Mi è sempre piaciuto viaggiare, in ogni tempo, in ogni dove. Col treno però, con più gusto. Di notte poi, ancora meglio, come ai tempi del treno notturno Torino-Napoli per fare colazione sotto la Torre di Pisa. Tempi di libretti universitari e tesi. Poi Roma e prima e poi Adriatica. Certi viaggi sono diversi da altri: alcuni più lunghi di altri, altri ancora corti ma intensi, di quelli che lasciano il segno. Per sempre. La diretrice Adriatica è quella che mi piace di più, da sempre, perche il mare di inverno ha qualcosa di particolare. Cosi cantava anche qualcuno. Maestoso, gonfio, impetuoso, con la cornice di case vuote, sepolte dai ricordi di una estate aspettata col batticuore e benpresto andata. Tutto sembra un sogno mentre il treno sfreccia sui binari lucidi e le luci delle stazioni ne richiamano i posti di città, cuori pulsanti. Le luci di Rimini, e l’eco della gioventu che ancora risuona sui suoi cieli, la Rotonda sul mare ela spiaggia di velluto, la raffineria nei pressi di Falconara, Ancona, il suo Duomo, Pescara, Foggia e giu giu fino al tacco. Una volta giunto a capolinea del viaggio, Lecce, un saluto ed un fiore alle radici, poi, un salto veloce a Torre Lapillo, Porto Cesareo e verificare di persona i lasciti del maltempo dei giorni scorsi. Questo viaggio ha un gusto ed un sapore particolare, un anno dopo…il tempo passa certe ferite si rimarginano ma restano. Come restano per sempre i bei ricordi. Ciao pa.
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Dal mare con le Torri Salentine
Il mare è chiaro, limpido, cristallino;
la Torre sempre avvolta nel suo mistero e alla sua ombra, da anni, accumulano fresco una dozzina di persone che si contendono ombra, e staziona pure una fontana che ha dissettato generazioni di autoctoni e turisti, ora a piedi, ora in bici, ora con le taniche custodite in macchina, ad ore precise, quando per bere era necessario passare da qui, o da altre fontane. Tempi andati, mica moderni. Eppure le luci della ribalta passaronno da qui e in milioni di case italiane ai tempi del codino di Fiorello e del suo karaoke, una sera di un gennaio di tantisssssssimi anni fa. Poco distante, “Manuela Arcuri” è ancora fotografata e ricercata, non più come ai vecchi tempi, ma lo è sempre perché nel corso degli anni è riuscita a mantenere intatto il suo fascino.
Eppure si tratta solo di una semplice statua che fece ingelosire mogli di pescatori che a suo tempo la resero oggetto anche di “Stalker”. Povera statua “tagliuzzata”. Pensate un pochino che guaio. Tutto come sempre, o quasi, se non fosse per un calo copioso, affermano alcuni negozianti, di turisti, rintracciabile dagli incassi.
Un gruppo gioca a carte con una finestra aperta sul mare, un pochino in collera, mentre i primi, una carta giu l’altraa su, sono davvero presi dal loro gioco. Un caffè, un pasticciotto, “crema 1,20, nutelli,pistacchio, amarena, 1,50”. Sorseggio e mangio, ma non hanno, per me, lo stesso identoco gusto. Personalmente non so che dire, tranne che una assenza, questa si, la sento, la vivo, la soffro.
Ferragosto 2017
Ferragosto: festa dell’estate. Tutto esaurito, in questa zona della Puglia che si chiama Salento, “lu sule, lu mare, lu jentu”. E lu jentu e’ davvero l’unico padrone in questi ultimi giorni.
Dei rari posti dove era possibile rifornirsi dei quotidiani ne e’ rimasto solo piu’ uno: occorre quindi percorrere e velocemente, un km, corteggiare il bacino, entrare in spiaggia, raggiungere il parcheggio dove l’uomo col carretto grida giornali. E sperare che ci siano, ovviamente. La spiaggia e’ pulita, ben tenuta, quella a pagamento, ovviamente, anche se noto un signore, che non so se stipendiato o volontario, raccogliere le poche cartacce o bicchieri in plastica abbandonati da chissa’ chi, chissà quando. Appena mi affaccio sulla spiaggia, dopo aver scavalcato una delle ultime dunette che resistono, l’amara sorpresa e’ scoprire che al mattino sono gia’ presenti, come sempre, ombrelloni abusivi “segna posto”, lasciati dalla notte precedente. Probabilmente da chi ha costruito a ridosso delle dune. Che c’erano! E questi ombrelloni e maleducati non mancano mai, come i soliti “furbetti” da spiaggia. Resistono giocatori di racchettoni che dispiegano tutta la loro forza nel rilanciare la pallina scambiando quei residui di spiaggia in campi da tennis. E resistono i giocatori di pallone scambiando fazzoletti di sabbia in Stadi Olimpici. Dubito qualcuno abbia avuto coraggio, voglia e forza di fare il bagno a mezzanotte, come d’abitudine accade. Il vento dei giorni precedenti ha contribuito ad abbassare le temperature e penso almeno 10 gradi. Lucifero e’ stato spazzato via con un forte colpo di tosse dal Maestrale. Come sempre il traffico anche quest’anno “imbottiglia” parecchio, residenti, turisti e provenienti dai “mille” paesini limitrofi. È una zona questa, tra le torri, Lapillo, Chianca, Cesarei, che fa fatica ad assorbire così tanta gente e le strade sono davvero lunghi nastri d’asfalto trasformati in colonne di lamiera d’auto. Ai loro interni bimbi festosi, esaltanti, palette alla mano. Adulti invece. .. Il tutto per un posto in spiaggia o scogliera. Sold out. Borsa frigo, infradito e compagnia! E’ ferragosto bellezza! Tanti auguri.
12 Agosto 2017
Sciabordio dell’acqua sospinta dal vento che picchia la sabbia. Giorni che si inseguono uno dopo l’altro, dilatati, senza tempo e confine, innumerati e innumerevoli, senza sveglia, compiti e lezioni;
vento che schiaffeggia, capelli, magliette e compagnia bella; bava marina rilasciata sugli scogli dal mare in piccole bacinella, onde che si stirano e si allargano in un continuo movimento mentre stropicciano castelli, scritte, cuori e merletti di sabbia. “Ho scritto t’amo sulla sabbia e il vento o il tempo… a poco a poco… ” Marosi che restano, morosi che vanno, il maestrale saluta e cosi abbasso il cappello; l’odore di pioggia, umidita’ e sughero si avvicinano e si fanno sentire, Lucifero si allontana… dileguandomi lascio le impronte e lentanente apro l’ombrello.
Ho terminato l’ennesimo libro. Cosa resta? Che i protagonisti sono privi di nome, ma “La strada”, è un bel libro. Da consigliare a scuola. Per i risvolti psicologici, per il rapporto padre-figlio, per essere un viaggio, un cammino, una ricerca, riflessione, un testo di formazione. “Portare il fuoco”, o l’amore e’ uns bellissima espressione: portarlo dove, a chi? La strada, e sulla strada, a San Pancrazio Salentino, due personaggi, di paglia, annunciano, imminente, “La sagra dei sapori”. Un inno all’amore. Per una terra, il buon cibo, i saperi, i sapori.
Maestrale
Il caldo torrido aveva ed ha le ore contate. “Toc-toc”, il maestrale è arrivato. Sulla spiaggia ombrelloni piantati, chiusi, punti esclamativi al brontolio marino!!! Le onde hanno schiuma “alla bocca”. Battono la spiaggia e ne fanno di essa un sol boccone. Pochi i coraggiosi in acqua. La bandiera rossa è un deterrente, anche ai piu’ coraggiosi o fanatici. Molti i resti della scorsa notte, sulla spiaggia, quella dedicata a san Lorenzo, (il diacono, martirizzato), e al conteggio di quelle stelle viste cadere. O sviste. “Cielo. Manca”. Notte di lacrime e preghiere. Che poi, onestamente, quando certe stelle cadono, non è proprio un bel vedere. Delle stelle. Le stelle-stelle, si: “le stelle stanno in cielo e i sogni non lo so, so solo che son pochi quelli che si avverano” (Vasco Rossi, che tra l’altro, è da queste parti, in vacanza). Per i piu’ sfortunati, ancora qualche serata da trascorrere in prima visione, al mare o in centro, nel patio. Sulla spiaggia il seggiolone del bagnino è sguarnito. E’ in tutto simile a quello di un arbitro di pallavolo. Ma senza campo e senza giocatori. Insomma, “non prende”. Sulla sabbia un divisorio fra lo stabilimento azzurro e quella privata. Sette bastoni tenuti insieme da una fune spessa, divenuti cappelliere e appendi abiti di fortuna, e un salvagente rosso alle estremita’. Allargo lo sguardo: c’è qualcosa di romantico anche in tutto cio’, su questa spiaggia molto vellutata, come “laura” spiaggia, direbbero quaggiù. Accarezzo il seggiolone come se accarezzassi dolci ricordi, che quando entrano, non escono piu’. Riaffiorano. Il popolo dei “selfie” canta: ” mi manchi, mi manchi, in carne ed ossa… “. Il mare “vomita” a più riprese cose che l’uomo ha fatto ingoiare a forza, nel tempo. Le onde si rincorrono, velocemente. Resta comunque un bel mare, dai colori espressivi, anche quando teasporta sabbia. Non e’ il mare e non e’ la costa narrata nel libro che mi accompagna qui ed ora, su questa sabbia: “La strada”. Su altre onde il trasporto di una musica: “L’estate sta finendo… ” Il maestrale e’ arrivato.
4 Agosto 2017
La Torre e’ al suo solito posto e così
“l’Arcuri”, un pochino sfiorita nella sua bellezza, col passare delle stagioni: il “trucco” passatole sul viso presumibilmente da qualche gelosa di troppo è evidente da un po’ di tempo a questa parte.
Lo specchio d’acqua, questo mare che luccica ad est e “bolle”, riflette barche, scoglio e “Lo Scoglio” e mentre qualcuna, riposando li nei pressi, osserva lo sciabordio e misura le distanze ,
tra Torre Chianca e Torre Lapillo; Enrico C., riconoscibilissimo dal suo cappellino dai colori vivaci e dalla sua canottiera blu, agita le mani e le braccia, immerso fino alle ginocchia, nel mare gia caldissimo da quando l’alba si è distesa e allungata su questa parte di cielo. Cerca le “corse”, specie di granchi conosciute solo da lui, o probabilmente si illude di trovarle, un espediente per fermare il tempo in cui quell’ attività era redditizia e i clienti facevano a gara per accapparrarsele. Un modo come un altro per nascondere i suoi 85. Accenno un saluto, un piccolo cenno con la mano, ma resto dubbioso che mi abbia effettivamente riconosciuto. Fin dall’alba dei suoi 80, l’occhio “semi chiuso” o “semi-aperto”, il che è lo stesso, lo rende assai simile al bel don Giulio di Ferrara. Anche li, una Torre. Lascio ricadere mano e braccia lungo il corpo e prendendo fiato faccio partire un : “Enricooooo”. Rialza il suo pesante corpo da ciclista consumato, porta la sua mano a tetto o a visiera tra occhi e fronte cercando di capire qualcosa in piu, di quel mio grudo, già consumato… ma… Mi giro, mi infilo nel corso del paese, alla ricerca dei quotidiani, di un caffè forte e di un pasticciotto, prima che “Lucifero” cominci la sua “cattiva” opera. Solo i ragazzi non si accorgono di lui: loro, felici, tra un tuffo e l’altro, riempiono il tempo: non è piu’ alla ragazza di Veglie, che dedicano i tuffi, ma a nomi propri dolcissimi. Non conoscono stagioni o mezze stagioni, il caldo o il freddo. Perché è la felicità dei loro anni che vuole così. E così sia.
Un abbraccio da…
Il tempo rimasto è davvero poco e decidere cosa farne è impresa ardua. Non mi aiutano i ricordi sulle rette e i vincoli di bilancio:”burro o cannoni”? Al diavolo le curve e l’economia. Qui si parla di emozioni e sentimenti. Le giornate si accorciano e il tempo stringe. Bastasse solo la macchina da cucire per agire sul tempo… sarei a cavallo. Cavallo, vita, cerniera, cucire… ma qui ed ora non e’ affar da macchina da cucire. E allora quel poco che resta, di questa estate 2016, cerco di marcarlo a fuoco nella memoria colori, odori, profumi, persone, visi, voci. Dopo aver preso contatto con me stesso, e quindi appena sveglio, decido che il modo migliore per marcare tutto quello nella mente è salire in macchina e percorrere un po’ di km della Costa e salire in qualche punto più in alto, osservando Torre Lapillo, Torre Chianca, Porto Cesareo e oltre. Verso S. Isidoro, Porto Sevaggio e provare ad immaginare Gallipoli. Allontanarmi per poi avvicinarmi. Invidio un po’ il viaggio raccontato e scritto da Roberto Gianni’ sul Quotidiano di Lecce. È interessante e lo seguo sfogliando il quotidiano, fin dal suo arrivo a Taranto. E’ una bella storia d’avventura, un diario, un resoconto. Mi faccio un the, prima di nettermi in macchina. La bustina lentamente cede il suo colore al liquido bollente fino a diventare uniforme. Ecco, cosi dovro’ fare, assorbire lentamente tutto il circostante e farne il pieno per le giornate vuote di colori e bianche di nebbia. Dopo averlo sorbito mi metto in macchina e vado, direzione Taranto, fino a Torre Lapillo e oltre, ai confini del borgo.
Raggiungo Torre (Lapillo), e mi accorgo che molto è cambiato negli anni e ora pullulano ristoranti e alberghi. Ricordavo soltanto il B. O. e il Gabbiano. Dal B. O. bar la musica si spandeva e per noi ragazzi era un porto. A quel tempo erano situati dalle parti della fontana, vicino le giostre, dove ci si dava appuntamento e ci si incontrava, dopo le 21, per “fare le vasche”. Dopo il mare del mattino e del pomeriggio. E poi A. M. era piacevole, elegante e… interessante oltre che prosperosa e molto graziosa e piacevole era camminare e parlare di quell’autore che dava il nome alla via, Tolstoy, adiacente alla sua: Gentile. Avevamo 15 anni? Probabilmente, si. Parcheggio l’auto ai bordi dell Torre, con i suoi tre archetti e molti scalini.
All’ombra della Torre “accumulano” fresco tre anziani. Due si son portati la sedia da casa, come fossero fazzoletti di carta (gia’, perché non mettere delle panchine? una fontana? ) mentre uno è in bici. Canottiere e camice e gocce di sudore che incorniciano il viso. Dalla parte opposta arriva a piedi un amico, sigaretta tra le labbra e braccio e avambraccio occupato da una sedia pieghevole, e andamento lento. Le sedie qui sono utili e in paese, lo sono doppiamente: indicano un passo carraio ed un divieto di sosta. Guai a spostarle. I tre parlano di calcio. Mi chiedono di Milan Torino “ehi tie… “e in due battute me la raccontano loro, vedendo che ne sapevo poco, pur avendo i giornali sotto manoe pur tifando Torino. Non lo avessi mai detto. Uno mi dice provenire da Pinerolo. Ovvio “ehi… iou egnu te… “. Probabilmente avra’ visto recentemente un film di Toto’. O Fantozzi. O conosce il Galup. E’ di Veglie e mi domando come faccia a conoscere Pinerolo. E cosi ridiamo insieme, e parecchio. Mi congedo, da loro. Recupero gli scalini e vado su.
Salgo e arrivo in cima. Osservo come un marinaio. Mano a visiera.
Mi giro, rigiro viso e corpo e trattengo il tempo. Il mio. O forse vorrei. Taranto verso Occidente e Gallipoli a Sud. La taranta sta per mordere. Mordera’ il 27 agosto.
Trattengo fiato e tempo.
Il mare ha gli occhi lucidi. Forse ha capito che tra poco il sole non fara’ più l’amore. O forse si. Scendo gli scalini. Mi rimetto in macchina e vado oltre Torre Chianca, a Porto Cesareo. Qui c’è
la villa e passa la banda. E’ festa, e’ stata la festa di Santa Cesarea con processione in mare. E ora dicevo, musica, maestro e ” musicisti”. Camice bianche e pantaloni neri. Penso a Moretti: lui avrebbe canticchiato il motivo, come fece nella “stanza del figlio”, girando le scene in Ancona.
Suonano. Il ficarolo è sempre li che tenta di vendere “fiche e ficatigna senza spine” Il furgoncino si puo’ trovare dalle parti del bar “Bei tramonti” dove i turisti senza fine fanno la fila per consumare la loro colazione. Mi ci metto anche io in fila. Esagero Tre pezzi differenti. Mi accomodo e comincio dal pasticciotto. Molto buono. Termino con questo. Il resto, a casa. Individuo, seduto, il dottore di un tempo, il “ricamatore” delle ginocchia dei bambini. Bravissimo chirurgo, juventino sfegatato. Ha gli occhi piccoli. Parliamo e intercetta ricordi e tra una estate e l’altra mi inserisce nel discorso Boniek, Platini, Vignola, Tacconi, Mauro Baggio e Del Piero. E ridiamo! “Su dintatu nonnu” mi dice con orgoglio. “Fijama stae subbra”per dirmi che come molti si e’ traferita al nord. “Ma siamo tutti felici”. Ci salutiamo e “butto un occhio” alle barche in arrivo e ai pescatori. Da queste parti, quasi in ogni paese pare sia passato San Pietro…
Molto movimento. Parecchio. Giro. Le magliette “salentu, lu sule, lu mare, lu jentu”. Si. Per alcuni. Il ricordo.
Le cartoline. Ah, si. Qualcuno mi ha chiesto una cartolina. E allora,
“un abbraccio da Porto Cesareo”.
Buona domenica
Buona domenica. Iniziata a leggere giornali. Il Quotidiano di Lecce, Il Messaggero, che vanno sempre in coppia e la Stampa. Peccato (per questa) che lo spazio dedicato ai fatti di cronaca cittadina sia davvero risicato come un capo messo a lavare, male, in lavatrice. Ma che è? Teletrasmessa da moltissime ore prima? Teletrasmessa… gia’, ricordo questa dicitura stampata in prima pagina quando la prendeva il nonno, insieme alla Gazzetta del Mezzogiorno. Forse, in quel periodo, il Quotidiano non “usciva” ancora. Domenica 21 agosto 2016, scrivevo. Di mare o riposo che sia. Di treccia, bionda, scura, medioevale, moderna o contemporanea che sia. E’ il ritorno. Di molto. Che poi, ritorno o rientro pari sono. Nonostante in milioni siano ancora in vacanza.
Il quotidiano afferma che a settembre arriveranno da queste parti gli stranieri. Bene. Che la musica continui e tramonti infuocati per tantissimi ancora. Intanto oggi è domenica 21 agosto e mancano ancora giorni e ore, a settembre e al primo suono della campanella, e quindi prima ancora, al mio ritorno, quindi godiamoci sole, sabbia, mare, “lu mare, lu sule, lu jentu”. Sole e sabbia: dal tramonto o alba che sia. Che poi un tramonto non è forse un nuovo giorno, e una nuova alba? In fondo l’estate allunga le sue luci, al resto poi, ci pensiamo noi. E poi, quest’anno tutti, ma proprio tutti sono “tormentati” e “vorrebbero comandare”. Bhe’, ora, mi permetto: qualche fico di produzione propria, (a casa sua ognuno è ficarolo a modo suo) e il “quotidiano” pasticciotto, che induce in tentazione. E cosi sia. E’ andato. Anzi, sono andati. Zuccheri a go-go. E pazienza. Nell’anno del Giubileo della Misericordia. Qualche ” strappo” alla regola, capita, no?
Mentre consumo anche le briciole, la bellezza della giornata mi consente di individuare punti e riconoscere posti compresi lungo le torri, Colimena, Lapillo, Chianca, Cesareo. Azzurro blu del mare, verde delle canne e bianco delle prime case. Prima di che? Prima che gli anni ’80 e il turismo di massa inghiottissero anno dopo anno terreno e territorio. Porto Cesareo, per sentito dire (ma si vede) è un agglomerato di 5 mila persone (forse 4 vigili) e in questi due mesi ne accoglie tra Cento mila e centocinquanta mila. Voi provate a immaginare il traffico tra il sabato e la domenica.
ps. Come ultima domenica ho deciso di non recarmi sulla solita spiaggia per non farmi venire male allo stomaco e vedere ancora una volta ombrelloni piazzati a “quintali”ore prima e sprovvisti della presenza dei “proprietari” (ricordo che è in opera il sequestro degli oggetti da parte delle autorità competenti in caso di accertamento. E’ la maleducazione che va sradicata. Eppure da queste parti c’erano solo pochi pugni di cade e a vigilare il tutto file di pomodori pronti per le friselle. E la conserva poi.
ps2. Ho trovato anche un accesso alla spiaggia sbarrato… incredibile ma vero.
Ps. Auguro per i 60 della Laura Morante e per la finale olimpica di pallavolo. Ogni tanto si sogna “d’oro”. Anche senza camomilla.
25 luglio
25 luglio, una data che nelle spiegazioni, a scuola, è fondamentale, così come l’8 settembre. E anche durante l’ultima maturita’ le due date sono state sviscerate dai candidati, su richiesta del commissario. Ma oggi e’ 25 luglio 2016. Come sempre Caronte si è affacciato e ha caratterizzato la giornata rendendola ulteriormente pesante e faticosa. In spiaggia, chi passeggia e chi sonnecchia e il caldo la fa da padrone. Asciugamani colorati sottolineano ed esaltano ulteriormente la bellezza dell’estate. Tutti in forma e prove costume ampiamente superate. Poi, se qualcuno no, “chissene… ” direbbero i miei studenti. Le conchiglie sulla sabbia e deposte sulla riva inanellano numerose perle, e certo anche quelle sotto l’ombrellone cappello in testa non si fanno mancare. E’ bellissima questa luce che si insinua in ogni dove
. Sulla spiaggia, verso l’ora del tramonto, son riuscito a trovare qualche lettrice, al riparo dal sole sotto gli ombrelloni, immersa nella lettura e pagine di qualche bellissimo libro
. Oltre che di crema solare. Il mare o le sue onde che si accavallano e ricamano trame bellissime con il filo dell’acqua e della schiuma rimandano ai miei piedi qualche conchiglia proveniente da chissà dove, chissà quali terre. Ne colgo una e la avvicino all’orecchio rimembrando un gioco passato. Dal suo interno si propaga una musica, “Tu come stai” mentre il mare fa la sua parte. “Gioco con i punti cardinale e immagino la Grecia, la Calabria, l’Africa, il mar Adriatico, poco più su. E chissà che la conchiglia non giunga proprio da li. “Qual e’ il più bello tra lo Jonio e l’Adriatico dal tuo/mio punto di vista?” provo a domandarmi. Un po’ come chiedere per quale squadra tifi o la classica domanda posta ai bambini: “vuoi più bene a mamma o papa’? ” A me piace tantissimo questo mare ma Santa Mara di Leuca dove confluiscono i mari creando quegli effetti ottici così particolari non scherza cosi come non scherzano i colori di Otranto. E se dovessi pensare ad un posto dove stare sempre forse direi…. nel faro!!! Come classe, come scuola, come cattedra. E forse anche la conchiglia ci starebbe bene, nella macchina della luce. Qui che e’ Salento dove mare e terra si confondono, tra ulivi, viti e muri a secco e masserie.
Torno sulla conchiglia che innesca una trama di ricordi e diviene per me una penna per inanellare racconti. Un po’ come aprire una cassapanca, coi suoi ricordi…”Cup o tea” direbbero gli inglesi.
“Enrico C.”
Le verande delle case estive fanno come possono, il loro onesto lavoro: ovattano quanti sono al loro interno dai rumori della strada, sia causati da turisti con ombrelloni e corredo vario al seguito (disposti tra mani, braccia e collo, vedi salvagenti) che si dirigono verso la spiaggia, sia dal “cicaleggio” continuo che insieme scandiscono il tempo e l’andamento lento. Dalle fessure delle finestre si intravede, oltre il fico, i suoi rami, le sue foglie, Enrico C. che dall’alto dei suoi 80, nasconde, come sempre, il viso e il suo capo calvo, dal solito cappellino giallo, omaggio di chissa’ quale commerciante nei lunghi e vuoti mesi che precedono la “bella estate”. E’ scuro in volto, coloro che è il risultato di una perenne abbronzatura forzata, per una continua esposizione al sole, e qualche ruga ne solca la fronte. Il sole lo vendemmia continuamente. Un tempo faceva il contadino e da anni, pur non avendo nulla da coltivare, si reca sulla sua terra (o ex terra) a guardarla come si fa con un amore eterno. Il manubrio della sua bicicletta conserva da sempre una bustina di nylon, a sinistra, per la spesa, e, a destra, in altra bustina, nell’ordine, si trovano, “il mastice, la pezza, e la carta vetrata” in caso di foratura. Enrico sara’ un pezzo di antiquariato e non solo da queste parti, almeno ritengo, in fatto di “gommista per biciclette”. Secchio d’acqua, camera d’aria immersa e occhi attenti pevlscrutare da dove escono le bolle E individuare così il foro. Poi, una grattata con la carta vetrata alla camera d’aria, la pezza e “il mastice”. E “riparo l’imbroglio”, dice. E quante ne avra’ riparate ai ragazzi del circostante in anni di onorata carriera? Sulla sua bici ha piazzato anche una bandierina dell’Italia a perenne ricordo di chissa’ quale mondiale di calcio o europeo
. Enrico e’ tozzo, ma lo e’ sempre stato, e anche qualche anno fa lo era; indossa una canottiera stile mare colorata, i calzoncini da ciclista e scarpe da ginnastica. Immancabili gli occhiali. Da sole a goccia. Nel pomeriggio, verso le 15, cascasse il mondo, e’ uso dare una scampanellata per indicare la sua partenza verso Porto Cesareo e svegliando cosi quanti sono in “zona siesta” : e’ sua abitudine ripetere la scampanellata anche al suo ritorno, quando il manubrio è ricolmo di spesa e l’andatura poco equilibrata. Un panino, fette di prosciutto, una scatoletta, tv sorrisi e canzoni, una gassosa e l’acqua Uliveto. Immancabile una pesca, perche’ fatta a fette in un bicchiere di vino e’ il massimo. Per lui. Bisognera’ pur concedere un aiutino allo stomaco dopo una mangiata simile alla sua veneranda eta’ e… dopo tutte quelle fatiche nel pedalare occorre una dieta sana ed equilibrata! Scampanella almeno un km prima del suo arrivo. I bambini, quei pochi rimasti che hanno sentito le vicende di Enrico raccontate da nonni e genitori, gli corrono incontro festosi gridando: “Enrico, Enrico”. Biascica qualche parola dalla sua 28 anche se i tempi di percorrenza tra Porto Cesareo e Torre Lapillo si sono enormemente dilatati negli ultimi anni. La forza del tempo. Canta, perché una volta lo faceva, nelle lunghe notti afose, o sotto gli ulivi, i fichi, tra uva in via di maturazione e angurie sparse sulla terra rossa, pronte per la raccolta. Era Caruso “dove il mare luccica”. E’ ancora Enrico, come Berlinguer, quando da queste parti il circolo era politica. Caruso. E spira forte il vento. Enrico, dopo la sua cena, fa due passi, a piedi. Qualcuno gli chiede di cantare o suonare, perche’ un tempo, quando non c’era nulla e poche anime intorno, suonava. O faceva finta. Per tidere e scherzare e passare il tempo. Ma alla gente, piaceva e piace così. Quando lo si incontra, nella passeggiata notturna, durante certe estati calde che non ti fanno dormire e ti obbligano a scappare dalla camera, in molti, incontrandolo, gli chiedono ancora di cantare una canzone….lui l’accenna, monosillabe, e accenna un inizio di accordo, senza chitarra, ma tutti d’accordo: forza Enrico, canta”. E lui:”Mi manchi sai, mi manchi sai.. naaaa… “e canta e suona mimando una finta chitarra. Poi, inizia a raccontare di quando a Belvedere c’erano solo lui e pochi altri e dal Boncore proveniva il rumore dei camion. Poi, la cementificazione, e storpia una canzone di Celentano… “la’ dove c’era il mare ora c’e’… “