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Albero di Natale

Torino, 16 novembre. Ore 10.

La mattina comincia con un incontro “freddo”: il gelo che sbatte con violenza sul mio viso. Frugo nelle tasche che sembrano pozzi senza fondo di ricordi andati. Recupero il cappellino, quello di Lucio Dalla, che tanto impegnò  i miei nella sua ricerca tra mercati e negozi torinesi. Capricci adolescenziali che puntualmente, da trent’anni, di questi tempi, recupero tra gli armadi di casa, riposti nel cassetto  etichettati “indumenti invernali”. Appena recuperato, lo deposito li, nella tasca del parka, dove affonda tra l’immancabile penna, sempre presente: caro amico ti scrivo….ripesco Lucio, gli anni ’80 e un bel pezzo di te, pa’, insieme a tutti i biglietti ancora conservati, rimasti in questo giaccone, delle corse Torino Lanzo, e viceversa, utilizzati per venirti a trovare. C’erano alcune cose che avrei voluto comunicare, come gli annunci della stazione Dora, che avevano la stessa voce di quella leccese, dei nostri luoghi natii. E qui “intaschiamo” i ricordi, tanto, tolto il berretto, di  posto ne abbiamo, Come avrebbe detto Dostoevskij, chiusi in una stanza ci possono stare migliaia di anime. Figuriamoci di ricordi…La camminata procede fino a D’acaja, dove mi imbuco nella metro, diretto a Porta Nuova. Scendo dalla metro, mi fiondo verso la scala mobile e recupero l’interno della stazione, sotto, l’atrio, sotto l’albero, a leggere i pensieri dei torinesi.  Sotto l’albero, doveci troviamo con gli studenti. Sopra l’albero, dove  si raccomandano in molti. Mi perdo tra le richieste. La più bella, quella di una ragazza.”Fa che Stefano mi sposi””. Quanto sono belle queste ragazze con questi desideri.

Vestite d’argento

Reduce da seminario e giornate di studi  medievali e “leggi razziali” mi rendo conto dei giorni silenziosi su questo blog.

Mentre in alcune zone del Sud, in Salento, sento dire e vedo immagini targate Internet  che sono all’81 di agosto, con corpi a mollo a mare, la collina torinese, viceversa, si veste di colori autunnali: giallo, rosso, arancione, verde, residuo di una estate che davvero fa fatica ad abdicare. L’aria è calda e sono più numerose le t shirt che giubbini a contendersi la scena e fare apparizioni, slalom, e nascondersi lungo le  vie del centro. Le castagne o “caldarroste” tengono banco e forse sono davvero l’altra cosa che richiama l’autunno insieme ai colori. Coppie dai sacchetti a coni, uma mano uno, una mano l’altra, nella pesca del cono da passeggio. Per Luci d’ Artista, giunta alla sua ventunesima edizione, ci sarà tempo: l’inaugurazione è prevista per il 31 0ttobre quando in Salento, molto probabilmente sarà 92 agosto. Tempo permettendo. In attesa delle 24 installazioni di Luci d’Artista, per le strade torinesi, visi orientali fanno la loro presenza, mentre dall’altra parte, del mondo, l’Italia del volley fa la sua, presenza, e bella figura in finale, vestita d’argento. Complimenti.

 

5 Agosto 2018

Madonna Della Neve. Da una delle tante botole,  poste “solennemente” in cima, osservando il soffitto della Basilica di Santa Maria Maggiore,  a Roma il 5 agosto di ogni anno, come per magia,   “scende neve”.  Più  volte mi è  capitato di partecipare a questa funzione;  o perché  stazionavo a Roma o perché “in avanzo di tempo” e in procinto di prendere altro treno,  direzione Salento.  E ogni volta,  con zaino o senza,  sempre sotto una cappa di afa o sole africano,  a “fette”, con la mia bottiglietta dell’acqua  (come tanti altri): “Mangiatorella” era la mia,  tra le mani,  con la “scucchia” protesa verso l’alto ad invidiare quella “neve” anticipatrice di un tempo,  certamente più clemente e  fresco. Non solo l’occhiata al calendario e la giornata dedicata a Santa Maria della Neve (Santa Maria e’ una festa molto sentita in Salento,  con Villa e banda e bancarelle di dolciumi e giocattoli di ogni tipo e nonni in coda alla posta per il ritiro della  “paca”  anche quando nel corso degli anni non è  più paga ma pensione) mi riportano contemporaneamente a Roma (non certo la spiaggia “Tiberis”) e in Salento ma in particolar modo rivivo Roma grazie alla conclusione del libro di P. P. P. “Vita Violenta”.  Questo Tommaso,  protagonista,  nel bene e nel male,  del testo,  con la sua crescita personale,  sociale,  politica e l’amore per Irene mi hanno lasciato davvero il segno. Quando si termina la lettura di un libro è  un po’ come lasciarsi con una persona cara,  che ha instillato qualcosa dentro,  un mix di emozioni alle quali,  per molto tempo,  non si  riesce a dare un nome,  conoscerle,  riconoscerle. Certo non voglio svelare nulla di questo testo ma i personaggi li ho trovati unici, grezzi e delicati allo stesso tempo,  con tratti  psicologici simili  a quelli narrati  da Dostoevskij.  In particolar modo, Tommaso e Irene. La profondità dell’animo umano,  la discesa negli abissi e la voglia di riscatto. Ecco,  Tommaso ha avuto una grandissima  voglia di riscatto. Anche nel congedarsi,  dagli amici: “non state qua con me. È  domenica,  andate a divertirvi… “,  più o meno,  questo è  il senso della frase in uno degli ultimi versi che non descrivero’ (mi piacerebbe invogliare i miei studenti alla sua lettura). E poi l’amore per Irene e quello di questa per Tommaso. Un bellissimo libro. Davvero.

Ferragosto 2017

Ferragosto: festa dell’estate. Tutto esaurito,  in questa zona della Puglia che si chiama Salento,  “lu sule,  lu mare,  lu jentu”. E lu jentu e’ davvero l’unico padrone in questi ultimi giorni.  Dei rari posti dove era possibile rifornirsi dei quotidiani ne e’ rimasto solo piu’ uno: occorre quindi percorrere  e velocemente,  un km, corteggiare il bacino,  entrare in spiaggia,  raggiungere il parcheggio dove l’uomo col carretto grida giornali.  E sperare che ci siano,  ovviamente. La spiaggia e’ pulita,  ben tenuta,  quella a pagamento,  ovviamente,  anche se noto un signore, che non so se stipendiato o volontario,  raccogliere le poche cartacce o bicchieri in plastica abbandonati da chissa’ chi,  chissà  quando.  Appena mi affaccio sulla spiaggia,  dopo aver scavalcato una delle ultime dunette che resistono,  l’amara sorpresa e’ scoprire che al mattino sono gia’ presenti,  come sempre,  ombrelloni abusivi “segna posto”,  lasciati dalla notte precedente. Probabilmente da chi ha costruito a ridosso delle dune. Che c’erano! E questi ombrelloni e maleducati  non mancano mai,  come i soliti “furbetti” da spiaggia. Resistono giocatori di racchettoni che dispiegano tutta la loro forza nel rilanciare la pallina scambiando quei residui di spiaggia in campi da tennis. E resistono i giocatori di pallone scambiando fazzoletti di sabbia in Stadi Olimpici. Dubito qualcuno abbia avuto coraggio,  voglia e forza di fare il bagno a mezzanotte,  come d’abitudine accade. Il vento dei giorni precedenti ha contribuito ad abbassare  le temperature e penso almeno 10 gradi. Lucifero e’ stato spazzato via con un forte  colpo di tosse dal Maestrale.  Come sempre  il traffico anche quest’anno “imbottiglia” parecchio,  residenti, turisti e provenienti dai “mille” paesini limitrofi. È  una zona questa,  tra le torri,  Lapillo,  Chianca,  Cesarei, che fa fatica ad assorbire così tanta gente e le strade sono davvero lunghi nastri d’asfalto trasformati in colonne di lamiera d’auto. Ai loro interni bimbi festosi,  esaltanti,  palette alla mano. Adulti invece. ..  Il tutto per un posto in spiaggia o scogliera. Sold out. Borsa frigo,  infradito e compagnia!  E’  ferragosto bellezza! Tanti auguri.

12 Agosto 2017

Sciabordio dell’acqua sospinta dal vento che picchia la sabbia. Giorni che si inseguono uno dopo l’altro, dilatati, senza tempo e confine, innumerati e innumerevoli, senza sveglia,  compiti e lezioni; vento che schiaffeggia, capelli, magliette e compagnia  bella;   bava marina rilasciata sugli scogli dal mare in piccole bacinella,  onde che si stirano e si allargano in un continuo movimento mentre stropicciano castelli,  scritte,  cuori e merletti di sabbia. “Ho scritto t’amo sulla sabbia e il vento o il tempo… a poco a poco… ” Marosi che restano, morosi che vanno, il maestrale saluta e cosi abbasso il cappello; l’odore di pioggia,  umidita’ e sughero  si avvicinano e si fanno sentire,  Lucifero si allontana… dileguandomi lascio le impronte e lentanente apro l’ombrello.

Ho terminato l’ennesimo libro. Cosa resta? Che i protagonisti sono privi di nome,  ma “La strada”,  è  un bel libro. Da consigliare a scuola. Per i risvolti psicologici,  per il rapporto padre-figlio,  per essere un viaggio,  un cammino,  una ricerca,  riflessione,  un testo di formazione. “Portare il fuoco”,  o l’amore e’ uns bellissima espressione: portarlo dove,  a chi? La strada,  e sulla strada,  a San Pancrazio Salentino,  due personaggi,  di paglia,  annunciano, imminente,  “La sagra dei sapori”.  Un inno all’amore. Per una terra,  il buon cibo,  i saperi,  i sapori.

Maestrale

Il caldo torrido aveva ed ha le ore contate. “Toc-toc”,  il maestrale è  arrivato. Sulla spiaggia ombrelloni piantati,  chiusi,  punti esclamativi al brontolio marino!!! Le onde hanno schiuma “alla bocca”. Battono la spiaggia e ne fanno di essa un sol boccone.  Pochi i coraggiosi in acqua. La bandiera rossa è  un deterrente, anche ai piu’ coraggiosi o fanatici. Molti i resti della scorsa notte,  sulla spiaggia, quella dedicata a san Lorenzo,  (il diacono,  martirizzato),  e al conteggio di quelle stelle viste cadere. O sviste. “Cielo. Manca”. Notte di lacrime e preghiere. Che poi,  onestamente,  quando certe stelle cadono,  non è proprio  un bel vedere.  Delle stelle. Le stelle-stelle, si: “le stelle stanno in cielo e i sogni non lo so, so solo che son pochi quelli che si avverano” (Vasco Rossi,  che tra l’altro,  è  da queste parti,  in vacanza). Per i piu’ sfortunati,  ancora qualche serata da trascorrere in prima  visione,  al mare o in centro,  nel patio. Sulla spiaggia il seggiolone del bagnino è  sguarnito. E’ in tutto simile a quello di un arbitro di pallavolo. Ma senza campo e senza giocatori. Insomma,  “non prende”.  Sulla sabbia un divisorio fra lo stabilimento azzurro e quella privata. Sette bastoni tenuti insieme da una fune spessa, divenuti cappelliere e appendi abiti di fortuna, e un salvagente rosso alle estremita’. Allargo lo sguardo: c’è  qualcosa di romantico anche in tutto cio’,  su questa spiaggia molto vellutata,  come “laura” spiaggia, direbbero quaggiù.  Accarezzo il seggiolone come se accarezzassi dolci ricordi,  che quando entrano,  non escono piu’. Riaffiorano. Il popolo dei “selfie” canta: ” mi manchi,  mi manchi,  in carne ed ossa… “. Il mare “vomita” a più  riprese cose che l’uomo ha fatto ingoiare a forza,  nel tempo. Le onde si rincorrono,  velocemente. Resta comunque un bel mare,  dai colori espressivi,  anche quando teasporta sabbia. Non e’ il mare e non e’ la costa narrata nel libro che mi accompagna qui ed ora,  su questa sabbia: “La strada”. Su altre onde il trasporto di una musica: “L’estate sta finendo… ” Il maestrale e’ arrivato.

9 Agosto 2017

L’alba non e’ per nulla timida e il mondo non e’ bianco,  nero,  grigio,  freddo. E’ tutto colorato e accalorato. Il giorno e’ lunghissimo,  corta e’ la notte. Troppo caldo,  afa,  sudore. Luce e colori dispiegati per km e spiegati a moltitudini che prendono d’assalto il Salento,  “lu mare,  lu sule,  lu jentu”. Luce e caldo mai avari! La strada. La grande pineta che dava riparo a schiere di turisti e residenti si è  via via scorticata. È  spelacchiata e sulla terra,  rossa,  dura,  compatta, restano i segni di quelli che un tempo erano tronchi. Un tempo,  quando c’erano gli  alberi  e i bimbi giocavano a pallone,  quando questo finiva li sotto,  recuperarlo era una caccia al tesoro.  Oggi che i pini e gli alberi maestosi di quella pineta non ci sono piu,  i bimbi non giocano piu a pallone per mancanza di ombra e gli adilti corrono a fare scorta di condizionatori e ventilatori. E poi capita che la “corrente” salti. Nulla da ‘laudare’ all’operato dell’uomo.  Il contadino col “panaro” pieno,  di fichi,  maturati prima del tempo fa capolino in mezzo. La strada. Scruta il cielo. Per abitudine,  da tantissime primavere. Ma nulla da vedere. Solo azzurro. E neanche  il passaggio di una nuvola,  a pagarlo,  o pregato,  questo “Benedetto cielo” che ha “vomitato” tutta la neve possibile a gennaio e ora non ne vuole sapere di due lacrimucce d’acqua che farebbero tanta vita,  vite, ulivi. Contadino.   Bicicletta,  coppola,  in  piedi da chissa’ quante ore,  un pezzo di storia,  la sua,  che merita, meriterebbe,   questa, si,  essere ascoltata,  all’ombra di un fico. Forse i suoi o forse di conoscenti,  amci che non hanno voglia e tempo di raccogliere,  in “questo tempo”,  complici gli uomini, che non mutano,  consumi,  abitudini,  pensando di poterlo fare,  sempre,  uso eccessivo,  indiscriminato di risorse,  limitate.  Cosi come il consumo,  del suolo. Verdi,  quei fichi,  come l’acqua del mare. Cielo azzurro,  teso,  come il mare. Blu,  cristallino come il suo occhio che racconta di quando qui “c’erano le baracche” per i villeggianti. Sole che spacca,  ma che lui,  il contadino,  proprio non sente addosso . Un pezzo di pane,  colorato: rosso,  nero,  olive,  nere,  che lasciano il segno sulla sua pelle rigata dal passare degli anni,  dando schiena e viso a questo “sole” benedetto. Caldo che spacca.  Anche le pietre. Come contrastano questi colori,  come il grigio ed il nero del libro,  in via di lettura,  verso il termine,  a dire il vero,  “La strada”. Padre e figlio,  senza nomi,  in fuga dai “cattivi”,  verso la costa,  il mare. Che contrasto,  tutta questa bellezza, appena volgo lo sguardo dalla parte opposta,  verso case,  probabilmente di troppo,  che  forse non avrebbero dovuto esserci dato il male che fanno alla natura. Che tristezza quando vedo sbarre che limitano l’accesso al mare ed un cancelletto attaccato alla sbarra. Le conto,  dovrebbero essere tre che impediscono probabilmente,  in qualche modo l’accesso. Ripenso al tema di maturita’:   progresso materiale e morale. Mi piacerebbe avere tempo,  forse essere giornalista e come si diceva un tempo,  ” inchiestare”… su tante cose…e poter capire qualcosa in piu’. Laudato  si… una bella enciclica. Chissà  se un giorno…

La strada, la sabbia, la borsa frigo

7 agosto 2017. La strada, le borse frigo.  Potrebbe essere un tema: “elogio della borsa frigo. Storia economica e sociale di un Paese che muta”. Bisognerebbe “guardarvi” dentro per “intrecciare” tanta storia. E probabilmente,  capirne qualcosa di piu’,  di certi “panieri”,  con prodotti che entrano e altri che escono. Un po’ come chi arriva e chi va su quella “lingua” dorata che un tempi era davvero selvaggia, posta davanti ai miei occhi,  mentre io, al fresco,  mi sento molto simile all’uomo in ammollo. Senza vestiti, che si lavano da soli,   ovviamente. Il sole,  “sorto” (come sempre diciamo) da poco,  fa pensare ad Est. E’ sbucato dietro Villa Belvedere e ora pare  avvicinarsi e “attaccare” in un’altra giornata che si annuncua molto luciferina.   E’ un cielo grigio,  che sa di cenere;  sembra uno di quei cieli che  da qui a poco ne manderà  giu’ tanta,  di pioggia,  mentre in realta’, che è  sempre differente,  e’ solo e soltanto colore che annuncia afa. Crema. Spray. Friziona. Spalma. Cocco,  avocado. Capelli. Radice,  cuoio capelluto. Friziona,  spalma. Grida,  spruzzi,  pale, palloni,  palline,  palle. Girano. Tutte insieme. Da dentro l’acqua, del mare, uno specchio limpido,  azzurro,  blu,  verde, una tavolozza per artisti,  tra una bracciata e l’altra,  la spiaggia color oro pare una stazione ferroviaria senza atrio,  dove tutti sono alla ricerca di un loro “scomparto”,  un fazzolettino di sabbia,  libero da “concessioni” o “stabilimenti”. Uomini,  donne,  ragazzi,  braccia tese che reggono borse frigo: piccole,  grandi,   rigide, di plastica,  all’ultimo grido. “Sicuramente acqua,  frutta,  verdura… “. Braccia tese. Il braccio della borsa frigo e’ perfettamente bilanciato dal peso delle ciabatte,  chiuse a conchiglia,  tenute nell’altro. Braccio. Poco piu’ in là,  oltre il vialetto che congiunge le due spiaggette interrotte  dalla “casa ai margini dell’acqua”, (verrebbe da infierire e dire “sull’acqua”) i ragazzi si sono attrezzati per il gioco dei tuffi. Una fila di sacchi impedisce all’acqua del mare di lambire l’abitazione quasi arroccata sulle ex dune e attaccata oramai da anni dalla forza del mare. Perché  si sa,  la natura,  prima o poi,  si riprende tutto ciò che l’uomo ha strappato con forza. E qui,  di forza,  a guardare certe case,  l’uomo di forza,  ne ha usata parecchia. I provetti tuffatori,  invece,  raccontiamoci.   Molti dei sacchi, a difesa della villa, sono diventati un trampolino di lancio. Alcuni padri accompagnano i figlioletti,  almeno quelli più piccoli,  divenuti tutti Magnini e Pellegrini. Come per un colloquio di lavoro. Tuffi,  acqua che si apre,  cerchi, schizzi. Verticalità. Inseguendo la verticalità. L’estate è  breve. Una parentesi,  uno spruzzo di felicità.

Ogni giorno che passa,  il trampolino diviene sempre più alto. Sulla ex-spiaggia.  Sulla strada. Del mare. Località di vacanza,  il mare,    pare la scelta-meta privilegiata dal 56 per cento di italiani che pare passeranno 11 giorni-notti di ferie. Ma la strada è  anche quella di un libro,  ripreso. Una storia,  di padre e figlio. Non sappiamo dalle prime pagine cosa sia successo e perche padre e figlio siano in cammino,   forse non è  neanche importante porsi la questione… pare ci sia stata una fine,  un attacco,  una guerra,  un cataclisma,  un giorno dopo,  fatto piu’ di “castighi che delitti”.  E questo è  evidente fin  dalle prime pagine della storia. Forse una tragedia,  chi lo sa…padre e figlio  sono alla ricerca del mare… ma anche presumibilmente di altro.

5 Agosto 2017

I mass-media ci informano “quotidianamente” che siamo uno dei Paesi piu’  caldi,  o forse il piu’ caldo escluse le zone desertiche. Reale,  percepita,  confronti fra questo caldo e quello del 2003,  come  se,  parlando dello stesso argomento si affievolissero le pene di questo “inferno” chiamato Lucifero.  Questi i discorsi da “ombrellati” e sotto l’ombrellone. Fin dalle prime luci dell’alba,  a Porto Cesareo,  dove è  obbligo rifornirmi di Stampa (peccato per la sola pagine tra di cronaca torinese),  Messaggero e Quotidiano, notizie condite  dal gusto di caffè  e pasticciotto, per la cronaca di vita quotidiana,  il ficarolo si è   piazzato,  come da anni a questa parte gli capita,   nel medesimo luogo dove lo avevamo intercettato in qualche post fa: parcheggiato a due passi dal gran “ricamatore” medico chirurgo del paese,  conosciutissimo, da tutti i bambini proprietari di una bici e che tutti a quel loro tempo si facevano chiamare Fignon,  Moser o Il Pirata,  almeno fino a quando non interveniva lui,  il dottore,  ad incidere su qualche loro gamba e chiudere la faccenda con qualche punto di sutura. Un dottore,  apprezzatissimo e riverito  a suon di levate di cappelli,  proprio ora che si avvia verso i 90. Sul furgone del Ficarolo,  posto tra dottore e “Bei tramonti”,  solo il colore del pennarello si è  sbiadito un po’ così che, qualche parolina un tempo  dolce e succosa presenta oggi il segno dei tempi e il sogno infranto di altri. Tempo che passa,   anche per il ficarolo, senza più il suo richiamo per la “fica”, tempo passato evidenziato da qualche ricamo sulla pelle,  al pari delle sue “fiche” sulla buccia. Tutti scrivono e anche le Scritture sulla frutta hanno avuto sempre  qualcosa da dirci.  Il cielo ha un colore indefinito: sembra di essere in attesa, un lieto evento, ma certamente non partorirà   pioggia. È  l’effetto calore-afa. Tutto qui. Per la pioggia,  qui,  non è  ancora tempo. Ma per i ricordi,  si. Eccolo. Fresco di “pezzo di carta”,  passeggiando dalle parti di Roma Termini,  esattamente a Santa Maria Maggiore, partecipai,  anni fa,  alla funzione celebrativa della Madonna della neve. Oggi,  5 agosto,  infatti,  si ricorda “il miracolo della Madonna della neve”. Da una delle tante botole poste sul soffitto della Basilica  vidi scendere tantissimi petali, o fiocchi, “neve”. Fu uno spettacolo davvero molto bello e coinvolgente.  Lo rivedrei  volentieri. E anche la neve, rivederla,  non mi dispiacerebbe.

 

A secco

Roma 3 10 2015.V della Cordonata.foto Borrelli R.Mentre la storia  di  Lucrezia Borgia (la mia ultima lettura, di Maria Bellonci,  Oscar Mondadori) lentamente si dipana, pagina dopo pagina, per avviarsi alla conclusione, lungo le  strade tra Ferrara e Roma,  ovvero “Emilia e Flaminia,  l ‘acqua,  nella capitale scarseggia e i “nasoni”,  le fontanelle in ghisa sparse per la città  eterna,  potrebbero presto chiudere per alcune ore.  “Il lago di Bracciano,  riserva idrica della capitale si è  assottigliato di un paio di metri e cosi un milione di romani potrebbero restare a secco in alcune ore della giornata”,  così si sente dire,  parlare,  quando si introduce il tema,  acqua,  emergenza siccità,  emergenza Roma. Intanto riprendono forma per le vie,  di alcune citta’ del Sud, immagini proiettate dalla tv, le autobotti e il commercio dell’acqua. Rammentano le autobotti del Salento,  quando quasi ogni abitazione era dotata di una cisterna. Per noi bambini l’arrivo dell’ autobotte era sempre una festa,  ennesima modalità  di gioco e divertimento,  in aggiunta alle interminabili altre che aprivano e chiudevano la stagione estiva,  rottura dell’ordinario,  entrata nello straordinario piuttosto dilatato.   Tutti a bere quell’ acqua fresca nei bicchieroni,  dal nome particolare, “bucala o ucala” e tutti a spostare ora di qua ora di la’ il manicotto tra un albero e l’altro quando la cisterna era ormai colma e bisognava pensare alle piante del giardino,  data l’acqua in eccesso. Anche loro, le piante,  presumibilmente,  in festa,  al solo sentire il rumore e quel profumo caratteristico  dell’acqua,  in estate,  quando si riversa in zone di terra secche e rosse da mesi.    La parola d’ordine,  oggi,  e’ razionamento. Purtroppo. Penso a Villa D’Este e tutte quelle bellissime fontane.  Quanta bellezza. Elementi naturali,  fuoco prima,  con incendi e devastazioni di ettari ed ettari di terra in fiamme, paragonabili ad intere città  come Torino,  Milano,  Firenze. Devastazione  prima, e acqua ora che scarseggia e che entrambi i temi e le emergenze impensieriscono fortemente.  E’ come se mancasse l’intero lago di Como! Gente che torna in preghiera,  ora. Intanto si attribuiscono responsabilita’ e ci si avvia allo stato di calamita’. Una corsa contro il tempo,  per trovare soluzioni o per una “pioggia” a… “pioggia” su quasi tutto il territorio nazionale. Colpa delle condutture colabrodo per altri. Colpa dell’inquinamento per molti. Responsabilita’ di tutti,  nelle piccole azioni quotidiane,  wuando lasciamo andare l’acqua senza attribuire ad essa alcun valore. Il pensiero dell’acqua mi riporta ad Assisi,  all’affresco di Giotto,  alla fonte,  a “sora” acqua. San Francesco,  vicino alla sorgente. Acqua che lava e purifica. Sempre.  Occorre subito un’inversione di rotta, modificare i consumi,  usare accortezza e non sciupare  l’oro bianco”,  prima che sia troppo tardi. Il razionamento è  imminente e il termine,  razionamento,  non prospetta nulla di buono.