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Natale e Santo Stefano

20191226_161532Oggi la liturgia ci ricorda S.Stefano, primo martire del Cristianesimo. Un tempo, avremmo trovato neve, uscendo dalle nostre dimore, o dalla Chiesa, dopo la santa Messa, oggi, invece, solo foglie, secche, mucchi di  residui trascinate e ordinate  dal vento dei giorni  scorsi. Un tempo, infilando le lunghe lingue d’asfalto della nostra città, nastri lucidi, bianchi di neve,  liberate, meglio, alleggerite dal traffico cittadino,  avremmo trovato il piacevole freddo contro il nostro viso. Oggi, non è  cosi. Uscendo, la temperatura si aggirava sui 7 gradi. Resta il senso della festa, come interruzione del quotidiano per accedere nello straordinario, tempo di Natale, fino al 6 di gennaio. Poi, sarà  “ordinario”. Lungo le strade si contano anche i “resti”, dicono pari al 20 % del cibo comprato, non consumato, o avanzato. Vero spreco e vero peccato, grande, dato i tempi (di crisi economica)  che corrono. In giro qualcuno, scarpette da corsa ai piedi, fin dalle prime luci dell’alba, ci prova, correndo, a smaltire qualcosa, delle calorie in eccesso, accumulate da maratone di cibo che non hanno ancora fine. Provarci però  è  ben diverso dal riuscirci. Giornata un tempo dedicata al cinema, dopo pranzo, e a lunghe “vasche” nei centri cittadini. Cosi  ci raccontano i tg e cosi stamperanno le pagine dei quotidiani, domani, dopo la breve parentesi di riposo per rotative ed edicolanti.20191226_161206Questa è  la mia opzione, passeggiatina, dopo i mercatini di piazza Solferino, la pista di pattinaggio, con lettura finale, non di un libro,  ma di pensierini, scritti su carta qualsiasi, riciclata per l’occasione, per i pensierini lasciati sull’albero di Natale, ai torinesi e non, una magia che si rinnova ogni anno. Il pensiero corre veloce ad una coppia che fece notizia qualche anno fa, un amore lasciato “al cancello”, meglio “di una rosa al cancello”: Diego ricordera’ ancora la sua Marilisa lasciando una ulteriore rosa al cancello Rai di Torino, a suggellare il suo lontano incontro d’amore? Almeno per una settimana circa, Torino, meglio, i lettori, de La Stampa, rilessero e vissero uno spirito olimpico nuovo con “Le notti bianche” di Dostoevskij.

1 settembre

Non ho fatto molta fatica nel voltare la pagina del calendario, quella  di agosto, con le montagne, il mare   i laghi, un rosso al 15  e dare  il benvenuto a settembre, con gli studenti che entrano a scuola, banchi, libri e sulla lavagna il “benvenuti”, un giro che avrebbe potuto sintetizzarsi con “l’estate sta finendo”, cavallo di battaglia dei Righeira, canzone sempre attuale che chiude  “vamos a la playa” , canzoni utili per accompagnare controesodo e ombrelloni che si apprestano alla chiusura  sulle spiagge causa prime piogge. Sembra l’inizio di un libro di Cassola.  O “la bella estate”, cosi cominciava altra estate, su e giu con i treni. Immagini tv. Traghetti che ingoiano auto in attesa di essere trasportate dalle isole al continente, lunghi nastri d’asfalto intasati in ogni corsia e autogrill presi d’assalto, atri di stazioni ferroviarie presi d’assalto per una metropolitana d’Italia. Zaini, trolley, borsoni pieni di prodotti tipici, per prolungare psicologicamente la vacanza e lenire la malinconia. Un tempo , girando pagina, avrei rivolto anche gli auguri, di buon comeanno,  ma col tempo si sbiadiscono e restano sullo sfondo molte cose. Come è  che fa la canzone di Coez, oltre a voler andare al mare e ad essere belli i 20 euro ma anche le lire?  In ogni caso pare che siano 10 milioni gli italiani che hanno scelto settembre per le proprie vacanze. Domani fiocheranno i “Buon anno” insieme agli abbracci perché  i  lavoratori della scuola se li scambiano sempre due volte, gli auguri di buon anno: quello scolastico nuovo, e al 1 gennaio. È  il giorno della presa di servizio e domattina vedremo insieme ai primi zaini di quanti dovranno sostenere gli esami di riparazione le cartelle dei prof pronti al collegio docenti, primo impegno che davvero apre e riapre  i lavori lasciati con i sigilli sui pacchi della maturità.  E ancora,  Il tg delle 14 ci proiettera` gli operai  che col primo turno, alle 6,  hanno varcato il cancello di Mirafiori,  manifestando, alle domande del giornalista di turno, ansie, preoccupazioni, timori. Sara` un autunno caldo o tiepido? Bho, staremo a vedere. E ancora:”cosa vi aspettate?” “Piu soldi in busta paga”.

Il mio agosto si chiude con una immagine da Roma, che sintetizza il film, una locandina che resterà sui muri dei ricordi personali. La canzone di sottofondo, sicuramente, mambo salentino.

Pino Puglisi

Dieci giorni con la “saracinesca” dell’inchiostro o dei tasti abbassata. Levigare le parole, proprio non mi riusciva. Ancorarle come tanti vagoncini per articolare un trenino di pensiero, ancor meno. Volevo solo leggere la bellezza degli scritti altrui, quella, si, che salva e salvera’ il mondo. Sui fogli bianchi, miei, nulla. Su quelli altrui, scritti, i miei occhi. Appendice d’inverno. Fiocca, nevica, piove, gelo, mani nelle tasche, incerto se recuperare i guanti o meno a questo  passaggio, general-Generale Inverno che non sarà sicuramente  veloce, al sentir e leggere le previsioni. Comune e strutture parrocchiali pronte all’accoglienza per riparare dal freddo e probabilmente notti bianche. Il vescovo di Torino invita e sollecita all’accoglienza. Le Istituzioni fanno la loro parte. Porta Susa, (i locali della vecchia stazione torinese), quella per intenderci sulla direttrice Torino-Milano-Venezia, riapre, mettendo a disposizione 40 letti. Burian sta arrivando. Per quanto riguarda le letture, sono reduce da “maratone” pomeridiane-serali-notturne di un paio di libri su Pino Puglisi, “3 P”, letti,  in pochissimo tempo e sbocciati nel cuore come fiori a primavera: “Pino Puglisi, il prete che fece tremare la mafia con un sorriso” (Francesco Deliziosi, prefazione di don Luigi Ciotti, Bur Saggi, 343 pagine) e “Cio’ che inferno non e'” (Alessandro D’Avenia, Oscar Absolute, Mondadori, 317 pagine). Sollecitato e spinto da interessi ed esigenze scolastiche, letti e studiati nel giro di pochissime ore. Tredici capitoli il primo libro, con una frase iniziale, un “incipit” del Nuovo Testamento o lettere di San Paolo o il Papa Buono…Il Concilio Vaticano II…Pagine bellissime, che a tratti fanno venire il magone e piangere. E’  bellissimo, il primo, davvero…talmente bello che la mia matita si è trasferita su quelle pagine: sottolineature, appunti, numeri. Pagine segnate, arate, solcate, e “salate”…Umor acqueo. Pagine ricche, d’amore di 3 P. Libro da comprare, assolutamente, e da tenere sul comodino. Un capitolo al giorno, s.c.

Ps.Entrambi hanno prodotto una voglia di mare, di sole,  di Palermo, di Sicilia…

Sabato pomeriggio: auguri sopra-sotto “l’albero”

Torino Porta Nuova 16 12 2017 Romano Borrelli fotoSono stato a Torino Porta Nuova, ieri, stazione centrale, o di testa- terminale, ove nell’atrio è posizionato da un paio di anni (sotto le feste natalizie, ovviamente) un maestoso albero di Natale. Tre anni fa, mi pare, avrebbe potuto contendersela con “spelacchia” che “troneggia” in piazza Venezia, a Roma. Oggi, fortunatamente, non è cosi. Questo non è un albero da frutta, e le mele al piu’, potrebbero crescere e raccogliersi poi, in seguito. Ora e’ tempo della semina. Le richieste, fine delle discriminazioni di ogni tipo, felicita’, spensieratezza, un sorriso spontaneo, una carezza “libera” e bella, capace di toccare il cuore, un pensiero ai nonni, e un pensiero e desiderio per tutti: ali per volare tre metri sopra il cielo.Torino st.P.Nuova 16 12 2017 Romano Borrelli foto Qui in realta’ non si deposita soltanto. Si lasciano, e si prendono anche, pensieri, propri e altrui. Inflazionatissime le richieste di 30 all’Universita (neanche poter passare un esame), il tema  lavoro poi, è presente ad ogni modo. Poi tanto amoreTorno 16 12 2017, Porta Nuova, Romano Borrelli, pace, Torino-Pta Nuova 16 12 2017, Borrelli Romano fotovoglia di papa’ senza coraggio in fuga, e tanto coraggio di un (o piu) figlio da infonderglielo, purche’ faccia ritorno, Torino.Pta Nuova 16 12 2017.Borrelli Romano fotoe l’anzianità, ma non di servizio, ma di status single, che dovrebbe aprire al diritto di avercelo, l’amore.

“Qui Roma”

“Qui Roma”. Piazza Vittorio. Roma. Quartiere multietnico,  come si sostiene e come di fatto è.  Avanzandomi “spiccioli” di ore di “vacanze romane” termino il mio viaggio con la metro A,  nelle viscere della capitale,  esattamente alla fermata metro “Piazza Vittorio”. Le scale mobili,  l’uscita,  dopo quelle e le tradizionali, la segnaletica “M”, proprio in faccia ad un portone che rimanda ad un film: “era della Laura,   Morante?” I portici contribuiscono a rendere questa porzione  di capitale, molto sabauda,  simile a Torino, ma mai fredda,   con i portici simili  a quelli di pizza Statuto,   palazzi umbertini,  tram verdi che sferragliano direzione Termini,  o Togliatti, che resistono,  (tutto,  binari,  tram,  bancarelle… ) e il mercato coperto,  Esquilino,  che resiste,  negli anni con il suo stesso identico fascino di sempre.  Al centro della piazza il giardino,  tanto confuso, e davanti le tre direttrici che confluiscono verso Santa  Maria Maggiore.  Spiccioli,  di tempo,  e monete,  ne ho ancora e quindi decido di proiettarmi all’interno del mercato. Cibarie di ogni tempo,  primizie o frutta fuori tempo massimo. Lucida,  invitante,  come l’uva.  I profumi e i colori si perdono nell’aria sollecitando olfatto e vista. L’umanità  qui è  infinita e una babele di lingue stordisce i passanti. Dopo aver comprato qualche frutto recupero l’uscita.  Mi ridesta lo sferragliare piu’ imponente, difatti sento un treno fischiare. Il trincerone di Termini è  a due passi da qui. Un altro  treno fischia,  quasi per salutarmi, e nel farlo pare tanto il rumore di un petardo,  di un capodanno di venti anni fa. Quando la cronaca cittadina di questo spicchio romano potevi leggerla sulla carta di… “Qui Roma”. Con la Stampa,  ovviamente,  con un piede qua e uno su,  sotto gli altri portici. Di Torino. Tanto e molto altro ancora,  “qui, a Roma”,  addentando un gustosissimo “trapizzino” al pollo,  a quattro euro. Tutto bello,  tutto buono,  tutto un sogno. “Qui Roma”.

Melissano. Punto e… “capo”

foto Borrelli Romano.17 8 2016.SalentoMelissano, Le.17 8 2016 foto Romano BorrelliMelissano, Le.17 8 2016, Borrelli Romano fotoE cosi capita che certe mattine ti svegli  col vento  dei ricordi che ti assale e coinvolge. E basta poco. Una brezza,  una sedia,  un dolce,  un numero. E’ presto ma è  il sole che chiama,  insieme alla fila dei giorni,  mesi,  anni passati. Dei giorni a cavallo di ferragosto,  con un must: il giro dei paesi nel capo leccese. Un caffè,  un controllo all’olio dell’auto,  all’acqua,  la verifica della benzina,  la chiave e… accensione e via.  Voglia di scendere un po’,  oltre Gallipoli, oltre la “sferracavaddi” oltre Taviano,  patria dei fiori,  Melissano,  Racale… Andare alle radici. Che forse,  stando ai ricordi e racconti dovrebbero essere proprio a Melissano.20160817_09471520160817_094628 “Buongiorno sule meu”,  una mano ha scritto su di una cinta muraria. Da piccolo ero affascinato da questi paesini,  cuciti insieme da una ferrovia e dal passare dei treni lentissimi e antichissimi. Chiedevo ai nonni di aspettare quel momento esatto in cui si abbassavano i passaggi a livello per veder passare proprio quei treni,  quelle caffettiere marroni,  ricordo. E ricordo le loro risate. 20160817_101516Paesi cresciuti e divenuti citta’ sul finire degli anni ’90 e inizi 2000,  grazie a qualche Presidente della Repubblica.  Paesi gia’ silenziosi sui quali calava ulteriore silenzio tra le 12 e le 18. Paesi con case dai gradini alle porte un po’ altini.20160817_093200Melissano.Le.17 8 2016 foto Borrelli Romano Ma li ricordavo veramente così oppure il tempo deforma sempre molto? E probabilmente ha deformato anche i gradini facendo ricorrere i proprietari di quelle case ai ripari? E il ricordo del profumo della “cupeta”? Questo si che lo ricordo. E l’ho ritrovata. E mangiata. Ovviamente. Ricordi di scarpe,  calze e donne che lavoravano il tabacco e dita “perforate” di donne al lavoro,  perché  per lavorare quelle foglie,  occorreva essere abili. Tutto qui intorno era un polo calzaturiero affermato. E le lotte e i canti delle tabacchine? Già,  non è  sufficiente ascoltare la canzone,  occore visitare questi posti,  viverlo,  farseli raccontare.Staz Melissano, Le.17 8 2016 foto Borrelli Romano La stazione. Mi piacevano queste stazioni,  così antiche,  con i treni ancora più antichi. Ho rivisto e vedo e vedro’ cose che non ricordavo più. Persone e parenti che non ricordavo perfettamente. Ho visto la terra ancora più rossa. Ho visto paesi che ora sono diventate per decreto città. Lungo la strada,  dopo Gallipoli,  non ho piu’ visto molti ulivi. O meglio,  alberi di ulivi tagliati,  senza rami,  braccia,  foglie,  capelli. Sofferenti. E ho pianto. Mi sembravano persone dagli arti manchi,    mutilate. E la gioia di questo tempo non e’ stata completa.

Melissano, Le.17 8 2016, foto Borrelli RomanoIl viaggio continua sui binari della memoria. Osservo la strada ferrata della Sud-Est e il caseggiato della stazioneMelissano (Le).17 8 2016 foto Borrelli Romano. Riesco ad immaginarla, oggi,  con gli studenti,  le scuole,  che come spugne ricevono e rilasciano… La immagino ieri,  con il viso di anziani nonni sorridenti a guardare il mio entusiasmo al passare di un treno. Allungo lo sguardo,  oltre. Qualche albero si sta riprendendo, è  la rivincita,  lenta. È  la speranza. Che qualcosa di buono rinasca sempre. Melissano, Le.17 8 2016 foto Borrelli RomanoSalento: lu mare,  lu sule,  lu jentu. La strada,  per un amore. Salento: km di strada e d’amore.

Da Monaco di Baviera

Avrei voluto descrivere,  scrivere,  qualche personaggio,  un incipit perché  qui in Salento tutto è  davvero un romanzo, della cassapanca, dell’amore che non si restituisce perché  non si merita,   delle ville (parchi cittadini),  della banda,  sagre, di Enrico,  di F.,   dei “consoli”(o della Carmen Consoli maestra conceratrice),  momenti di incontro che fissano ricordi e dei personaggi che diventano tali alla fine del loro cammino. Descrivere come fotografie vicoli,  piazzette,  negozi  caratteristici e caratteristici venditori ambulanti che non vendono soltanto prodotti a km zero ma che sono cantautori di storie vere.  Salento che racconta e si racconta,  scrive,  legge. Salento,  aperto per ferie, Salento sold out again,   Salento sotto un caldo torrido. Arrivi in stazione o lungo vie dai nomi di mare piu’ estremi o numeri da via Nomentana di Roma da fotografare e raccontare,  11 mesi dopo o un anno o una vita. Bellezza e grande bellezza,  narrazione e scrittura messe da parte. Non riesco,  ora.  Le immagini che la tv rimanda nelle case non annunciano nulla di buono: da Monaco di Baviera purtroppo ci arriva la notizia di un attentato in un supermercato o centro commerciale nei pressi di un Mc Donald in uno degli orari piu’ frequentati del venerdi.  Le testimonianze ci raccontano di una citta’ dove tutto e’ fermo,  anche la metropolitana. Si parla di morti e le notizie dicono attentato terroristico pur senza dirne con certezza la matrice. Si parla di tre morti forse sei. Monaco appare una città  isolata. Attivato il protocollo di emergenza.  Un attentato che insanguina ancora nel cuore d’Europa,   Monaco, oltre le Alpi. Monaco,   un ricordo,  più  ricordi. Un treno Verona- Monaco,  un’intera giornata di viaggio. Quante estati in Baviera. “Che facciamo,  partiamo? E poi? Da li a Koln e Bonn? E Dresda? Non la si visita? E Berlino la vuoi saltare?  Come facciamo? Non importa. Partiamo”. Era la vigilia dei Mondiali 2006,  quindi,  2005… da li non so quante occasioni di visitarla ho avuto e la considero veramente bella. La gentilezza dei residenti,  le piste ciclabili con i semafori,  e perche’ no,  Agnes studentessa universitaria-lavoratrice o lavoratrice-studentessa,  4 ore a friggere patatine e preparare hamburger,  in attesa dell’uscita libera del sabato, la sua  Universita’,  il fiume,  la piazza e tutti occhi su a guardare il campanile della piazza piu’ grande e piu’ conosciuta e frequentata a mezzoggiorno quando escono le statuine  e occhi miei  che affondavano  nei suoi. Ora vedere Monaco  in ginocchio,  ferma,  annientata… e’ davvero triste.

Pasqua: dopo pranzo

20160327_185108Dopo la grande abbuffata, “liberi tutti” o quasi lungo le strade del centro di Torino. Sole nascosto, nuvole a macchia di leopardo e previsioni azzeccate: qualche spruzzo di pioggia qua’ e la’. Artisti di strada e decoratori di uova tra “smaltitori” di colombe (e non solo) e portatori o cercatori di farfalle. Per la sorpresa c’e’ sempre tempo. Per la cioccolata pure. Un paio di negozi aperti in via Roma, nota dolente e…stonata tra note perfette e ben accordate di pianoforte e chitarra sotto l’atrio della stazione di Torino Porta Nuova. Qui, si registrano arrivi, partenze e molte attese a gustare della buona musica gratuita sotto questa volta appena restituita a torinesi e non. L’Hotel Roma a due passi ma “la bella estate” e’ ancora distante da qui. Una giovane coppia, trolley alla mano staziona davanti in religioso silenzio. Per loro e’ una bella primavera.  Tram storici Torino 27 3 2016 foto Romano Borrellisferragliano ora su ora giu’ riportando il contesto in altra dimensione.

Una nota: l’ora legale e’ stata “spostata in avanti” di un’ ora e non due come risulta dall’orologio posto sull’edificio davanti alla vecchia stazione Porta Susa.Torino p.ta Susa 27 3 2016 foto Borrelli Romano

Macchina da scrivere

Torino Porta Nuova. Stazione metro. Pannelli dei ricordi…26 1 2016.foto Romano Borrelli.Porta Nuova TorinoSe il telefono a disco, fisso e aggrappato al muro mi ha ricordato cosa,  o meglio, colei che difficilmente  non scordero’, zia Mariuccia, la macchina da scrivere, invece,  sul pannello di Porta Nuova, a Torino,  e’ stata, vedendola,  un fiume in piena di ricordi. Meglio: una messe di ricordi: ecco allora  il film ed il flah della mitica “Taglia”, la prof.di (“dattilo”) con i suoi urli rituali : “dovete coprire le tastiere! 3 errori un voto in meno!”…Si partiva dal voto dieci, ma, velocemente, colpiti dall’ansia, si poteva arrivare a…quattro. E poi i rulli, i tabulatori, il nastro da cambiare, i libri sotto le ascelle per imparare a scrivere con la schiena dritta, la “coperta” (un foglio bianco) alla tastiera e la testa girata a destra sul libro a spirale con una musica di sottofondo che, ragazzi miei, tasti di macchine da scrivere lanciati  a grandi velocita’ di battuta, per 29 o 30 ragazz* moltiplicando per tutti quei tasti, la classe diveniva un ippodromo o la pista di Monza con F1 ai blocchi di partenza!!!Che tempi!! Dattilografia, stenografia, e calligrafia (quest’ultima, da poco  abolita), chiudevano, (ancora per poco), la fila delle materie nella pagelle. Ottimi voti da accarezzare il sogno di una scuola di “oratoria” a Roma, per stenografo parlamentare. Che …Cima”!!!Da li a qualche anno, una staffetta generazionale avrebbe mandato quelle materie in pensione,  immettendo nel mercato del sapere, “trattamento testi ed elaborazione dati”, meglio definite, classi di concorso 075-076. Vogliamo parlare poi dei pc di quel periodo? Si ma…un’altra volta, talmente erano grandi e ingombranti che un’aula non era affatto sufficiente!!! No, no, meglio evitare. Col tempo, la macchina da scrivere non e’ stata un oggetto di culto o soprammobile, ma ha continuato a svolgere il suo onesto lavoro:  e’ stata strumento utile per i “curriculum” da inviare…”a pacchi”, come diceva la nipote di zia Mariuccia a sua figlia che poi era quella mia lei. Ma nei ricordi di quegli anni dei curriculum “da spedire a pacchi” ci collocavamo esattamente  a ridosso della famosa notte che avrebbe detto addio al Millennio: 31 dicembre 1999.  Era l’anno in cui,  per molti,  i bancomat avrebbero potuto dare forfait.  Tutto invece ando’ come doveva andare, i bancomat vomitarono ancora  lire mentre i curriculum non vennero spediti a pacchi. Il nuovo Millennio, io e la lei,  lo salutammo, sfaccendati, o quasi, a Roma,  intenti ad ascoltare Ligabue a Piazza del Popolo. Poi arrivo’ il tempo della fantasia al potere, le parole presero il sopravvento e si cominciarono ad impastare ricordi e fantasia. Il blog sostitui penna e diario, la scrittura comincio’ il suo “corso” e l’imperativo divenne provare a seguirli con profitto e impegno; piazza Castello divenne una tastiera e una L28 inizio’ ad ispirarmi in questo nuovo lavoro. Purtroppo non feci mai quel corso di oratoria “stenografica” a Roma per diventare “stenografo parlamentare” ma rifeci numerose volte Via del Corso dopo il concerto di Ligabue…e i tasti della memoria continuamente battono e scrivono i loro ricordi. Oggi che  dalla stenografia, o con la stenografia, si sono raccolte in un libro 600 domande di giornalisti appartenenti a nazionalita’ diverse, a Papa Francesco: “Risponde Papa Francesco”, a cura di Giovanni Maria Vian, Editore Marsilio.  Con un po’ di amarezza ho pensato: qualche risposta avrei potuto stenografarla io. Che …”Cima”!

Marzo

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Un vento a me famigliare bisticcia con altro vento e di bisticcio in bisticcio, quello, contribuisce a depositare ai miei piedi una poesia aerea. Mi soffermo. Un attimo soltanto. La raccolgo, la distendo, in origine un foglio divenuto aereo e poi, “pallina”.  Una poesia scritta su di una pagina bianca, anche se a dire il vero è un po’ pallidina, una pagina giallina di una guida telefonica, di un tempo andato, consumato, mai più ritornato. Cognomi, nomi, vie, numero telefonico, anno. Un reperto, oggi. Un pezzo di storia che tende a riproporsi, complice il vento, complici le luci della collina, le partenze, i rientri, le attese. La raccolgo e al primo impatto profuma di mare, di arance, di porto. Non saprei dirne il versante, ma il verso, questo o quello si. Insieme ad un tramonto di qualcosa. Una tazza. Un’attesa di un tempo.

 

 

Marzo: mese di attesa.
Le cose che ignoriamo
Sono in cammino.
(Emily Dickinson)