Lunedi, 21 marzo. E’ primavera, inizio del rifiorire. La settimana e la giornata cominciano di prima mattina. Al lunedi e’ cosi: si fa memoria, si programna, si riflette, si ricordano le cose fatte e quelle da fare, i consigli da fare, da dare, ordinari e straordinari; la rassegna stampa, un caffe’ e fuori dalle vetrine del bar, i ragazzi che schiamazzano, riassumendo ieri e ipotizzando oggi. Prima dell’entrata. Sono leggeri, colorati, casinisti, talvolta, incasinati spesso, sghignazzanti e piagnucolanti a fasi alterne. Sognano la liberta’ estiva e il movimento, t-shirt e calzoncini corti, mare e sole sulla pelle.Espressione di una canzone di Lorenzo Cherubini. Tra poco, dopo l’appello, si muoveranno verso piazza Vittorio, con un paio di insegnanti al seguito, come prescrive la normativa. E’ il giorno della marcia di Libera: partenza prevista per le 9.00 da Piazza Vittorio. Arrivo previsto, in piazza Carignano per le 10.30. E’ la Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. “Ponti di memoria, luoghi d’impegno”. Una manifestazione che avra’ luogo contemporaneamente in altre citta’ italiane. E’ una manifestazione che Libera promuove da un po’ di anni: 21. Saranno scanditi i nomi di tutte le vittime innocenti delle mafie. Penso a Peppino Impastato, i cento passi, al suo impegno. I ragazzi si muovono mentre io resto inchiodato nella lettura dei quotidiani. Dopo 88 anni un Presidente Usa (Obama)si reca a Cuba e qualche politico resta amareggiato dal fatto che non sia Raul sulla pista ad omaggiare. Fiore bianco e rosa. Il primo a Michelle, i secondi alle figlie. Resto inchiodato e rattristato dalla notizia sulla strage “delle studentesse”, un bus di ritorno da una gita e una festa a Valencia esce fuori strada e in 13 trovano la morte. Un incidente, una tragedia. Finisce fuori strada un bus: 13 studentesse morte, tra queste 7 italiane. Si trovavano in Spagna per l’Erasmus. Belle, giovani, colorate, al termine dei loro studi. Non riesco ad aggiungere altro, ne’pensare, ne’ scrivere.
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Torino. E’ generale. Sciopero 12-12-2014
Lasciamo parlare le immagini di questa bellissima piazza. Giovani, operai, cassintegrati, studenti, universitari, in mobilita’, e gente costretta a licenziarsi pur di averla ancora e uscire dalla tagliola Fornero, professori, tecnici, amministrativi, collaboratori, disoccupati, vigili del fuoco, donne, uomini per dire e gridare che “non ci siamo”. Una giornata colorata e parecchio, gelata per dire no, che cosi proprio non va.
Lungo il corteo amiche, amici, compagne, compagne…Turigliatto (Franco) in testa, Airaudo (Giorgio) e tantissima bella gente.
Il corteo, “fratello gemello” del primo maggio termina, meglio, “sfocia” in piazza San Carlo con un interessantissimo elenco di articoli della Costituzione e l’intervento della Camusso. Una parte del corteo da Piazza Castello prosegue verso via Pietro Micca per svoltare poi a destra verso il Comune. Da qui, svolta a sinistra verso via Garibaldi fino a dividersi in due tronconi ulteriori…
Ps. Tra questo mare di gente ho potuto constatare che e’ partito ufficialmente il mantra “ci dobbiamo assolutamente vedere prima di Natale…combiniamo dai!”
Oramai la giornata è terminata. Si conta quanta gente ha aderito allo sciopero, quanti erano presenti in piazza e via dicendo…pero’ fa riflettere il fatto di aver cominciato la giornata con un caffè, tra le pieghe di un racconto, di una storia e questa si è trasformata in realtà. Piazza San Carlo sembrava la piazza di altri tempi, di altri anni. Piena, partecipata, colorata, attenta. Ogni parola del comizio non sfuggiva e non doveva sfuggire. Quella parte del corteo, defilatasi, arriva a due passi dello stesso bar. E il cordone dei poliziotti, fermo, sotto l’arco, riflesso contro le vetrine del bar…uno sguardo reciproco e poi…ognuno per la propria strada…via Garibaldi il primo, il Comune il secondo…
Ora non resta che dire: è stata una bella giornata. Buonanotte Torino. Uno sguardo alla Mole e…un saluto alla piazza.
Bar “Casa del caffè”. Dove transitava il 50 a Torino
In molti mi han chiesto una foto e………..qualcosa in più sul bar “Casa del caffè” nei pressi del Comune di Torino e su una possibile storia su Laura e Mario…ecco…….
Torino era avvolta nella nebbia. Novembrina, come ora. Le ciminiere sullo sfondo, dove sopra, si inquinava, sotto, si produceva. La manifestazione studentesca si avviava verso il Teatro, a due passi da qui. Di li a poco, a qualche isolato da qui, avrebbe dovuto materializzarsi il corteo operaio. Capelli lunghi, baffi, barbe e pugni chiusi, tutti stretti in una piazza. Ma c’era il tempo ancora per un caffè e un latte macchiato, accompagnati da qualche cantuccio, rannicchiati, in un cantuccio, accogliente, caldo e famigliare. Al solito bar. Dall’altra parte, “la casa dei torinesi”. Di qua, “la casa del caffè”. Lei, L. era sotto il porticato, in attesa che il bus passasse, sotto il portico. L’autista rallento’ la corsa dell’ ” elefante” cittadino, arancione, carico di studenti e operai. Abbasso’ il finestrino con la mano sinistra e tiro’ a sé, con dolcezza, il grande “orecchio” dell’automezzo. La destra era ancora immobile sulla ciambella. Interruppe la sua corsa, sull’asfalto e sulle rotaie, l’elefante, come ferito a morte. Ma solo il tempo di qualche secondo. In fondo, quella volta, tra le centinaia al giorno, era andata ancora bene. Altre volte la sosta era seguita da 2, 3, 5, tra, tra, tra, era il freno a mano. Immobile, “l’animale” cittadino si frappose fra i due: L, sotto la casa torinese, M. a far compagnia al conte. In quel momento, grigio anch’esso, non piu’ verde. Fu un attimo, per loro e per l’autobus”. O fu un attimo, causa autobus. Lentamente attravero’ il porticato. Appena fuori da quel brevissimo tunnel , abbassò nuovamente il finestrino e con le stesse movenze di prima, rimise al solito posto l’orecchio dell’elefante. Tiro’ su il finestrino, e rimise anche la sinistra sulla ciambella. Riprese così la sua marcia. In questi brevi secondi, l’attenzione di lui fu tutta su di un particolare. Il disegno di una mano, al fondo del bus, in basso, a destra, e tra le dita, un pezzo da 50 lire. Un cerchio, anzi, due. La moneta e il simbolo. E poi, Atm, la madre di Gtt. Rovistò tra le tasche ripensando al caffè e al latte macchiato che avrebbero di li a poco consumato. Insieme alle quattro chiacchiere che la breve pausa avrebbe concesso dopo la parentesi domenicale trascorsa sui libri, mastrini e partita doppia. Per lui, invece, altre partite, altri risultati, altre cifre. Il 13, o il 12, continuavano ad essere sogni…Di qui a poco, un altro tunnel avrebbe avvolto nel grigio della città L. e M…nella casa del caffè del Comune di Torino….
Lecce o Ravenna? Matera capitale europea della cultura 2019
Ormai ci siamo quasi. D’accordo, le città candidate sono anche altre e tra queste Matera, Cagliari, Siena, Taranto. Ognuna meritevole di titolo, ciascuna capace di esprimere una bellezza straordinaria. Ma quale sarà la capitale della cultura in europa nel 2019? Il cuore, naturalmente, batte, tra le radici.
Oggi e’ una giornata di sole. Di svolta. Vedremo di chi sara’ il titolo.
…Il titolo e’ stato assegnato a Matera…in ogni citta’ vi erano schermi dove venivano proiettate immagini….La citta’ dei sassi ha avuto la meglio sulle altre. 13 commissari dovevano eleggere la citta’ “capitale” della cultura europea per il 2019: Matera ha incassato 7 voti e ricevera’ un premio in denaro da spendere in manifestazioni culturali. La notizia e’ stata data dal Ministro Franceschini. Un po’ di delusione nelle e dalle altre citta’ candidate. E anche mie, ovviamente, che gia’ di prima mattina mi ero svegliato con questo pensiero: quale citta’ si aggiudichera la vittoria? Ora posso dirlo, in fondo in fondo, il cuore batteva per Lecce, per il Salento, per quel mare, sole, terra, ulivi, vigne, le orecchiette, i pasticciotti…il Quotidiano al mattino e il caffe’ Quarta, spesso e bollente. Un’alba e un tramonto non soltanto da vedere ma da “Belvedere”. Avrei voluto essere li, per abbracciare l’intera citta’ che ci aveva creduto fino all’ultimo. In ogni caso, da parte mia, ho provato a lanciare un modo alternativo per far amare sia Ravenna, prima, sia Lecce poi. Spesso ho pensato ad una modalita ‘di fare “scuola”passando dalla scuola di massa alla scuola di massa”. E l’esperienza non e’ stata male, anzi. Suscitare interesse per la cultura, l’arte, la geografia in “una frazione di intervallo”, anzi, due, non e’ stato semplice, soprattutto in fase di “vigilanza”. Non e’ stato un multitasking ma una sfida educativa. Come e’ possibile educare in una societa’ liquida? Nuove sfide educative? Certo, ora sarebbe bello approfittare della vittoria di Matera per effettuate un piccolo passo avanti, vedendo, studiando Pasolini e il suo film, girato a Matera, “Il Vangelo secondo Matteo”. Senza dimenticare che altri 50 film sono stati girati nella città lucana. A scuola, sarebbe stata una bella e ulteriore sfida poter fare scuola…Comunque, complimenti a Matera. Ti guardo e ti riguardo e mi dico che sei davvero bella. Verro’ a visitarti. In fondo, da Lecce e da Taranto disti davvero poco.
una giornata ricca di avvenimenti. A Torino, fin dal mattino gruppi di studenti in attesa in Piazza Arbarello per marciare insieme agli operai e la Fiom in vista della manifestazione-sciopero indetta dalla Fiom: 10 mila contro la riforma del lavoro che toglie diritti. In diecimila scendono in piazza e se la riprendono. Tutti contro il jobs act. Non succedera’ come con le pensioni. Un fiume in piena, Maurizio Landini dal palco. Una ventina di pulmann, un anticipo della manifestazione della prossima settimana. Si sono registrati momenti di tensione tra antagonisti e forze dell’ordine. Giornata calda, insomma, a Torino.
Anche a Terni Fiom in piazza. In trentamila hanno manifestato in citta’, non solo operai ma una citta’ intera. La tv rimanda immagini di ragazze piangere per il lavoro che lentamente muore.
A Torino era previsto il vertice europeo dei ministri del lavoro, aperto al teatro Regio . Un punto sulla situazione a partire dalla carta rta dei diritti firmata qui a Torino, il 18 ottobre del 1961. Domani e’ prevista la presenza del presidente della Camera Laura Boldrini. Infatti, l’incontro-vertice continuera’ anche domani. Ma il lavoro dove e’?
Gia’, il lavoro…alle 16.42 “la puoooorta” si e’ chiusa. Verso,”sud” se ne apre un’altra. Tra dolci colline…..
Città aperta
Torino, città delle piazze. Una, fra le tante, o meglio, tutte, se pensate per tutti, Piazza delle medaglie, della gente comune, e da appuntare alla gente comune, che pero’ non gareggia, in uno sport, ma nella vita, a cercare il posto giusto, ma senza competitività, che sciopera, per un domani migliore, per sé, e per altri, talvolta, e si ritrova qua, dopo un lungo corteo, gente che esce dall’Università, e talvolta luogo delle studentesse e degli studenti, che manifestano per i tagli, alla scuola, e qualcuno ne è uscito col dito ammaccato, gente che esce dagli uffici, da scuola, da messa, dalla bellissima Basilica di San Lorenzo, che passeggia, che si innamora, si rinfranca cercando una panchina…che esce dalla Regione….Piazza che installa e gente che si installa. Quando poi, scuola, lavoro e amore confluiscono, come il primo di maggio, è l’apoteosi. Giapponesi e non, sempre con la macchinetta fotografica alla mano e gente che è alla mano. Una piazza nel cuore sempre aperto di Torino. Panchine, libri e giornale cittadino sempre aperti. Coppiette, con trancio di pizza, “focaccia ligure“, quella comprata sotto i portici, o in alternativa, parole, miele, che non è mai troppo, e amore. E’ sufficiente. In lontananza le luci di via Roma e via Po, e via Pietro Micca. Da qualche zaino, di qualche scolaresca, di tanto in tanto, fuoriesce un pallone. Per brevissimi istanti. Ma la piazza è un “quadro” e tale si conserva, e folle di turisti e residenti, sono in coda, per vedere. Una “Sacra famiglia“, come tante altre che girano, qui intorno. Raffaello intanto, osserva con occhio fermo e si lascia osservare. La piazza va fotografata, conservata, “mostrata”. Un pallone, dicevo, talvolta, data la dimensione, è già “fuori”, come il pallone-occhio. Il pallone mongolfiera, e i suoi “mongolfolli”, che staziona a Borgo Dora e che ricorda come siano sempre attuali i livelli di vita; quando il cielo è pulito, si riesce a vedere anche il Sud, e il suo mare, e la sabbia di velluto. Da lassù, Torino: una grande bellezza. Ma occorre anche “stare dentro“, e questa piazza aiuta, a godere di ogni piccolo istante, anche una semplice camminata, la lettura di un libro: una mindfulness. Un “pallone” tirato troppo forte e troppo in aria, ridiscende velocemente, alle spalle di Piazza Castello. Ma, una mano, è pronta ad accoglierlo. Le mani, solo talvolta sono piene. Non mancano mai, nella gente comune, le mani tesi, aperte, pronte all’accoglienza. Città che accoglie. Che ci prova, ad amare. Città che resiste, e che per questo, la sua medaglia, questa si, d’oro, alla Resistenza, la detiene e la conserva. Città aperta. Torino.
Landini, uomo dell’anno. Landini al governo
Non si conoscono con esattezza i numeri, dei presenti alla manifestazione, a Torino, se quindicimila o ventimila o cinquemila. Poco importa. Come nella vita, di molte cose non si conosce mai la verità. La coerenza e il rispetto non sono per tutti. Chi ha partecipato allo sciopero, al corteo, alla manifestazione, puo’ chiudere la giornata con la coscienza a posto. Sereno, tranquillo, per aver dato voce ad un malessere. Il Paese reale scende in piazza. Il Paese reale, quello che è stanco di esser preso in giro, che continuamente spera che domani…. domani….La scuola, ad esempio.
La scuola 2.0 arriva. Dove e in quanti istituti non è dato sapere. O forse si, forte dei 77 mila tablet distribuiti, in edifici vetusti, del novecento, o anche prima. Edifici che richiedono manutenzione “urgente e necessaria”, come i requisiti per un decreto legge (vero, nuovi dirigenti scolastici, che chissà quante volte vi è stata posta questa domanda). Forse dove si passa il badge e l’insegnante rileva le presenze (o le assenze) utilizzando registro e rete, non sono molti, anzi, pochissimi, mentre sono tantissimi gli istituti dove manca personale e questo non è qualificato per le nuove domande che una società fortemente mutata impongono. A cosa servono i cinque nuovi spazi se manca il personale per i tagli subiti? Quando è che torna al cento il lavoratore (con la sua dignità?)…E andare a scuola in infrastrutture colabrodo, o con suppellettili, strumenti idonei per i lavoratori che ricordano l’800?
Era una giornata di fine agosto. In tantissimi eravamo alle nomine. A tantissimi fu detto “quest’anno si stabilizzeranno circa duecento persone”. Il periodo degli annunci su Intenet lasciavano intravedere spiragli di speranza…Le riunioni sembravano dovessero mettere a posto ogni cosa………….Ma, quest’anno quando? Siamo al 15 novembre….e ancora non si è mosso nulla. Eppure ogni giorno pretendono, (dalla catenda di comando), lavorativamente parlando, da una persona, mansioni che fino a poco tempo espletavano in due. Ridicoli. Ma venite a dare un’occhiata, come si lavora… I Presidi (Dirigenti scolastici) freschi vincitori di concorso, e “anziani” che si apprestano ad affrontare una “gita”a Genova, in visita al salone dell’educazione “ABCD” lo hanno stipulato il loro contratto, giusto? Noi? UMILIATI E OFFESI!!! E ora,signori, alzate il vostro grido a tutela dei vostri lavoratori. Ho aderito allo sciopero, ma voglio, esigo sapere perchè non si stabilizza come promesso. Possibile che La Stampa, La Repubblica non sappiano dare voce, intervistare uno che è uno, del giro dei governanti, politici, che sappia dare una risposta senza infingimenti? Possibile che nessuno dei governanti si domandi cosa voglia dire vivere ogni giorno con la speranza che il giorno dopo qualcosa è davvero mutato rispetto alla condizione di precarietà? Forse,ascoltando un l’intervento di un manifestante in piazza Castello, qualcosa poteva indurre a riflettere, a ritroso: “La prossima volta so cosa votare: Alì Babà, almeno i ladroni erano solo quaranta e non così tanti”. Ladri di futuro, di sentimenti, di fatiche quotidiane… di posti di lavoro non stabilizzati e da stabilizzare! A conclusione della giornata, un ricordo, in particolare, e un lungo applauso vanno a Maurizio Landini e agli operai Fiom.
Il capitale: sui tetti da anni (breve intervista con il prof. Marco Revelli)
Lungo il tragitto che mi separa dal luogo di lavoro, osservo attentamente i palazzoni di Torino che tagliano in due la città. Una città post-industriale, con grosse cicatrici: là dove c’erano fabbriche, ora palazzoni in costruzione; una linea ferroviaria nuova parallela a quella vecchia. E, immensi spazi vuoti, pronti per essere colmati da grandi appetiti finanziari. Il colpo d’occhio è rivolto ai tetti dei palazzoni. Il pensiero agli operai, ai metalmeccanici, scesi in piazza, ieri, a manifestare, per quattro ore. No alla chiusura di Termini Imerese. Buona e alta l’adesione allo sciopero. Per i sindacati, intorno all’80 %, per altri, meno. Affermazione e progetti senza “Capo né coda”. Un pensiero mi assale, mi rende ansioso, mi innervosisce. “Il capitale è sui tetti, per dare vita a se sesso, da molto tempo. Prima di noi”. Noi, operai, in cig (cassa integrazione), in mobilità, noi, lavoratori della conoscenza, noi disoccupati, siamo stati battuti sul tempo. Un miliardo di ore di cig; incentivi; incentivi a produrre fuori, per comprare “dentro”; “cattedrali” nel deserto costruite grazie a soldi pubblici, anni fa, spremute e ora dichiarate improduttive. In alcune zone d’Italia, se poniamo lo stop ad alcuni segmenti produttivi, non rimane che terra bruciata. Resto con il dubbio. Rivolgo la stessa identica domanda al Professor Marco Revelli, sociologo, presso Università Orientale.
Professore, il capitale ci ha battuti in corsa ed è finito prima di noi sui tetti per alimentare se stesso?
“Il capitale corre con gli stivali delle 7 leghe e gli operai arrancano. E’ la grande impresa, sul tetto del mondo. Basta leggere Zygmunt Bauman e ci si fa un’idea piu’ approfondita sul tema. Gli spazi sono diversificati. Le nostre società si sono divaricate”.
E Fiat?
“Fiat è una mini-transnazionale che non ha piu’ una patria. Cio’ che va bene per Fiat va bene per sé stessa. Fiat non possiede piu’ un ancoraggio territoriale.”
Professor Revelli, quando è che è iniziata la divaricazione fra economia reale e finanziaria? E in questo periodo in che quantità ha vinto il capitale e quanto ha perso la classe operaia?
“Negli ultimi 25 anni tra capitale e operaio non vi è stata partita. Il rapporto tra salari e profitti è mutato paurosamente. Circa 8 punti di pil maturati nel ventennio, pari a 120 miliardi di euro; circa 7 mila euro per ogni operaio (per ognuno dei 17 milioni di lavoratori, dipendenti; se il rapporto salariale è degli anni ’80). Una sconfitta forte, per la classe operaia.”
Ci saranno delle responsabilità, immagino. Se penso al distacco della gente dai partiti e dal sindacato, mi viene da pensare alla solita frase che al termine delle trattative sindacale ci vengono propinate: “più di così non si poteva ottenere, i tempi sono mutati e sono questi”.
A me, il cuore batte per la Fiom, ma quando vedo gli altri sindacati, penso che….
“Che forse qualcuno non ha fatto fino in fondo il suo mestiere? Sicuramente così, anche tenuto conto dei forti cambiamenti epocali. Forse qualcuno ha rinunciato al suo mandato, ha tradito gettando a mare i propri rappresentati. Ora si guarda ad altri soggetti da rappresentare; chi sono gli interlocutori da rappresentare? Le Banche, chi ha visibilità mediatica….”
Rifletto un attimo e penso all’amico Juri Bossuto, consigliere regionale di Rifondazione Comunista, al suo impegno per una legge capace di contrastare le delocalizzazioni delle aziende, non piu’ sostenuta da altri partiti. E’ rimasta solo Rifondazione.
Il nostro colloquio si dipana tra i recenti episodi avvenuti a Torino, tra concetti quali appartenenza, gruppo.
Si conclude infine con una domanda: Professore, un tempo vi era l’assalto al cielo. Oggi?. E se negli anni ’60-’70 per capire il mondo bastava ascoltare l’invito di Panzieri, cioè quello di recarsi fuori dai cancelli delle fabbriche, oggi?
“Il vero assalto pare essere la partecipazione al Grande Fratello…e la tv per capire il mondo?”…
(si parlerà venerdi ore 21 a Torino, corso Belgio 91, Dall’inchiesta operaia, ai quaderni rossi, ai nuovi conflitti del lavoro).
Romano Borrelli
Lettera a Liberazione: Il patrimonio messo in campo dalla Cgil
Pubblicata domenica 12 aprile 2009 su Liberazione una mia lettera in cui pongo l’accento su quanto scritto nel precedente articolo: Il patrimonio messo in campo dalla Cgil il 4 aprile 2009 non lasciamo evapori.
Rassegna.it – 2.700.000 donne e uomini secondo le stime fornite dalla Cgil. Il popolo del sindacato ha invaso la capitale e riempito il Circo Massimo. Epifani: Non dobbiamo avere paura della crisi, dobbiamo guardarla in faccia. Subito tavolo con Cisl e Uil.
Rassegna.it nel video dimentica nel citare le personalità che hanno sostenuto la Cgil in questo sciopero, Diliberto e Paolo Ferrero, gli unici segretari, ad onor di verità, di partito ad aver aderito con tutto il partito, Pdci e Prc, alla manifestazione. Adesione annunciata da molto prima del 4 aprile e, non il giorno prima a “titolo personale” come fatto da Franceschini, tanto per fare un nome.
“Roma: I pianisti trasferiti a Piazza San Giovanni”?
Dopo il solito balletto delle cifre: penso sia utile introdurre i “tornelli” in modo da essere certi del numero dei partecipanti alle manifestazioni e le adesioni agli scioperi. E’ un modo sicuro per contare quanti hanno partecipato effettivamente ad una manifestazione. Oppure, in tema di “super controlli” propongo di chiedere in prestito alle banche le porte girevoli dove all’entrata è posta una speciale tastiera su cui si posiziona un dito, et voilà, la porta, come per magia si apre e si è contati. Saranno tutti più contenti ad avere la contabilità alla mano dei presenti: si risparmierebbe tantissimo rispetto ai “proposti” satelliti. Ma, a volte per sapere quante persone sono presenti bisognerebbe “testare” non a campione … saremmo vittime, altrimenti, dello stato d’umore del sondaggista. Ecco perché, penso, sarebbe utile avere dei tornelli mobili in piazza San Giovanni o “cabine tipo banche”: si eviterebbe così la presenza di tantissimi “pianisti” a San Giovanni.
Mi chiedo, che differenza fa sapere se erano 700.000 manifestanti o magari 500.000? O, magari anche 50.000? E’ un po’ come dire che sulla Terra un miliardo e quattrocentomila persone vivono con un dollaro al giorno, “ma anche”, come direbbe qualcuno “responsabile” ora che si è accomodato, ve ne sono due miliardi e settecento milioni che vivono con due dollari al giorno, cioè il 49% della popolazione. Cosa cambia? Sempre di “pessime condizioni” stiamo parlando.
E, sicuramente, sempre di pessime condizioni e un contratto inaccettabile si parla.
Io per le vie di Roma ho incontrato tanta gente che manifestava: non le ho di certo contate, ma erano quelle che cercano di sopravvivere con settecento, settecento cinquanta euro al mese, perché sono in cassa integrazione; erano quelle che sono in scadenza di contratto; erano quelle che sono disoccupate ora o perché un lavoro non lo hanno mai avuto o le madri preoccupate per il futuro dei propri figli … eccetera. Soltanto da Torino, nella notte, sono partiti due treni strapieni. Sono numeri “finti”? Non penso proprio; la considerazione vera è che noi a Roma eravamo tanti, e tanti altri mancavano chi per l’oggettiva difficoltà di essere presente in piazza partendo da luoghi lontani, e chi: perché aveva deciso di rimanere equidistante tra capitale e lavoro.
Onestamente, qualcuno ricorda l’entusiasmo di molti giovani nel vedere la nascita del Pd?
Nel vedere che nella stessa lista potessero esserci un operaio ed un rappresentante del “capitale”? Come mai il Pd non era presente allo sciopero del tredici febbraio 2009, se non in “forma privata”: qualche personaggio che aveva deciso di farsi fare una foto, un’intervista: “nella logica mediatica, in voga in questo momento, del tutto fa brodo”?
Capitale e lavoro le vedo essere forme di politica “non negoziabili”.
Il fallito progetto politico veltroniano (ovvero, arrivare ad una sorta di “bipartitismo” fra pd e pdl) chiedeva “l’espressione del consenso come voto utile”; voto per non far vincere il competitor e, di conseguenza l’allontanamento della sinistra dall'”arco parlamentare”; cosa quest’ultima che reputo essere inaccettabile per via che: si azzeravano, di fatto, le esperienze di lotta, del dissenso e della difesa dei lavoratori in forma piena, sotto l’alibi, populista, della stabilità governativa.
Ricordo l’entusiasmo di tantissimi ragazzi privi della consapevolezza che capitale e lavoro sono due cose ben distinte. L’allontanamento di un segretario, per autopresa visione del fallimento della propria gestione, ora potrebbe prevedere, ahimè, la “presenza preponderante” di un “asso pigliatutto” se si persevera nella logica bipartitica; ecco perché: vi è bisogno di dar forza ai partiti della sinistra comunista e anticapitalista a tutela del pluralismo, e delle classi lavoratrici ed in cerca di lavoro.
Nel sito della Funzione Pubblica CGIL, seguente, sono disponibili i dati di adesione allo sciopero del 13 febbraio 2009: www.fpcgil.it, per quanto riguarda il pubblico impiego.
p.s.
Grazie a tutti i 258 visitatori del 17 febbraio per il nostro nuovo piccolo record di visite.