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30 ottobre 2019

20191030_171926Ottobre lentamente volge al termine e là  dove oggi si apre una grande autostrada cittadina, in corso Principe Oddone, ieri c’era il trincerone, il treno (oggi scorre sotto il ventre del corso) e  a pochi passi staziinava  la palina con le fermate dei bus 49, 46, 52) rispettivamente verso Settimo, Mappano Leini e Torino zona corso Grosseto. Il tutto illuminato  dalle luci della storica farmacia “Dell’Ausiliatrice”. C’era il walkman al posto dello smartphone che allietava il ciondolare dei lunghi viaggi, dal centro alla periferia, su quei bus ( che se ti fosse capitata la fortuna di trovare posto sui sedili, sei, tre e tre che obbligavano a guardare i passeggeri, dal vago sentore di un viaggio sulla lavatrice) passando dal Reba, mitico posto salesiano, grande piazza dove convergevano via Cigna, corso Vercelli e Corso Grosseto con un albergo vicino che aveva qualcosa nel nome, vago, di vacanza. Omen nomen? E  una volta scampata via Nino Oxilia e il confluire lento dentro corso Giulio, si apriva la porta poi verso Milano coi suoi due grattacieli visibili da via Ivrea. Oltre, la Falchera coi suoi campi da gioco. Divisa in   nuova e vecchia, raggiungibile  da un bus soltanto, il 50. Come le lire. Campi da gioco illuminati a giorno e sopra i due cavalcavia un odore ancora presente al ricordo. Estate e inverno. Altri tempi. C’era del romanticismo a passare sotto il ponte di ferro, dove tutto questo viaggio aveva inizio, in corso Principe Oddone, quando sopra le teste, il rumore del treno assordava tutto, inghiottiva molto, perdeva alcuni, delle voci, e non si capiva nulla, tanto che da piccoli, ci si perdeva nelle mani, rassicuranti,  di mamma o papà,  da grandi in quelle femminili, di un’amica, o di una storia importante, e a quel rumore il tempo si fermava, tempo di un bacio, dolce, un  pochino bagnato da labbra e acqua proveniente dal ponte maestoso, in ferro.E  quando pioveva e gocciolava addosso ai passanti, in quella striscioline di via, sotto il ponte, non c’era posto per tre o quattro. Ti fermava e lasciavo passare. C’era del romanticismo sotto il ponte, con le luci della ferramenta che giungevano, fioche, impercettibili, nei pressi. Da  piccolo, la filastrocca di papà,  in attesa, “passa il lupo sotto il ponte….”, da adolescente, l’amore. C’era del romanticismo, li sotto e poi nei pressi della  palina, a due passi piu due da Valdocco, quando nell’attesa del bus non ci si ricordava il gusto del bacio di prima e tutto ricominciava. “Poi, quando arrivi a casa, chiama. Sono le 19, a che  ora arrivi?” “E, deve spaccare tutta Torino, la lavatrice. È poi, se trovo la cabina del telefono occupata?” C’era una volta, ma esiste  anche l’oggi  e ora è  tempo di caffè.

Senza parole

La pioggia, oggi, è  davvero incessante, e ogni goccia che cade allarga le pozzanghere e dilata ricordi. Era il ’94, era  il 2000, eravamo a Borgo Dora, e ai giardini Cavour, erano 20 o 30 i centimetri caduti di pioggia  e i Murazzi chissà come stavano e come erano messi. I ponti chiusi, e per Sassi e per via Cigna e per corso Principe Oddone  mentre e le fabbriche annunciavano e ponevano le marstranze in libertà.  Alle macchinette del caffè, tra una pausa e l’altra, un paio di giorni dopo, si discuteva se la messa in liberta sarebbe stata pagata come cassa integrazione dallo Stato o dalla regione. È  la forza dei ricordi. Non ho avuto tempo e modo, e forse voglia, di abbozzare qualcosa, ieri, come ogni 23 di ottobre, “Mi ritorna in mente”, puntuale, come un orologio svizzero, un episodio di vita scolastica. Protagonisti, un bimbo ed una gomma, di quelle blu e rosse, buone non per cancellare ma per creare perugi sul goglio, gomme rigide, che ha rallegrato l’infanzia di quanti non conoscevano ancora  i bianchetti, che per molti oggi non sono altro che  un bel bicchiere pomeridiano e per gli studenti invece, un tratto bianco a copertura dell’errore fatidico. Bene, o forse no, quella gomma si rompe, proprio a metà, e, alzandosi in piedi, prendo le mosse alla ricerca di una colla pastosa, forse vinavil, che, forza dei ricordi dilatati, ricordo quella boccia bianca enorme, come un contenitore di ammorbidente posto sopra la lavatrice. E forse, pure quelle, dilatate dalla forza dei ricordi, come l’urlo, stile Tarzan della maestra, colpevole io, di essermi alzato.  Terrorizzato e impietrito, rimasi senza colla, senza gomma, senza parole. Vasco Rossi, l’avrebbe cantata anni dopo.

Fine maturità

Dopo il gran caldo e le bolle e i confronti con gli altri anni e le corse per i Pinguino, ventilatori e condizionatori, e le pratiche per la chiusura dei pacchi contenenti i compiti e i verbali delle maturità,  è  giunto il tempo, altro, dei confronti e dei numeri espressi in centesimi. I giornali premiano attualmente gli sforzi del liceo salesiano Valsalice. Vedremo poi complessivamente. C’era un tempo in cui i voti della maturità si esprimevano in sessantesimi e in quel periodo c’era ancora il muro di Berlino e l’URSS (poi CSI) e  la Jugoslavia sulla cartina geografica. C’erano 4 materie all’orale   e di queste una scelta dal candidato, e la seconda “desiderata”…C’erano i binari della Torino-Milano appena sopra corso Principe Oddone e il passaggio del treno era cosi famigliare e puntuale che sembrava dovesse entrare nelle case dei torinesi da un momento all’altro. Altri tempi. Caldi come questi, certamente. C’era una fontanella in marmo nella stazione di Porta Susa, ai binari tronchi, dove era il ricovero dei treni rossi e bianchi della Torino Pont Castellamonte. C’erano panchine, in marmo, a due passi dalla fontanella dove le coppiette si perdevano immaginando di prendere il primo treno a disposizione. C’era un giornalaio che fabbricava notizie tutti i giorni e c’erano donne e uomini carichi nei loro borsoni di vita e storia viva. E c’erano gli aggiustatori di parole e di storie posizionati davanti alla serie di cabine telefoniche che qualcosa di buono contribuivano a creare.Ora c’è  “Prendimi” che non è  una versione del gioco delle coppie ma una caccia al tesoro di libri sparsi in luoghi ben designati. A pagina 37. Una bella storia e notizia.

Terza prova

All’angolo del corso Principe Oddone,    proprio dove fino ad una decina di anni fa sferragliava il regionale per Milano,  (appena “uscito” sbuffando dalla pancia di piazza Statuto o in procinto di immettersi nelle viscere,  lasciandosi alle spalle,  nell’ordine,  a sinistra una farmacia,  una pasticceria,  un oratorio,  una scuola con tanto Cuore),   il semaforo rilancia le sue luci e blocca il fluire delle auto in questa autostrada urbana che da Barriera di Milano giunge  al Poli.  Al rosso si fermano le auto e scatta la ragazza, tra le macchine che stazionano, lei, tutta treccioline munita di tre birilli,   si esibisce ruotando il corpo,  felice e sorridente nell’essere osservata per una manciata di secondi: il birillo rosso è   la prima prova, ed e’ andata, alle spalle dei suoi capelli, quello verde,  la seconda, pure,(con sensi di colpa di sua madre,  dalle braccia lunghe e denti ancor piu),   il bianco, la terza la proverà  e la lancerà tra i banchi,  lunedì mattina,  cioè, oggi – ora.  Al momento,  sul banco si tace, e si lascia parlare la  memoria su appunti,  schemi,  libri,  mentre trionfa la sua biro sul foglio bianco;  presto afferma che si esibirà in un colloquio,  aperto da una tesina,  in prossimità  di essere pensionata,  senza quote e senza scalone. Anche il suo e’ un “lavoro”, dal titolo molto impegnativo e interessante: “Dal lavoro al nuovo concetto di lavoro”. Terminata la presentazione, la scuola la licenzierà.  O lo licenziera’. Termine incontrato chissa’ quante volte nel suo lavoro di studentessa. O studente.  Dopo cinque anni… Poi cercherà davvero un nuovo lavoro. Senza concetto. Con tanta speranza.  Tra curriculum,  encicliche e Marx…

Un Primo tocco artistico

Questa pagina e’ dedicata ai ragazzi del Liceo Artistico Primo,  di Torino, che questa mattina, “armati” di santa pazienza, colori, pennelli, secchi, hanno provveduto a dare un “tocco” artistico ad uno spicchio della nstra città,  tra i corsi Principe Oddone e corso Regina Margherita. Sotto, e al loro fianco, il fluire, veloce del traffico. Noi, a veder nascere viso e corpi di donna, angioletti, e compagnia. Il passaggio di una nuvola sembra aggredirmi e ingoiarmi, ma non faccio caso, concentrandomi sul nascere di queste figure. Un puttino? E il termini mi riporta alle pagine, rinascimentali, che attendono. Raffaello, la fornarina….Pensieri che si rincorrono come daini, che si rincorrono a spirale.

11 luglio

Orvieto 9 7 2016 foto Borrelli RomanoFrugo  nella tasca dei pantaloncini,  prima a sinistra,  poi a destra,  alla ricerca delle chiavi del portoncino di casa.  L’unico tintinnio però  è  di qualche spicciolo rimasto da chissa’ quale viaggio.  Resto,  di chissa’ quale mostra o galleria. Perche’il viaggio e’ trasversale,  a cavallo tra storia,  geografia,  storia dell’arte, architettura,  religione,  usi,  costumi. La vita si sa e’ un viaggio e ciascun viaggio e’ una metafora di vita. Ma quel che mi servirebbe ora manca.  “Dovro’ aspettare che qualcuno entri”,  penso. ..   Come si vede,  siamo sempre in attesa di qualcun*.  Allargo l’orizzonte e scruto una panchina,   dalla parte opposta della strada che si offre alla mia vista e stanchezza. Mi strizza l’occhio e mi invita.  Ripiego verso di lei,  mi siedo e aspetto che qualcuno dall’altra parte della strada inserisca le chiavi nella toppa e  apra quel benedetto portoncino.  Aspetto,  come il cane aspetta il rumore del carretto,  o,  orecchie attente,  un ipotetico intruso. Aspetto,  come il bimbo il suo riposo notturno. Il tempo passa,  i bus caricano passeggeri madidi di sudore.  La voce metallica del bus si sprigiona e investe l’aria circostante  ad ogni apertura di porte mentre da esso si   scarica fuori aria fresca condizionata che si disperde in tempo zero;  intanto  il bus incorpora e sale a bordo   calore,  “sprovvisto” di biglietto. L’autista ha un fazzoletto al collo e il braccio fuori dal finestrino. “Direzione,  numero e prossima fermata”,  nel mentre si aprono le porte sento la stessa filastrocca una infinita’ di volte: numero, linea,   direzione,  prossima fermata. Tutto cio’ mi ricorda che sono “atterrato”in citta’ ancora una volta,  ritornato  dai miei “pellegrinaggi”.  Citta’ che in quel fazzoletto di terra tra corso Principe Oddone e corso Regina Margherita (a due passi da piazza Statuto) e’ avvolta da un nastro d’asfalto intorno ad una rotatoria perenne. Solo il tempo di disfare lo zaino,  cambi,  ricambi,  libri (viottoli cartacei e vere autostrade da sfogliare,  Costantino in primis) biglietti e “viaggero'” (un tempo avrei pensato tratte e paghero’). “Comunque andare”.  Ancora.  11 luglio.  L’Italia campione del mondo. Zoff,  Gentile,  Cabrini,  Scirea… Cabrini al 5 sbaglia il rigore: e la leva calcistica del ’68  risuonava ma solo in quel momento,  poi Rossi,  l’urlo di Tardelli e Pertini che esultava. Pertini Presidente della Repubblica . Pertini Partigiano. Pertini con la pipa,  gli occhiali e un mazzo di carte di ritorno dalla Spagna.  Controllo le cose da fare,  gli appunti presi,  e questi si che non li scordo,  nel blocchetto sempre a portata di taschino. “Davvero? Davvero?” faccio il verso alla ragazza della pubblicita’ che si vuole sempre connessa.  Si. Tra i tanti foglietti,   uno che L.  mi regalo’ con un appunto,  sul viaggio.  “Le nostre valigie battute erano ammucchiate di nuovo sul marciapiede,  avevamo una lunga strada davanti. Ma non importava,  perche’ la strada era lontana”(Jack Kerouac). Sorrido,  torno a Orvieto,  a riguardare le cose, con gli occhi,   le prospettive sono varie. Orvieto 9 7 2016.Borrelli Romano foto Un cartello e come viaggiare.  Essere come vuoi d’ una questione di scelte.  Oh,  finalmente entra qualcuno. Salgo. Ho lo zaino da preparare.  Il viaggio continua. Gli esami di maturita’ anche. Almeno fino al 13. Poi,  vacanze vacanze.

Maturita’: confine tra spensieratezza e responsabilita’

Torino 22 6 2016.foto Borrelli RomanoDavanti all’attraversamento di corso Principe Oddone (circoscrizione 7)il semaforo scandisce nitidamente i suoi tre colori. In attesa che scatti il verde , che non e’ un “indizio ministeriale” sulle tracce, l’effetto (“siamo tutti politologi” )trascinamento elezioni amministrative mi porta a pensare, (osservando questo posto) a come era e come e’,  ora che si, effettivamente il ‘900 si e’ concluso domenica alle 23, a seggi chiusi e urne aperte. 16 anni dopo l’effettiva conclusione, e in un altro Giubileo. Altra era.  Il trincerone della ferrovia “confine” tra circoscrizioni. La memoria, l’unico luogo in cui le cose si ripetono. Qualcuno ha scritto che il tetmine del 900 sia arrivato 5 anni prima di quanto previsto dal partito guida della nostra citta’. A scuola, in attesa, tra una parola e l’altra, tra lo snocciolare dati e attribuire colpe e responsabilita’ (e perche’ no, irresponsabilita’) ho pensato che le cadute abbiano un’origine temporale precisa, sfuggita a tanti. Una notte d’inverno, gennaio 2011, quando il popolo dei lavoratori davanti Mirafiori venne lasciato in solitudine a decidere di se stesso mediante un referendum. Poteva essere lasciato solo chi non aveva (e non ha ) “dineros ” per mangiare abbracciando invece “il capitale”? No, non stavo pensando a Marx. Pensavo che l’abbandono delle periferie  (descritto in questi giorni, cosi come il tram tre che ciondola da piazza Hermada alle Vallette), abbia origine in quella notte figlia di un’altra notte di fine anni ’90, con leggi annesse alle leggi interinali e liberalizzazioni varie. Periferie abbandonate, solitudine del cittadino, pensioni da fame, case o meglio patrimonio immobiliare lasciato sfitto in attesa di tempi migliori per vendere (o svendere)costruito anche con indebitamento pre -olimpiadi, e triste storia nel venirlo a sapere da quotidiani di informazione, e occupazioni varie senza tenere conto di integrazione diffusa, etnie, ricollocazione, dignita’,  di pensioni da fame e  fine degli ammortizzatori sociali (cassa, mobilita’ e anticamera del licenziamento) in una citta’ che si converte dalla manifattura alla cultura, al terziario. Le politiche, non i politici sono da moduficare.Le politiche: ma come si fa a proprre un’uscita anticipata dal lavoro ad una persona di 60 anni dopo una vita alla catena di montaggio ( un mutuo tetminato per una cada lasciata al figlio disiccupato e referendum Mirafiori si/no alle spalle?). In una Torino ancora…operaia, accendendo un mutuo… a Torino, una citta’ di neanche 900 mila abitanti e di questi 100 mila universitari. Una stanza, un posto letto? Quanto fa?250 euro?Un posto letto?Scherziamo?Ma quando un padre di famiglia con pensione o stipendio ne tira fuori 250 con che cosa vivono ora i due nuovi nuclei? Ma l’istruzione non e’ garantita? Ma dove e’ sta benedetta classe media?Con lo spacchettamento poi del wrlfar: tagli da “su” tagli dal centro, tagli dalle petiferie. Comunicazione: dove fare volantinaggio quando le fabbriche hanno chiuso i battenti per collocarsi altrove? All’uscita dai call center dove fioriscono laureati (quando non escono dall’Italia) a 600 euro al mese spalmati su turni impensabile, cuffie alle orecchie? I circoli o le sezioni poi, che mancano. Italia non ti riconosco, scrive Revelli. Renzi ora  dice di voler ascoltare la gente, bisogna, ma non era lui che “escludeva” col suo “sistema” partiti, sindacati e associazioni varie rivolgendosi direttamente? Bastava partecipare ad un collegio docenti: come si fa a proporre un bonus di 500 euro per alcuni escludendone altri nella stessa comunita’ che si chiama scuola? Ah, con contratto fermo da?8 anni? Il tutto, in un periodo in cui non si puo’ dire nulla perche’ tutti si arrogano patenti varie, mi ha fatto dimenticare la bellezza della giornata odierna: la maturita’, la notte prima degli esami. Il “confine” tra l’eta’della spensieratezza e quella adulta. Pensando al domani. Pensando alle elezioni, di ieri e quelle che verranno. Di quelle del 1946. Della partecipazione, delle donne. E Torino 22 6 2016 foto Borrelli RomanoQualcuno sostiene che ora “sara’ tutta un’altra musica”. Non so. Il popolo e’ sovrano e sceglie.

Ho messo via

20160612_115930Dare i numeri, dire i numeri. Scrutini scolastici  incastrati tra altri scrutini di amministrative e ballottaggi. L’Italia degli europei 2016 ha vinto segnando due goal al Belgio e il popolo esulta. Tutti ct, il gioco preferito dagli italiani. In corso Principe Oddone si transita sulle nuove carreggiate. Domani tocchera’ all’apertura del  sottopasso di Piazza Statuto. La’ dove c’era il trincerone  ora sorge una “autostrada”. Un pezzo di storia torinese al “transito”. Da parte mia ho messo via un po’ di cose,  e  basta cosi, due o tre canzoni e il registro insieme a tutto il resto corredato da  un intero anno scolastico: persone, fatti, programmi e ancora numeri e giudizi, programmi e documenti. Ho messo via anche tre libri. Letti, ovviamente, avidamente: “L’invenzione della solitudine” (Paul Auster), “Indaffarati” (Filippo La Porta) e “La femmina nuda” (Elena Stancarelli)20160612_111420.  E cosi ne inizio un quarto. Poi… io scrivero’. .. Ora pero’, se mi permettete, mi addolcisco un pochino va…lettrici, lettori ed eletti (o non eletti) permettendo.Foto Borrelli Romano.To 13 6 2016

Certe notti

Torino 22 5 2016. C.so Inghilterra.Borrelli RomanoCorso Inghilterra, a Torino si e’ rifatta il trucco. La “pancia e’ piatta” dopo 25 anni di lavoro e’ una bella signorina. Ha perso anche quella “protuberanza” che era il ponte di “Brooklyn” torinese che univa un corso, Inghilterra, ad una Piazza, XVIII dicembre tra due”seni” che erano due montagnole all’ombra delle quali i giovani innamorati ammiravano altri seni. Con la speranza, perche’ no, di affibiare qualche carezza.  Altri tempi. 21 5 2016 Torino ex Porta Susa .Borrelli RomanoLa campana di quella che un tempo fu Porta Susa a tre binari, ora tace, come un pezzo da museo, e  cosi, quei due altoparlanti che annunciavano i treni direzione Milano-Venezia (o in arrivo da li) e che ora per i tanti che osservano oltre le sterpaglie, annunciano solo ricordi. Anni ’90, qualche anno dopo le notti magiche. Quando il cielo lo lasciavamo ai passeri e noi stavamo con i piedi per terra. Erano gli anni d’oro dello zaino sempre in spalla, delle zanzare  di Ferrara, delle notti a Bologna e degli “Spari Sopra” dei concerti di Vasco a San Siro. Il treno delle 0.20 perso e la moltitudine in Centrale. Per altri erano gli annunci per  “Certe notti”…di Ligabue, e per altri ancora un fast food in attesa “di quello notturno per Parigi”. Per altri e’ l’annuncio del “pendolino” per Barcellona e per altri ancora un treno verso Milano per cambiare treno e fiondarsi a Rimini.Tanti ricordi di gente che ammira questo tratto di strada, dove un tempo c’era solo un minuscolo sottopassaggio mentre ora…un’autostrada intera che “sfreccia”  con la rossa, magari affianco alla bruna o alla biondina, senza sapere che un tempo ci si “accucciava” sulle panche dei binari tronchi. Frecce d’amore scagliate. Per correre piu’ in fretta, oggi come ieri,  incontro all’amore…

Neve, Gliz, Aster: 10 anni dopo. E la scuola, oggi

Torino 26 2 2016.foto Borrelli RomanoNeve,  Gliz e Aster, ripescati, ripuliti e rimessi a nuovo fanno ritorno in piazza Castello. 20160226_175132Dieci anni dopo. Fervono i preparativi per celebrare la ricorrenza delle Olimpiadi invernali torinesi.  Bracere a lato. Tute da volontari e volontari attempati in giro per la citta’Torino 26 2 2016. Foto Romano Borrelli. Zaino adagiato sulle spalle.  Arancio, giallo e rosso cinabro.  Scarponcini a cinque cerchi e felpe con “marsupio” e pass con foto incorporata.  L’Olimpico che “sbuffa” col suo bracere. “Torino, passion lives here. Si prepara la notte Bianca”. Dei musei. La citta’ si prepara a rivivere e ricordare quell’evento e quegli eventi che un po’ l’hanno cambiata.

 

Lavori in corso. Torinesi attenti osservatori sul confine tra due circoscrizioni: la 7 e la 4. Tutti fermi. Torino 26 2 2016 foto Borrelli RomanoCitta’ in movimento. E cosi noi. Altra zona di Torino, altra circoscrizione. La scuola. La classe. Movimento. Metro Torinese. Con classe. Una, due fermate di metro.20160226_142613 Sotto la pancia, sopra la pancia, sotto il tabellone arrivi/partenze. Atrio Porta Nuova.  Un pianoforte suona per noi. Accenniamo passi di danza, cosi, per scherzare, prima del lavoro da svolgere. Bicchieri di plastica e sorrisi “lungo i viaggi” ci sfiorano. Qualcuno sorride a qualcuna e qualcuna sorride a qualcuno. Signore e signori va ora in onda ” il gioco degli sguardi”. In stazione si respira aria di viaggio, anche solo con la fantasia. Ora pero’ tocca “lavorare”. A cavallo tra lettere, psicologia e religioni. Indossiamo la veste da attenti osservatori. Ci esercitiamo sulla descrizione fisica dei personaggi. Nessun dettaglio deve essere tralasciato. Persone che divengono personaggi. In arrivo. In partenza. In attesa. Abbracci, che mancavano. Piu’ a lui che lei e viceversa. Maschi, barbe, baffi, capelli lunghi, raccolti, lettori di ogni tipo. Donne. Eleganti, mani tra i capelli, tra doppie punte, su chignon, sciolti, biondi, rossi, castani.  Berretti da mozzo, donne capitane coraggiose e da sempre in viaggio. Concentro l’attenzione su chi legge cosa. Mi piace vedere quanto amore sprigionano le loro mani tra le pieghe…di un libro. Andare sullo scaffare, una volta allontanatesi e rileggere due righe di quel libro appena posato. Entrare cosi nella loro fantasia. Tra puntini di sospensione, come quelli sul viso appena “ricoperti”. Trucchi si e no, lettrici,  forti oppure no.  Perche’ ognuno di noi al mattino e’ un po’ se stesso e unnpo’ di quello che vorrebbe essere. Ci ritroviamo venti minuti dopo, sotto il tabellone . Esattamente da dove era stato dato il “mandato” del lavoro.  Obiettivi e scopi. Poi, sovrapponiamo i nostri lavori. Torniamo nelle viscere della nostra citta’ dive un altro pezzo di mondo, viaggia abitualmente da dieci anni. In metro. In uno dei suoi vagoni, con alcuni studenti,  impattiamo “nel personaggio”, quello giusto, ideale per un racconto, dopo averlo cercato e immagginato tra sale d’attesa, atrio e binari eccolo esattamente davanti a noi. Come fosse in attesa.  E’ seduto. Gambe divaricate. Camicia leggera color salmone. Pantaloni di tela scuri e due paia di scarpe diverse una dall’altra: una da ginnastica, l’altra elegante. I calzini, diversi anch’essi. Indossa un cappotto scuro. Sulla manica sinistra manca il bottone. La sua bocca e’ simile a quella di un bambino: aperta e sdentata. Al suo interno notiamo (perche’ lui ce ne offre lo spettacolo), una gomma americana trasformata in una pallina da ping-pong:  si muove velocemente ora a destra ora a sinistra , gonfiandone le “reti” o paretidella sua bocca. Di tanto in tanto parte uno schiocco. Ha capelli grigri con un lieve riportino. Occhi scuri e qualche “scritta” sul suo viso che segnano gli anni,  ormai per lui,  passati. E’ un intreccio di strade e chissa’ quanto avrebbe da raccontare se solo riuscissimo a porgli donande e se solo V.smettesse di ridere. E far ridere. E’ contagiosa e mi contamina. L’uomo dalla gomma americana e’ un personaggio. Velocemente arruviamo a destinazione. La nostra fermata e’ li, come sempre.  Si aprono le porte. Scale mobili. Saliamo. L’asfalto, l’edicola, i rumori delle auto, inghiottiti nel giro di pochissimonda altri rumori. Abbiamo viaggiato per un po’. Anche solo con la fantasia. Ora cominceremo a scrivere. E descrivere. Abbiamo lavorato e ci siamo tanto divertiti. Il tutto mentre V. se la ride ancora tanto. E noi con lei.