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News alle porte

Torino 23 4 2017 foto Borrelli RomanoGiornata di lettura. La mia (lettura) consiste in un duplice tomo  su Santa Caterina da Siena: lungo le pagine dei testi, uno spaccato storico-sociale prettamente “centrale” che intreccia tantissima storia, storico sociale e di devozione.  Giorni di lettura che confluiscono in “Sant Jordi”. La Biblioteca civica torinese,  per esempio, quella in via della Cittadella,    dona una rosa al pubblico femminile che si reca al bancone per prestito libro.  Bella iniziativa,  come le numerose librerie che espongono libri e rose.  Mattine,  pomeriggi, sere e notti in un girotondo di carta. Notte “rosa”,  sembra esplosa. Ma questo era Umberto Tozzi alcune “rose” fa,  per i 40 di “Ti amo”,  proprio qui,  a Torino, una “Gloria” unica della canzone italiana, anni ’70.  Altri tempi. Di storia “gloriosa” quando grigio e nero delle fabbriche si sprigionavano sul cielo cittadino.  La città  si presenta oggi nella nuova veste, “quotidiana” turistica “sold out”. Grigio e neto alle spalle e quasi azzerato, almeno quello delle fabbriche.  Belle presenze,  in giro,  nel cuore cittadino;  tutta bella gente davvero.

Le cronache a dire il vero non sono molto rosa,  tra la Korea del Nord e gli Usa che scaldano i muscoli diversamente dal tempo che non scalda affatto. (“Benvenuti in inverno”). Senza dimenticare i bimbi della Siria,  un Paese che lentamente sta scomparendo sotto le bombe.  In attesa di notizie da Parigi con le elezioni di primo turno ormai verso la chiusura. Giorni che scivolano via,  lentamente,  verso il 25 di aprile,  festa della Liberazione ormai alle porte con strascichi quest’anno si chi “puo’ partecipare,  chi no,  chi ammesso,  chi no”. Nelle distribuzioni di “patenti” a tutto siamo sempre ben messi.  A proposito, è  uscito il libro su Gramsci del prof. Angelo D’Orsi. E a proposito di porte…. un tizio regala la sua,  in via Cibrario,  per chi fosse interessato.

Riprendo la strada canticchiando “Si puo’ dare di piu'”.  Dopo aver visto la porta “accasciata” in omaggio,  cantarla è  d’uopo.

Per chi suona la campanella

11-9-2016-torino-foto-borrelli-romanoI quotidiani nelle edicole di oggi e la tv ci informano e ricordano l’ 11 settembre: del 2001 e del 1973. Le torri gemelle e Allende,  il Cile.  Il terrorismo in diretta e il golpe in Cile.  “Cosa facevo nel 2001? “Avevo un esame,  uno degli ultimi,  ma appena seppi cosa stava capitando accesi la tv,  come tanti altri in quel momento.  Mi inchiodai li davanti,  affondando sul divano,  incredulo,  stupito,  davanti a quelle immagini e tanto orrore. Quanti morti. Di li a poco capi anche che il Movimento no-global avrebbe subito una battuta d’arresto. E così la nostra libertà  di movimenti.  Stop.  E cosi fu. Guardai. Ancora. Spensi la tv. Chiusi la porta. Scesi velocemente con il libretto universitario a sinistra e col mio Nokia a destra chiamai M. per raccontarle e accordarci per la sera.  Mettemmo da parte incomprensioni e litigi e parlammo e lei mi raccontava durante il mio tragitto. Mi avviai verso Palazzo Nuovo.  L’esame… Poi ripenso a oggi,  a domani. Una targa dalle parti di Porta Susa mi dice “qui De Amicis scrisse Cuore”. La scuola. E così siamo arrivati alla vigilia del suono della prima campanella di una lunghissima serie: trilli da 50 minuti che accompagneranno milioni di ragazz* e professori tra passioni,  felicita’,  didattica,  competenze,  sapere,  conoscenze. Visi nuovi e conosciuti,  qualcuno assonnato altri reattivi,  altri abbronzati,  altri innamorati: ansie,  aspettative. Passione,  fantasia,  obiettivi. Chi ci sarà  e chi sarà altrove. Si racconta che il Principe di Conde’ abbia dormito profondamente…. beato lui. Certo non cerchero’ la merendina da mettere nella cartella come il mio primo giorno di scuola,  quello delle mie elementari,  e domani  non sarà mica  tempo di vendemmia come allora o del dopo Santo patrono d’Italia, appena trascorso a casa,  come un tempo accadeva al primo suono della campanella;  resta comunque dentro,  certo,  la stessa emozione di quel giorno.  Tra discussioni degli ultimi giorni sentii bisbigliare “noi,  che dalla scuola non ce ne siamo mai andati… “.  Che dire,  Buon inizio di anno scolastico,  2016-2017. E’ stata una bella parentesi estiva,  “una bella estate”,  iniziata in treno leggendo Pavese,  una ragazza seduta su di un treno affollato diretto verso il mare disegnava  il suo futuro. Una bella matita. Domani incontrero’ altri disegnatori. Buon viaggio. In questo Paese di santi,  navigatori ed eroi.20160911_193910

ps. i libri estivi sono stati davvero ben scelti. Un pochino caro quello su “Quale Francesco” (Chiara Frugoni).

Libera

Lunedi, 21 marzo. E’ primavera, inizio del rifiorire. La settimana e la giornata cominciano di prima mattina. Al lunedi e’ cosi: si fa memoria, si programna, si riflette, si ricordano  le cose fatte e quelle da fare, i consigli da fare, da dare, ordinari e straordinari; la rassegna stampa, un caffe’ e fuori dalle vetrine del bar, i ragazzi che schiamazzano, riassumendo ieri e ipotizzando oggi. Prima dell’entrata. Sono leggeri, colorati, casinisti, talvolta, incasinati spesso, sghignazzanti e piagnucolanti a fasi alterne. Sognano la liberta’ estiva e il movimento, t-shirt e calzoncini corti, mare e sole sulla pelle.Espressione di una canzone di Lorenzo Cherubini. Tra poco, dopo l’appello,  si muoveranno verso piazza Vittorio, con un paio di insegnanti al seguito, come prescrive la normativa. E’ il giorno della marcia di Libera: partenza prevista per le 9.00 da Piazza Vittorio. Arrivo previsto, in piazza Carignano per le 10.30. E’ la Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. “Ponti di memoria, luoghi d’impegno”. Una manifestazione che avra’ luogo contemporaneamente in altre citta’ italiane. E’ una manifestazione che Libera promuove da un po’ di anni: 21. Saranno scanditi i nomi di tutte le vittime innocenti delle mafie. Penso a Peppino Impastato, i cento passi, al suo impegno. I ragazzi si muovono mentre io resto inchiodato nella lettura dei quotidiani. Dopo 88 anni un Presidente Usa (Obama)si reca a Cuba e qualche politico resta amareggiato dal fatto che non sia Raul sulla pista ad omaggiare. Fiore bianco e rosa. Il primo a Michelle, i secondi alle figlie. Resto inchiodato e rattristato dalla notizia sulla strage “delle studentesse”, un bus di ritorno da una gita e una festa a Valencia  esce fuori strada e in 13 trovano la morte.  Un incidente, una tragedia. Finisce fuori strada un bus: 13 studentesse morte, tra queste 7 italiane. Si trovavano in Spagna per l’Erasmus. Belle, giovani, colorate, al termine dei loro studi. Non riesco ad aggiungere altro, ne’pensare, ne’ scrivere.

Dove eravamo rimasti? Da Torino verso Melpignano

20140822_19540920140822_195451Esiste qualcosa di romantico e nello stesso tempo proletario nel veder materializzarsi  sul binario dieci della stazione Porta Nuova il treno notturno, Torino-Lecce, carico non solo di soggetti in movimento ma di aspettative e desideri di ieri, l’altro ieri e domani. Nel suo incedere e posizionarsi sul binario a marcia indietro  con quelle due luci finali che sembrano due occhietti, sembra accogliere la mia idea sul viaggio e il bello del viaggio, che deve necessariamente terminare affinche’ qualcosa di piu’ bello e intenso possa prendere forma, corpo, nell’incontro del nuovo, con la sorpresa, dell’inaspettato. Davanti la stazione di Torino Porta nuova un hotel Roma mi rimanda a ieri e il treno all’altro ieri! Un incontro di altro agosto e di altro anno, una stanza, un biglietto e un finale poco compreso. Un autore tanto amato. Un biglietto che vale la pena20140822_195831 . La scala mobile della metro automatica, unica nel suo genere in Italia, mi espelle dalle viscere della terra e mi proietta nell’atrio della stazione poco distante dove erano riposti sull’albero di Natale i desiderata di viaggiatori e non. Sogni e aspettative non più chiusi nel cassetto di qualche ripostiglio o faldone, ma  ora oggetto di studio a Roma. I sogni dei viaggiatori e  i viaggiattori sognanti, dove terminano?20140822_194815. Dove eravamo rimasti? Campeggiava fiero quell’albero e ogni suo ramo vene che portava avanti e indietro la linfa di una storia diversa.Sembrava tutto cosi perfetto: un viaggio per far viaggiare parole friabili come sabbia  che si disintegrano e disintegrano, coccolone altrove.   Pioveva ma non abbastanza da ripulirle, lavare il troppo sporco. Pioveva a dirotto lacrime il cielo di Torino quel fine agosto quando un famoso scrittore decise che… Dove eravamo, dove erano, quando qualcuno sussurrava “ti amo”? Gia’, in una stazione. L’atrio dove campeggiava la prima pagina de La Stampa posta  sull’albero di Natale  con l’amore di Diego per Marilisa. Dove eravamo rimasti, invece, oggi, una settimana fa? Bicchierino in mano un biglietto di ritorno, su al nord, una bustina di zucchero, rigorosamente gialla. Con tanti saluti dalla stazione e …un buon ritorno. Una bustina che ho girato e rigirato per una settimana inter  e una promessa nello zaino e nella testa:il morso della taranta non mi prendera’, non si nutrirà. Verro’ ma non saro’il tuo pasto e ballero’ su quella terra che da una settimana e’ “un tempo, due temi, tre tempi e la meta’ di un tempo“. Quanto tempo! Quanto. L’ aspetto piu divertente di questo “conto” e di questo viaggio  e’ incontrare uno chef che dopo 42 anni di onorata cucina di mare tenta l’ esperienza della cucina di… montagna.. E che scappa, dal nord, con le sue piogge e il brutto tempo. Pentole al seguito.  Scappa come ogni persona, morsicata dalla taranta come sembriamo tutti noi ogni qual volta ci si approssima ad una citta’ per una sosta del treno. Scappiamo perché lì, nei pressi della banchina, il cellulare o il tablet prende meglio. Un tempo, quando si correva in prossimità della fermata, era per la sigaretta, oggi si scende per continuare la pubblicazione in un social network.

Esiste qualcosa di speciale in questa alba che si distende lasciando indietro le luci di citta’ a me conosciute. Qualcosa di bello sara’ entrato nel sangue ma non ha bulla a che vedere con la taranta. Lo sento.Compagni di viaggio riposano distesi cosi come si distende l’alba. Una giovane coppia salita “su, al nord” in cerca di lavoro, si apre, si racconta. Lei si presenta, “non sono coccolona come hanno definito alcune ragazze tedesche che continuano a permanere in casa dei genitori”. Ha voglia di impegnarsi per costruire un futuro, così lui. Hanno le idee chiare, in testa e l’amore in tasca. Hanno lasciato il sud, una settimana fa per questo incontro di una vita. Ora, decideranno, con calma il da farsi, dopo aver valutato ogni opzione possibile. Sono convinto che con l’amore in tasca si possa e si riesca. Ma la ricerca del lavoro non termina dalle parti di Piacenza dove e’ salita la giovane coppia. Sono stati ospiti da amici, nei pressi di Cremona, dove è stato loro promesso un lavoro. L’altro compagno di viaggio, prima accennato, un cuoco, ha provato l’esperienza dei saperi e dei sapori del nord. Ma dai suoi discorsi  penso sia piu predisposto ai frutti di mare. Tutti e tre hanno lasciato questo spazio di condivisione forzata a Bari. 20140823_071254Un incontro  sempre piacevole quando si socializzano storie di una Italia che si muove. Il caffe’ in corridoio e si scopre che una ragazza ha trascorso le sue vacanze negli USA ma ha sentito forte il richiamo di rivedere la mamma. Anche solo per un giorno. Altri compagni di viaggio, i libri, reclamano il “giusto riposo“. Tra poco finiranno anche loro nello zaino dove potranno riposare per qualche ora.  Probabilmente si sono resi conto di esser stati poco utili in questo viaggio. Dove è il lettore quando legge? Ecco, e quando non legge, dove si trova?  Libri traditi. Libri da “ritirare”.20140823_071757 Me lo faranno pesare. Dopo Bari, dove mi viene dato un giornale e un caffè,  l’approdo  alla città  salentina avviene  intorno alle nove del mattino alla stazione di Lecce, là dove ci eravamo lasciati. Il tempo di mangiare uno20140823_090630, due pasticciotti, sorseggiare il caffe’, comprare il Quotidiano di Lecce  e una corsa verso la biglietteria Sud-Est,20140823_091155 in prossimità del binario uno e da qui, verso il sei sette, dove…………cominciano i grandi e co.ntinui movimenti verso Melpignano20140823_093914 ( ma anche Gallipoli 20140823_093924e Galiano per Santa Maria di Leuca sono battute). Per Melpignano, alla notte della Taranta, sono attese piu di centocinquantamila persone. Treni a manetta, pieni. Circolazione a pieno regime.20140823_093612 E’ l’evento tanto atteso e che, implicitamente segna anche il lento finire dell’estate.20140823_090204i20140823_09150320140823_091449I treni verso Gallipoli, Gagliano 20140814_144734, Otranto e ovviamente Melpignano sono strapieni. Noto la circostanza: il treno notturno appena arrivato da Torino si specchia 20140823_092836in questo fantastico trenino, carico in ogni tratta di umanità.Verso Melpignano. Ferrovia Sud Est. 23 agosto 2014. Foto,Romano BorrelliMelpignano. Una stazioncina, una passeggiata a piedi e l’attesa. Si va e si viene. E’ ancora presto nonostante abbia la notte alle spalle. Oltre lo zaino. Quanta strada? Tanta. Otranto 23 agosto 2014. Foto, Romano Borrelli Decido che è meglio ripassare qualcosa.20140823_091807 O ripassare da Otranto. 12Otranto. 23 agosto 2014. Foto, Romano BorrelliDalla sua meravigliosa Cattedrale e cercare di osservare con piu’ attenzione la meraviglia dei mosaici e la storia impressa. Con la speranza possano diventare oggetto di curiosità, a scuola, tra i ragazzi.Otranto. I mosaici. Cattedrale. 23 agosto 2014. Foto, Romano BorrelliOtranto. La Cattedrale. I mosaici. 23 agosto 2014. Foto, Romano BorrelliOtranto. La Cattedrale. 23 agosto 2014. Foto, Romano Borrelli20140823_110656 E magari, chissàOtranto. 23 agosto 2014. La Cattedrale. Foto, Romano Borrelli…..Oltre…, anche da Santa Maria di Leuca. Continuo a muovermi tra trenini,  straordinari programmati20140823_130625Notte della Taranta. 23 agosto 2014. Foto, Romano Borrelli, bus, cambi inaspettati ma anticipati da gentiissime persone che si scusano per eventuali disagi. Rivedo nomi di cittadine con i suoi abitanti. Vedremo. Intanto mi godo questo spettacolo.Poi, tra poche ore, comincera’ la XVII edizione della notte della taranta e allora sara’ musica per corpi, mani, braccia, gambe, al ritmo di migliaia di tamburelli. 23 agosto 2014. Tamburelli. Foto, Romano BorrelliAspettando Roberto Vecchioni, la sua Samarcanda, aspettando Giovanni Avantaggiato cantore della tradizione salentina, anto a Corigliano d’Otranto. Corigliano d'Otranto. 23 agosto 2014. Foto, Romano BorrelliAspettando sera, davanti l’ex convento degli agostiniani.20140823_111748Otranto. 23 agosto 2014. Foto, Romano Borrelli (2)

Dalla California. Per la neve

DSC00210Una giornata di neve …..gelata! Fin dalle prime ore della notte. Mobilitati trattori e spalaneve. Giornata surgelata, da immobilizzare ogni organo.  Per questo giorno importante. Mentre gli altri, no?  Freddo e neve, che scendono, copiosa la seconda…Anche dagli Usa, dalla California, festeggiano questa prima neve dell’anno. Sorridenti, con il sole nel cuore e tanta gioia per questa giornata di neve. Sorridenti, felici, pronte a non lasciar cadere neanche un fiocco di neve. Da zona Lingotto, dove risiedono, studentesse in Italia, fino a giugno, si coccolano questa neve, stando bene a non sciupare neanche un fiocco di tanta abbondanza mandata dal cielo. Ormai, il suolo torinese è un panno imbiancato. Da Piazza Castello, fino a Piazza Vittorio la neve prende consistenza. Sembra una giornata di festa. DSC00209

Una storia importante

DSC00125Treni, gallerie, stazioni illuminate, città, attese, partenze.  Anche se inflazionati,  è proprio coi treni e dai treni che si è scritta e continua a scriversi la storia. E forse, fin dal principio, è nel sogno di tutti i bambini lavorare nelle stazioni. In molti, da piccoli, almeno una volta, hanno immaginato di fare i facchini alla stazione e sognare, di partire, di vivere le storie altrui. Oppure, il capotreno, a controllare biglietti e scambiare qualche parola, almeno fino all’arrivo della stazione. Fazzoletto verde in mano, fischietto e cipolla nel taschino. O ancora, il macchinista. Ancora, l’addetto alla posta nel vagone postale. Quando le mail non esistevano ancora. E quante volte nella vita, da bambini, con i trenini, non abbiamo immaginato di vivere quelle situazioni? Partire.  E arrivare. Nelle stazioni è possibile raccogliere una umanità che in altri luoghi non trovi. Dai treni, “scivola” via anche gente che “sale” per cercare lavoro e che con questo ha contribuito a scrivere pagine di storia. Onorando la terra natia e quella di adozione. Gallerie. Luce. Vegetazione che cambia. Il ritorno d’estate, qualche giorno al mare. L’uscita dalla Fiat, l’ultimo giorno di luglio. La 850 carica. Poi la 127 e per chi poteva, il 128. La fine del primo turno. Le ferie. Poi Natale, per chi poteva. Lavoro. Torino negli anni ’70, l’arrivo dalla Puglia, dalla  Sicilia, dalla Calabria. Gente che ha fatto la storia, proveniente da cittadine lontanissime. E così ho cominciato a ricordare alcuni amici, provenienti da li, come Domenico, l’ingegnere cimentatosi con la scrittura, rendendo omaggio ad una piccola cittadina della Calabria, o ancora, Greg, con il suo “amico serpentello”, Mimmo Calopresti, il regista, e l’incontro al Circolo dei Lettori, sul tema Tyssen, e altri, piu’ recenti, in un “sali e scendi” Calabria, Torino.

A Torino, nel cuore del cuore della terra dei Santi Sociali, esiste un altro cuore, dove la “residenza” è di “casa”. A due passi dall’anagrafe, luogo di “residenza” o “domicilio”, e talvolta “unione-fusione-nascita” esiste un piccolo laboratorio, dove la creatività non sta mai ferma. Un laboratorio. Di sartoria, pittura, scrittura. Un laboratorio, a due passi da un altro “laboratorio”, il primo, in quella piccola terra chiamata Valdocco. Nel laboratorio, di proprietà del Signor Antonio Corapi si respira aria di mare, di Sud e di Calabria. I suoi dipinti parlano di vita e di storie di vita. Ma la Calabria è grande. Vediamo di precisare dove siamo esattamente in questo laboratorio.

Ci troviamo,  in Via Carlo Ignazio Giulio 27,  a Torino. Un laboratorio all’interno del quale trasuda una storia calabrese,  dalle parti di  Soverato.  Esattamente, quella di Antonio da Gasperina, a voler puntualizzare. Siamo sul Mar Jonio, in provincia di Catanzaro. Antonio descrive il suo paese natio posto “su una collina con circa 2.000 abitanti”.  “Arrivai a Gasperina a tre mesi. Sono nato a Montauro. Nel marzo del 1938“. A tratti, quella collina,  di Gasperina, “ricorda quella di Superga“. Il primo nucleo abitativo risale al VII-VII secolo dopo Cristo, quando le popolazioni rivierasche si spostarono nell’entroterra per sfuggire alle incursioni dei saraceni.  “Quanto dista il mare da casa tua”, gli domando.  “Il mare”, continua Antonio “dista, in linea d’aria, da casa mia, circa cinquecento metri; facendo i tornanti, un pochino di più”.

“Quindi, la Calabria, quella cittadina lì, non è famosa solo per i peperoncini” ,  esordisco facendo il verso a molti non appena sentono “Calabria”.

Osservando questi dipinti, possiamo dire che con la pittura, la  musica, le note e il “taglia e cuci” Antonio ha contribuito ad aprire una finestra ulteriore sulla tua terra. Un uomo che si trova ad osservare i dipinti di Antonio, coglie l’occasione per  ribattere: “Certo,  Antonio per la sua terra è fondamentale, importante; Gasperina  ha contribuito a dare i natali ad un personaggio versatile: pittore, compositore, sarto”. 

Ma qual è la storia del sig. Antonio Corapi, un uomo mite, carattere buono, dolce, versatile, occhi azzurri, capelli bianchi, “impregnato” di storia, proiettato verso gli ottanta?

Antonio, aDSC00119pprodato a Torino durante i mondiali, Mexico ’70. O forse, qualche mese dopo.  In treno. Tanto per cambiare.  Dopo aver fatto tappa a Milano, per un po’. Prima ancora, il militare, a Pesaro. “Per un po’”.  Il lavoro, il suo, come sempre lo porta a “riparare” abiti. Un buon sarto. Un lavoro che, prima delle delocalizzazioni e del made in china, “andava”. Poi, Torino. Altro lavoro. Un archivio. All’Enel. Tanti documenti. Storie altrui da seguire e  da ricostruire.  Per 35 lunghissimi anni. Documenti e scartoffie.  Quando i computer non si sapeva ancora cosa fossero. Nella sua vita, storie a colori. Giù, perché nel tempo libro, ha la passione per la pittura, per le tavole. E sulle tavole, si sa, molto è apparecchiato e molto è “anticipato” del futuro di un uomo.  Sulla tavola, molto fa comunione. Gallerie di vita illuminanti. Gallerie di corpi, di donne, di uomini. Di Santi. A tratti, in questo laboratorio, posto in Via Carlo Ignazio Giulio, 27, pare di essere in un’ala della Consolata.  “Gallerie” di volti simili ad ex voti, come il quadro raffigurante un terremoto e le sensazioni che esso provoca. E ancora tanti testi. Con “Testa”. Il suo superiore.  “Presidente. Dell’Enel”, ricorda con emozione Antonio. “Mi piacerebbe lo sapesse, che ho il suo dipinto, qui, in laboratorio”.  Intanto, il dito indica i dipinti e legge tra gli spartiti le note dei suoi testi.

Brani, scritti, divenuti canzoni. Alla Mamma, a Maria, (forse aveva già in mente qualcosa del Santo) ai fidanzati che cercano ma non trovano…insomma, “sfigati”. Girando e rigirando in questo microcosmo, scopro, tra i tanti quadri, che due in particolare sono dedicati a due santi, di queste parti: San Giovanni Bosco, che di qui a pochi giorni, una città intera, e non solo, festeggerà, e l’altro santo,  San Domenico Savio.  A Maria Ausiliatrice.

Quando e dove hai incontrato  don Bosco? “Già in Calabria, da ragazzo, sentivo parlare di don Bosco. Se ne parlava molto, giù da noi”. Poi, qui, a due passi dal laboratorio, all’ombra della Basilica,  la domenica è di precetto, andare a messa. “Tutte le domeniche mattine vado a messa”, a Maria Ausiliatrice,  racconta.  Da qui, vicino il Rondo’, la Basilica è a due passi. Col dito, li indica, i quadri. Tutti suoi.  Poi, indica le mani, da buon calabrese quale è che non dimentica mai le radici. La sua terra.  Mani che cuciono, rammendano, riparano.  Le mani suonano e cuciono. Pare di sentire il rumore della macchina da cucire, gli aghi, i manichini, pezzi di stoffe.  I “ginsi”. Mani che suonano. Da li, gli occhi muovono lentamente su altri quadri: a tratti sembrano ex-voti, di quelli che si possono ammirare alla Consolata, per qualche grazia ricevuta.  Un invito, al nostro quotidiano locale, di fare un giro, e provare a raccontarcelo, sulle pagine del giornale, come da un po’ si sta orientando. Tra storie di vita. Il mio intento,  senza presunzione,   è di fare una “pubblicità”.  Della sua storia. Un giro, lo merita. Davvero. Forse non ci saranno fotografie che lo ritraggono il giorno del suo arrivo, in bianco e nero, come pubblica da un po’ La Stampa, ma, merita davvero un riflettore, il signor Antonio.  E anche gli occhi, meritano di vedere tanta bellezza su tela. Portare alla luce insomma,  una storia, importante. La storia di Antonio Corapi è una storia che cuce e dona vita ad altre vite. La vera regina, in questa cornice di quadri è una macchina da cucire.  Quadri e macchina da cucire. Storie d’amore e di vita. Pare esprimano un solo comandamento.  “Uomini amatevi reciprocamente“. E così è stata concepita la vita di Antonio. Una vita intensa. E così, con quell’imperativo ha cercato di allevare ed educare i suoi tre figli: Vincenzo, Elisabetta, Maria Carmen.

Nella foto, il signor Antonio nel suo locale, dove dipinge, suona, scrive….

Antonio Corapi. Via Carlo Ignazio Giulio, 27. Torino.

Con la speranza che anche  negli Usa, che ti tanto in tanto leggono il blog, si accorgano di questi bei quadretti del sig. Antonio.

Il nostro tempo è adesso. La vita non aspetta.

 

11 marzo 2011-11 aprile 2011. Un mese esatto dalla tragedia dello tzunami giapponese. Mi sembra doveroso e sentito un ricordo alle vittime, quasi trentamila,  ai 600 mila sfollati,  che dalle 14.46 dell’11 marzo hanno fatto conosce11 marzo 2011-11 aprile 2011. Un mese esatto dalla tragedia dello tzunami giapponese. Mi sembra doveroso e sentito un ricordo alle vittime, quasi trentamila, ai 600 mila sfollati, che dalle 14.46 dell’11 marzo hanno fatto conoscenza dell’eccesso di natura. Un incidente? “A nuclear accident anywhere is an accident every where”, un termine poco corretto. Le conseguenze di un’esplosione di quel tipo, conseguenti alle radiazioni, sono leucemia, cancro, sterilità, anemia, infezioni, alterazioni genetiche. Un eccesso di natura unito alla miseria degli uomini. Tramonto di un’epoca, aurora di una nuova, racconti di quanti sono sopravvissuti, immagini e descrizioni che ci rimandano alla fragilità della condizione umana. Una fragilità umana, economica. Cielo e mare inquinato. E di pensiero in pensiero, i danni creati dall’uomo non fanno che aumentarne il volume, la proporzione. Free riders, (coloro che pensano che, dato che sono già in molti a pagare le tasse, perchè dovrebbero farlo? intravedendo così l’inutilità di un’azione, nascondendosi dietro il “tanto non cambierà nulla”) in aumento; cigno nero, in vista; stagflazione in arrivo; interessi privati dominanti su quelli collettivi. Cigno nero, un evento raro, imprevedibile, che parte, da un punto lontano della terra capace, lungo il suo percorso di innescare una reazione a catena. Disastro nucleare, proteste in Tunisia, guerra in Libia, dove, pochi mesi prima, si..”baciavano le mani”. Guerre definite “umanitarie” …si, per il petrolio, o interessi economici in un’area interessante, economicamente; utile ricordare che “il Consiglio di sicurezza autorizza l’uso della forza armata contro uno Stato (invece di limitarsi ad altre misure sanzionatorie) quando, oltre a gravi violazionni dei diritti umani, sono in gioco risorse energetiche di preminanete interesse per le Grandi Potenze”. L’Irak nel 1990 ricorda qualcosa? Guerre per il petrolio, per interessi economici. Costo del petrolio che balza all’insu’, idem per la benzina. E così, non solo viene colpito il portafogli del signor Joe Blog, negli Usa, ma anche in Italia, quello del sig. Mario Rossi. E sono tantissimi in Italia, i Mario Rossi. A cominciare dai 4 milioni di precari, i due milioni di nè-nè, gli altri 8% di disoccupati, quelli in cassa integrazione, mobilità. Consumi che stagnano dal 2000. disoccupazione giovanile al 29%. Una cifra da 570 euro in meno nelle tasche degli italiani. Il sostegno alla domanda, non si sa cosa sia; i servizi, scuola, sanità, subiranno ancora tagli; i precari non vengono stabilizzati. Creazione di nuovi posti di lavoro, neanche l’ombra. Un periodo in cui, si continua a parlare di modifiche costituzionali, non si conosce la legge Bassanini, al piu’ si prende una sedia e si fa comizio davanti al Parlamento senza dire cosa fare, il tutto incorniciato da una noncuranza verso chi soffre, protesta, urla dai tetti. L’indifferenza, insomma, così tanto odiata da Gramsci regna sovrana. Indifferenza come forza politica che annula ogni responsabilità e ogni volontà, puntando il dito sulle sole responsabilità del destino. Troppi silenzi. Almeno fino a ieri. Ogni tanto si prende coscienza e le cose e le persone decidono di interrompere ogni distrazione. E ci accorgiamo di essere qui. Con la speranza che la voce in democrazia è importante, determinante. Il nostro tempo è adesso. La vita non aspetta. Le nostre parole, le nostre proteste non devono restare parole che zampillano a vuoto. Un esercito di precari in circa 50 piazze diverse hanno manifestato e urlato contro questa politica davvero ingiusta, sorda. Una generazione che sembra schiavizzata, che vive in apnea, senza prospettive.Quattro milioni di precari disposti a riprendere parola, con mille motivi per uscire e ribellarsi a questa forma di ingiustizia. Si, è nata una nuova questione sociale. Generazione mille euro, (o Generazione P), quando va bene, che diventerà, forse, fra 40 anni, generazione 400 euro. Se andrà bene. Precarietà che intercetta altre precarietà: sentimentale, affettiva, abitativa. Ecco perchè le tende installate lungo molti percorsi della manifestazione rendevano bene l’iidea della precarietà abitativa. Cosa chiede questa generazione P? Chiede continuità di reddito, tutele ampliate, dentro e fuori dal mercato del lavoro, un welfare diverso. Dopo tutto, se si trovano 16 milioni di euro per una buonuscita, perchè non trovare risorse per quanto sopra? Noi esprimiamo un desiderio non piu’ rinviabile: vivere la nostra vita e riprendere pieno possesso del nostro presente. Noi, che abbiamo dedicato tempo, impegno, studio, sacrifici, personali ed economici, che raggiungono, questi ultimi, i 16 mila euro per ottenere una laurea (in media) se la Facoltà è nella città di residenza, altrimenti, la cifra arriverà a sfiorare i 50 mila euro. Un Paese il nostro, che sforna quasi 32 mila laureati ogni anno e di questi, entro i cinque anni dalla laurea troveranno un lavoro non consono a quanto studiato e in ogni caso sottopagato. Entro i cinque anni, ma la solfa non muta dopo i cinque anni dalla laurea. Negli Stati Uniti la politica è al lavoro: la disoccupazione, in quel Paese viaggia all’otto per cento. Se tale rimarrà, Obama, sa, per esperienze precedenti, che nessun Presidente potrà essere rieletto con una disoccupazione simile. L’elettorato americano probabilmente, con quel tasso di disoccupazione si orienterà come già avvenuto in passato. Per non parlare della Cina, dove i salari sono in aumento. Solo in Italia, non si riesce a mandare a casa un Governo poco attento ai temi dell’occupazione e dei salari.  

A Torino, in vista delle elezioni comunali, sono davvero in pochi a ricordare quegli accordi al ribasso, sottoscritti da una parte del sindacato. Uno che non li dimentica è Juri Bossuto, candidato sindaco a Torino, sempre al fianco della Fiom

SNOQ, disoccupati, precari, studenti, Fiom: con la Costituzione

E’ stata una bella giornata, ieri. Sotto la pioggia, ma bella, partecipata. Con ombrello e Costituzione.

Sembra passata una vita, ed era solo il 25 ed il 26 giugno del 2006, quando in numerosi scendemmo davvero “in campo”, nelle numerose piazze, quali essero fossero,per tutelare la nostra cara Costituzione. Un referendum che la lascio’ al suo posto. Pensavamo tranquillamente, che nessuno si sarebbe mai piu’ azzardato a toccarla, modificarla. Forse felice che la destra era da poco all’opposizione, seppur con uno scarto di seggi davvero risicato. Oggi, la Costituzione ci viene nuovamente incontro, anzi, ci incontra, ci chiede e richiede nuovamente di abbracciarla, di tutelarla. Tutta. Sedici milioni di cittadini la difesero, nel 2006. Oggi,dobbiamo essere  nuovamente, pronti ad abbracciarla, perchè sotto attacco. Una delle migliori Costituzioni al mondo. Forse avevamo pensato, nel 2006, che la sua tutela fosse data per sempre, e invece, esiste sempre qualucuno che ne vorrebbe mutare, stravolgere, i valori di riferimento, sempre per interessi particolari. Ricordo che nel 2006 frequentai un corso, bellissimo, “Sana e robusta Costituzione”. Forse sarebbe opportuno istituzionalizzarlo, renderlo permanente, quel corso. Ricordo il viso di una ragazza, ai seggi, che mi ringrazio’ per il mio impegno. Successivamente mi regalo’ alcuni libri di Pier Paolo Pasolini. Uno di quelli, lo ricordo ancora, “Lettere luterane”. Forse è vero, ci siamo adagiati. Non avremmo dovuto. O forse davvero siamo enrati in un periodo in cui abbiamo delocalizzato la nostra memoria, al pari di un’attività economica. Fortuanatamente gli studenti sono attivi, e non solo con le nuove tecnologie, ma anche con i loro flash mobs in ogni città, pronti a distribuire copie della nostra cara Costituzione. Partecipazione con varie forme, come strumento di democrazia. “Partecipare a questa manifestazione non è schierarsi per una parte ma per il bene della democrazia” (Moni Ovadia). Non solo in cento piazze, a difendere la scuola pubblica e la Costituzione. Sono di piu’, le piazze. E’ l’Italia intera che scende in piazza per la sua tutela. Anche la Cei, asserisce che la nostra Costituzione “è ancora valida”. Costituzione che deve essere la nostra bussola, il nostro orientamento Costituzione sotto attacco: scuola, giustizia. Scuola: colonna portante di vera democrazia, luogo in cui si avvicinano, si accorciano (almeno così fino a poco tempo fa) le distanze sociali ed una cultura comune permette (permetteva) di immaginare un mondo migliore, magari. Un mondo diverso, è sempre possibile. Un obiettivo, un futuro. Scuola come crescita e fattore di mobilità sociale, scuola pubblica come riscatto. Scuola garantita a tutti. Ed ora non solo viene attaccata (attacco del presidente del Consiglio, poi smentito, come sempre)perchè i suoi insegnanti “inculcano” e attaccata anche perchè ne  subisce le miserie  e la mortifica con i continui tagli, (in alcune scuole non sono garantite neanche le fotocopie). Scuola pubblica che poteva attenuare le distanze ed invece siamo un Paese in cui, nel 2008, l’1% degli italiani controllava il 13% della ricchezza, e 600 mila famiglie fortunate potevano e possono spendere la bellezza di 11 mila euro, si, ma al mese; viceversa, un quarto dei nuclei famigliari vive con 12 mila euro l’anno. L’impoverimento e la vulnerabilità sociale dilagano. Lunghe file di persone bussano ormai presso i centri di volontariato per le necessità piu’ svariate. La tanto sbandierata social card è stata sostanzialmente un fallimento, e la leva del fisco, capace di accorciare queste distanze aggredendo magari i grandi capitali, non viene utilizzata.

E giustizia, anch’essa sotto attacco. Ecco, stiamo correndo infatti il rischio di un’influenza politica nei poteri di indagine. Il rischio è che si proceda velocemente, con la riforma della giustizia, verso un potere ispettivo delle Camere sulla giurisdizione. Già, l‘esercizio dell’azione penale, obbligatorio, ora, da domani potrà essere stabilito, determinato per legge, in maniera diversa, come “pescare” da una “lista politica dei reati” stabilita a priori. Discrezionalità o obbligatorietà dell’azione penale?

Come se questo governo non avesse altre difficoltà, altri problemi da risolvere. Soluzioni generali. Invece, particolari. 19.700 cattedere in meno nella stagione 2011-2012 non sono un bel problema? Cattedre tagliate che si sommano a quelle già tagliate e che alla fine del triennio 2009-2011 arriveranno ad una somma complessiva di 87.400. Il calo degli iscritti alle università non è un altro problema a cui trovare una soluzione? In cinque anni si sono persi circa 26 mila iscritti. E diminuiscono pure i laureati. E i tagli nell’isruzione sono davvero effettuati con il machete. Colpa della crisi internazionale? Puo’ essere, peccato che negli Usa, dove la crisi è stata maggiore il numero degli iscritti alle Università è in aumento. Si, difficile essere giovani, in questo periodo, in questa epoca. A furia di tagliare e di far passare messaggi poco rassicuranti si perde davvero valore e fiducia in se stessi. Per non riparlare poi della disoccupazione giovanile. Sul lavoro, poi, chi lo ha, le parole d’ordine sono “tagli e produttività”, che causano stress e malessere. Bisognerebbe ricordare, senza delocalizzare la memoria, che, secondo dati statistici ricordati da Irene Tinagli, “che la probabilità di restare disoccupati senza titolo di studio superiore è il doppio che in presenza di titolo”. Sicuramente in questo periodo il tasso di disoccupazione nel primo anno dopo la laurea è aumentato, ma, sempre meglio mirare al fatidico pezzo di carta. Per non parlare poi di altri problemi, che arriveranno presto, causa effetti Libia (che tra qualche mese ci troveremo il conto da pagare). Presumibilmente un quattro-cinque mesi. Con una rata, per chi ha un mutuo, superiore di circa cento euro al mese rispetto a quella attuale.

Snoq, “se non ora quando”, una proposta, una piattaforma, capace di fare sintesi e riannodare tante politiche, da aggregare, capaci di abbattere questa teatrocrazia. Non è la voce che ci manca; il problema è questo governo ci priva del microfono e la legge elettorale perversa che ha escluso partiti storici dall’agone parlamentare, certo non ci agevola, grazia anche al voto utile di “whipping boy” Veltroni. E la piazza, sta dimostrando che tutti, pian pianino si stanno riappriopriando della voglia di partecipare, di fare politica, di dismettere qulle parole che fino a poco tempo fa erano un ritmo: “tanto sono tutti uguali”, quindi non ne vale la pena, rendendo democrazia e politica una scatola vuota. La gente ha capito che non vuole piu’ essere esclusa dall’individuazione di politiche necessarie, che non sono e non possono certo essere, in questo momento la riforma della giustizia o ululati contro la scuola pubblica.

Forse la manifestazione di ieri è servita e servirà a sviluppare quel senso di appartenenza di classe che l’impoverimento di molti aveva negato. Forse, da ieri, i metalmeccanici Fiom, i precari, gli studenti, le donne, saranno un po’ meno soli e saranno capaci di costruire una piattaforme comune. Mi piace pensare che le dimissioni di questo governo, di questo Presidente del Consiglio, tanto invocate, tante gridate ieri, possano provenire da un fronte compatto, ampio, come quello di ieri, e mantenere questo andazzo fino allo sciopero generale. Anche da chi fino a ieri non prendeva posizione sostenenendo, “tanto non cambierà nulla, perchè sono tutti uguali”.

Teniamo bene in mente la nostra Costituzione e tuteliamola. Ricordiamone alcuni articoli, a memoria, senza innescare un processo di outsorcing. Senza delocalizzare nulla. (Economicamente parlando, prendendo spunto dalla Germania, dove si localizza, non delocalizza e non si subiscono ricatti di sorta).

“L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro…(Articolo 1 Costituzione italiana).

“La giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge”. (Articolo 111 Costituzione italiana).

Adottiamo un articolo della Costituzione, perchè, “dietro ogni articolo di questa Costituzione, voi dovete vedere giovani come voi che hanno dato la vita perché libertà e giustizia potessero essere scritte su questa carta” (Calamandrei)


Con la Fiom e Landini.

Prima di ogni cosa, un ricordo ad Haiti e al suo popolo. Un anno dopo.

Grande e partecipata fiaccolata lungo via Garibaldi, direzione Piazza Castello a Torino.

Alle ore 18, un grande corteo, formato da operaie, operai, pensionati, studenti, e quanti credono che un referendum siffatto non va bene. E neanche quell’accordo. Così come non va bene che “enormi risorse siano evaporate nei grandi circuiti finanziari, delocalizzate“, mi dice Marco Revelli.

E proprio con Marco ho l’appuntamento per recarmi alla fiaccolata. Con me una copia de “il Manifesto” di oggi, che riporta l’articolo in prima pagina, “La costituente Fiat” e il suo libro, che mi accompagna ormai da diversi giorni, “Poveri, noi” (Edizione Einaudi).

Si, Marco ha ragione, con quanto afferma sulle colonne de Il Manifesto, e tutti noi,gente da “sotto  i mille euro al mese” ormai lo abbiamo notato: quanta crisi in questa città, dove compaiono come funghi cartelli con su scritto “compro oro”; una città dove sono in forte aumento i pignoramenti di alloggi; una città dove il 35%-40% dei metalmeccanici devono far ricorso alla cessione del quinto dello stipendio per far fronte a pagamenti in sospeso.

Non so quanti di coloro che erano alla manifestazione oggi si trovassero nelle condizioni citate sopra. Le uniche cose certe erano il grande entusiasmo e la voglia di dire no a quelle condizioni, ( che “a qualcuno piace porle per  vincere facile”). Sarà dura, come affermano in Val di Susa. Eravamo tanti, tantissimi. La Fiom, la federazione della sinistra, sinistra critica, Ferrando e Turigliatto, Vendola, tutti gli amici di Rifondazione.

A qualcuno col maglioncino blu piace “Vincere facile”, troppo facile in una città, in una società che galleggia, o boccheggia  “su uno strato sociale allo stremo“; Si, si galleggia su una città, una regione, dove si parla di “bonus-pannolini” e nello stesso tempo mi dicono ci siano ancora delle difficoltà per le borse di studio. Vincere facile. Chi, vince facile?  Per uno che ha percepito un compenso di 4 milioni e 782 mila euro, pari a 435 volte il reddito di un suo dipendente di Pomigliano, cifra comprendente il “bonus che la Fiat ha deciso di attribuirgli per il 2009, mentre l’attività svolta dal manager italo-canadese negli Stati Uniti per Chryser è stata forntia a titolo gratuito” (così ci ricorda il libro di Marco Revelli, capitolo quinto, Ambivalenze, pag. 107, rifacendosi a Gad Lerner in un editoriale di qualche mese fa).

Un accordo sulla pelle di chi? “E’ stato calcolato che nel 2006 meno di due operai non specializzati ogni cento percepissero un guadagno netto mensile superiore ai 1500 euro, e solo un 5% si collocasse tra i 1300 e i 1500 euro. Il 73% strava tra gli 800 e i 1300 e il restante 20% non raggiungeva gli 800 euro. In sintesi 14 milioni di italiani guadagnano meno di 1300 euro mensili; piu di 7 milioni non raggiungono i 1000 euro; lavoratori piccole imprese, 866 euro al mese; immigrati extra UE 856 euro; giovani, 854 euro” (dal capitolo terzo, Progredire declinando, Poveri, noi, Marco Revelli). La classe operaia, proprio, non va in Paradiso.

Lungo il percorso, molti visi conosciuti e tanti altri sconosciuti, e anche se non ci si conosceva, qualche cosa ci univa, ci faceva sentire dentro, interni alla solidarietà di un tempo, quella che oggi l’individualismo sfrenato ha cancellato. Qualcosa di bello e indescrivibile, questa fiaccolata. Peccato per quanti non erano presenti. Una camminata lungo via Garibaldi. Fino all’apoteosi, con Landini.

Ha ragione Landini. Un voto per non votare mai piu’. Ma come fanno a non rendersi conto gli altri sindacati? Un voto per tornare indietro, di cento anni. Alla faccia di chi sostiene che difendere le conquiste è “vecchio”. Ha ragione Landini: perchè la Merkel ha detto no al piano Marchionne? Perchè Marchionne “non scopre le sue carte”? Perchè questo Governo non ha preso posizione? Perchè non si pensa ad un’industria dell’auto, altra? Perchè la testa pensante rimane negli Usa e qui, a Mirafiori, la “manovalanza”? Chi li compera questi Suv? Dove andranno a finire questi Suv? Un’ultima cosa, a chi propone la firma, tecnica. Chi si recherà alle consultazioni si accollerà una responsabilità anche per gli altri, anche per chi non è metalmeccanico, anche per chi lavora nel pubblico impiego, per esempio e continua a dire: “lasciate che succeda, non è colpa mia”,oppure, “tanto non mi interessa”.
“Si, anche noi vogliamo la firma tecnica, sul blocchetto degli assegni di Marchionne”.

Landini, non ti lasceremo mai solo. Come la Fiom. Con la Fiom nel cuore.

Un saluto a Simone, Barbara, Massimo, amiche e amici incontrati in tantissime altre occasioni, nei viaggi e in altre mille occasioni. Quando le radici chiamano.

“Nessun dorma”.

Il 91 vi augura un buon 2011

Il 91 oggi non circola. Come non circolava ieri e come non circolerà domani. E’ in sosta, presso il deposito. Una sorta di gabbia, ordinata, per bus. Così come in molti sono “costretti” dalla gabbia della cig. Così come altri nella gabbia della precarietà, come il sottoscritto, che pur viaggiando sul 10, stessa linea del 91, osserva pensieroso privo di un orizzonte i binari e le strade diventati bianchi da questo gelo; la galaverna riveste gli alberi: che bel paesaggio, pero. Seduto all’altezza di quello che fu il posto del bigliettaio, percepisco, metaforicamente parlando, una condizione da “arresto preventivo”, ingabbiato cioè da questa precarietà privandomi di qualche forma di speranza. Il lavoro, il mio lavoro, precario, mi stringe quotidianamente un cappio intorno al collo, impedendomi di programmare il futuro. Tutto viene giustificato, dalla crisi, dalla globalizzazione, e i “ricatti” che ci vengono propinati sono tesi al rovesciamento di un secolo intero di grandi conquiste. Il lavoro come un fatto sociale, così dovrebbe essere, ma spesso non lo è. Quante contraddizioni sono presenti all’interno di un luogo di lavoro, come la scuola, ad esempio. Quanti contratti? Di fatto, di diritto, magari le cooperative...Il freddo mi fa desiderare un luogo di mare nel profondo Salento, dove troneggiano cartelli con su scritto “Divieto di caccia e pesca”. Ora, questi cartelli paiono passati di moda, se si considera che ad essere cacciati sono i diritti sociali. Caccia aperta, alle persone, a tutto. Dove tutto deve essere ridotto a competizione. Caccia, che intendo come un concetto valvola: caccia ai diritti, cacciate le persone, Persone espulse da un posto di lavoro. Cacciate o espulse, pari sono. Globalizzazione come frullatore. La globalizzazione infatti frulla norme, tradizioni, diritti, diversi tra di loro da Paese a Paese. Norme, tradizioni, diritti comparati. Quelli dove sono svalutati “meritano il lavoro e gli investimenti”. Buonanotte Italia. Vorrei dormire e pensare che tutto sia un semplice sogno. Non è così, purtroppo. Frammenti di ricordi, discorsi, captati all’interno del 91 mi riportano alla triste realtà. Alcuni operai discutevano su orari, condizioni di lavoro, stipendio. “In Polonia e Brasile ad esempio, la settimana lavorativa è di 48 ore. In Italia, 40 ore. In quei Paesi, non avrebbe avuto senso la discussione sullo straordinario”. Fortunatamente era solo uno a pensarla così. Altri ricordavano che il sistema dei diritti sindacali è diverso da Paese a Paese. In Europa prevale il modello del pluralismo sindacale. Le organizzazioni sono piu’ di una e contano in base alla rappresentanza effettiva che hanno tra tra i dipendenti. Negli Usa, non è così. Chi vince rappresenta tutti. Sempre il piu’ forte, la competizione! Che brutta parola. Dopo che si sono svolte le elezioni, solo chi vince rappresenta tutti. Ecco perché Marchionne è sempre così stupito di doversi rapportare con molti. Ma da noi, in Italia, il pluralismo, la proporzionalità, sono stati sempre valori aggiuntivi. Importanti. Imprescindibili. Guardiamo all’operazione politica del “voto utile di veltroniana memoria”. Che guasto, che iattura non avere una sponda nell’agone parlamentare. Gli operai poi si erano messi a discutere anche di pause. Pause, diverse da stabilimento a stabilimento. “A Barcellona sono di 45 minuti per turno (stabilimento di Nissan). Nello stabilimento della Renault di Sandouville, in Normandia la pausa è di 17 minuti. (Nissan e Renault sono dello stesso gruppo industriale)”. Ma le pause devono permettere il recupero psico-fisico e non si devono monetizzare. Quanto stress dovuto a movimenti ripetuti, penso io. Poi, il tema stipendi. Il coro degli operai si alza, raffrontando realtà differenti: “Un operaio brasiliano percepisce 565 euro al mese circa; un operaio polacco, 700 euro al mese; mentre un operaio italiano, quando va bene, 1200 euro. Il tedesco 1700 euro”. già, chissà perchè la Germania e il suo stile di vita non va bene, ma, si continuano a citare come esempi realtà di Paesi emergenti per giustificare stipendi davvero irrisori. In nome della globalizzazione l’amministratore delegato della Fiat mette gli uni contro gli altri gli operai dei mondi emergenti e quelli del cosiddetto mondo civilizzato. E l’accordo di Mirafiori racconta qualcosa sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione? La produzione poi: l’Italia a fine 2010 produrrà nei suoi stabilimenti circa 600 mila automobili mentre se ne saranno acquistate circa 2 milioni. (3,9% del totale). Il tram sferraglia, fra la nebbia. Lento il suo incedere, come quello delle persone e dei loro diritti, sempre piu’ svuotati, sempre immersi in una realtà a tinte fosche. Come a tinte fosche si presenta l’anno nuovo, con rincari ipotizzati per mille euro circa a famiglia. La cifra secca, pari a 700 euro è attribuibile a rincari che non trovano giustificazioni, secondo molti. I trasporti in genere conosceranno un rincaro pauroso. Il carovita è sempre in agguato. Per gli alimentari, circa 270 euro. Una raffica di aumenti in beni e servizi. Per i prodotti. Naturalmente i trasferimenti statali saranno minori, verso gli enti locali, e questi ultimi, indirettamente, daranno una bella “spolverata”. Per non parlare poi degli statali. Si, ci raccontava un articolo de La Stampa che, “come sosteneva Vittorio Emanuele II, un mezzo sigaro toscano ed una croce di cavaliere non si negano a nessuno, e questo sarà in dote fino al 2013”. Nel triennio 2010-2012 infatti, l’incremento degli stipendi sulla base dell’indice Ipca (Indice dei prezzi al consumo armonizzato per i Paesi dell’Unione Europea) previsto dall’accordo interconfederale del 2009 , non firmato dalla Cgil, avrebbe dovuto essere del 4,2%. Un punto di inflazione vale 20 euro, centesimo piu’, centesimo meno, quindi, 90 euro lordi che mancheranno nel cedolino. Trenta euro mensili fanno 400 euro l’anno, insieme alla tredicesima, quindi la perdita di potere d’acquisto sarà di 1200 euro lordi. Poi, nel 2013 ci sarà il blocco previsto, ed ecco che insieme, fan 1600 euro. Una famiglia su tre non riesce a sostenere spese impreviste, pari a 750 euro. Cosa possono contemplare quelle spese impreviste? Potranno contemplare quei mille euro di aumenti previsti per l’anno appena iniziato? a scapito di cosa? visite mediche? Quanta e quale sfiducia. Per non parlare della “cura dimagrante” nello Stato: un assunto ogni 5 pensionati. Serietà, coesione, solidarietà, sono le parole del Presidente della Repubblica con un invito all’ascolto ai giovani. Un ascolto a tutti: a quelli sui tetti, sui ponti in fabbrica, sulle gru. Ma l’ascolto, da solo, non è sufficiente. Occorre avere un’idea forte di politica; occorre invertire la tendenza: non essere sempre in difensiva. La politica, gli accordi, non possono riproporre un’antica pubblicità, stile formaggio “a fette”. Occorre riconnettere i temi del lavoro, del sapere, dei diritti, che mai devono essere monetizzati. Occorre uscire definitivamente da questa gabbia e smetterla con questa gabbia che ci vincola ad un “arresto preventivo”.