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Fine giugno

20190630_103715Ultimissime ore prima del trasloco di giugno dalle pagine del Calendario di Frate Indovino, e non solo. L’abbraccio “caloroso” dell’ultima settimana lascerà  impresso e “appicicato” un ricordo rovente al pari, già scritto, detto, del giugno 2003. Talmente soffocati che una buona fetta di italiani hanno anticipato le loro vacanze per sfuggire alla canicola e alla morsa del calore. Un tempo, a luglio, erano i dipendenti della Olivetti di Ivrea che aprivano il discorso fetie, oggi, invece… bisognerebbe essere sociologi del lavoro per capirne qualcosa in piu. O dei colonnelli Bernacca. Qualcuno se  lo ricorda? Giugno ha il sapore del grano, delle pannocchie di mais, di agrigelaterie, poco distanti dalle citta` e dalle fabbriche ma immerse in fazzoletti verdi, polmoni d’aria  per qualche  ora di festa, agriturismi posizionati in posti semi nascosti delle colline, dei primi viaggi verso la Riviera, Ligure o Romagnola, e delle escursioni in montagna direzione Valle, Gressoney. E delle zanzare, delle guide e di Ligabue. Week-end che interrompono il senso ordinario inaugurando l’entrata nello straordinario, per il giorno di festa. Ma quest’anno, giugno ha un gusto in più, almeno nella maturità di molti; giugno che lentamente esaurisce l’anno scolastico e gli ultimi studenti e studentesse in elenco del ’99. Tra poco si licenzieranno definitivamente dalla scuola quanti entrando non erano più bambini e uscendo non saranno ancora uomini, e , per loro si aprirà  la vacanza più lunga della vita, dal gusto speciale e nuovo, della domanda uno, due o tre, ma sempre per molti versi, mito e rito, e per gli anni a venire, qualcuno canterà  sempre “Notte prima degli esami”.  Speriamo almeno che…buone vacanze in buone letture. A proposito di letture, ho terminato da poco quella  del libro di Carmen  Pellegrino, “Se mi tornassi questa sera accanto”, libro munito di dedica, ma, lasciato, purtroppo, per tanti motivi, in qualche ripiano della libreria. Una bellissima storia d’amore, di memoria, memorie, mancanze, sensi di colpa, rimorso, perdono, di fiume, fiumi, di acqua, di ritorni e di lettere fra chi ha perso qualcosa e da sempre ne aspetta il ritorno. Una storia, anche, tra Giosuè  e Lulù,  in un prima e in un dopo. Con un monito, nel trovare sempre, anche nella “disperanza”, la forza giusta per andare avanti.

Melissano. Punto e… “capo”

foto Borrelli Romano.17 8 2016.SalentoMelissano, Le.17 8 2016 foto Romano BorrelliMelissano, Le.17 8 2016, Borrelli Romano fotoE cosi capita che certe mattine ti svegli  col vento  dei ricordi che ti assale e coinvolge. E basta poco. Una brezza,  una sedia,  un dolce,  un numero. E’ presto ma è  il sole che chiama,  insieme alla fila dei giorni,  mesi,  anni passati. Dei giorni a cavallo di ferragosto,  con un must: il giro dei paesi nel capo leccese. Un caffè,  un controllo all’olio dell’auto,  all’acqua,  la verifica della benzina,  la chiave e… accensione e via.  Voglia di scendere un po’,  oltre Gallipoli, oltre la “sferracavaddi” oltre Taviano,  patria dei fiori,  Melissano,  Racale… Andare alle radici. Che forse,  stando ai ricordi e racconti dovrebbero essere proprio a Melissano.20160817_09471520160817_094628 “Buongiorno sule meu”,  una mano ha scritto su di una cinta muraria. Da piccolo ero affascinato da questi paesini,  cuciti insieme da una ferrovia e dal passare dei treni lentissimi e antichissimi. Chiedevo ai nonni di aspettare quel momento esatto in cui si abbassavano i passaggi a livello per veder passare proprio quei treni,  quelle caffettiere marroni,  ricordo. E ricordo le loro risate. 20160817_101516Paesi cresciuti e divenuti citta’ sul finire degli anni ’90 e inizi 2000,  grazie a qualche Presidente della Repubblica.  Paesi gia’ silenziosi sui quali calava ulteriore silenzio tra le 12 e le 18. Paesi con case dai gradini alle porte un po’ altini.20160817_093200Melissano.Le.17 8 2016 foto Borrelli Romano Ma li ricordavo veramente così oppure il tempo deforma sempre molto? E probabilmente ha deformato anche i gradini facendo ricorrere i proprietari di quelle case ai ripari? E il ricordo del profumo della “cupeta”? Questo si che lo ricordo. E l’ho ritrovata. E mangiata. Ovviamente. Ricordi di scarpe,  calze e donne che lavoravano il tabacco e dita “perforate” di donne al lavoro,  perché  per lavorare quelle foglie,  occorreva essere abili. Tutto qui intorno era un polo calzaturiero affermato. E le lotte e i canti delle tabacchine? Già,  non è  sufficiente ascoltare la canzone,  occore visitare questi posti,  viverlo,  farseli raccontare.Staz Melissano, Le.17 8 2016 foto Borrelli Romano La stazione. Mi piacevano queste stazioni,  così antiche,  con i treni ancora più antichi. Ho rivisto e vedo e vedro’ cose che non ricordavo più. Persone e parenti che non ricordavo perfettamente. Ho visto la terra ancora più rossa. Ho visto paesi che ora sono diventate per decreto città. Lungo la strada,  dopo Gallipoli,  non ho piu’ visto molti ulivi. O meglio,  alberi di ulivi tagliati,  senza rami,  braccia,  foglie,  capelli. Sofferenti. E ho pianto. Mi sembravano persone dagli arti manchi,    mutilate. E la gioia di questo tempo non e’ stata completa.

Melissano, Le.17 8 2016, foto Borrelli RomanoIl viaggio continua sui binari della memoria. Osservo la strada ferrata della Sud-Est e il caseggiato della stazioneMelissano (Le).17 8 2016 foto Borrelli Romano. Riesco ad immaginarla, oggi,  con gli studenti,  le scuole,  che come spugne ricevono e rilasciano… La immagino ieri,  con il viso di anziani nonni sorridenti a guardare il mio entusiasmo al passare di un treno. Allungo lo sguardo,  oltre. Qualche albero si sta riprendendo, è  la rivincita,  lenta. È  la speranza. Che qualcosa di buono rinasca sempre. Melissano, Le.17 8 2016 foto Borrelli RomanoSalento: lu mare,  lu sule,  lu jentu. La strada,  per un amore. Salento: km di strada e d’amore.

Dopo il 50…andata e ritorno e “Casa del caffe'”

Torino, via Garibaldi. 5 novembre 2014. Foto, Romano BorrelliDavvero bella Torino di sera. Stupenda. La frenesia, la corsa, gli uomini e le donne, prendono le strade del riposo, dopo la fatica, meglio, la scala mobile verso il tunnel che riporta e riporterà ancora e ancora stanche membra verso casa, verso gli affetti. Bello il colpo d’occhio su questo spicchio della nostra città che da Piazza StatutoTorino, 5 novembre 2014. Piazza Statuto. Luci d'Artista. Foto, Romano Borrelli, via Garibaldi spazia fin verso la collina. “La pancia” della città accoglie o raccoglie quanta più gente possibile, anche lì sotto, apparentemente statica, ma in movimento. Quanta memoria in quel “sottosuolo.” Nella nostra metro sabauda, in riduzione, e con il nostro metro sabaudo, talvolta diffidente e “per sottrazione” riesce proprio difficile immaginare passeggeri in piedi, a grappoli, come accade in quella di Milano o Roma….forse perche’ “caratterialmente” veicoli più…stretti, ma non per questo, distratti. Chissa’.Torino, Porta Susa. 5 novembre 2014. Foto, Romano Borrelli Movimento. Minuto dopo minuto la città si svuota. Così ad un occhio superficiale e disattento potrebbe sembrare, perché in realtà l’altra scala mobile è ligia alla legge del sistema dei vasi comunicanti e difatti ne  “scarrozza” fuori tanti quanti ne “ingoia”.  Il ricambio è continuo. Popoli  che si sfiorano, si scrutano, si annusano. Sotto terra, vita. Sopra terra, idem c.s. Una festa itinerante continua. Poco distante da qui c’era “la terra”, la montagnola, gli alberi, una strada, un ponte che congiungeva Porta Susa a corso Inghilterra.  Un giardino, dove, in primavera, quando alcuni  non utilizzavano  il bus 50, M. e L. ,si fermavano a godersi il fresco della città, all’ombra di qualche albero, prima di ritornare ai propri affanni: i libri lei, dopo il 46, la caserma lui, dopo il 10. Porta Susa era li vicino, a vigilare quell’amore. Di tanto in tanto il rumore di qualche treno sbuffava e richiamava alla realtà, interrompendo sogni e il gusto del miele. C’era anche chi,  lungo il binario tronco 1 di Porta Susa attendeva romanticamente (in compagnia di qualcuno) il “proprio treno”,  quasi mai in orario, a dire il vero, seduti su quell’unica panchina, in attesa della littorina…Il fatto e’ che per i primi, i numeri andavano e tornavano e oramai li si poteva riconoscere dal numero seriale, che erano sempre gli stessi a compiere l’identico tragitto da capolinea a capolinea, fino al termine del loro servizio che era a notte   fonda ma anche alba. Persone come le mosche, rade, poche, che col freddo, si perdono sempre e non lasciano più traccia. Poche ore e la citta’ si sarebbe messa (rimessa) in moto come il giorno prima…Ora pero’ l’orologio segna’ l’una e trenta…Poca voglia di dormire e tanta di leggere e studiare ma anche di vedere a quest’ora della notte cosa succede in citta’, o cosa succedeva o sarebbe successo nei ’70 a Laura e Mario. Una donna e due uomini corrono (come si vede, e io vedo, non hanno dovuto aspettare, loro, l’alba, per mettersi, o rimettersi in moto), sciarpa intorno al collo lui e guanti lei, l’altro ha addirittura delle ginocchiere. Ma io ho voglia di prendermi  l’aria fresca torinese addosso, che in questo periodo e’ sempre a buon mercato, girovagare, allungare qualche spicciolo e comprare La Stampa, come accadeva qualche tempo fa, prima di quella on line, quando i venditori ambulanti erano davvero tanti e i lettori dei cartacei infinitiTorino, Porta Susa. 6 novembre 2014. Foto, Romano Borrelli . Mi appoggio su questo cornicione della metro e immagino il pulsare della vita fra qualche ora, i ganci, fra l’uno, l’altra, i molti, i tanti. Poche ore ancora per il caffe e cappuccino…..”Domani è anche il giorno del volantinaggio, dell’unione tra i due, che non sono L. ed M. ma il movimento operaio e quello studentesco.” Intanto, in corso Valdocco qualche militante ha aperto gli sportelli delle bacheca, disteso i lunghi fogli di giornale all’interno di quelle, per poi richiuderle con una piccolissima chiave. La Stampa, L’ Unita’, la Gazzetta del Piemonte. Tra qualche minuto si disporranno le file, di due o tre saggi, e non solo, perché il posto in prima fila era per tutti, (prima della democraticita’ della rete) immersi nell’attenta lettura, di quella che era una antenata bacheca “social”. Per molti studenti della media Cesare Balbo quello era il primo incontro con l’informazione, fogli, sempre quelli, antenati del “Metro”o “Leggo” in distribuzione oggi presso le fermate della metro. La professoressa Morgan era sempre ben contenta di accogliere studenti in un periodo in cui l’informazione girava solo su due canali televisivi. Oggi, invece, “vola” e porta informazione oltre…la Rai, su di un filo della rete…di via…Cernaia.Torino, via Cernaia, Luci d'artista. Palazzo Rai. Foto, Romano Borrelli Alcune volte in “soccorso”, per sopperire alla carenza altre alla mancanza o poca voglia di fare ricerca. Riannodiamo pero’ il “filo” e stiamo al dove eravamo rimasti.

Per il momento, il rumore delle rotative, (in  quel, momento), andava. Odori, colori e profumi che cambiano…A proposito i profumi e odori, lasciamo che Laura e Mario, prima dei mastrini di lei, prima dell'”appello di lui, si gustino dolcemente un po’ del loro miele, cappuccino, caffe’ e qualche cantuccio, nel loro minuscolo cantuccio eletto a loro domicilio presso il bar “Casa del caffe'”.  In fondo, Giancarlo e Gaetano sono li che li aspettano, il primo da 52 anni, il secondo da 42. O forse sono ancora li tutti insieme…..

per quanto mi riguarda, bhe’, vado a dormire.

Buonanotte e…Torino buongiorno!!!!

Lecce o Ravenna? Matera capitale europea della cultura 2019

Foto, Romano Borrelli (3)Ormai ci siamo quasi. D’accordo, le città candidate sono anche altre e tra queste Matera, Cagliari, Siena, Taranto. Ognuna meritevole di titolo, ciascuna capace di esprimere una bellezza straordinaria. Ma quale sarà la capitale della cultura in europa nel 2019? Il cuore, naturalmente, batte, tra le radici.

Oggi e’ una giornata di sole.  Di svolta. Vedremo di chi sara’ il titolo.

…Il titolo e’ stato assegnato a Matera…in ogni citta’ vi erano schermi dove venivano proiettate immagini….La citta’ dei sassi ha avuto la meglio sulle altre. 13 commissari dovevano eleggere la citta’ “capitale” della cultura europea per il 2019: Matera ha incassato  7 voti e  ricevera’ un premio in denaro da spendere in manifestazioni culturali. La notizia e’ stata data dal Ministro Franceschini. Un po’ di delusione nelle e dalle  altre citta’ candidate. E anche mie, ovviamente, che gia’ di prima mattina mi ero svegliato con questo pensiero: quale citta’  si aggiudichera la vittoria? Ora posso dirlo, in fondo in fondo, il cuore batteva per Lecce, per il Salento, per quel mare, sole, terra, ulivi, vigne, le orecchiette, i pasticciotti…il Quotidiano al mattino e il caffe’ Quarta, spesso e bollente. Un’alba e un tramonto non soltanto da vedere ma da “Belvedere”. Avrei voluto essere li, per abbracciare l’intera citta’ che ci aveva creduto fino all’ultimo. In ogni caso, da parte mia, ho provato a lanciare un modo alternativo per far amare sia Ravenna, prima, sia Lecce poi.  Spesso ho pensato ad una modalita ‘di fare “scuola”passando dalla scuola di massa alla scuola di massa”. E l’esperienza non e’ stata male, anzi. Suscitare interesse per la cultura, l’arte, la geografia in “una frazione di intervallo”, anzi, due, non e’ stato semplice, soprattutto in fase di “vigilanza”. Non e’ stato un multitasking ma una sfida educativa. Come e’ possibile educare in una societa’ liquida? Nuove sfide educative? Certo, ora sarebbe bello approfittare della vittoria di Matera per effettuate un piccolo passo avanti, vedendo, studiando Pasolini e il suo film, girato a Matera, “Il Vangelo secondo Matteo”. Senza dimenticare che altri 50 film sono stati girati nella città lucana. A scuola, sarebbe stata una bella e ulteriore sfida poter fare scuola…Comunque, complimenti a Matera. Ti guardo e ti riguardo e mi dico  che sei davvero bella. Verro’ a visitarti. In fondo, da Lecce e da Taranto disti davvero poco.

una giornata ricca di avvenimenti. A Torino, fin dal mattino gruppi di studenti in attesa in Piazza Arbarello per marciare insieme agli operai e la Fiom in vista della  manifestazione-sciopero  indetta dalla Fiom: 10 mila contro la riforma del lavoro che toglie diritti. In diecimila scendono in piazza e se la riprendono. Tutti contro il jobs act.  Non succedera’ come con le pensioni. Un fiume in piena, Maurizio Landini dal palco. Una ventina di pulmann, un anticipo della manifestazione della prossima settimana. Si sono registrati momenti di tensione tra antagonisti e forze dell’ordine.  Giornata calda, insomma, a Torino.

Anche a Terni Fiom in piazza. In trentamila hanno manifestato in citta’, non solo operai ma una citta’ intera. La tv rimanda immagini di ragazze piangere per il lavoro che lentamente muore.

A Torino  era previsto il vertice europeo dei ministri del lavoro, aperto al teatro  Regio . Un punto sulla situazione a partire dalla carta rta dei diritti firmata qui a Torino, il 18 ottobre del 1961. Domani e’ prevista la presenza del presidente della Camera Laura Boldrini. Infatti, l’incontro-vertice continuera’ anche domani. Ma il lavoro dove e’?

Gia’, il lavoro…alle 16.42 “la puoooorta” si e’ chiusa. Verso,”sud” se ne apre un’altra. Tra dolci colline…..Ravenna. Stazione. Foto, Romano Borrelli (2)

Genova e i suoi angeli

Una delle tante foto condivisa dalla rete. Una delle poche foto non mia. Meritano davvero un plauso quest* ragazz*  che spalano, spazzano, strizzano stracci e spostano in continuazione secchi ricolmi d’acqua.  Svuotano tombini, fango alle caviglie, pala in mano o mani nude, e piu’ ne levano piu’ ve ne ‘, di fango, senza mai arrendersi, sotto un cielo cupo. La foce del Bisagno, via XX Settembre, interi pezzi di citta’. Genova ricolma di giovani, pala in mano, stivali ai piedi. Senza pensarci su. Studenti delle scuole medie superiori, universitari. Ripulire strade ricoperte di fango e farci riscoprire un valore un po’ sbiadito, quello della solidarieta’ verso chi ha poco, verso chi ha perso molto. Le immagini televisive mostravano ragazz* intenti a spostare fango, anche  con le mani nude ed una ragazza munita di soli bicchierini per prosciugare il manto stradale: “in mancanza d’altro” ! Grandissima quella ragazza: instancabile, infaticabile e col sorriso e la voglia di fare, di darsi da fare, di essere utile per rifare bella Genova. Un esempio.  Li, dove ve ne era bisogno. Senza perdere tempo, li immagino dirigersi verso la stazione di Brignole, a rendersi disponibili in una citta’ ferita. Un plauso a quest* ragazz* che si stanno adoperando per renderci Genova come ogni giorno, con la sua collina, il suo mare, il suo centro storico, i suoi profumi, i ricordi sempre vivi di una “Genova per noi”, sempre. Resistente. Ricordiamoli (se ne ricordi l’estensore della scuola buona) poi quando saranno nelle scuole, quando torneranno nelle aule (qualcuno ha anche scritto, senza porte) tra i banchi, nei loro, nostri edifici. Ricordiamoli quando alla richiesta di qualche fotocopia “timbriamo”il nostro no perche’ “la scuola non ha soldi” e risposte simili  per altre richieste. Ricordiamoli soprattutto quando ci rispondono  che ne hanno bisogno, delle fotocopie, perche’ non hanno libri  con loro e ti dicono il perche’: “come faccio, i miei genitori non possono permettersi di comprarmeli”. Ricordiamocene…

Intanto, il messaggio che ci mandano e’ che “un altro mondo e’ davvero possibile“.” Non c’ e’ fango che tenga”.  Dalla citta’ della lanterna un messaggio forte di questi ragazzi che sono luce nella luce. Grazie.

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A casa.

Torino 24 maggio 2014.  0re 22.30 circa.E al termine, tutti a casa.  A dormire, nella propria “cameretta“. Felici e contenti. Sembrerebbe il titolo di un film, in realtà, non lo è. Casa, parola, pensiero ripetuta e rimbalzata nella testa di molti, nella scorsa notte, tra  un popolo molto variegato. Ripetuta, mentalmente e lentamente, al pari di un bimbo esausto che vuole tornare a casa, ma solo perchè stanco, in compagnia dei suoi giochi, prima della nanna. A casa. Forse solo per giocare. E provare ad immaginare un mondo diverso. Un popolo arcobaleno, che rientra a casa, stanco ma gioioso. Per un attimo penso a mio padre, quando da piccolo, dopo la scuola, aspettavo lui, per la cena, per uno sguardo veloce ai compiti, al diario. Mentre ora, aspetta me, con gioia, qualche scritta di troppo, sulla pelle, sulle  mani consumate dal lavoro. 

Popolo  che mentre si “disperde” ne  intercetta altro.  Lungo le vie di una circoscrizione, la 7, (a Torino)  si è palesato un popolo ben rappresentato. Anche in questo caso vi è chi si sforza, questa mattina, di esprimere la quantità dei presenti, ieri, con un numero, una cifra.  “Affluenti”, “presenti”. “astenuti”, di quelli che erano qui, ma erano anche altrove. Con la testa.  Ma è la qualità, quel che conta. L’impegno, l’esserci, nel senso di essere presenti a se stessi e vivere qualsiasi  momento che ci è dato con intensità e gioia. E ieri, sono stati tantissimi, questi  momenti. Incontri. Saluti. Abbracci, mani intrecciate. Avrebbe potuto essere il titolo di un libro, “Riti e rituali” ma non lo è stato. Negli anni il percorso della processione si è modificato, al pari di come mutavano  i preparativi e le feste relativi alle celebrazioni dei matrimoni nella Francia meridionale. Il corteo degli amici degli sposi, per le strade  terrose che imponevano certi rituali poi modificati con l’avanzare degli anni e la “civiltà” che incede con le strade asfaltate e le macchine. E con l’asfalto, addio all’albero della sposa…Ma l’intensità dell’evento, del rito è sempre la stessa. La devozione, la passione è sempre identica. Bastava sollevare gli occhi, verso i balconi delle case. Lenzuoli ricamati, rigorosamente bianchi e tovaglie e tappetti. Umanità. Via Maria Ausiliatrice, via Biella, via Brindisi…Sempre l’identica bellezza, che non muta mai. Così come la bellezza dei capelli di una donna che rimbalzano sulle sue spalle, sulla schiena. La sua eleganza nell’incedere, il volto che si gira e l’intercettare di uno sguardo, occhi negli occhi. Capelli color miele, occhi nocciola.Torino 24 maggio 2014. Cortile Maria Ausiliatrice. Foto Romano Borrelli Bellezza di uno sguardo disarmante. Torino 24 maggio 2014. Ore 19.00 Ragazzi in attesa. Cortile Maria Ausiliatrice. Foto Romano BorrelliAllo stesso modo, certe cose,  come quella, come altre, non possono mutare. L’importanza del rito. “Tutti a casa”, slogan  che si ripete in giornate come quella odierna, di sezioni, di matite, di scrutatori, di Presidente di seggio e di rappresentanti di lista. Di liste e listini. Di partiti. “Tutti a casa”, dirà qualcuno. Lavorando a scuola, sono molti i giovani che si apprestano ad andare al voto per la prima volta. Emozioni, gioie, speranze. Generazione Erasmus. Chissà cosa si aspettano dall‘Europa. Cosa domandano, alla politica, con la loro intenzione di voto, all’Europa. Studenti sempre più internazionali  che “passeggiano” per i corridoi della scuola durante i loro intervalli. Immersi nei pensieri del  voto altrui  e intenzioni di voto proprio, di interrogazioni   e domande all’Europa. Cosa promuoveranno e cosa bocceranno nelle loro intenzioni di voto? Chissà. Intanto, presto, i loro educatori, cominceranno a giudicarli  con l’espressione di un voto. “Come andrà”? domandi, di tanto in tanto. “Dovro’ accendere un cero alla Madonna” risponde più di uno. Maria Ausiliatrice in processione. In via Maria Ausiliatrice. Ore 21.45 circa. Foto Romano BorrelliE in tanti, un cero lo hanno davvero  acceso e portato in Processione.  Per un voto. Dal voto al voto. Intanto, a notte inoltrata il popolo si “scioglie” e  ne intercetta altro. Quello sportivo, che  dopo aver vissuto momenti esaltanti di una finale di Coppa dei Campioni davanti alla televisione esce per le strade della città, del quartiere.Torino 24 maggio 2014. Ore 19.00 Cortile interno Maria Ausiliatrice. Candele. Luce nella luce. Foto Romano Borrelli  La coppa dei campioni. Anche se, in realtà, non si chiama più così. Riti, rituali. Anche qui,  al termine di una partita interminabile, qualcuno è “tornato a casa”. Nella stessa casa. Due squadre della stessa città. Atletico-Real. Un evento sportivo. Entrambe le squadre sono state le migliori. A mio modo di vedere, hanno vinto entrambe.

Di queste giornate ricorderemo visi giovani, che hanno vissuto e che si apprestano a vivere qualcosa di entusiasmante. Nella speranza che qualcosa di migliore possa davvero arrivare.

Torino 24 maggio 2014. Ore 2.00 Cortile. Foto Romano BorrelliPer ora, si torna a casa.Torino 25 maggio 2014. Davanti ai seggi. Prima delle elezioni.

Lettera 28. Continua…

 

 

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Torino. Monte dei Cappuccini. Romanticismo notturno.

Il caffè, quel caffè, era il nostro rifugio.  La piazza e la stazione nella quale aspettavamo un treno, il nostro treno. Due luoghi, due spazi, fulcro della vita culturale. Non era la nostra vita quotidiana, ma ci provavamo, a farla diventare. Nostra.  In tutti e due i luoghi, i  libri ci accompagnavano. Sempre. Ci aiutavano nella nostra libertà. Loro incontravano noi e noi incontravamo loro. E ogni incontro, un’esperienza unica. La loro con la nostra. La nostra e la loro. Con loro in nostra compagnia, superavamo confini e saltavamo angoli che la realtà ci costringeva o meglio, ci costringeva a vivere in luoghi angusti, e lavorare con un “abito” non nostro. Ma fortunatamente, come lo storico della domenica, ci scrollavamo di dosso molto, del passato, dall’ultimo incontro a quello nuovo. Torino era nostra. Piazza Castello, al pomeriggio. In lungo e in largo. Mano nella mano.  Avevamo vinto lo scudetto. Il nostro. Una giornata di festa e tripudio. Festa, cori, trombe e bandiere.  Uno scudetto appuntato sul petto, al termine  di un campionato. Era l’andata. Il ritorno sarebbe stato più duro. Come tutti i ritorni. Una trasferta lunga, con il fattore campo che certo non aiutava. Ma intanto, quello, era il nostro scudetto. Laureatici campioni, in piazza, a festeggiare, come dopo un esame. In un campionato a due. Lo scudetto, quello nostro, era l’abbraccio e le mani intrecciate. Le trombe, due cuori esultanti. La bandiera era un enorme foglio bianco sul quale scrivere la storia. Il tamburo, il nostro cuore. Un cuore solo, fuso. La nostra storia. Piazza Castello, per l’occasione, e per tutte quelle a venire, diventava, o meglio, ridiventava la Medal Plaza. E noi, orgogliosi, la appuntavamo, sul nostro petto. Da li, ai Cappuccini, occhi gettati verso l’alto e da qui, a Superga. La città era nostra. Ai nostri piedi. Il ritorno, lento ma veloce. Uno sguardo all’orologio. Il tempo passa. Troppo velocemente. La riconquista della Piazza. La scelta del caffè, del bar, per l’aperitivo.  Cosa che avremmo ricordato, il giorno dopo, in stazione, prima del congedo. Due mani, domani,  formeranno un cuore.  L’umor acqueo, fornirà l’inchiostro. Le dita, saranno i tasti, per scrivere qualcosa che non si puo’ dire in poco tempo, in pochi secondi. Quel tamburo continuava ad emettere lo stesso suono. A distanza. Di tempo.  Il treno, velocemente veniva  inghiottito dalla galleria cittadina. Cominciava il girone di ritorno. Tum, tum, tum…il cuore batteva il suo tempo e questo non ne rallentava mai quel battito.

 

Oggi, come allora, piazza Castello. Sul porfido, la lettera 28, batte gli ultimi tasti.Torino 18 ottobre 2014. Foto, Romano Borrelli Ultime lettere.  Ancora una lettera. Per continuare. A sognare. Il foglio bianco, la nostra bandiera, ormai è divenuto testo scritto. Le dita, le mani, solo apparentemente si distaccano. Le dita, battono e scrivono una storia. Questa piazza sembra, a quest’ora, ha le sembianze di  un bel visino. Occhiali, frangetta e occhi neri, sono quelli di Marina, che così “ricama” la sua storia. Io l’ascolto e la regalo ai lettori.

“Una coppia porta a spasso il suo segreto, nello spazio aperto di Piazza Castello, che induce a prendere fiato per fare un profondo respiro, per un lungo sospiro. Aria di libertà, il sole ravviva i colori e definisce i contorni, la temperatura, mite, rilassa i muscoli (compreso il cuore). Mi piace pensare che quelle mani non siano perfettamente aderenti, che non ci sia il vuoto fra di esse, ma che contengano il frutto dell’amore dei due, il frutto che si portano a spasso nascondendone il sapore al pubblico pur rivelandone la bellezza. E’ questa delicata esibizione di un sentimento, rispettosa del confine fra la dimensione pubblica e privata dello stesso, che suscita in me tenerezza. Strappandomi un sorriso e un pensiero, su quell’avanzare nella piazza come nella vita in due, distinti e diversi, ma l’uno accanto all’altro. Lui non colma le mancanze di lei, lei non colma le mancanze di lui, ma lo attraversano insieme, il vuoto che ognuno si porta dentro. Stando accanto. Anche quando l’amore è attesa e manca la routine per cui si conservano come reliquie oggetti, foto, libri che oggettivano la presenza, l’assenza, di lui o di lei. Basta poco per ritagliarsi un momento di poesia nella giornata. Alzo gli occhi al cielo, lo stesso cielo. Calpesto la stessa terra. E mentre le due mani intrecciate spariscono all’orizzonte in me rimane un retrogusto dolce, di qualcosa che fu, di tutto l’amore divorato, mai assaporato, mai restituito. Vita, torna da me, cavalcando la primavera.”

Quando l’inesperienza incontra la saggezza

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Mentre fervono i lavori a Valdocco, a Torino,  un breve salto, al terzo piano di questo bellissimo edificio.  complesso, a salutare la “saggezza”, tutta compresa. Santo edificio! Appena fuori dall’ascensore, il rumore delle posate si fa più intenso. Indice che il pranzo volge al termine. Su uno scaffale, una copia de La Stampa e l’Osservatore Romano. Entro. Due tavolate. Tovaglie a quadretti. Un buon pranzo. Un saluto affettuoso, a tutti, i saggi, che in più giorni hanno “pazientemente” sopportato il via vai per fermare, o meglio, fissare, un pezzo di storia, su taccuini, carta di un tempo, e tavolette di nuova tecnologia. E per non fare torto a nessuno, quale momento, per i ringraziamenti e le scuse di tanto disturbo e tanta sopportazione? L’unico momento in cui, davvero si riesce a dire “permesso, scusate, grazie“, a tutta questa bella gente,  è quello del pranzo.  Compagni di viaggio, del signor Torre. A volte l’inesperienza, involontariamente, porta a non “allargare” la visuale alla ricerca.

Tutti, allo stesso modo, lavorano, tutti faticano, tutti sopportano. Tutti hanno viaggiato. Tutti importanti allo stesso modo. E tutti hanno la propria storia da raccontare.  E noi, il dovere di ascoltare.

Sarebbe interessante un passaggio, qui,  dei ragazzi delle scuole. O altrove, in qualsiasi posto dove si incontra la saggezza.  Imparerebbero ad apprezzare la storia.

I giovani, a scuola, e fuori,  corrono, sono veloci,vanno veloci, e la vita, forse non la colgono fino in fondo (forse), ma allo stesso tempo, hanno un forte senso di cosa sia, la vita. E sarebbe bello, se di tanto in tanto, l’inesperienza riuscisse a passare da qui, o in qualsiasi altro posto, dove è di casa la saggezza.

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Cinquemila al corteo

Dopo il bastone, la carota. Spettacolo in linea con le minori spese, come il bastone, veramente, utilizzato per i lavoratori sotto il profilo contrattuale e il bonifico che non arriva ancora. Cinquemila in corteo,colorato e pacifico. Numeri sugli aderenti allo sciopero, non se ne fanno, a dire il vero. Non importa, non a tutti è concesso di avere coraggio. A volte le situazioni di comodo, per tanti, sono migliori. Anzi, convenienti.  Un po’ qui, un po’ li……..Manzoni, con don Abbondio,  insegna che il coraggio….Non importa, ognuno si regola con la propria coscienza.

Riappropriamoci del contratto e stabilizzazione immediata di tutti i precari.

Buon primo maggio.

Romano e Juri Bossuto

Da qualche tempo ha ripreso a circolare un vecchio tram per le strade di Torino. Il numero 7, colore dei tempi andati, verde. Alcuni di quei mezzi sono doppi, altri singoli, con una sola porta centrale adatta per l’uscita. Altri, serie 28, sono di quelli già circolanti sulle strade di Torino, solo colorati di quel verde anni 70. Effetti speciali. Probabilmente tentare di tenere in vita forme del passato, come quelle, è piu’ semplice che tenere in vita conquiste del movimento operaio. Effetti speciali. Come tantissime notizie che circolano sulla ripresa economica, che non esiste. Come la povertà infantile, privata dei giusti riflettori. Come la disoccupazione giovanile che viaggia al 29%. O ancora il tasso di occupazione femminile, intorno al 48%. Dati che ci pongono lontani dalla media Ocse. Come chi sostiene che la speranza di vita si allunga e 40 anni di lavoro sono “giusti” e che come sostengono alcuni, privi di senso di realtà, continuano a sostenere che “ipotizzando di cominciare l’attività lavorativa a 20 anni, si potrà andare in pensione a 60 anni“. Dimenticando facilmente che in questi 40 anni di mezzo le interruzioni dovute alla precarietà sono davvero enormi. Senza paracadute. Senza ammortizzatori. Impossibilitati a richiedere forme di disoccupazione, un altro pezzo dello stato sociale che se ne va.

Facile salire sul 7. Molto piu difficile sostenere le conquiste del movimento operaio stando, a suo tempo, dalla parte della Fiom.

Forse troppa televisione ci ha davvero zittiti, incapaci di riflettere. Anche sul recente passato.

Ieri, a Torino, un interessante incontro al Circolo dei Lettori, “una maratona di parole e danza mute”, con l’Accademia del Silenzio. Nel pomeriggio un intervento mi ha dato modo di riflettere. “Quanti di voi hanno il senso per le invenzioni?” Dalla sala, piena, solo due mani alzate. Una nel pubblico, una del relatore, inventore, anni fa, di una “zanzariera ad ultrasuoni”. La domanda successiva era: “Quanti di voi guardano la televisione?”. Quasi la totalità. E da qui, il confronto su come era la televisione trenta anni fa e come è ora. Un film la settimana, un tempo, e, possibilità di sognare, tra un tempo e l’altro, e, nel corso della nostra vita. Oggi, siamo letteralmente “martellati” dalla pubblicità, onnipresente. Sogni infranti. Incapaci di indignarci. Incapaci di scegliere. Indifferenti. Tutti free-rider. Nella competizione elettorale, qui, a Torino, ampia visibilità e riflettori sempre accesi solo su due o tre candidati. Alla faccia della par condicio. Anche il 25 aprile, nonostante fosse presente, in piazza, Juri Bossuto, candidato per la Federazione della Sinistra al comune di Torino, solo due candidati hanno avuto visibilità. Forse perchè davvero “se abbiamo cose da dire” dobbiamo stare zitti. I riflettori dei mass-media si spengono, e noi dobbiamo essere capace di riaccendere le coscienze, quella sociale, prima, quella politica poi. Sentire un politico che persiste nella sua concezione di “politica conseguente al voto utile” sbarrando la strada ad altre forze politiche, non mi sembra la via giusta. Già Einaudi sosteneva che solo la lotta continua fra ideali in competizione puo’ far vivere un popolo. “Solo nella lotta, solo in un perenne tentare e sperimentare, solo attraverso a vittorie ed insuccessi, una società, una nazione prospera. Quando la lotta ha fine, si ha la morte sociale e gli uomini viventi hanno perduto la ragione medesima del vivere”.

Mi accingo a partecipare al corteo del primo maggio, con la consapevolezza e la voglia di poter avere, in Consiglio Comunale, a Torino, un amico in…..comune: Juri Bossuto. Capace di rappresentare i temi del precariato, dei lavoratori, dei disoccupati, degli studenti, universitari, pensionati, dei beni comuni…degli ultimi, che per essere visibili stanno zitti. Forse, se abbiamo da dire qualcosa, dobbiamo fermarci un attimo. E ripensare.

Buon primo maggio.