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30 Settembre

L’autunno entra prepotentemente sulla scena, mentre dalle finestre una musica risuona ancora, da ieri, “29  Settembre”. E le note “seduto in quel caffè” hanno lo stesso gusto di ieri, di oggi, e lo avranno ancge domani, anche se a cantare sono due capigliature differenti: quella del grande Lucio o quella del Principe Vandelli. Perche le cose buone, sono per sempre. Una delle poche certezze in questo tempo centrifugato. Gia’, perche’ a parlare di cafe’, viene in mente quello Hag, un pochino amaro, per i dipendenti e per una storia di “delocalizzazione”.  Alle “porte” di Chieri. Settembre sta per lasciare la scena, e come un rito di passaggio consegna definitivamente l’estate, il mare, le vacanze, all’album dei ricordi. “Bye bye”. Annalisa, con la sua canzone, ha fatto innamorare e  cantare milioni di italiani, scalzi, sulla sabbia, in riva al mare, in discoteca, in casa, e forse l’estate la ricorderemo anche per questo.  Un’ estate in viaggio. Le giornate, ad ogni “numero” del calendario “strappato”, lentamente si accorciano e viceversa le campanelle della scuola ci consegnano un orario provvisorio, “quasi definitivo”. Piccoli ritocchi in corso d’opera. Molti eventi nella nostra città, alcuni terminati, come Terra Madre e altri, (ancora per  poco), in via di chiusura, come Torino Spiritualità. Con una fetta di torta in mano e due gocce di spumante,e profumo di castagne alle porte, festeggio il compleanno di mio padre. Alle soglie del 1 Ottobre.

15 8 2018

Diventa quasi  imbarazzante augurare buon ferragosto dopo la sciagura di ieri,  a Genova: il crollo del ponte Morandi. Una sciagura. Ieri pomeriggio alcuni canali tv rimandavano le immagini del disastro con  la pioggia battente,  incessante,  a dirotto, quasi a voler significare che nelle tragedie,  nulla poi viene a mancare, (insomma,  non ci facciamo mancare proprio niente),   le case a ridosso,  sotto quel tratto di ponte,  rimasto in piedi, (sotto quel ponte, che doveva sembrare a molti,  un tetto aggiuntivo),   i soccorsi,  la confusione,  i fasci della ferrovia,  il letto di un fiume,  un furgone a pochi metri dal precipitare, (e molti altri,  caduti,  in seguito al crollo) il viadotto sulla A 10.  Impariamo tutti alcuni nomi e altri ne ripassiamo. Che quel ponte,  simile alla lontana,  a quello americano,  ricordava a molti  “la gomma del ponte”,  che ad inaugurarlo fu un Presidente della Repubblica,  Saragat (1967)  e che le problematiche furono molte,  fin dagli inizi,  anche se,  a detta di molti,  avrebbe aiutato a “decongestionare”  e molto il traffico.  La “camionabile” qualcuno la chiamava. Ancora,  la “Gronda”.  E poi,  i titoli dei giirnali di questa mattina,  più  o meno così : “Come in guerra”,  Genova ferita”,  ” Genova divisa in due”. Il pensiero ovviamente va alle vittime e famigliari e a tutta Genova. Poi sarà  il tempo per accertare responsabilità  e ricostruire,  rispettando la natura,  il suolo,  utilizzando nuovi criteri. Ricordo il ferragosto di anni addietro,  Sandro Curzi,  direttore di un giornale,  scriveva sempre il suo editoriale,  con lo stato del Paese,  augurando un buon ferragosto e sperando in qualcosa di migliore,  a partire da domani.

La tesina va in pensione, seppur così giovane

La sedia della maturità è  “lucidissima” come mai lo è  stata lungo il corso degli anni, di forzata e anche sforzata attività,  mentre la tesina, con un velo di tristezza,  oggi,  sta per congedarsi;   ad esser chiari, ha conosciuto una brevissima esistenza, la tesina,  (la sua),  tra alti e bassi,  fortune e sfortune,    “uccisa”,  forse,  in culla troppo presto.   E ora,  che la cronaca diviene storia, di cose da raccontare, quella tesina,  certamente  ne avrebbe da dare in pasto a noi,  consumatori di storie.  Intanto,  ride e sorride sotto i suoi “4 baffi”, sostegno e stampelle per lei e candidati, di ieri,  di oggi e domani.  Anche senza tesina.  “Lucida”,  perché la recente candidata che ho avuto modo e piacere di ascoltare è  stata esauriente,  brillante,  concisa. Lucida,  la sedia,  per essersi accomodati tante candidate e candidati . La candidata alla maturità  si presenta alla commissione e al pubblico presente per assistere e “assisterla”con  una bellissima tesina dal titolo che promette bene.  Orecchie e occhi ben aperti,  perché  l’argomento scotta fin dagli inizi della narrazione,  cioè,  dai  tempi di Marx”:  “Dalla Storia alle storie”(candidata V. M. indirizzo socio-sanutario). È  il racconto di    tre generazioni operaie (identica famiglia) nella stessa fabbrica,  zona sud del torinese,  a cavallo tra Moncalieri e Trofarello. “Tempi duri”,  ci chiarisce la candidata,  per tutte e tre le generazioni ma anche dolci,  i suoi,  il suo tempo,  i “suoi tempi”,  accordati tra studio e attesa,  nell’attesa che i turni terminassero . Le storie,  “quelle non  solo della domenica”, (come giustamente cita la candidata) ma di una settimana intera,  per una vita,  tra  presse,  grasso dei macchinari che cola,  olio e tute blu,  al lavoro e lavate e appese ad asciugare ad un sole che ha solo il gusto del presente.  Si,  tute blu.  E dire che qualche storico ne sosteneva la fine,  della storia,  teorizzandone,  di conseguenza la fine,  del lavoro. La Storia,  raccontata attraverso le storie delle tre generazioni,  a cominciare dagli scioperi di marzo del 1943 a Torino.  Poi ancora l’accordo italo belga del 1946,  la tragedia di Marcinelle (8 agosto 1956)  ,  il ritorno agli scioperi operai del marzo 1943,  considerati il “seme della Repubblica”, e   “seme della Costituzione”.  Gli scioperi del marzo ’43,  la “grande spallata” alla caduta del fascismo. E ancora,  la Resistenza,  la Costituzione (sostanziale e materiale,  come richiedeva uno dei titoli del tema e come la candidata chiarisce il senso della traccia pur avendo preferito il tema sulla “solitudine”),  Marcinelle,  Mattmark,  cause,  conseguenze, la ricostruzione, italiana,  il boom economico,  il movimento studentesco del 1968,  quello operaio del 1969,( e “La meglio gioventù” ),   lo Statuto dei lavoratori,  la sua struttura.  Il mondo del lavoro oggi e  i lavoratori,   letto attraverso le lenti e articoli della Stampa,  le delocalizzazioni e la finanziarizzazione dell’economia,  la globalizzazione,  i mercati. La tesina cominciava con una frase di Olivetti,  e guarda caso,  recentemente, a   Ivrea è  stato conferito il titolo di “patrimonio” umano… quando si “dattilografava” era tutto  così bello…   Una bella tesina,  e una sedia “lucida” perché  oramai,  la sedia tornera’  sotto il banco mentre la tesina,  la povera tesina,  seppur cosi giovane sta per andare definitivamenre in pensione.  Un vero peccato. La candidata continuava a raccontare poi,  (per una parte in inglese) le storie al lavoro in un mondo che cambia. Dal lavoro al nuovo voncetto di lavoro,  avrebbe detto altro candidato.   Poi psicologia (il lavoro in carcere e forme di retribuzione)  diritto (cooperative,  snc… ) italiano (Ungaretti,  decadentismo),  storia (resistenza,  partigiani,  8 settembre,  armistizio) fino ad esaurire la sua prova in modo davvero…. maturo. I suoi libri trattengono tutti gli odori della fabbrica,  e si spargono,  con classe, la sua,  da pagina 100.  Vorrà  dire e dirci ancora qualcosa?

S. Marta: 29 luglio

Canicola,  caldo soffocante insopportabile,  gambe liberate da pantaloni in tela al cui posto troneggiano panaloncini corti,  anzi,  cortissimi,  color sabbia,  camicia corta,  bianca,   di lino; pelle  umida,  luogo ideale per l’atterraggio di zanzare che neanche  strati e strati di autan ne impediscono la presa alla carne. Gocce di sudore imperlano il viso, nell’ attesa di un atterraggio o di un decollo,  questi si,  di aerei veri,  immaginando città  e luoghi esotici,  mare e vacanze e oltre oceano e viaggiatori sospesi. Le luci della pista si perdono,  due linee parallele convergenti, luci come quelle della città, raccolta,  ai piedi,  dei  monti,  laggiù   in fondo,  cullata, come nella notte di San Giovanni,  con i fuochi d’artificio che illuminandola la rendono ancora più bella,  come il viso di donna al mio fianco. Caselle a due passi,  mai cosi vicino,  l’aeroporto,  buono per fantasticarci.  È  comunque un luogo romantico.    Mani nelle mani,  tessera nella tessera,  in attesa,  di… una cabina, una matita,  documento contro scheda.   In attesa,  si potrebbe fantasticare il racconto,  di un bacio,  e invece,  potrebbe,  dicono,  di un governo balneare. Altro che… scopo o servizio.  È  il 29 luglio. La sera inoltrata  di Santa Marta.  In attesa di un…. voto,  in attesa di proiezioni,  bandierine e maratone di Mentana.  In attesa di un governo.

Fantasticare,  non costa nulla….

Agostino

La lettura del romanzo “Agostino” di Alberto Moravia si è  conclusa da poco.  Un romanzo breve, ambientato in Toscana,  probabilmente Viareggio,  tempo di mare,  tempi di cambiamenti e riti di passaggio.  Agostino bambino,  ad inizio villeggiatura,  si ritrovera’ vrn presto,  nel corso di quella, ragazzo, cresciuto,  segnato,    dalle angherie di un gruppo di ragazzi ai quali chiedeva tutto sommato,  amicizia,  tempo,  di entrare a far parte della loro compagniadai modi rudi,  ruvidi, diversi dai suoi e che forse,  si direbbe oggi,  lo “bullizzano”. Agostino troppo buono,  ferito,  dalle certezze e dalla compagnia.  E ferito piu che da una “carezza” della mamma,  la delusione, di non essere il solo “uomo” a ricevere le sue attenzioni.  Tra le pagine se ne respira l’odore del mare,  della sabbia,  dell’estate e della liberta’,  della voglia di esser grandi.  E’ il passaggio,  dal secchiello e paletta,  rimasti in cabina,  alla costruzione di altri castelli,  pur di diventare grande,  o almeno,  dimostrare di esserlo agli occhi di chi lo ha canzonato e a se` stesso. Uno dei temi dominanti e` il tradimento,  forse questo,  si,  un vero pugno nello stomaco.  La descrizione delle classi sociali,  poverta’,  ricchezza. Compio un “giro” tra la rete a cercare produzioni cinematografiche del romanzo,  piccoli video sul film “Agostino” mentre sulla stessa si intrecciano e scontrano “partiti” a favore o contro, di questo o quello,   in una cornice,  definita,  da crisi istituzionale.  Chi esce e chi entra da Palazzo Chigi,  trolley alla mano,  come viaggiatori sospesi gia’ segnati in un destino indecifrabile. Ah,  questa politica. La voglia di riprendere l’Orologio di Carlo Levi e risfogliarlo per la terza volta è  grande… come medicina e antidoto,  come desiderio di ritrovare qualcosa che ora manca;  ma non e’ una lettura solitaria che si impone… anche ” La ragazza di Bube”,  di Cassola,  si affaccia in una forte volontà. Di fedeltà,  valori,  amore,  politica,  quasi a riscattare Agostino e la politica.

Aldo Moro e Peppino Impastato

9 maggio 1978. Aldo Moro e  Peppino Impastato.  Del primo ho dei ricordi più nitidi,  forse perché già da piccolino seguivo tutti i pomeriggi i tg dell’epoca,  insieme al nonno.   Fin dal giorno del suo rapimento e dell’uccisione della scorta in via Fani,  a Roma,  il tg del pomeriggio era un appuntamento fisso, a casa mia come in molte altre,  e poi,  una quantita’ di giornali per casa. Forse proprio in quel periodo ho apprezzato la lettura dei quotidiani,  per quanto,  data l’eta’,  ovviamente,  non è  che comprendessi chissà  cosa.  Però,  il nonno,  ci sapeva fare: spiegava molto bene,  raccontava,  “traduceva” in un linguaggio comprensibile ad un bambino i fatti salienti. E insieme,  leggevamo.  Ho imparato molto: Maglie (in provincia di Lecce e le origini dell’Onorevole Aldo Moro),  la costituzione,  il compromesso storico,  funzioni del Presidente del Consiglio,  il PCI,  Berlinguer,  Roma e i suoi quartieri,  geografia (il Lago della Duchessa!!! ),  le prime nozioni di politica,  la Sapienza…

Peppino Impastato imparai ad apprezzarlo più avanti,  con l ‘impegno politico e uno studio più “spesso”. E ogni anno,  quando posso,  lo ricordo, con la sua voglia di studiare,  leggete,  lottare,   con i suoi… “Cento passi” e la lotta alla mafia. Peppino è  vivo e lotta insieme a noi…

14 ottobre

Onestamente. Francamente. Veramente. 14 ottobre. Nella spiegazione sul lavoro a Torino non sapevo da dove cominciare,  questa mattina a scuola. Circondato da notizie di Nobel. Qui intorno tutto parla del Lingotto,  dello stabilimento,  nato già  vecchio,  coi suoi piani,  con la pista,  la bolla e il Fiorino e i suoi operai che hanno dato lustro, a tutto,  tanto,  alla città,  ad un prezzo elevato, con  le loro conquiste e la sconfitta. Il movimento operaio che vince,  perde. Marcia lui e marciano i colletti bianchi poi. “Zitti,  parla Bertinotti. Che dice? “.  L’80,  il 14 ottobre, e la cassa a zero ore. Le buste paga  degli operai  che sventolano stese come biancheria. Un panino, il caffè,  i compagni,  le lotte e noi figli a giocare con altri figli e figlie che non potevamo capire tutto quello e questo.  Giocavamo,  noi. Piangevano,  loro. Ridevano,  pochi. La grande ristrutturazione. Sembrava il titolo di un film. Non lo era affatto. Qualcuno ci ha lasciato pure,  pero’.  Che spiegare a questi ragazzi dai visi candidi e speranzosi e che al Lingotto ci vanno per Farinetti o l’8 Galery o a camminare o correre sulla passerella a vedere i treni partire da Porta Nuova e sognare e desiderare  di partire anch’essi? Qui si parla di Marconi fermata,  e i ragazzi non sanno che e chi c’era in quei due palazzi,  di via Chiabrera dove si facevano i test per entrare “alla Fiat”e di un palazzo nei pressi  che del lavoro ormai ne porta solo il nome. Che spiegare? Ricordi che intercettano un altro 14 ottobre,  del 2000: l’alluvione,  la Dora e sulle “sponde” di via Livorno il lavoro. E io a guardare, insieme a viso di donna,  braccia sulla staccionata,  e domandare se e quando sarebbe esondata. La Dora. Devo spiegare il lavoro e contestualizzarlo.Tempo. Passato e presente. Torino…

Maturita’: confine tra spensieratezza e responsabilita’

Torino 22 6 2016.foto Borrelli RomanoDavanti all’attraversamento di corso Principe Oddone (circoscrizione 7)il semaforo scandisce nitidamente i suoi tre colori. In attesa che scatti il verde , che non e’ un “indizio ministeriale” sulle tracce, l’effetto (“siamo tutti politologi” )trascinamento elezioni amministrative mi porta a pensare, (osservando questo posto) a come era e come e’,  ora che si, effettivamente il ‘900 si e’ concluso domenica alle 23, a seggi chiusi e urne aperte. 16 anni dopo l’effettiva conclusione, e in un altro Giubileo. Altra era.  Il trincerone della ferrovia “confine” tra circoscrizioni. La memoria, l’unico luogo in cui le cose si ripetono. Qualcuno ha scritto che il tetmine del 900 sia arrivato 5 anni prima di quanto previsto dal partito guida della nostra citta’. A scuola, in attesa, tra una parola e l’altra, tra lo snocciolare dati e attribuire colpe e responsabilita’ (e perche’ no, irresponsabilita’) ho pensato che le cadute abbiano un’origine temporale precisa, sfuggita a tanti. Una notte d’inverno, gennaio 2011, quando il popolo dei lavoratori davanti Mirafiori venne lasciato in solitudine a decidere di se stesso mediante un referendum. Poteva essere lasciato solo chi non aveva (e non ha ) “dineros ” per mangiare abbracciando invece “il capitale”? No, non stavo pensando a Marx. Pensavo che l’abbandono delle periferie  (descritto in questi giorni, cosi come il tram tre che ciondola da piazza Hermada alle Vallette), abbia origine in quella notte figlia di un’altra notte di fine anni ’90, con leggi annesse alle leggi interinali e liberalizzazioni varie. Periferie abbandonate, solitudine del cittadino, pensioni da fame, case o meglio patrimonio immobiliare lasciato sfitto in attesa di tempi migliori per vendere (o svendere)costruito anche con indebitamento pre -olimpiadi, e triste storia nel venirlo a sapere da quotidiani di informazione, e occupazioni varie senza tenere conto di integrazione diffusa, etnie, ricollocazione, dignita’,  di pensioni da fame e  fine degli ammortizzatori sociali (cassa, mobilita’ e anticamera del licenziamento) in una citta’ che si converte dalla manifattura alla cultura, al terziario. Le politiche, non i politici sono da moduficare.Le politiche: ma come si fa a proprre un’uscita anticipata dal lavoro ad una persona di 60 anni dopo una vita alla catena di montaggio ( un mutuo tetminato per una cada lasciata al figlio disiccupato e referendum Mirafiori si/no alle spalle?). In una Torino ancora…operaia, accendendo un mutuo… a Torino, una citta’ di neanche 900 mila abitanti e di questi 100 mila universitari. Una stanza, un posto letto? Quanto fa?250 euro?Un posto letto?Scherziamo?Ma quando un padre di famiglia con pensione o stipendio ne tira fuori 250 con che cosa vivono ora i due nuovi nuclei? Ma l’istruzione non e’ garantita? Ma dove e’ sta benedetta classe media?Con lo spacchettamento poi del wrlfar: tagli da “su” tagli dal centro, tagli dalle petiferie. Comunicazione: dove fare volantinaggio quando le fabbriche hanno chiuso i battenti per collocarsi altrove? All’uscita dai call center dove fioriscono laureati (quando non escono dall’Italia) a 600 euro al mese spalmati su turni impensabile, cuffie alle orecchie? I circoli o le sezioni poi, che mancano. Italia non ti riconosco, scrive Revelli. Renzi ora  dice di voler ascoltare la gente, bisogna, ma non era lui che “escludeva” col suo “sistema” partiti, sindacati e associazioni varie rivolgendosi direttamente? Bastava partecipare ad un collegio docenti: come si fa a proporre un bonus di 500 euro per alcuni escludendone altri nella stessa comunita’ che si chiama scuola? Ah, con contratto fermo da?8 anni? Il tutto, in un periodo in cui non si puo’ dire nulla perche’ tutti si arrogano patenti varie, mi ha fatto dimenticare la bellezza della giornata odierna: la maturita’, la notte prima degli esami. Il “confine” tra l’eta’della spensieratezza e quella adulta. Pensando al domani. Pensando alle elezioni, di ieri e quelle che verranno. Di quelle del 1946. Della partecipazione, delle donne. E Torino 22 6 2016 foto Borrelli RomanoQualcuno sostiene che ora “sara’ tutta un’altra musica”. Non so. Il popolo e’ sovrano e sceglie.

XXIX Salone del Libro

Torino 14 5 2016 foto Romano Borrelli. Salone librTorino. Verso il Salone del libro 2016. Da Porta Palazzo al Salone il passo e’ breve. Un pezzo di strada  col tram 4  fino a Porta Nuova ed il restante con la metro fino al Lingotto. Se fosse un romanzo l’incipit sarebbe “Il viaggio tra le pagine di un libro ad un metro dal Lingotto”…una ragazza staziona nei pressi della porta della metro. Legge Voltaire, “en francais”. Un minuto a fermata. Alla fermata  “Spezia”la metro  staziona  per un po’ e gli occhi  della ragazza hanno  piu’ tempo per leggere e io per osservarla nel suo atto di leggere…come andra’ a finire? 14 5 2016 foto Romano Borrelli Torino salone libroLa metro riparte. Un minuto e siamo a Lingotto. La metro si ferma e una moltitudine di gente si da il cambio tra chi scende e chi sale.  La scala mobile, i gradini, un grappolo di manifestanti, lo spiazzo, la coda per i metal detector che ricordano tanto l’Expo e l’accredito. Foto Borrelli Romano.salone del libro.14 5 2016Si entra. Code al bar, piccoli gruppi a terra, seduti, accovacciati tra libri e cibarie di ogni tipo. Alcune mamme allattano i piccoli mentre leggono. Cresceranno bene, nutriti con la cultura. Dopo nutrire il pianeta, logico ora…Dal palco di qualche conferenza programmata si danno il cambio centinaia di personaggi che fuoriescono dalle pagine dei libri e dalle penne di scrittori per popolare questo festival della carta stampata. E’ bello pensare che siano li, quei personaggi, tra noi, che ci accompagnano mano nella mano in giro per i padiglioni A, B, C e via dicendo. Personaggi talvolta cosi simili a noi che ci seguono anche sulla strada del ritorno. Ma quanti saranno? E ognuno di loro quanti doppi avra’? Cammino pensando  cio’ andando avanti per addizione e mai per sottrazione. Tanti, tantissimi personaggi che mi fanno compagnia sotto le volte di questo tempio oggi del libro una volta del lavoro. Forse mi passa vicino Saviano, circondato da un gruppo di guardie del corpo, presumo. Sono letteralmente spostato: un fiume di gente mi viene incontro.  Sento un tuono. Mi affaccio. Pioggia e diluvio. Rientro. Voglio godermi la bellezza di questa carta. La fantasia al potere.  E allora meglio perdersi. A, B, C….quante equazioni in questi padiglioni. Tutte da risolvere.

Torino Jazz Festival

21 4 2016 foto Borrelli RomanoFermata Metro Torinese. Davanti: Marconi, Porta Nuova, ecc.ecc. Dietro: Dante, Carducci, ecceteta eccetera. Dentro. A sinistra una signora sulla settantina risponde al cellulare. Voce altissima. Ci porta a conoscenza dei suoi tentativi per una prenotazione ad un tal ospedale. Si sdoppia e mima l’operatrice, l’agenda, il calendario, il dottore e nel giro di poco sappiamo tutto delle sue cartelle cliniche. Condivisione sociale non voluta e non cercata. Solo passivamente sopportata. Cento occhi tutti a sinistra. Verso di lei. “Ti preghiamo, smettila” pensiamo collettivamente. Al centro della metro. Un ragazzo probabilmente in mancanza di una rotella  o di un giovedi intero con bottiglia d’acqua in mano da portare a passeggio in pochi centimetri quadrati si avvicina ad ogni passeggero dicendo:”eccoti!” sorridendo. Ma chi e’? Mima le mosse di ciascuno e ognuno. Si abbassa, si alza, ride, sorride, guarda dove osservano i viaggiatori. “Signore e signori, dalla metro torinese va ora in onda Uno nessuno e centomila”, dice urlando e ridendo sotto i suoi baffetti. Mha’. Tra alcune fermate scendero’. Musica e  Jazz mi verranno incontro e la musica si fara’ strada, tra le mie e altrui orecchie.  Giorni di musica a cavallo tra il 25 aprile e il primo maggio, tra Costituzuone (da salvare!!!) e lavoratori, e lavoro da creare. Velocemente perche’ A.A.A. lavoro cercasi! Urgentemente al reparto 18-35. Il referendum, con i vari cambi di campo stile tennis, strategie   di alcuni politici tra una consultazione referendaria e l’altra e’ ormai alle spalle. Chi vince e chi perde, tutti vincono nessuno perde. 32,1 per cento. Quorum non raggiunto. Tredici milioni di si. I No 2 milioni e tot. Vince la Basilicata e il Salento (perche’ far arrivare tubi e tubicini a S.Foca? E allungare cosi di 50 km e arrivare proprio sulla perla del Salento?). L’astensionismo tiene banco. I voti si contano. A ottobre conteremo. Aria di 2006. Sana e robusta Costituzione. Sopra la metro. Torino 21 4 2016, Romano Borrelli fotoOggi, domani e dopo in piazza a Torino, lungo le strade musica e festa. A ottobre, sara’ tutta un’altra musica. Qualcuno si ricordera’ di un ‘ciaone’. E allora, la corsa e’ finita. Si scende. Ciao. Solo ciao. Ne. Dicono a Torino.