Non saprei proprio da dove cominciare a scrivere alcune riflessioni, malgrado il vento, fastidioso. Nel tram, arancione, serie 28, un ombrello solitario fa il giro del 15, e chissà per quante volte, in una giornata, dato che al sottoscritto è capitato di vederlo al solito posto, in orari e direzioni diversi. Chissa in quali circostanze è stato dimenticato: proprietario assorto nei suoi pensieri, impegnato in una discussione, conversazione, telefonata o chissà che. Ombrello fermo, al solito posto, contemplato da chissà quanti occhi in un giro di pensieri: lo prendo, non lo prendo, lo dico, non lo dico, lo lascio. Eppure, pioveva, e chissà a quanti avrebbe fatto comodo, in prestito, una forma di possesso temporaneo. Pavimento lucido, bagnato, tram mezzo pieno o mezzo vuoto, il che è uguale, luci ad intermittenza che invogliano a socchiudere gli occhi, anche questi, ad intermittenza, e lasciarsi cullare dai ricordi, la nenia dello sferragliare, lento, scivoloso, quando c’era il biglietto e salirci su, in famiglia, era una festa. Dalle fessure degli occhi e dai finestrini appannati si schiude la città, la frenesia, delle compere,del tutto, del niente, la Gran Madre, la sua piazza e l’abbraccio, i Cappuccini, piazza Vittorio, via Po con le sue Chiese ed i suoi Presepi, la magia di una città altrettanto magica che scivola via…aspettando sera.
Ma avrei potuto scrivere dei libri, da leggere, regalare, tenere, mettere insieme, per comporre un albero, di pagine…oppure di una bellissima libreria,
quella del bar del Polo del ‘900, in corso Valdocco, a Torino, da consultare, sorseggiando un buon caffè, prima di avventurarsi sul tram, alla scoperta di Torino e di…un ombrello e della sua nobile storia dimenticata e ricercata in un tram.