancor meno. Volevo solo leggere la bellezza degli scritti altrui, quella, si, che salva e salvera’ il mondo. Sui fogli bianchi, miei, nulla. Su quelli altrui, scritti, i miei occhi. Appendice d’inverno. Fiocca, nevica, piove, gelo, mani nelle tasche, incerto se recuperare i guanti o meno a questo  passaggio, general-Generale Inverno che non sarà sicuramente  veloce, al sentir e leggere le previsioni. Comune e strutture parrocchiali pronte all’accoglienza per riparare dal freddo e probabilmente notti bianche. Il vescovo di Torino invita e sollecita all’accoglienza. Le Istituzioni fanno la loro parte. Porta Susa, (i locali della vecchia stazione torinese), quella per intenderci sulla direttrice Torino-Milano-Venezia, riapre, mettendo a disposizione 40 letti. Burian sta arrivando. Per quanto riguarda le letture, sono reduce da “maratone” pomeridiane-serali-notturne di un paio di libri su Pino Puglisi, “3 P”, letti,  in pochissimo tempo e sbocciati nel cuore come fiori a primavera: “Pino Puglisi, il prete che fece tremare la mafia con un sorriso” (Francesco Deliziosi, prefazione di don Luigi Ciotti, Bur Saggi, 343 pagine) e “Cio’ che inferno non e'” (Alessandro D’Avenia, Oscar Absolute, Mondadori, 317 pagine). Sollecitato e spinto da interessi ed esigenze scolastiche, letti e studiati nel giro di pochissime ore. Tredici capitoli il primo libro, con una frase iniziale, un “incipit” del Nuovo Testamento o lettere di San Paolo o il Papa Buono…Il Concilio Vaticano II…Pagine bellissime, che a tratti fanno venire il magone e piangere. E’  bellissimo, il primo, davvero…talmente bello che la mia matita si è trasferita su quelle pagine: sottolineature, appunti, numeri. Pagine segnate, arate, solcate, e “salate”…Umor acqueo. Pagine ricche, d’amore di 3 P. Libro da comprare, assolutamente, e da tenere sul comodino. Un capitolo al giorno, s.c.

Ps.Entrambi hanno prodotto una voglia di mare, di sole,  di Palermo, di Sicilia…

Verso le OGR

La struttura è ad H. Il vecchio stabilimento, OGR, e’ incastrato tra Porta Susa, quella nuova,  le carceri, dette ancora Nuove, (su corso Vittorio Emanuele II), ma vecchie, da tanto, e il Politecnico; si slancia o svetta  verso l’alto tanto da dare l’idea di essere un Palazzo di 5 piani. Le officine  sono un pezzo fondamentale di storia, del movimento operaio, sociale, economica, di Torino: sono  le officine OGR, dove un tempo gli operai producevano e facevano “nascere”  i treni. E poi li riparavano anche e cucinano sedili. La loro visita riscuote successo.  La nostra pure. Ad ogni ora non mancano curiosi e torinesi in coda, intenti a riappropriarsi del loro passato, dei propri ricordi e forse a rinnovare il proprio lavoro. Fino al 14  ottobre, visita gratuita, e così ne approfitto per portarci un paio di classi: le quinte. Dalle officine alle start up, passando per il “Duomo”. Eppure a me pare di sentire ancora l’odore dei treni, dei sedili, della pelle, del vapore. Qui sotto c’era un trincerone, dove passavano i treni, appena inabissatisi a Porta Susa, vecchia. Nel 1992 era così tutto diverso, prima della “grande trasformazione” urbanistica. Prima della trasformazione del “lavoro” e l’instaurarsi del nuovo concetto di lavoro. O lavori. Dove c’era il macello comunale, ora c’è il tribunale, un grattacielo enorme, terrazzato e  dove c’era “Nasone”, una locomotiva particolare, molto americana, il piazzale della stazione, ancora chiuso in una zona in perenne risistemazione. Chiudo gli occhi, respiro “storia” lasciandomi riscaldare da questo calore, a metà ancora estivo. Così ieri, così OGR.

24 Aprile 2017

Un fiore in piazza XVIII Dicembre,  a Torino. Un ricordo,  un piccolo pensiero,  qui è  là  in  giro per il centro,  dove qualcuno,  anni addietro, ha “lasciato” la propria vita per noi, per un lascito enorme,  che abbiamo il dovere di ricordare: la libertà. La fiaccolata partirà  tra poco,  come ogni anno. Intanto,  strada facendo,  noto che tra un ricordo e l’altro,  dalle parti di via Pietro Micca,  qualcuno ha steso poesia e biancheria intima. Idea originale. Una lettura che sa di “sbirciatina”,  a dire il vero. Ah ah ah…. risata molto social. Ridendo fra me e me,  ripenso alle elezioni francesi,  terminate come da sondaggi: Macron contro Le Pen. Piu’ o meno successe una cosa analoga nel 2002. Piu’ o meno…

Per chi suona la campanella

11-9-2016-torino-foto-borrelli-romanoI quotidiani nelle edicole di oggi e la tv ci informano e ricordano l’ 11 settembre: del 2001 e del 1973. Le torri gemelle e Allende,  il Cile.  Il terrorismo in diretta e il golpe in Cile.  “Cosa facevo nel 2001? “Avevo un esame,  uno degli ultimi,  ma appena seppi cosa stava capitando accesi la tv,  come tanti altri in quel momento.  Mi inchiodai li davanti,  affondando sul divano,  incredulo,  stupito,  davanti a quelle immagini e tanto orrore. Quanti morti. Di li a poco capi anche che il Movimento no-global avrebbe subito una battuta d’arresto. E così la nostra libertà  di movimenti.  Stop.  E cosi fu. Guardai. Ancora. Spensi la tv. Chiusi la porta. Scesi velocemente con il libretto universitario a sinistra e col mio Nokia a destra chiamai M. per raccontarle e accordarci per la sera.  Mettemmo da parte incomprensioni e litigi e parlammo e lei mi raccontava durante il mio tragitto. Mi avviai verso Palazzo Nuovo.  L’esame… Poi ripenso a oggi,  a domani. Una targa dalle parti di Porta Susa mi dice “qui De Amicis scrisse Cuore”. La scuola. E così siamo arrivati alla vigilia del suono della prima campanella di una lunghissima serie: trilli da 50 minuti che accompagneranno milioni di ragazz* e professori tra passioni,  felicita’,  didattica,  competenze,  sapere,  conoscenze. Visi nuovi e conosciuti,  qualcuno assonnato altri reattivi,  altri abbronzati,  altri innamorati: ansie,  aspettative. Passione,  fantasia,  obiettivi. Chi ci sarà  e chi sarà altrove. Si racconta che il Principe di Conde’ abbia dormito profondamente…. beato lui. Certo non cerchero’ la merendina da mettere nella cartella come il mio primo giorno di scuola,  quello delle mie elementari,  e domani  non sarà mica  tempo di vendemmia come allora o del dopo Santo patrono d’Italia, appena trascorso a casa,  come un tempo accadeva al primo suono della campanella;  resta comunque dentro,  certo,  la stessa emozione di quel giorno.  Tra discussioni degli ultimi giorni sentii bisbigliare “noi,  che dalla scuola non ce ne siamo mai andati… “.  Che dire,  Buon inizio di anno scolastico,  2016-2017. E’ stata una bella parentesi estiva,  “una bella estate”,  iniziata in treno leggendo Pavese,  una ragazza seduta su di un treno affollato diretto verso il mare disegnava  il suo futuro. Una bella matita. Domani incontrero’ altri disegnatori. Buon viaggio. In questo Paese di santi,  navigatori ed eroi.20160911_193910

ps. i libri estivi sono stati davvero ben scelti. Un pochino caro quello su “Quale Francesco” (Chiara Frugoni).

E la pioggia arrivo’… e l’autunno busso’

Torino p.ta Susa 29 8 2016 foto Borrelli RomanoPioggia,  temporale,  grandine. Fulmini,  tuoni. Muri e corpi rinfrescati da una pioggia precedentemente annunciata. “Andremo a letto che e’ ancora estate e ci sveglieremo in autunno”. Ai bordi delle strade e in  prossimita’ delle fermate degli autobus acqua in grandissima quantita’ alzata dal passaggio di auto. Di tanto in tanto la sirena di un’autoambulanza non annuncia nulla di buono. Pochi minuti e via… Non c’e’ bisogno del mattino per il benvenuto all’ autunno: è  entrato di diritto in anticipo sulla previsione. Senza chiedere nulla.28 8 2016.Torino P.ta susa.foto Borrelli Romano

70 anni Repubblica

20160602_1139522 giugno 2016. Torino si risveglia a festa, con un bel corso. Inghilterra. Nuovo di zecca. Porta Susa, stazione a due passi o…a qualche gradino. Dove c’era banchina e binario il Mercato Metropolitano. Si preparano per il pranzo. A dopo.  Viabilita’ che muta. Parole che evocano acqua e questa non tardera’ ad arrivare. Nel pomeriggio. L’acqua insistentemente si riversa sulla nostra citta’ per un paio di ore buone, come un copione ormai ben  conosciuto da qualche giorno.  Siamo sempre contenti quando il sole splende sulle nostre teste ma spesso scordiamo di sorridergli e non proviamo mai tanto impulso nel guardarlo come quando la luna lo eclissa. Forse siamo troppo “homo videns” a casaccio. Meglio sarebbe tornare al “sapiens”. Prima che tutto abbia inizio (pioggia) i balconi che ho davanti sono un grande palcoscenico dove il silenzio e i gesti parlano comunque. Sono donne, ragazze, tre, quattro, cinque, tutte intente nel raccogliere con grazia i panni stesi. Raccolgono e piegano accuratamente con cura come una scena gia’ vista. Non un uomo. Lego questa scena alla pagina quotidiana del presente e a quella storica di 70 anni fa. Repubblica, una bella signora di 70 anni. In tv Marco (Revelli) scrive e dice di non riconoscerla piu’. Forse si. In tv passano le immagini delle donne nell’intento di raccontare la loro scelta di 70 anni fa. Meravigliose le immagini di quel giorno che cirestituiscono quel loro protagonismo. Poi, immagini di Roma, I giardini del Quirinale, il Presidente della Repubblica, Mattarella.

Intanto ha smesso di piovere. Mi affaccio e osservo, sui balconi: son tornate,  ancora loro, le donne,  a ridistendere i panni precedentemente ritirati, sui balconi.

Buon compleanno cara Repubblica.

“La ferocia”

Il libro mi piace. Parecchio. Devo correre, pero’, nell’ultimarne la lettura. Dovro’ terminarlo prestissimo. E’ scaduto il tempo del prestito. “La ferocia” di Nicola Lagioia e’ davvero piacevole, scorrevole. Ne avevo sentito parlare spesso, l’estate appena trascorsa. Quando le passeggiate erano tra i muri a secco intento ad ammirare il tramonto, il tuffo del sole a mare.Foto Borrelli Romano, 25 8 2015, Belvedere, Le. L’azzurro, il verde, il bianco. “Bisogna ricevere del bene per separarlo da cio’ che non lo e’.  La teoria del rombo con cui si scrive e si fa finzione cinematografica: due poli, un personaggio, buono, semplice, Michele, una sorella, gli amori, tanti, giusti, sbagliati la coca, gli affari, la famiglia, i fratelli, i geometri, il padte Vittorio, la mamma, Annamaria, un topo di fogna, una gatta domestica e ancora i poli, domestica si ma sempre felino. Decido di leggere un po’ delle sue pagine in biblioteca civica dove hanno allestito uno stupendo albero di Natale: fatto con i libri, per la gioia di grandi e piccini.14 12 2015 biblioteca civ. To.Borrelli Romano foto Poi un caffe’ al Mercato Mettopolitano. 20151213_115119Sfoglio pagine come anni e lustri. Io da qui, dalla vecchia e cara stazione di Torino Porta Susa, i treni continuo a sentirli sferragliare ancora, cosi come continuo a vedere le macchine depositate proprio sul davantidella stazione, dove proprio non si poteva parcheggiare, pena la multa. E cosi il giornalaio e la panchina sul tronco uno e il rosso e il bianco-giallo dei trenini che facevano tanto metropolitana. La penna e’ pronta, il blocchetto pure. Avrei voglia di raccontare e romanzare di quella panchina, dei suoi e nostri anni ’90, del 95, dell’85, del 28 novembre e di molto altro ancora, se solo…

In serata il passaggio sotto la porta del Duomo di Torino. Una piccola frazione di stella o di luna a sorvegliarci nel nostro girovagare…metropolitano.Senza mercato, pero’.Duomo Torino.foto Borrelli Romano

30 novembre

20151130_150326C’e’ una grande poltrona a forma di labbra in una delle tante stazioni della metro torinese. E’ il Divano Bocca, la poltrona Money-Money. Precisamente a “XVIII”. Gia’, i ragazzi quella che noi chiamavamo la vecchia Porta Susa loro han cominciato a chiamarla “XVIII” omettendo come sono soliti fare, Dicembre. Gia’, domani sara’ il primo dicembre. E allora cominciamo questo viaggio da qui. Devo far rientro a scuola per quelle cose “straordinarie” che di tanto in tanto i ragazzi fanno capitare, alla loro eta’, e che poi, noi, “educatori” per come possiamo, siamo tenuti ad apporre un “timbro” al loro corso. E al…consiglio. Ho le gambe piegate, la testa pesante e tanta stanchezza. Non passa nessuno, a quest’ora del pomeriggio. Mi accomodo, rileggo l’ultimo articolo del blog, poi, reclino il capo all’indietro e, non so se sia stato un sogno o una visione, ma la costruzione del personaggio femminile pare abbia voluto dare continuita’ al suo scritto e prendersi ancora la sua parte.

Oggi in questo dito di costa, di sole raro e generoso, pallido nei ricordi, mi fa compagnia un libro di Modiano. Mi piacciono i suoi  personaggi, femminili, misteriosi, quelle fughe, sempre piu’ in profondita’ quasi a sfidare l’assenza precedente. In alcuni tratti, mi raccontano. Ce la metto tutta a cercare dei punti fermi. La vastita’  del mare e’  lo spazio di cui avrei bisogno, per emergere, non per sommergere. Provare a lasciare sul fondale una universalita’ di volti, inutili, superflui. Lo scruto, come se da un momento all’altro potesse trasmettere qualcosa, un consiglio, una parola, come se tra un’onda e l’altra potesse allungarmi una nuova carta di identita’…per una nuova narrazione: possibile. Insomma, non una semplice storia ma una grande Storia. Pero’, tutto si tiene: e’ la mia storia, ed e’ bella per questo.Unica.Come me. Mi domando se non sia proprio la mia presenza “a dare al luogo e alle persone quella loro aria strana, quasi li avesse impregnati del suo profumo” (P.Modiano, “Nel caffe’ della gioventu’ perduta”). Sembra Parigi, anche questo dito di costa che mi ha conferito i natali, trenta anni fa. E’ successo in novembre. E’ arrivata la metro e l’ora del consiglio e il metro del giudizio con cui dovremmo giudicare.

Volevo rimpolpare le “quattro paginette e scriverne almeno trenta. Avrebbero prodotto un effetto valanga e sarei potuto arrivare a cento pagine” , cosa possibile forse quando ci si sente definitivamente guariti dalle ferite di cere infanzie e adolescenze senza nessuna ragione per restare nascosti nelle zone neutre. E’ una bella Storia.

Il rumore di un Val che sta arrivando mi ha ridestato.