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Buon compleanno Dostoevskij

Torino. Stazione Porta Susa. Foto, Romano Borrelli

Dentro “questa balena” , Porta Susa, che non assimila quasi nulla perché tutto transita, dai treni alla metro, alle persone, mi  soffermo davanti ad un numero, che non è e non puo’ essere un binario. Da qui, tutto passa velocemente, come il vento. Torino Porta Susa. Ai binari. Foto, Romano BorrelliUn otto. Qui dentro, in questa “epa”  di vetro si sta bene, al riparo dalla pioggia, in piedi a leggere attentamente oltre questo numero. Sui balconcini, gente in attesa, davanti ai bar, in fondo l’edicola e da questa parte, la metro e un’entrata che non è ancora tale. Torino, stazione di Porta Susa e metro. Foto, Romano Borrelli.

Inevitabilmente, dopo il lavoro, la passione di riappropriarsi del proprio tempo è forte, incessante, battente, come questa pioggia, che riflette sul selciato luci di ogni colore. La penna ripercorre l’itinerario solito: caffè, casa, casa del caffè, ottovolante, comune…….e una bellissima storia da pettinare o da pattinare. O forse, realisticamente fantasticando, pattinarci su…Non importa. Il fatto è che tra i rumori, un pensiero e l’altro, gli appunti vari presi su qualche blocco con una matita ormai al termine, (come questa giornata),  avevo quasi dimenticato di fare gli auguri ad un amico. Eppure in questo “sottosuolo”, avrei dovuto ricordarmelo. Ne aveva 27, quando quella scrittura “fu statuto” e oggi, purtroppo, non mi son ricordato nonostante tutto parli di lui, di te, con queste panchine, quelle reclamate e quelle avute insieme alla sedia col posto d’onore che hai sempre meritato. Gli umiliati, gli offesi, i castighi subiti, i demoni… La tua personalità…

Li ho sfogliati tutti i tuoi libri. Anzi, li ho studiati, perchè i tuoi libri, non si possono sfogliare. Si devono evidenziare, sottolineare, ricordare, vivere…

Non dovevo dimenticare, almeno in questa città, Torino,  dalle notti bianche. E notti bianche, chissà a quanti e quante ne hai regalate. Assolutamente, non dovevo. Eppure, Le notti bianche…”Ma lo hai ancora quel libro che parlava un po’ di tutti noi?” Si, perché questo, lo si sente spesso, da chi lo ha letto e da chi ha fantasticato una vita per realizzare tutta la fantasia in un solo giorno, anzi, in una sola notte. Un libro da bere, tutto di un fiato, al mare o chissà dove …penso, salito con la fantasia sul tram 8, o sul 50, in quel periodo, a librarmi, su Torino pensando  che…Le notti bianche poteva essere un libro che L. teneva in mano e che di tanto in tanto, nei suoi momenti di pausa sicuramente leggiucchiava, sorseggiando il suo caffè, tra il passaggio di un 8 e l’altro, in attesa che tutto…………

Chissà come era quella Torino vista da dietro le vetrine di quel bar…vicino al Comune. Chissà come sarebbero stati descritti i tuoi personaggi, chissà come li avresti vestiti, quali ossessioni…Torino 12 novembre 2014. Il Comune. Sotto la pioggia. Foto, Romano BorrelliEcco, mi stavo perdendo ancora una volta, giuro non lo faro’ più.

Forse mi sono distratto o lasciato distrarre dai colori. Colori, persi e ritrovati, colori che non piangono e non si perdono, colori della nostra città.Torino, cortile Valdocco. 11 novembre 2014. Foto, Romano Borrelli Colori e fiori, sempre belli e presenti, in ogni stagione. Torino, 14 novembre 2014. Giardini. Foto, Romano BorrelliAllora, tanti cari auguri, Fedor Dostoevskij, buon compleanno e grazie per tutti i bei personaggi  che mi, ci hai, regalato insieme al “bel tempo” che ci hai donato.  Anche fosse solo “per una notte” o “per poche notti”…

 

Primo settembre. E…..STATE GIOVANI, sempre

1408983090276Il primo settembre si sa e’ il giorno della “presa di servizio” nelle scuole italiane. Ci saranno coloro che rientrano nella medesima scuola e quanti la cambieranno, in fila per apporre firme su fogli e fogli, l’attesa del badge e altro ancora. Collegio. Ci saranno  ragazz* in attesa per qualche riparazione di “sartoria” per un vestito riuscito male durante l’anno scolastico. Un tempo erano esami di riparazione e i dizionari lungo le strade e sui tram cittadini erano un must e il segno che la scuola ricominciava. Era il giorno del tema. Oggi, primo settembre sara’anche primo giorno di pensione per molti. Uno su tutti, Vito S., da Ivrea, dopo 42 volte in cui ha “preso il suo servizio” viene  collocato in pensione. Quanta gente e ragazzi avra’ visto passare…sotto i suoi baffi con  un sorriso sempre pronto  a tutt* nel porgere la penna e il benvenuto. Un amministrativo dal cuore d’oro, generoso. Un lavoratore al servizio dello Stato che non ha mai posto  “barriere” tra tipologie di contratti in entrata. Uguaglianza, di fatto e di diritto. Indeterminata per tutti. Anche per i determinati. Al servizio dello Stato e di Ivrea dove ha sempre lavorato.  Allora non resta che augurare una buona e meritata pensione a Vito S., un pilastro della scuola, e buon lavoro  a quanti, in ogni ruolo cominceranno il loro primo settembre. Si sa, da sempre, il primo settembre è configurato come il primo giorno di lavoro.

Per quanto mi riguarda  cerchero’di tenere per quanto possibile, nei mie occhi, i colori del Sud, del mare, del sole, degli ulivi, ricordandoli con affetto, come si fa verso i propri cari.Salento. Ulivi. Porto Cesareo. Agosto 2014. Foto, Romano Borrelli Ricordero’ quei giorni intensi fatti di adesione completa al presente. Un ricordo al faroSanta Maria di Leuca. Agosto 2014. Foto, Romano Borrelli (2), la sua luce e macchina di luce per tanti, il piazzale ed un solo bisbiglio, quello di qualche gabbiano. E quanti ho visto lavorare la terra, dissodarla, pulirla, operai nella raccolta in condizioni davvero dure. A volte semina e raccolta riescono davvero dure. Uomini dalla pelle dura, baciata dal sole. Monarchi del loro territorio ma dal carattere dolce e buon temperamento. Ricordero’ la loro colazione nel momento di pausa: un pezzo di pane, nero, di grano duro e qualche pomodoro, rosso, ricco di semi. Pausa durante la qual raccontavano il loro lavoro. A volte dopo la semina il raccolto e’ davvero buono.Porto Cesareo, Agosto 2014. Foto, Romano Borrelli

Buon primo settembre. E un abbraccio a tutt*. Colgo l’occasione per salutare proprio tutt* dal momento che la destinazione e’ cambiata….e..  “E…STATE” SEMPRE, giovani.Porto Cesareo. Agosto 2014. Foto, Romano Borrelli

Storie torinesi

Foto, Romano Borrelli. Torino dai CappucciniL’acqua del fiume scorre, lentamente. Oggi, è estate. Ma è anche ieri. Un uomo, in compagnia del suo cane, braccia appoggiate sul parapetto del lungo- fiume lo osserva, o meglio, osserva entrambi, levriero e acque,  con quel lento dondolio mentre si  infrangono su di un punto, per tornare poi a correre, velocemente, per riprendere il loro viaggio fino alla destinazione finale, il grande mare che le accogliera’ Con generosita’, come ogni donna il suo uomo. Sento la necessita’, il desiderio di s rivere, di appuntare velocemente qualcosa, in una sorta di atto egoistico che mi separi momentaneamente dal resto. Una voce dal di dentro, che mi impone di “disegnare” stanghette corsive, riccioli di lettere che comporranno pensieri, pronti a navigare, tra gli altri, privi di identita’. O forse si. Nella citta’ della Mole, ciascuno di noi ne avrebbe una tutta sua, da svelare. Di storia. Ma la voce dell’intimo, la stessa che porta a scrivere impone cosa e quanto scrivere. Fiume, spartiacque di quanto poteva essere e no, con le “scelte non fatte”, lavori, amori, mancari, non consumati. Ripongo in soffitta i pensieri e  osservo l’uomo, impercettibilmente muove una matita, stretta tra le sue dita che nel gioco di quella danza che crea imprime un disegno, e forse pensa a qualche storia fissandola sopra un pezzo di carta. La grafite compone. Lentamente nasce qualcosa. Lui osserva  il fiume, occhi semichiusi che immediatamente si posano sul foglio. E’ veloce.  Il foglio è lo specchio di quanto sta accadendo in un raggio d’azione, limitato.  Almeno ” fino a Superga”. O forse non così in alto, ma molto più indietro. Almeno di 65 anni. Un bel colpo d’occhio. Questa parentesi e questo paesaggio. Qualche gabbiano si posa sull’acqua. Il  cane, ai suoi piedi, riposa. Chissà quante volte ha dovuto aspettare la conclusione di un  “prodotto” da grafite. Difatti, nel giro di  poco arriva la conclusione. Il disegno è bello. E’ un bozzetto di quello che diventerà  un giorno. Un quadro. Osservo lo specchio. Poco distante da qui. E’ oggi in un insieme di ieri avvolti in un pezzo di carta. L’aria è pulita. Si sente profumo di caffè. Una rapida occhiata, prima di andar via. Un pensiero alle vacanze, imminenti.  Al mare, al sole, al caffè Quarta, al pasticciotto salentino alle cose buone del Sud e alle vacanze imminenti. E a quanto amore contengano tutte queste cose messe insieme con il loro profumo che emanano quando provi a scartarli e facendo cosa gradita ne condividi i gusti. “Ne vuoi?” Torno al “qui ed ora”. Provo a muovermi, il signore, attento a tutti i movimenti, percepisce  il mio. Un impercettibile scatto gli aveva dato la sensazione che mi stessi muovendo. Prova a chiedere il mio giudizio sullo schizzo. Lo trovo bellissimo. Mi dice: “Sa, questa mattina mi sono svegliato con le stesse emozioni di tantissimi anni fa. Avevo voglia di aria, di libertà, di evasione. Torino all’epoca non era inquinata. Era estate, proprio come oggi.  Che ho 77 anni.  Ero giovane. Forse sono venuto a incontrarmi. Quando sentì quella voglia, quel desiderio di libertà, ne avevo 12 o 13. Mi posai nello stesso posto  dove sono ora. E feci uno schizzo come sto facendo ora. Lo confronterò a casa, con quello appena sarò tornato a casa“. Poi chiama il suo cane. E’ ora di tornare. A casa. Mi chiede se mi piacciono gli animali. Cominciamo a parlare di cani e gatti. Lui mi parla di sensibilità e di anime pure e belle.  Come gli animali. Ha gli occhi lucidi, quando mi parla. Il suo cane si chiama Teodoro. Mi spiega l’origine e il significato. E’ un bellissimo levriero, marroncino.  Il signore possiede una nobiltà d’animo d’altri tempi. Mi parla ancora, di bene, di qualcosa di profondo. Accenna a Dio. Ripiega lentamente il foglio, ma faccio ancora in tempo a guardare lo schizzo, il disegno. E’ un’opera d’arte, a mio modo di vedere. Lo ripiega e lo mette via. Saluta garbatamente, con dolcezza. Rimarca ancora il suo amore per gli animali e ricorda di quanto un gatto, curato e adottato gli abbia cambiato molto, rispetto all’approccio iniziale. “Gli animali avvicinano agli uomini, a Dio.” Si congeda. Ognuno riprende la propria strada, il proprio cammino. Mi volto e ripenso a quel disegno,  a quella mano mentre tratteggiava, al suo amore, per gli uomini, per gli animali. Chissà quanta storia avrà scritto e avrà contribuito a farne scrivere. Ritorna il profumo di caffè. O forse non se ne era mai andato.  Lentamente riprendo il sentiero del ritorno.  Mi giro e rifletto: quell’uomo aveva Testa nelle mani e Testa lo aveva nelle sue mani.  E cuore. Una bella storia torinese in una città dove ciascuno nel proprio cuore ha la sua Carmensita. All’ombra della Mole. E di un cuore. E mentre torni a ripensare alle vacanze imminenti, al pasticciotto, al Salento, ti giri e pensi che la bellezza di questa citta’e’anche qulla di incontrare un uomo nello stesso posto dove era 65 anni prima a disegnare quell’identico soggetto spinto dalla stessa emozione di quando aveva 12 anni affacciatosi appena sul fiume della vita e che alla fine del suo lavoro ti domanda:ti gusta? E da quel momento una canzomcina si impadronisce di te e cominci a cantare Carmencita…

Ps. Non solo ho rivisto il carosello, ma anche il papà di quello specifico carosello. Chissà se stava inventando una nuova storia per un carosello di domani.

La scuola prestata alla politica. continua

Torino 25 maggio 2014. Ai seggiOre 01. 30. La sezione si chiude, in  classe resta poco. Le schede dei 552  “votanti” di questa sezione  , una del torinese, han preso il “largo” verso il “deposito”. Superga vista da dove c'era la stazione Dora.Dormono sonni tranquilli, suddivisi e racchiusi all’interno di pacchetti. Un fogliettino bianco, davanti, ne indica il numero e il partito. Ogni oggetto avanzato viene riposto all’interno della busta, come richiesto, dal verbale. Qualcuno conta ancora mentre si sa già chi conterà in Europa.i 49 milioni di italiani, elettrici, elettori, con il loro voto, hanno provveduto ad eleggere i 73 che andranno a formare il parlamento europeo insieme agli altri eurodeputati. Noi,  dei seggi si  torna a casa! Dopo, questa nottata. Ma noi siamo anche altro, Altra Europa. Un’ altra Europa e’ possibile. Anzi, l’Altra Europa e’possibile. Altri parleranno per giorni di referendum, plebiscito, vocazione maggioritaria, De Gasperi e brutta campagna elettorale, forse la piu’ brutta. Vedremo. Ora, buonanotte.

Dieci minuti alle 14. Borsoni blu e gialli a spasso per Torino. Si riconoscono i Presidenti e Segretari dei seggi, sezioni, sparsi per Torino. Ore 14 in punto. Una campanella suona, ma e’ quella riservata agli studenti, quando sono presenti a scuola. In ogni caso, porte chise e operazioni di spoglio al via. Ovviamente questo solo, per un paio di regioni e tra queste il Piemonte. La ripresa ai seggi, l’apertura, lo spoglio e lo scrutinio, potrebbero essere descritte come questa foto di Torino. E’ Torino, ma non sembrerebbe di essere a Torino.   Alcuni partiti hanno fatto davvero un buco. Qualcuno ha perso qualche  milione di voti e un elettore, attivo e passivo, e altri “non hanno vinto loro”. Si torna. A casa. Casa-casa. Per riposare. Nel frattempo osservo i cambiamenti di una zona della nostra citta’. Si riconosce la vecchia linea ferroviaria Torino-Milano.  Da un paio di anni il treno corre sotto. Sopra dovrebbe nascere una strada, fino al Politecnico. E oltre. Ritrovo il concessionario, ma “Dodo’” , con la sua uno, non arriva più da via Monterosa per “caricare” i colleghi senza auto   per recarsi al lavoro. Solidarietà d’altri tempi, che continuava all’uscita. Magari ti divideva una tessera, ma la persona, l’umanità, no.  La sala danze, idem c.s. La stazione ferroviaria Dora, non so più dove sia, o meglio, l’edificio. Abbattuto. Peccato. Era piccolina, ma riusciva a fare ancora il suo dovere. Al suo posto, una simil rotonda. Il nome, ma solo il nome, ricorda la rotonda di Senigallia. A proposito: come staranno dalle parti di Senigallia? Mi consolo guardando Superga, da questa stessa rotonda. Non è identica cosa pero’…Ho riconosciuto inoltre una cabina telefonica.”Marina fatti sentire“, c’era scritto e fatale fu in altre elezioni  con i  numeri da prefisso telefonico. Oggi i numeri sono 43%, il  dato affluenza alle urne in Europa, 60 % in Italia. Poi, il 40% al Pd, 4% Altra Europa…ecc.ecc. Li riguardo e torno al via. “Marina fatti sentire“. Forse Marina, ha “chiuso la porta. Della politica”. Uscendo dalla stazione DoraTorino-Ceres stazione. Ex stazione Dora Foto 26 maggio 2014. Foto Romano Borrelli , quella riferita alla Torino-Cers, l’altra, direzione Milano-Venezia, come edificio, è stato abbattuo, ho riconosciuto alcuni posti a me famigliari dove un tempo c’era il cavalcavia con la grande fabbrica, dove ora si trova un Ld e qualche altro supermercato.  Ho riconosciuto la scorciatoia che dava sul cavalcavia privata di questa. In fondo, i grattacieli, con la pubblicita’da caffe’ in cima. Oltre Mappano, Leini’. Qui, nei paraggi, molto e’mutato. Piove. il resto, tutto scivolato via. Come nulla fosse stato. Abituati a spettacoli teatrali, dove la fantasia eclissa i fatti.

Per la cronaca, Chiamparino “esagerato” trionfa in Piemonte. Solo ieri, sabaudamente, si scherniva dicendo “esageruma nen”.

Torre, un uomo che non sta mai fermo

DSC00282E così ho avuto il piacere di partecipare alla grande giornata, del compleanno di Giuseppe e di un grandissimo riconoscimento, giunto apposta da Roma. Quanta emozione! Una bella lettera dal Rettor Maggiore, dei Salesiani, don Pascual Chavez.

Un monumento alla storia di un uomo grande come Giuseppe che ha dedicato una vita intera al quartiere Valdocco e a tutta Torino. Chi è passato da queste parti, nel periodo dell’adolescenza, ricorda le cioccolate con la carta color lilla “Kerestin”, dispensate nei periodi di festa e non solo. Chi è dalle parti di Porta Palazzo ricorda la cura nello scegliere i fiori, le piante, i migliori, le migliori. Chi vendeva le stoffe, in Piemonte, in Lombardia, lo ricorda sempre “munito” di garbo e dolcezza. E così, per ogni attività, da lui svolta, senza  sabato o domenica. Sempre pronto e disponibile nella sua parte di educatore. Entrando in questa cittadella, si sente ancora il rumore di un pallone, di qualche pallina da ping-pong, qualche quaderno, libro e una matita. Esattamente come un tempo. elle giornate di neve, sotto i portici, i tavoli riservati ai “pellegrini di passaggio”  erano pronti a diventare tavoli da ping-pong con le racchette generosamente da lui  prestate. Ma a volte, si sa, nella storia è bastato anche un solo fischio. Così, tanto per iniziare. Per un buon inizio è sufficiente questo.

Ora, sarebbe bello ricostruire un pochino le vicende delle sue radici e, chissà, se davvero qualcuno della sua famiglia, per motivi di lavoro, “volo'” verso l’Argentina. E provare a vedere se sussistono legami di parentela con Giuseppe.

Bhe, non resta che mettersi in “cammino”.

Intanto sarebbe bello un augurio da Villafalletto, luogo che ha dato i natali questo uomo e, perché no, dal nostro caro Sindaco di Torino, Fassino. Sono certo che non mancheranno questi ulteriori auguri speciali.

27 Gennaio Giorno della Memoria

DSCN0941Dachau. Campo di concentramento. Per non dimenticare. Lungo il viaggio che ci portava da Torino a Berlino, una sosta a Monaco di Baviera e poi, Dachau, per posare un fiore. Raccogliersi in un momento di preghiera. Personale. Lo stordimento, per quanto visto, l’atrocità di quello che è stato, la cattiveria dell’uomo, l’afa di quel giorno. L’uomo ridotto a bestia. Tutto, brucia dentro, ancora. Innocenti che tacciono ma che parlano alle nostre coscienze. Non ricordo per quanto tempo, all’uscita, il silenzio,  calato si impadronì di noi. Muti restammo per molto in macchina. E quel viaggio lungo ci sembro’ ancora più lungo.  Forse fino a Dresda, o Berlino. O ancora, oltre. Un viaggio, diverso, o forse uguale, a quello effettuato anni prima. In Polonia. Partiti in una giornata caldissima di inizio agosto, per la precisione, il 5, dal binario undici di Porta Nuova, con un treno speciale. Un “cappello” ci riuniva: M. Ausiliatrice, 14. Ragazze e ragazzi sconosciuti. Amicizie da costruire; ognuno una storia diversa, se 18-20 possono essere già conferire una storia “alle spalle”, proprio come uno di quei tanti zaini che ci portavamo dietro, un pezzo di cameretta che si muoveva con noi. Ragazzi  provenienti da ogni dove, da Torino e dal Piemonte: San Paolo, Rebaudengo, Valdocco-Maria Ausiliatrice, Nizza Monferrato, Asti, Alessandria...  Marsupio e passaporto a portata di mano. Oltre al già citato zaino.  Walkman, auricolari, merendine in ogni dove. Un libro, la cartina, un blocchetto, la penna,  per appuntare qualcosa, in quella lunghissima traversata europea che da lì a poco ci aspettava. Torino -Varsavia. In mezzo, altre città. Vercelli, Novara, Milano. Direzione, Auschwitz, Birkenau. Tappe inserite in altro contesto. Un giro dell’ Est. Tutto cominciò per scherzo. In uno di quei sabati primaverili, ciondolando in una zona ora trasformata e mangiata dai centri commerciali. Una ragazza, Daniela,  mi parlò di un viaggio, in estate. Poco convinto, come possono essere certe convinzioni e credenze. Più radicate altre: giustizia sociale, redistribuzione, classi sociali, opposizione, l’Università, il movimento operaio, la Fiom, le conquiste. In ogni caso, accettai. Quel viaggio “s’aveva da fare”.  Cinque agosto, ore 15. Porta Nuova. Noi che andavamo incontro alla gioventù e questa che veniva incontro a noi. In treno. La sera, dai finestrini, le Alpi, l’aria fresca notturna. Trento, Bolzano, il confine. Praga, al mattino. Nei pressi della stazione, una casa salesiana ci accolse. Per colazione e pranzo. Giro della città. La ricerca di rullini fotografici! Rullini! Come le cabine telefoniche. Repertori. Studio antropologico. Code alle cabine. Poi Varsavia. Ancora treno. Questo nome, che in molti avevamo sentito insieme a Bruxelles, a “che tempo fa”, in tv, (temperature delle città europee)  riuscivamo ad abbinarlo  solo alla neve.  Spesso non pervenute. Cracovia e tantissima Polonia. Varsavia. Il fiume. Le tende dei russi e la nostra “casa S. S.G.B.” e l’amicizia con loro. Polonia. Occhi azzurri,  a volte tristi, altre no. Capelli biondi, trecce, libri. Gente con il dolore negli occhi, ma sempre accogliente. L’università. I viali. Czestochowa e poi, Auschwitz.  Fino al giorno prima, si cantava, si scherzava, si giocava, si girava mischiandoci tra gli universitari. “Czésc” e zloty alla mano e cappello alla marinara. Cosimo, Chiara, Francesca, Elena, Teresa, Gregorio, Silvano, Gianni, Doriana,  le sorelle Cristina ed Elena, Giampiero e sua moglie Giovanna, le gemelle Michela e Stefania, e tantissimi altri, che col passare dei giorni incontravamo;  nomi e persone che col tempo la vita ti porta a perdere di vista, e quando ti vengono in mente, o li incontri, così, per caso, tutto ritorna lì. Non quel  mese trascorso, li,  in giro, “all’ Est”. Tutto ritorna a quelle atrocità che sono state e che sono ancora li e che abbiamo visto. Montagne di capelli in una stanza, stampelle, vestiti, in altre, camere a gas. Il binario. Ragazze, ragazzi, venti, venticinque anni, tutti, entrati in un modo, tornati a Torino in un altro. In treno, in quel lunghissimo viaggio del ritorno, in una giornata di fine agosto, non riuscivamo più a prendere sonno. Né seduti, né sdraiati, quei pochi che avevano una cuccetta, né in corridoio. Sdraiati sul nostro sacco a pelo. Niente occhi chiusi. Neppure dopo. A Porta Nuova, ci lasciammo, a centinaia, uniti da qualcosa di diverso. Ognuno di noi aveva preso un impegno. Non dimenticare.  Memoria. Lacrime.  L’estate che continuo’, la sera stessa. Altro treno. Direzione Salento. In uno scompartimento, con alcuni provenienti “dall’est”. Restammo ancora in silenzio. Ora, Gregorio è un medico, Cristina una bravissima insegnante, così come Giovanna, Francesca in giro per il mondo, come Chiara, dopo aver studiato a Pavia, Cosimo nella scuola, Anna, una dottoressa…Ognuno, a suo modo, nel suo mondo, ricorda quel viaggio, quel campo, quel luogo. Che tutti nella vita dovrebbero fare.

DSCN0952Quando posso, torno all’Istituto Storico della Resistenza. Una lettura, un libro, qualche fotografia. Il ricordo di quel viaggio, continua.

Vetrine nuove e capo congelato

DSC00070DSC00072Via vai per le strade del centro, affollato e festoso tra i saldi, a Roma come a Torino alla ricerca di un capo, poco costoso, mentre altri,  pochi,  a dire il vero, a sostegno di un “capo” che momentaneamente è stato congelato. Gelato.  Come un bicchiere d’acqua, gelata. Come un’ampolla, d’acqua, del Po. Le sentenze non si commentano. Il Tar ha detto e dato la sua. La  ditta,  quella del “capo congelato”,  almeno per il momento, dovrebbe essere chiusa. Entro 45 sapremo dal Consiglio di Stato se ci saranno elezioni regionali. Lo slalom tra un’aula e l’altra continua.  Sembrerebbe una nuova disciplina olimpica. In tema di Olimpiadi. Alle porte. O chiuse. Da pochi anni, nella nostra città. Certamente non mi riferisco alle due bellissime vetrine di negozi che non avevo ancora visto, in centro, a Torino. In via Po. Dove i ragazzi aspettano. Da sempre. Come usciti da un libro.  Mi riferivo ad un aspetto politico.

“L’assalto” alla scuola dei futuri…..dirigenti scolastici

 Secondo giorno di prove orali per i candidati a dirigenti scolastico. Otto al giorno. Cinque al mattino, tre al pomeriggio. A Torino.

Che emozione osservare una scuola  e ricordarsi dei tempi andati. Rivedere la propria scuola, e ricordare il “direttore” e il nostro alzarsi in piedi ogni qual volta entrava in classe a  divulgare le sue raccomandazioni”. Che nostalgia. La “scuola di massa“, qualche anno con i turni doppi, mattino e pomeriggio. La piscina una volta la settimana, con il bus, sotto scuola, a “prelevarci” per una mattinata differente. E poi, le visite, allo stadio comunale. Le bottigliette del latte della centrale e la pagnotta semidolce. Le gite di fine anno, quelle con “pranzo al sacco”. Le recite, la ricerca del “ghiaccio secco”, la distribuzione delle pagelle.  Scuole di quando  non c’erano i “bar della scuola” e nella “stanza” del Preside ci si andava per una “sgridata”, una sanzione, un colloquio con i genitori…..oggi si “progetta”, anche.  Scuole del tempo “quando  “manichini” utilizzati nel corso di scienze “passeggiavano”, trasportati da qualche collaboratore, tra le vie di qualche cittandina, tra la sede e la succursale, come ricordo in alcune pagine di “In campo rosso”. Scuola oggi, “presidiata” in entrata e  uscita  da un nonno-vigile”, volontario, di quartiere. Quanta strada davvero. Dal direttore al Preside della scuola media e di quella superiore.  A ripensare al libro Cuore, affondando le radici nella nascita della scuola elementare, andando a ritroso, attraverso la legge Casati, con l’isituzione dell’istruzione elementare, della durata di quattro anni, suddivisi in un biennio inferiore, gratuito e obbligatorio e un biennio superiore facoltativo….Che panoramica, che lunga cavalcata….coi…….decreti delegati del 1974, decreti legislativi, legge, la legge numero 53 del 2003, i percorsi liceali,  quello artistico, musicale…; la competenza delle regioni, dello stato, gli indicatori piu’ idonei per confrontare i sistemi scolastici…..metacognizione, “imparare ad imparare”.., personalizzazione, individualizzazione………..Puf-puf, anzi, “pof”….al suono di “notte prima degli esami”.Studenti, anche loro. Al loro esame.  Che ruolo, quello del dirigente scolastico.

“Dimissioni, dimissioni”

Si è conclusa poche ore fa, a Torino, come in tantssime altre città d’Italia, la manifestazione “Se non ora quando”, in difesa della dignità femminile, contro “il drago style”. Alle 14.30 piaza San Carlo era gremita. Anni che non la si vedeva così. Una giornata che pareva essere il primo maggio. Centomila persone? Puo’ essere. Lo è, sicuramente.  Forse piu’. Piazza San Carlo, via Roma, Piazza Castello, via Po, la Rai…quasi un percorso al contrario del corteo del primo maggio.

Non una manifestazione di genere, sia chiaro e non è un anticipo di un 8 marzo. Una manifestaione che ha coinvolto moltissimi uomini. “Fiero di mia moglie” era uno dei tanti cartelli che venivano esibiti durante il percorso.

“Se non ora quando” ( e non è una profonazione del libro di Primo Levi) ha portato in giro per le piazze italiane circa un milione di partecipanti: 100.000  a Torino, 100.000 a MIlano, 100.000 a Napoli, 500.000 a Roma, 20.000 a Bologna, 20.000 a Palermo….un fiume, di donne che ci dicono “che niente sarà piu’ come prima”. Un minuto di silenzio, e poi un urlo liberatorio. Per tutte, per tutti. Un urlo che si collega anche a Times Square: “Resignation”, dimissioni.

A chi le ha definite “radical-chic”, Francesca Izzo docente di Storia delle Dottrine Politiche all’ Università di Napoli e “stratega di questa piazza” risponde: “Definire così noi che siamo scese in piazza è il segno di un distacco abissale che ormai c’è tra questo governo rispetto al Paese”.

Una marea di gente che mi ha ricordato una delle tante manifestazioni a cui ho partecipato, e, fra quelle, Roma 2003, quasi una data coincidente: 15 febbraio 2003. La ricordo ancora. Chi parlo’ di tre milioni, chi piu’…sicuramente, tanti, tantissimi, a chiedere pace. Pace.

Molti i visi conosciuti, tantissimi. Marco Revelli fra i tanti, che è parte integrante di questa città, voce ascoltata, voce che si leva a difesa degli ultimi, della Costituzione, della legalità…. Poi Fassino, Damiano…tantissimi docenti universitari…

Una piazza contrassegnata dalla presenza di numerosi ombrelli, utili per ripararsi dal fango, e tantissimi gomitoli per “tessere una rete per tutte le donne”. Una manifestazione bellissima, partecipata. Tantissimi cori, tante voci fuse in un’unica richiesta: “Dimissioni, dimissioni”. Erano le 16.15 e la fine del corteo era ancora in via Roma. Il messaggio è partito. Speriamo venga recepito. Presto.

Auguriamoci che ne fioriscano tante, tantissime altre manifestazioni come questa. Con tanta, tantissima partecipazione. Vivace, colorata.

Presidente, si faccia da parte.

Un ricordo alle 64 vittime anni fa, del cinema Statuto, a Torino. Era il tredici febbraio 1983.