“Questo viaggio chiamavamo amore” e’ terminato. I titoli di coda scorrono velocemente mentre TFF va avanti, sequenza dopo sequenza, ancora per qualche giorno.
Fa sempre piacere rileggere una pagina di storia, quella di Sibilla Aleramo e Dino Campana. Provare a inquadrarla, oggi, diversamente da ieri: il carteggio, la prima guerra mondiale, italiano, storia e psicologia. Oggi con qualche strumento in piu. Qualche nozione da restituire a scuola. Quando in una classe la storia e la scuola non sono due sofferenze. Massimo T. di Giunti afferma che “Una donna” e’ un libro da comodino. Dopo averlo rivisto, (film) e in merito ad alcune scene, pensavo dicesse da…”letto”. Ma era Campana che era un…tipo. Nonostante fosse lui a voler scrivere un tipo, di lei. E, “baciarle la mano”. In ogni caso ha ragione Massimo quando afferma che e’ un ottimo libro.. Infatti uno lo custodisco nei pressi, del comodino, mentre questo che ho appena comprato, da Giunti, mi serve per regalarlo. Anche la scuola e'” un viaggio chiamato amore”. Una passione. Fa freddo, questa sera, a Torino, ma fuori si sta bene e sotto la luna piena pure. Nell’aria vibra vento gelido e polemiche sul Dome, il pallone posizionato in piazza Vittorio: 22 metri per 16 in una piazza “aulica”. Nell’aria risuonano ancora musiche e danze di donne nella giornata contro la violenza sulle donne, quando era mercoledi, sotto l’atrio di Porta Nuova.
Probabilmente e’ l’effetto Campana. Via Garibaldi
e’ una poesia, scritta da una L28. A dire il vero e’ un pochino piu’ lunghina e mi sembrera’ fra qualche ora non piu’ una ragazzina ma una bellissima.. trentenne. Gia’ perche’ l’85 e’ l’anno in cui mori’la Morante e l’anno in cui nacque un’altra grande passione. E’ l’effetto tempo. Sara’ una L 30. La percorro tutta e la srotolo. Poi torno indietro, in piazza Castello. Il presepe e’ pronto. Sull’albero invece ci si lavora. Costeggio la Facolta’di ieri, il mio passaporto per oggi. Un biglietto. Per un viaggio chiamato amore.
Archivi tag: Tff
Dal cappello, una storia. Con tanto di …cappello. Almeno per un giorno
Domenica mattina. Torino, 30 novembre. Pioggia insistente, ma non fastidiosa. Ho programmato di ritagliarmi alcune ore di tempo, di questa mattina, per imparare a “farmi compagnia”. Un po’ di libertà da utilizzare per terminare la piacevole lettura di un libro, suddividendone il piacere, meglio, quel che restava del godimento di quella lettura, in termini di pagine, tra le due stazioni ferroviarie di Torino: Porta Susa e Porta Nuova. Una lettura, non sotto le coperte, tempo permettendo, ma comunque al coperto. Una buona lettura, ripara sempre. Protegge. In entrambe le stazioni, la prima di passaggio, la seconda terminale, ho cercato una “buona terrazza”, una di quelle di uno dei caffè in esse presenti. Via vai continuo di gente. Scale mobili, tavolino, pila dei giornali. Oggi è domenica, e il Corriere della Sera ha un allegato, Lettura. Repubblica, al suo interno, propone alcune recensioni di buoni libri. Poteva mancare La Stampa. Certo che no. Mi sistemo, come fosse uno scompartimento di un treno. Davanti alcuni turisti aprono come una tovaglia la cartina di Torino. Butto l’occhio. Sembra di volare sulla nostra città. Riconosco corsi e viali alberati e so esattamente quali scuole sono localizzate in alcuni tratti. Il lavoro, non se ne sta mai tranquillo. Dietro, alcuni ragazzi alle prese con tabacco e cartine. Al mio fianco, qualcuno estrae una carta. Da cinque. Pronto per il conto. Torno sulla mia, di carta, del libro. Dieci pagine a testa per stazione, per la par condicio. Terminate, pago, e compero uno degli ultimi biglietti della metro, shopping, tre euro per la durata di quattro ore. Tempo di utilizzo, dalle 9 del mattino alle 20. Recupero le scale mobili, attraverso la “dorsale” della stazione, altre scale mobili. Poche fermate e sono nell’altra “pancia”, a Porta Nuova. La metro ha lanciato un fischio. E’ ripartita, direzione altra stazione. Lingotto. Peccato che il Lingotto in questione, sia un centro commerciale. Il Lingotto stazione ferroviaria, è altrove. Dall’altra parte del muro. Recupero la penultima scala mobile. Sono nell’atrio. A destra, piove. Alcune transenne perimetrano la potenziale “vasca”. Sento un profumo famigliare. Odore di stampa, di libri e di brioches. E’ la Feltrinelli.
Ho tempo. Dieci pagine in fondo si leggono velocemente. Entro, mi piace la disposizione, l’odore dei libri. Mi muovo a mio agio, tra i libri. Ne annoto qualcuno. Un paio nella mente, altri, sulla memoria del cellulare. Mi piace passare da qui. Quando devo viaggiare, ma anche no. Così, come capita. Appena uscito dalla libreria recupero la scala mobile. Una terrazza, un tavolino. Mi sistemo. Come è cambiata Porta Nuova. Sempre bella. E’ una bella signora che non mostra la sua età. Un po’ di trucco sulla facciata e qualche lacrima al suo interno ci possono stare. Il resto è in ottima forma. A tratti, splendente. Al tavolino, sedute appena dietro, un paio di ragazze si scambiano le “news” della serata torinese appena trascorsa. Non recepisco se immerso troppo a fondo nella lettura del libro o se in fondo le ragazze che si scambiano le loro confidenze, con un timbro alto siano una realtà di fatto. Fatto è che ieri, a Torino, si è concluso il Tff e all’uscita da una delle sale di proiezione, di una tal sezione, un ragazzo che era in compagnia di una delle due si è dichiarato, proprio come capitava una volta, con il permesso di un bacio. Tanto di cappello. Forse, non era un caso il voler terminare la lettura del libro, proprio qui, fra viaggiatori e sognatori, nel momento esatto in cui leggo “quanto effettivamente sia lungo il minuto passato con la mano sul fuoco di cui parla Einstein (al contrario di quello, superveloce, che viviamo baciando qualcun*”).
E dal cappello non soltanto ne è nata una storia e il biglietto, dopo quello del cinema, per un viaggio nella vita. La cosa curiosa è che ad un certo momento ho sentito le tazze dei cappuccini “baciarsi”, questa volta, senza dolcezza, e sentire dire la ragazza, alzandosi in piedi: “Io non viaggio più da sola”. Sorrido, chiudo gli occhi, e ripongo il libro. In copertina, una bellissima ragazza, abbraccia un trolley. Il titolo? “Io viaggio da sola” (Maria Perosino. Super ET. Einaudi).
Dopo aver riposto il tutto, giornali, libro, e biglietto, esco per un attimo solo dalla stazione. Ovviamente, restando in tema, caffè espresso. Il tempo di attraversare il corso, e proprio accanto all’Hotel Roma ( fa sempre breccia il profumo di un grande della letteratura, Pavese.) e centinai di cappelli esposti nella vetrina, in vendita, solo per oggi compaiono alla mia vista. (Alessandro Finessi, temporary shop per un giorno) E dal cappello, una storia. O meglio, dal cappello di quella storia un tema che si svolgerà a quattro mani: qualcuna (e qualcuno) da ieri sera non viaggia (viaggerà) più da sola. E per la storia del bacio e del permesso richiesto (e accordato): togliamoci il cappello. Almeno per un giorno.
Ps. è piacevole pensare che il viaggio non termina ma comincia.
Ancora un grazie alla scrittrice Maria Perosino, per questo lascito. Si sente molto la sua mancanza.
Ps. Oggi su La Stampa, in evidenza La Ristonomia. Pagine colazione consigliata. Vot0 7. Felice di esser andato quasi un anno fa. Mi è sempre piaciuto il clima famigliare e …………la sala giornali e riviste poi……..
28 novembre
Torino, 28 novembre 2014. Piazza Statuto.
Una bellissima piazza. Normalmente, sotto il profilo meteorologico (tempo stabile, secondo il barometro di “Bernacca”), la piazza è piena: turisti, torinesi, mamme, nonni, famiglie, cani al seguito. In questo momento, imprecisata ora, sembra notte. Piazza deserta. Monumento lucido e palazzi lavati. Panchine vuote. Tutte. Libero accesso, come per il sapere, per internet…per corpi stanchi o desiderosi solo di riposarsi e pensare, ammirare, sedersi e lasciarsi scambiare per una icona della malinconia. Non è così. Il desiderio è solo quello di godersi in un momento questo spazio vuoto e sentire il rumore dell’acqua che picchietta sopra l’ombrello. E della fontana al fondo della piazza. Sembra il mare d’inverno.
In solitarietà. Si avvicina una persona anziana, meglio dire, saggia, del luogo. Si siede. Mi domanda come sta, lui. “Come sto con questi capelli? Sai che non li tolgo più? (si, tolgo). Sono tre anni che non li tolgo. Secondo me sto bene e loro pure. Che ne dici?”
Si, gli rispondo che sta bene (si, si, sta bene) e che loro, i capelli, così, anche. Stanno tutti bene. Gli dico anche che per farli stare bene e ancora meglio, dovrebbe imparare a coprirli, almeno andare in giro, oggi, con un ombrello. Difatti, ne e’ sprovvista. E anche senza cappello. Mi risponde che non fa nulla, dovrà fare solo una visita veloce, programmata, da queste parti. Quindi, in mancanza di specchio, reclama il mio giudizio. Ottenutolo, si alza, mi saluta e prima di andar via, recuperando la sua strada, mi chiede gentilmente 100 lire. “Cento lire?” gli domando. “Si. Cento lire”, mi risponde. Gli domando se per caso voleva dire “un euro”, ma, con risolutezza, risponde ancora 100 lire.
“Cento lire, due corse. Una, andata, una ritorno. Sarebbero sufficienti 90, per la notturna. Meglio 100, pero’, di 90.Una per andare e spolverare qualcosa di quella quotidianità che ho tralasciato, riprendermela e tornare qui. Non qui, in piazza, ma qui. Sai, leggo il blog, alcune pagine….”. Lo guardo allontanarsi, lentamente, ma con tanta voglia di correre, avanti e indietro, molto velocemente.
http://www.torino.poesia. it, o forse solo tanto TFF…
Ai suoi piedi c’era una pozzanghera. Una pagina strappata…e tanta voglia di recuperarla. Solo chi vuole si infinita davvero.
E’ già sera. Piove copiosamente da ore. Un giro sotto la pioggia, in centro. In piazza Castello alcuni ragazzi festeggiano un compleanno. Ottima idea. Un piazza bagnata, sotto le luci. Dimenticavo, prima che si spengano le luci e si faccia nuovo il giorno: tanti auguri.
Ps. Lo voglio aggiungere anche nella pagina. Auguri ad entrambi, alla saggezza, “persona dalla giovinezza enormemente giovane” e alla ragazza che ha festeggiato il suo compleanno.
Ps. 2. Tornando sui miei passi, il resto della città si fa calpestare molto bene, e si fa anche vivere, come è giusto che sia. La facciata del Comune di Torino, bellissima, tra l’altro, a quest’ora della sera, sotto la pioggia, suggerisce qualche riflessione sugli incontri del mattino. E di rimando in rimando, a Simone De Beauvoir e al suo pensiero sugli incontri. Quando si incontra una persona nuova, le possibilità che quella persona ci faccia del bene oppure del male sono equamente divise: fifty-fifty, diciamo così. La prima alternativa è la migliore. Proteggendosi, e scegliendo la seconda, ci si priva di una infinita serie di possibilità. Una saggia che vorrebbe 100 lire, per tornare indietro e riprendersi qualcosa e la ragazza, fresca di compleanno. Mi sarebbe piaciuto farmi assorbire ancora un pochino, da queste due storie. Peccato la pioggia, che frena. Entrambe sono storie che parlano di futuro e al futuro, anche senza esplicitarlo. Entrambe hanno tanta voglia di viverlo, il futuro, togliendosi di dosso quella paura che frena. Come la pioggia, per fare un esempio. E allora si resta in attesa, magari di un cenno, di un altro sorriso. Aspettando Godot?
La storia, in un momento.
La storia, in un momento. La vedo. Una macchina, un cellulare, una macchinetta digitale, un film il digitale, che e’ un “atto” rivoluzionario, la stampa. Tutto in un momento. La piazza è dentro o fuori? Fuori-dentro. Tutto concentrato. Uno scatto. Un fermo immagine. Sala d’attesa,Www, telefono, poesia, stampa, un’automobile e “Festa Mobile” una macchina e una macchina da presa e la presa per la corrente, chi se la prende per niente e chi invece non se la prende e fa spallucce, chi la prende e chi non la prende per niente e chi si prende per sempre, insomma, la storia in una pillola. Luci d’Artista e riflettori sotto la Mole. Torino è in una vetrina. Trascino il trolley, una vita li dentro. In piazza, in tanti. Pochi minuti alla mezzanotte. Seduto, in attesa, sfoglio altra storia, la leggo. La storia, di Elsa Morante. Qualche pagina ancora, fino a mezzanotte, almeno 28-29…anche di più…se mi “infinito”, volendolo.
E poi, tanta fantasia, che avra’ il grande merito di prenderla per mano, la storia, di ciascun*. Il nastro, i fotogrammi, “poesia” da “svolgere”.
Facce da puntini di sospensione….ognuno con la sua. Di storia e di faccia.
Buonanotte Torino.
Puntine di “classe”
Probabilmente uno degli ultimi posti in cui “resiste” la bacheca, nella sua versione piu’ classica, e’ la scuola. Quante difficolta’ nel reperire poi le famose “puntine” da bacheca scambiate spesso, ora dai ragazzi, ora dai bidelli, per altre puntine, quelle per pinzatrici, utili per “cucire” piu’ fogli. Quante volta davanti alla bidelleria si palesa un ragazzo a chiedere delle puntine senza aver compreso bene se quelle per bacheca o quelle per la pinzatrice. Innescando cosi un via vai comico piuttosto prolungato. Bacheche. Puntine tolte da una parte e aggiunte in un’altra, fogli penzolanti e fogli della bacheca sindacale rafforzata. Oggi, spesso, l’immagine e’ abbinata alla rappresentazione di un “wall” di social network, facebook: uno sfogatoio personale, un viva o un abbasso, un link, di una canzone o di un libro. Come in questo caso, “Un gatto nel cuore di Torino“.
Ma le “puntine” di classe, fortunatamente,resistono, soprattutto in altri ambiti, soprattutto quando rendono noto un qualcosa di importante, uno scritto, una circolare, un appuntamento. “Una puntina“di un qualcosa, un sovrappiu’. Anche Laura Morante, (tanto per restare sulla “piazza”, ovvio, la nostra torinese, in “tempo”di e per TFF) in una scena di un film, ricorreva all’immagine di una puntina di un qualcosa, capace di esaltare il prodotto (era la pasta al forno Esaltata da una spezia?). Altere volte, le puntine, sono di invidia o di ironia. In questo caso, quello di Juri, una puntina di “classe” (Da sempre la stessa, con coerenza. Una delle classi che ci puo’ permettere di ripetere). L’altra puntina o (puntine), la aggiunge il suo nome, la sua storia.
Torino da qualche giorno e’ un concentrato di profumi, di “pizze” restaurate, di CioccolaTo’, di “pane e di stelle”, ma una puntina di profumo, di odore di stampa fresca, di cultura non fa altro che renderla ancora piu’ attraente, la nostra citta’. Dalla macchina di Juri un profumo di stampa fresca e di cultura si spande velocemente nel cuore di Torino. Un gatto, dall’altra parte, osserva i movimenti.
Oggi, con “puntine di classe” vorrei segnalare un libro, scritto da un amico, che di Torino ne conosce abbastanza. Non solo una “puntina”. Abbiamo preso un caffe’, davanti al Comune di Torino (avrebbe potuto essere anche casa sua) presso la Casa del caffe’. Entrambi abbiamo visto passare dalle vetrine del bar “puntine” di ricordi e le nostre puntine di ricordi personali: i suoi, affidati ad un gatto, nel cuore di Torino, i miei, al cuore, questo organo striato che pulsa di storia, di molti, quella di L. e M. Come di tanti altri. Salutato Juri, mi addentro in altra storia, e data l’ora tarda, mi affretto nella ricerca di 90 lire, il costo di una corsa notturna. Mi serviranno per l’emissione del biglietto sul 50….Torino, di notte e’ davvero bella. Anche sperimentando la “solitarieta” del viaggio (si, si, solitarieta”, qualche riga prima, scrivendo di classe, avrei detto, solidarieta’, di classe o semplicemente, solidarieta’. Ma da un po’, viaggio da solo, se per necessita’, piacere, destino, chissa’, ma non e’ uno stato d’animo, semplicemente il, fatto che nella pancia di questo bus, voglio inserirci una storia nelle storie). Anche questa, come quella del gatto, è una storia “vera”. E allora, il cuore, presente, la storia, (soprattutto) non rimane a quest’ora,(insieme a dieci lire di resto) di scovare una panchina…ovviamente, nel cuore di Torino. Per una buona lettura e una buona scrittura.
In “solitarieta”.
Sono qui per scrivere in questa bacheca il lavoro di Juri Bossuto: ” una storia vera”, Editrice Il Punto. Piemonte in Bancarella. Auguri, Juri.
“Tratti” d’Artista, profumo di dolcezza
Torino, anni fa. Compito in classe. Tema. “Elogio a…, o elogio di…”. L. scelse di svolgere come tema, “Elogio della carta moschicida”. Svolgimento, un ottimo voto e lettura della prof. in classe. Si disse poi, ma chissà se vero, che il bravo compagno, L., quel tema, lo aveva copiato di “sana pianta”.
Basta davvero poco per compiere un viaggio a ritroso, nella memoria, complice altra mosca così tanto cantata e ricordata, o scoperta, vera o meno che sia, in questi giorni. Megafoni, di questo rilancio, i quotidiani. “Se la mosca ti avesse vista anche una sola volta quanto amore ti avrebbe accordato?”(E. Montale).
Perché questi pensieri? Dove hanno origine, dove si dipanano? Nella difficile scelta di un blocco a spirale (e il tema copiato, si disse era proprio proveniente da un libro a spirale, utilizzato per esercitarsi a dattilografare), in uno dei tanti negozi specializzati in carta, penne, cartoleria varia del torinese.
Tra i possibili acquisti, soffermo l’attenzione su di un quadernetto e su quei possibili “incroci” e scarabocchi di penne, rilasciati da chi aveva l’intenzione di comprarne una. “La provi, la provi, non abbia timore“, mi incita la commessa. Al mio fianco una giovane avvocato in attesa di una agenda che aveva appena ordinato, le fa il verso “la provi, la provi”. Migliaia di penne davanti a noi: Bic, a gel, cancellabile, replay, tratto pen, tratto clip, stilo, stabilo, christal (?)…(ps. Una riproduzione di quante se ne trovano a scuola, dove se ne perdono in grandi quantita’), senza raccontarne i “varna”, i colori, ovviamente. Ognuna pronta a rilasciare un segno, una firma, forse un voto, con la sua punta, e talvolta un segnale, col cuore di chi scrive. Chissà quanta poesia da quelle penne! Non solo, semplici copiature, come nel caso del compagno e il tema sull’elogio. Intanto, nelle orecchie, continua il solito mantra (a proposito, il blocco e la penna mi dovrebbero servire per fissare sulla carta qualcosa di simile, anche in questo caso, a “mosca” e “zanzara” , piu’ probabilmente qualcosa che ha a che fare con il dharma, da spiegare ai ragazzi, solo dopo averne compreso meglio il tutto, pero’).
“La provi, la provi“, continuano a ripetermi le due, una al mio fianco, l’altra dall’altro lato del bancone.. Sento solo le loro voci. Sono immobile, in altra dimensione, immerso in altre storie, o vite. Quelle altrui, di chi è passato prima di me e ne ha rilasciato alcuni nomi propri, di città che ho volutamente “nascosto” nel documentare con la digitale. Qualcosa di simile si trova in certe chiese, all’entrata. Ma le penne, quelle, non sono nuove e hanno sempre qualcosa di interrotto nella…grazia richiesta. Ma che ci avranno mai scritto, dopo, con quelle penne gente che ha “marcato” il proprio territorio, qui, in questo negozio, su quel blocco? Di passaggio, residenti, in gita, probabilmente, con provenienze differenti, magari da posti di mare e di montagna?
Ho pensato subito al biglietto ritrovatomi tra i piedi, ieri, in piazza Castello. Chissà…
Magari era uno “scarabocchio” di qualcuno approdato in città per il TFF, o per CioccolaTo’, o ancora per i mercatini in piazza Solferino. E se fossero passati da qui, prima? Molto tempo prima?
E se fosse stato un metodo di comunicazione, chiuso, ante-facebook? Chissà…Intanto, le due, continano a consigliarmi, dopo aver provato e riprovato penne su penne. “Quella, quella, è perfetta. Ne ho una anche io così in ufficio. Anzi, le lascio anche il mio bigliettino da visita, nel qual caso non funzionasse bene come dovrebbe. Sono un avvocato del lavoro”.
E l’altra, la commessa: “Si, quella, quella. Ne ho una anche io sempre in borsa”. La compero, poco convinto e poco presente. Continuo a pensare alle poesie composte con quelle penne. Alla dolcezza dei nomi, su quel blocco. Centinaia di storie dietro un tratto di penna. Fantasticarne arrivi, partenze, giri turistici, amori, gioie, sorrisi, scatti, click…”Penne d’Artista”, probabilmente prima di “Luci d’Artista”. Forse sono stati loro, gli intenzionati a comprarne una, molto prima di me, a fissare un” tot” di poesia sulla carta, dopo aver provato le penne, in questo negozio torinese. Un tot di poesia sul cielo di Torino. Elogio della penna, elogio della carta, elogio della poesia. Elogio dell’amore. Una poesia lunga una via, lungo una via prima sulla carta e poi sulle teste dei torinesi. Probabilmente. Tratti, manuali, occhi levati al cielo: azzurri, blu, neri, castani, verdi. Capelli lunghi che scendono sulle spalle, a treccia, oppure raccolti o corti, neri, castani, biondi, rossi. Parole, cascate di parole, parola dopo parola, riga dopo riga, metro dopo metro. Vie pedonalizzate, salita e discesa nella giostra della vita e nella pancia della Mole, e visita dal terrazzo e conteggio di numeri e parole.
Gioco di fantasia e la stella sempre accesa. Superga da una parte, i Cappuccini dall’altra. Ormai le luci le conosciamo, e sono tutte belle e immortalate con scatti bellissimi; ancora più bello, forse, a mio modesto parere, sarebbe raccontare una storia ispirata o vissuta sotto questi “tratti” d’artista. Un elogio alla storia più bella. Se poi sono “bolle”, non importa. L’importante è scriverle.
Se è vero amore, vera storia, e vera storia d’amore, sotto il cielo di Torino,
tanto meglio. Due tratti d’Artista, profumo di dolcezza. Amore, pane…stelle.
Profumo di “dolcezza” a Torino
Profumo di dolcezza per le strade della nostra città. “Che dolce che sei”, “Che tenera sei”, “sei proprio un pasticcino da assaporare”, “tu sei un miele”, “Troppo buona”(in tema di calorie, pazienza e non se ne avrà male la lingua se compro una vocale, la u)…sono alcune delle frasi tra “dolci” e particolari “personaggi”catturate qua e là in piazza San Carlo, nei pressi degli stand. Ma le stesse frasi possono essere catturate e interpretate, anche in mancanza di sonoro, dal “proiettore” che rilancia stralci di film “sullo schermo” in piazza Castello. La cosa curiosa è che sullo sfondo, oltre il teatro Regio, la Mole Antonelliana pare essere proprio un’antenna su quella specie di televisore e la piazza il suo salotto. Ma forse non sembra, lo è. Un’antenna che cattura emozioni del passato e che rilanciano temi e valori importanti
Nell’ aria si respira ottimismo e un senso di apertura al futuro, nonostante le immagini dei film siano del passato. Il 32 esimo Torino Film Festival avra’ il, suo “posto in prima fila”, qui, a Torino, su “piazze diverse” dal 22 al 29 novembre piu’ una “appendice” domenicale. “Wonderful”. Profumo di dolce di dolcezza che si mischiano vicendevolmente e si contagiano. Oltre, ovviamente, a profumi di cioccolata di ogni tipo e di ogni gusto.
In tema di passato e di “dolcezza” nel piattino della storia, alcuni frammenti dei film proiettati potevano essere sicuramente i più visti e i più amati da L. e M. Nel piattino della fantasia, ovviamente. Quella servita nei pressi della casa del caffè, al passaggio del 50 o del tram numero 8. Al tempo di due corse cento lire, notturna 90. E per un film? Chissà. I Film, o meglio, le “pizze”, al tempo di quello che si chiamava “vuoto” o “cauzione”, quando, dopo aver comprato e bevuto una aranciata o una gazzosa, riportando indietro la bottiglia, ne veniva elargita una seconda con pochissime lire di differenza. Almeno così si narra da qualche parte. Almeno così, ricorda qualcuno. Saggi. E così era solito fare “Fiorino”, così ieratico, rigido, una “maschera”, così raccontano quelli a cui staccava il biglietto nel cinema della circoscrizione 7. Erano tempi in cui erano in voga le cauzioni in alcuni cinema, gli auto riduttori per i concerti, i gettoni nelle tasche per le telefonate. Tempo di Hobby. Poi vennero le “cassette”, poi le te tessere per affittarle, poi i giornali con le cassette e infine internet…Poi, un giro per Torino, per completare la serata, o meglio, la nottata, e…i Murazzi,
la Gran Madre, il grande fiume nei pressi, con il lento fluire delle sue acque, lucide, oggi, e restare muti e silenziosi davanti questo piacevole scorrere, nei pressi delle arcate, dove trionfavano aperitivi e musica e qualcuno ci scriveva libri e sceneggiature, mischiando fantasia e realta’ all’uscita dall’Universita’. Palazzo Nuovo, a due passi, Lettere anche, le lettere pure. I Cappuccini, “gallonati”, di blu notte, con tanti cerchietti in testa a ricordo che l’atmosfera natalizia, oramai, bussa alle porte. Wonderful. Un bimbo, “osservato” distrattamente dai genitori lancia una barchetta di carta. Sgridato dai genitori si giustifica dicendo “l’ho fatto per mandare un saluto al mare”. Chissa’ quando e a che ora sara’ previsto l’ arrivo.
piazza Vittorio
via Po, sotto i suoi portici e negozi fino ad arrivare in piazza Castello. Una bella passeggiata.
Dicono che in un giardino si possa ammirare una bellezza straordinaria. Un albero dai colori stupendi. Decido di verificare, dalle parti di via dei Mille.
Ma oggi, questa sera,
è tempo di dolcezza e di presente e di presenza.
E in tempo di globalizzazione, che non manchi nulla. Anche il Choco-Kebab.
“Ciao pasticcino” bisbiglia un pezzo di cioccolata al suo vicino. Ciao, bella dama, se mi lasci avvicinare, ti do un bacio”. Oggi, questa sera, e’ l’elogio della “barretta” o dello “stecchetto”, per una dolcissima crema gianduia.
Oggi, questa sera e’ l’elogio del piattino e della dolcezza di una storia vissuta, da vivere, da fantasticare, da provare a raccontare.
Profumo d’amore, essenza di vita, nel cuore di Torino
Profumo …d’amore ed essenza di…vita, nel cuore…di Torino, questo sabato mattina.
Sole, luce, acqua, mani, perfettamente aderenti, cuore pulsante, in una delle più belle piazze d’Europa. Tutto, proprio tutto, qui, a portata di…mano. Qui, lettera 22. D’amore il 22 novembre.
In piazza Castello incontro Anna, era da un pezzo che non la si vedeva. L’ultima volta era stata in Borgo Dora. Scambio due chiacchiere con lei ma perdo di vista i soggetti appena fotografati. Peccato. Davvero… In ogni caso, è stato un piacere rivedere Anna. Mi chiede una foto. Si mette in posa come una star del cinema, quasi in tempo TFF, o della musica. Alza il dito, il pollice. Scatto. Ne chiede ancora un’altra. Si vede che ormai è abituata e che vuol bene ai torinesi e i torinesi ne vogliono tanto a lei. Salutata Anna, noto un via vai di gente con fogli A4 tra le mani.
Ma cosa sono queste lettere, questi biglietti che in molti girano e rigirano tra le loro mani? Una certezza, non sono “lettera 22” come quella sopra. Si sente in giro “profumo di notizia”. Ma non è di cioccolato. Questo è dall’altra parte della piazza. Questo profumo è diverso. Un tam-tam sulla rete? Un ritrovo? A terra, tra i miei piedi, un biglietto ferroviario, un appunto. Data di emissione, 17 novembre. 470 km circa di strada ferrata e montagne e laghi e tanti i Duomo si nascondono dietro i nomi delle città stampigliate su di esso. Un indizio? No, non puo’esserlo, e di questi ne ho le competenze giuste. Quel biglietto raccolto, ripiegato e tenuto con un fare prezioso tra le mani, è diverso dagli altri che noto, in giro per la città. Provo allora a seguirne la scia delle lettere tra le mani e la provenienza del profumo. Possibile che sia un “Arrogance”? no, non penso. Profumo di un ricordo? Bho’. Vorrei però premiare la mia curiosità. La via dove un tempo passavano i tram, è piuttosto lunga ma percepisco, aiutato dal via vai, foglio di via in mano, che lo “start”, il “via” di questo gioco (che non è il monopoli ma una semplice curiosità da soddisfare), proviene dall’altro capo della città(meglio, via). La percorro, via Garibaldi, velocemente. Al mio fiano, in molti con questa lettera ripiegata tra le mani. Questo “esodo” che ricorda altro “esodo” domenicale sembrail periodo di quando si pubblicizzavano le enciclopedie. Davanti la scuola, al sabato, venivano offerti buoni omaggio per assistere alla proiezione di un film la domenica mattina. Tra un tempo e l’altro c’era sempre chi pubblicizzava una enciclopedia. Basta seguire loro e lasciar riposare l’odorato. Dalle vie laterali, al gruppo si uniscono altri e altri ancora, sempre con un foglio bianco, stampato, tra le mani. Non è una poesia. Chissà. Ne approfitto per lanciare un’occhiata alle vetrine, ora a sinistra, un negozio reclamizza la permuta di libri, nel pomeriggio, ora a destra, abbigliamento, ancora a sinistra, dove gli occhi fanno festa e il cuore batte per aver visto un pezzo di Puglia (Pulia prodotti)
e quando gli occhi convergono verso il principio della via, scopro la porta dalla quale promana il profumo. Dove un tempo si stampava oggi si testa, forse si espone, forse oggi, chissà…..Provo timidamente a chiedere a quanti sono in coda. Questioni di essenza. Sono qui, loro, (e pure io, per averlo “seguito”) per un profumo. Davanti al portone dell’Oreal, coda, da un capo all’altro della via, Garibaldi. Varcato il portone, il giusto “premio”
Premiata la mia curiosità, decido di seguire altro profumo. Questa volta, di “terra madre”. Davanti al Comune di Torino si possono infatti trovare bancarelle con i prodotti della terra.Qui, dove un tempo si teneva il mercato…”dei bugiardi”. Chiudo gli occhi un istante…una frazione di secondo…Sta transitando il 50…fra poco l’autista abbasserà il finestrino e tirerà verso di sé lo specchietto……..ma questa è un’altra storia, anche se, possiede ugualmente il suo…profumo.
Sabato mattina al mercatino
Di tanto in tanto, la necessità di rallentare è “impetuosa”. Capita di fermarsi presso una di quelle postazioni-stazioni, gialle, del comune di Torino, una sorta di stallo, dove con una tessera magnetica si puo’ “sfilare” una delle tante bici e scorrazzare in lungo e in largo per le strade della città. Per chi invece ne possiede una, di bici, catena, lucchetto sul manubrio, per impedirne il furto (così tanto di moda in questi ultime tempi) e via. Pedalare. Uno sport molto in voga in ogni momento della vita. Magari con una buona dose di fortuna ti può capitare di incontrare il mercatino, molto slow, e rimettere all’ opera i cinque sensi. Fermare, liberare il tempo, ritrovarlo, con il bel viaggiare, con la bici, e il ben vivere e buon mangiare. Profumi. Piccoli sentieri, sotto lo sguardo vigile e attento del cibo degli dei. Sotto la Mole il freddo è pungente. Tra il comune e piazza Castello una musica risuona: “Ciao, ciao, ciao, mare…” La musica e il piercing impresso sul muro di un palazzo donano a questo scorcio cittadino le sembianze di un viso. Dotato di tutte le strutture umane. Il freddo congela uno dei cinque sensi. Qui. Altrove “congelano” Salerno, circondandola a “circolo” in una sorta di girotondo d’altri tempi e in gran parte d’Italia si vorrebbe congelare l’uomo dai mille mestieri, (dove in realtà, il lavoro, quello vero, servirebbe, eccome) politicante- teatrante, in stand by, “prima diviso e poi scisso” posto in un cono d’ombra come in una stradina di paese. Dopo lo stand by, un’appendice, un'”exit”, un tratto di gomma definitivo sull’hard disk del Paese.
Qui, in questo quadrilatero torinese mattutino, il gelo, aiuta ad evaporare col pensiero. Dal radar “esistenziale” scompare molto del circostante. Ritornano da pagine di calendario voltate, strappate, ripiegate, segnate, a matita (incontri, appuntamenti, ritirare questo e quello, telefonare a, auguri di compleanno) temi di un’estate appena trascorsa. Il caldo, il mare ritornano e nei pensieri prendono corpo facendosi sempre piu’ intensi. Siamo qui, col corpo. Siamo altrove, con altro. Feste di laurea, feste anni ’50, bagno 76, le frecce tricolori, l’ aereoporto a due passi da lì, i bagnanti in massa sul bagnasciuga, naso all’ insu’ a fotografare e riprendere il tutto. “Ohhhh” che si sprecano e risuonano nell’aria. Cuori in cielo impressi e disegnati, chitarre, stelle cadenti, pizze pizzicate sulla spiaggia, angurie, rustici e calzoni. Nei ricordi anche lassù il fumo lascia la sua firma. Alcune gocce di neve cadono e cadendo si sciolgono a contatto con la pelle. Il radar torna a lampeggiare. Benvenuti o bentornati sulla terra, nell’inverno torinese. I film, sono altrove. Un enorme TFF stazione sulla piazza. La settimana del cinema è iniziata. Davanti al municipio, coltivatori e contadini continuano meticolosamente nella loro opera d’arte: l’esposizione e la vendita dei loro prodotti, miele, salumi, ortaggi in vendita sulle bancarelle. Domani, domenica, toccherà a molti negozi, alzare le saracinesche. L’aria natalizia si fa piu’ pesante. Le tasche, invece, persistono nella loro vaghezza e leggerezza. Ampie e vuote.
Aria fredda natalizia, domenicale
Prima domenica con negozi aperti. Domani, come sempre, sapremo i numeri: cosa, quanto, chi, tendenze. Chi è stato “sequestrato” e sottratto agli affetti famigliari per una giornata dedita “alla forza per spostamento” (lavoro). Una domenica un po’ borghese e un po’ no, nelle vie centrali. Occhi. Dentro le vetrine e dentro di sè. Ogni cosa, pare essere, occhi. Il Derby cittadino, la Juve,il Toro, il TFF appena concluso, la tredicesima, l’Imu, le primarie… pensieri e parole. “Prendiamoci un caffè“, è il ritmo che rimbalza. (ricordo un caffè da blog, filosofando diversamente…). Altri discutono di lavoro e delle modifiche dell’articolo 18 e delle firme che si raccolgono per un referendum che abroghi la nuova normativa. “Torniamo all’antico e sarà davvero un progresso”. Concordo.
Nelle vie laterali, file di persone alla ricerca di una panchina o un appiglio qualsiasi, con sacchi, sacchetti, buste varie: il loro mondo racchiuso tutto li dentro. Cose necessarie, utili. E “occhio” a non perdere nulla, per non perdersi poi. Altre, decisamente vuote. Specchio del loro sé. Ma sono loro. Sacchetti. La loro stanza. Cittadini di ritorno dalle mense , quelle poche, aperte. Vie centrali e laterali, che non si incontrano, in una città che ha fretta. Occhi scintillanti del benessere da una parte, occhi del vivere male che incontrano il mal di vivere dall’altra. Occhi tristi e pensierosi. Ma anche innamorati. Della vita. Comunque sia, La diseguaglianza non è produttiva, anzi, “La disuguaglianza è produttiva: falso!” (titolo del saggio di Marco Revelli), troppi eccessi del liberismo. (vedere lunedì pomeriggio, Centro Gobetti, con Luciano Gallino, seminario sul tema).
In altra via, defilata, un paio di vecchiette, scialle sulle spalle, sbocconcellano un pezzo di pane. Hanno del latte in mano. Tra pochi istanti lo porgeranno a qualche gatto che si raduna nei pressi. Regaleranno qualche carezza e riceveranno qualche fusa, un miagolio di ringraziamento. Le vecchiette si stringono ancor piu’ nel loro scialle e socchiudono gli occhi, pronte per un riavvitamento dei pensieri, un viaggio a ritroso nella loro memoria. La memoria. “Memoria che va fatta riposare, deve trovare pace, non puo’ bruciare per sempre” .
(nella foto, via Garibaldi)