La pioggia, oggi, è davvero incessante, e ogni goccia che cade allarga le pozzanghere e dilata ricordi. Era il ’94, era il 2000, eravamo a Borgo Dora, e ai giardini Cavour, erano 20 o 30 i centimetri caduti di pioggia e i Murazzi chissà come stavano e come erano messi. I ponti chiusi, e per Sassi e per via Cigna e per corso Principe Oddone mentre e le fabbriche annunciavano e ponevano le marstranze in libertà. Alle macchinette del caffè, tra una pausa e l’altra, un paio di giorni dopo, si discuteva se la messa in liberta sarebbe stata pagata come cassa integrazione dallo Stato o dalla regione. È la forza dei ricordi. Non ho avuto tempo e modo, e forse voglia, di abbozzare qualcosa, ieri, come ogni 23 di ottobre, “Mi ritorna in mente”, puntuale, come un orologio svizzero, un episodio di vita scolastica. Protagonisti, un bimbo ed una gomma, di quelle blu e rosse, buone non per cancellare ma per creare perugi sul goglio, gomme rigide, che ha rallegrato l’infanzia di quanti non conoscevano ancora i bianchetti, che per molti oggi non sono altro che un bel bicchiere pomeridiano e per gli studenti invece, un tratto bianco a copertura dell’errore fatidico. Bene, o forse no, quella gomma si rompe, proprio a metà, e, alzandosi in piedi, prendo le mosse alla ricerca di una colla pastosa, forse vinavil, che, forza dei ricordi dilatati, ricordo quella boccia bianca enorme, come un contenitore di ammorbidente posto sopra la lavatrice. E forse, pure quelle, dilatate dalla forza dei ricordi, come l’urlo, stile Tarzan della maestra, colpevole io, di essermi alzato. Terrorizzato e impietrito, rimasi senza colla, senza gomma, senza parole. Vasco Rossi, l’avrebbe cantata anni dopo.
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Vasco e Sally
Ieri sera la tv commerciale ha riproposto i recenti concerti di Vasco, a Milano. Immediato il ricordo di Milano, luglio ’90, stadio esaurito, impensabile, maturità alle spalle per tanti e caldo e zanzare sulla pelle, l’estate entrata di diritto nelle vite di tanti. Poi, i ricordi accelerano con la musica, i mesi pasano e l’anno pure, giungendo cosi, (un anno) dopo, al Delle Alpi, il tram 3 per raggiungere la Continassa, il prato già pieno di fans da “dirlo alla luna”, il telo a coprire il prato di uno stadio nuovo di zecca. Il primo concerto di una lunga serie di tram e treni e metro tra Torino e Milano, eppure, tra le canzoni ascoltate ieri, una, Sally aveva un pochino il gusto della pioggia, la nicchia di una Madonnina in corso Vercelli, un bus, il 46, l’odore dei libri di una signora Marchesa biblioteca, il freddo “riparato” da un abbraccio, il caldo dell’estate di Barriera, l’urlo di San Siro ed il cielo lasciato ai passeri. Mentre noi, stavamo con i piedi per terra. “Da da dan….senti che fuori piove…senti che bel rumore….da da dan…..”
2 giugno
2 giugno, festa della Repubblica. Con un pensiero al Quirinale, la casa di tutti, ai giardini, a quella bellissima terrazza e il tramonto in una tazza davanti alla grande bellezza, eterna. Pagina nuova del calendario, giornate sempre più lunghe, e finalmente anche il sole comincia a fare la sua parte, quella del leone, dopo un mese circa di pioggia; Vasco a San Siro inaugura una infilata di concerti che tengono insieme tre o quattro generazioni, sotto un palco enorme; fine della scuola oramai alle porte. Pochi giorni separano i nostri studenti dagli scrutini, ma venerdì saranno davvero tutti bellissimi come …un “7 di giugno”, a prescindere. Chi con i debiti e chi con i crediti,chi verso il mare chi montagna, è chi a Torino. Nel frattempo si lucidando le nuove sedie della maturità. E pare già sentire riecheggiare la voce del grande Mike: la busta uno, la due, la tre, e….rischio…la maturità è solo questione di giorni.
Alba Chiara
La domenica mattina è spesso pigra e cosi io, ingessato, dai movimenti lenti, anche dopo aver stropicciato rudemente il viso, aver azionato l’interruttore automatico che mi permette di affacciarmi con gli occhi sulla strada e preparato la moka. La bellezza consiste in poche cose: farsi un caffè ristretto, sentire il suo profumo, il picchiettio della pioggia fuori, oltre i tre vetri che mi separano dalla strada, accendere la tv e sentire la storia di Vasco in tv. Mi fermo e cosi sento, vedo, ricordo, Laura, Luca, e “ogni volta”, “una vita spericolata”, tanto da “dirlo alla luna”, e non importa se con “gli angeli” , o senza o se “siamo solo noi”…Le luci di San Siro si accendono nella testa e il Delle Alpi nuovo di zecca scoppia nel cuore; poi un bus, il 46, una 126 e una Peugeot 106 come casa….
Tutto il resto può aspettare. Compresa la tessera elettorale. Alla porta bussano le elezioni europee e quelle per il rinnovo del consiglio regionale del Piemonte. Ma ora, ci sono i miei 20 anni, che passano una volta sola e che eccezionalmente ritornano, ora, e quante volte lo vogliamo, nella nostra mente, nel ricordo, insieme a “una vita spericolata” all’ombra di un'”Alba Chiara” che è una bellissima donna di 40 anni. Chissa`se mangia ancora la mela e se diventa rossa e un pochino si vergogna. Scusate. Era solo un “Piccolo, spazio, pubblicità”.
Ora, posso andare ad esprimere il mio voto.
Maestrale
Il caldo torrido aveva ed ha le ore contate. “Toc-toc”, il maestrale è arrivato. Sulla spiaggia ombrelloni piantati, chiusi, punti esclamativi al brontolio marino!!! Le onde hanno schiuma “alla bocca”. Battono la spiaggia e ne fanno di essa un sol boccone. Pochi i coraggiosi in acqua. La bandiera rossa è un deterrente, anche ai piu’ coraggiosi o fanatici. Molti i resti della scorsa notte, sulla spiaggia, quella dedicata a san Lorenzo, (il diacono, martirizzato), e al conteggio di quelle stelle viste cadere. O sviste. “Cielo. Manca”. Notte di lacrime e preghiere. Che poi, onestamente, quando certe stelle cadono, non è proprio un bel vedere. Delle stelle. Le stelle-stelle, si: “le stelle stanno in cielo e i sogni non lo so, so solo che son pochi quelli che si avverano” (Vasco Rossi, che tra l’altro, è da queste parti, in vacanza). Per i piu’ sfortunati, ancora qualche serata da trascorrere in prima visione, al mare o in centro, nel patio. Sulla spiaggia il seggiolone del bagnino è sguarnito. E’ in tutto simile a quello di un arbitro di pallavolo. Ma senza campo e senza giocatori. Insomma, “non prende”. Sulla sabbia un divisorio fra lo stabilimento azzurro e quella privata. Sette bastoni tenuti insieme da una fune spessa, divenuti cappelliere e appendi abiti di fortuna, e un salvagente rosso alle estremita’. Allargo lo sguardo: c’è qualcosa di romantico anche in tutto cio’, su questa spiaggia molto vellutata, come “laura” spiaggia, direbbero quaggiù. Accarezzo il seggiolone come se accarezzassi dolci ricordi, che quando entrano, non escono piu’. Riaffiorano. Il popolo dei “selfie” canta: ” mi manchi, mi manchi, in carne ed ossa… “. Il mare “vomita” a più riprese cose che l’uomo ha fatto ingoiare a forza, nel tempo. Le onde si rincorrono, velocemente. Resta comunque un bel mare, dai colori espressivi, anche quando teasporta sabbia. Non e’ il mare e non e’ la costa narrata nel libro che mi accompagna qui ed ora, su questa sabbia: “La strada”. Su altre onde il trasporto di una musica: “L’estate sta finendo… ” Il maestrale e’ arrivato.
Maturità alle spalle
Da ieri, al via gli esami orali. Il corridoio, l’attesa, la tesina sotto il braccio, la camicia di lino e la giacchetta, l’individuazione della sedia, la firma, la penna, e pronti partenza via per l’ultima corsa. Tre piu tre e il Presidente. Ultimi momenti, seduta in classe prima di disperdersi alla ricerca del proprio posto nel mondo. Tesine belle, interessanti, talvolta proiettate, altre no. Matematica, igiene, psicologia, diritto, inglese, storia, italiano, visione delle prove e domanda delle domande o meglio, “il domandone” al candidato: ” e ora? ” E poi, strette di mano, arrivederci, buone vacanze e io “complimenti per la trasmissione”. L’uscita, la porta che si chiude alle spalle, quella della commissione, riunita, e quella del domani che si apre al futuro. Il corridoio, i compagni, l’abbraccio che scarica tutto, tensioni, ansie, gioie e strizza e poi tutto si scioglie, in lacrime o sorrisi. L’accerchiamento al maturando di quanti, in attesa del proprio turno, ancora a porte chiuse, in silenzio ma anche no, domandano: “cosa ti ha chiesto”… e via a rifare l’esame di maturità appena concluso: Svevo e la sua coscienza di Zeno, Verga e il suo rosso malpelo, Saba e Trieste, Pirandello e… e.. La porta si apre, avanti un altro. “Il treno ha fischiato”, avanti un altro. Gli zaini si svuotano di librie lasciano posto alla liberta’ e all’estate che bussa alle loro porte. E la vita continua, cantera’ questa sera Vasco Rossi.
Certe notti
Corso Inghilterra, a Torino si e’ rifatta il trucco. La “pancia e’ piatta” dopo 25 anni di lavoro e’ una bella signorina. Ha perso anche quella “protuberanza” che era il ponte di “Brooklyn” torinese che univa un corso, Inghilterra, ad una Piazza, XVIII dicembre tra due”seni” che erano due montagnole all’ombra delle quali i giovani innamorati ammiravano altri seni. Con la speranza, perche’ no, di affibiare qualche carezza. Altri tempi.
La campana di quella che un tempo fu Porta Susa a tre binari, ora tace, come un pezzo da museo, e cosi, quei due altoparlanti che annunciavano i treni direzione Milano-Venezia (o in arrivo da li) e che ora per i tanti che osservano oltre le sterpaglie, annunciano solo ricordi. Anni ’90, qualche anno dopo le notti magiche. Quando il cielo lo lasciavamo ai passeri e noi stavamo con i piedi per terra. Erano gli anni d’oro dello zaino sempre in spalla, delle zanzare di Ferrara, delle notti a Bologna e degli “Spari Sopra” dei concerti di Vasco a San Siro. Il treno delle 0.20 perso e la moltitudine in Centrale. Per altri erano gli annunci per “Certe notti”…di Ligabue, e per altri ancora un fast food in attesa “di quello notturno per Parigi”. Per altri e’ l’annuncio del “pendolino” per Barcellona e per altri ancora un treno verso Milano per cambiare treno e fiondarsi a Rimini.Tanti ricordi di gente che ammira questo tratto di strada, dove un tempo c’era solo un minuscolo sottopassaggio mentre ora…un’autostrada intera che “sfreccia” con la rossa, magari affianco alla bruna o alla biondina, senza sapere che un tempo ci si “accucciava” sulle panche dei binari tronchi. Frecce d’amore scagliate. Per correre piu’ in fretta, oggi come ieri, incontro all’amore…
L’amore e’
Nel cielo un colore bugiardo, non un rosso fuoco di passione. Ma e’ febbraio, comprensibile. Oggi e’ San Valentino, giornata tradizionalmente dedicata agli innamorati. Il primo pensiero e’ un lavoro da far svolgere ai ragazzi sulle origini del santo, della festa, dell’amore attraverso l’utilizza di “app”, come piace a loro. “Didattica dal basso”. I musei hanno sponsorizzato continuamente nelle giornate passate (su alcune pagine di quotidiani locali) che nella giornata (ma …una sola?) dedicata all’amore “entrano due e paga uno”; frecciarossa, due per uno; mostre, locali, idem….Ovunque mi giri, fiori e profumi e profumi di donne, segni particolari: bellissime…Alla Gam ultimo giorno di mostra.
Composizioni di fiori, meraviglie, dipinti e natura e colazione sull’erba. Per non pensare esco di casa. Colazione, come al solito, posto. Non sull’erba. Qualche fermata di bus sul corso, reso simile, dai lavori in corso, ad un dopo battaglia. Arriva, salgo, mi accomodo in un bus che circola solo per me. Poso una parte del viso sul vetro del finestrino che mi rimanda l’immagine. Sono spettinato e cosi i miei pensieri. Cammina lentamente e la nenia mi culla e mi “massaggia” il corpo. Le palpebre ne approfittano e socchiudono le saracinesche. Prenoto la fermata, scendo dal bus e raggiungo il giornalaio, compro i quotidiani, come una lunghissima abitudine che si ripete da anni. Ho l’ansia di scoprire il vincitore di Sanremo. Ieri purtroppo non ho avuto la forza di resistere per scoprirlo. La Juve ha vinto e il Napoli ha perso: “Stadio” in delirio. Vasco presenta e Stadio vincitori all’Ariston di Sanremo. Inaspettatamente. Patty solo sesta. Rientro. Stesso percorso al contrario. Frugo tra le tasche del cappotto alla ricerca delle chiavi. Le trattengo sul palmo delle mani, incerto sul da farsi. Entrare o stare ancora un po’ fuori casa. Scelgo per la prima opzione. Infilo le chiavi nella toppa, apro, entro, chiudo, butto le chiavi sul tavolo e faccio aderire il mio corpo, cappotto compreso, al divano. Non voglio pensare, al momento. Decidero’ piu’ tardi sul mio da fare, ultimati compiti e “Corrispondenza” per domani. Mi copro il viso con il giornale. Il nastro della memoria non vuole proprio saperne di stare zitto. “Cocciante, Barbarossa, Giorgia, Pausini, Zero, Alex Britti, Morandi e Barbara Cola, Patty Pravo, La terra dei Cachi…” e registratore alla mano per “record-are” dalla televisione e risentirle giorni dopo…” Come eravamo buffi. E intanto giu’ a ridere da sotto il giornale…Solo un attimo. Ripenso alla “Corrispondenza”. Un amore ai tempi dei social di qualche recente passato. Come e’ bello questo libro, sembra una storia vera. Un messaggio gia’ preparato tra le mani in attesa di uno squillo, un giorno, un mese, tempo. Quanto. Era San Valentino. Una corrispondenza appena nata dalle parti del mare sul mare social. Sembra una storia vera….come si fa a vivere cosi un amore assoluto….? Ma quanto e’ bello ‘sto libro ma quanto e’ bella la vita. Questione di stelle. “Visitatrici”, nel loro comparire, scomparire, comparire. Stelle visitatrici che continuano a girare nella loro/nostra orbita. Cadono e altre sono ancora visibili. L’amore. Ahhh! ( sospiro). Alzo gli occhi al cielo, la trattengo fino a quando e’ possibile. E quando cio’ non sara’ piu’ possibile allora vorra’ dire che non saro’ stato un buon corteggiatore. O forse no. Un semplice errore nell’aver concepito questo dubbio in una “corrispondenza”.
Buonanotte
Fa caldo, qui a Torino. Dove e’ la novita’? Acqua. C’e’ bisogno di acqua. Scendo. I gradini a due a due mi avvicinano la meta. Torino e’ piena di fontane.Di Toret. Ma non e’ solo questo il motivo per cui decido di scendere. Si fa fatica a dormire in queste serate da anticiclone africano. A due passi da qui un supermercato aperto h 24.
Non mi piace molto l’idea, ma e’ un modo per curiosare e raccontare. “Una tantum”. “Mi piacerebbe vedere fuori come va”, mi dico. I pantaloncini, la maglietta e le scarpette e sono fuori. Penso: “Magari un libro, che non mi annoi nel mio non dormire; una lettura con la profondita’ di uno sguardo sul mondo. ” A dire il vero non mi mancano, pero’…Entro. Sliding doors. “Scrocco”o “accumulo” un po’di fresco condizionato h 24. Mi aggiro tra le corsie e i carrelli sembrano tante macchinine. Gente che entra che è già dentro e altra che, buste alla mano, recupera l’uscita: è una ragnatela di vite che si incrociano.
Trasformazioni,
come la tristezza e la solitudine si trasformano in felicità o qualche incontro e la magia di questi le trasforma in amore spalancando porte aperte verso nuove percezioni di se e del mondo.
Senza nascondere il male ma senza mai dimenticare il bene ricevuto e incontrato. Tantissimo. Mai dimenticato. Valorizzato. “Ed è forese questo il vero motivo per cui si dedica uno scritto, una canzone, a lei, o per lei (Vasco Rossi) e forse è per questo che la luna si sfilerebbe ancora i collant per fare l’amore e si resta abbracciati una estate intera, davanti al mare, per vedere un’alba o un tramonto“. E l’effetto che fa. E la luna continua a fare l’amore anche senza calze per una vita intera. La vita è una ragnatela, con i nostri incontri fatti e da fare. Decisioni, destini nei quali “impastarci” oppure no. Souplesse. Tramonti e albe. Bevo. Mi disseto. Porto un libro a casa. La luna è piena. Sarà più dolce la lettura. Sarà miele e latte il risveglio.
Buonanotte.
Befana a Milano per…l’ Ultima Cena
Ma chi l’ ha detto che la Befana vien di notte con le scarpe tutte rotte? Voi non ci crederete ma io l’ ho vista, dalle parti di Porta Susa, anzi, dentro Porta Susa, alle macchinette. Probabilmente avrà terminato le scorte per i più piccini, da racchiudere nella calza, insieme a cioccolatini, caramelle ed ogni altra prelibatezza, ed essendo chiusi i negozi non si e’ certo fatta mancare una buona idea, quella cioè di fare “rifornimento” in stazione, certo, non prima di essersi data una aggiustatina, specchiandosi, insieme alla luna, davanti al grattacielo della Rai
, posato proprio ai piedi della stazione d’acciaio e vetro e questa, porta, non solo Susa, ma d’accesso, e non solo metropolitana per Expo 2015. Milano. Calze e calzette, in quasi tutte le case italiane. Cosa accolgano nel loro interno, non è dato saperlo, ma, avendo fatto ieri un giro per mercati, pare che i mandarini fossero i prodotti più venduti e più richiesti. Un ritorno alle origini, ai racconti dei nonni. Ho deciso di affacciarmi, ma prima nel mondo reale. Per quanti non ancora verticalizzati lo spettacolo e’ davvero bello. E non sto parlando di befana e dolciumi, di calze e di mezze calzette. No, della luna, capace di illuminare una catena montuosa
, un collare, una catena d’argento, posta ai piedi di una citta’. Una bella e giovane ragazza, con un piccolo neo, quello della cultura, il suo polo d’attrazione e che vezzeggia dando un po’ di confidenza a quanti sanno conquistarla, fino in fondo. Ma solo in pochi, ne hanno a dire il vero il privilegio, in molti, invece, incapaci di ascoltarla e coglierla. A questi ultimi non rimarrà ‘ che un piccolissimo souvenir da ammirare di tanto in tanto e ripassarlo così come si usa fare per una poesia particolare. Di tanto in tanto la si ricorda. Una bella ragazza, ora bruna, avvolta nelle sue nebbie pensierose ora rossa, talvolta un po’ sbiadita ma che per nulla intimidita riflette e fa riflettere. Dall’altra parte del finestrino, Superga, tra due grattacieli, porte di accesso verso la Barriera, di Milano. Il resto corre velocemente. La luna si nasconde, solo un attimo, per illuminare quella e quelli. Corre corre corre sorvola, vola a 300 all’ora e fa volare, foglie e sfoglia, spettina al suo passare, alberi e campi che sembrano pagine scritte dal lavoro incessante, quotidiano dell’uomo.
23 minuti di metropolitana d’Italia e sei a Fiera, Rho, dopo aver ammirato un’alta bellezza dell’Antonelli, fuori dal finestrino, sulla destra. Novara. Un attimo e sei a Milano. Garibaldi prima, Centrale poi, in mezzo, un paio di fermate della metropolitana.
Da una all’altra, è la musica che ti conduce la città che ti concede. Un pianobar, direi, per intrattenere viaggiatori.
Voi non ci crederete ma voglio correre il rischio di perdere il treno. Penso che davanti ad un pianoforte e della bella musica non vi sia orologio che tenga. In Centrale, un pianoforte, lasciato lì per chi ne abbia voglia di suonarlo e di deliziare quanti partono, quanti arrivano e quanti transitano da lì, per un biglietto da lasciare in cauzione all’alberone.
Già, anche Milano ha il suo alberone. E che alberone. E ovviamente anche io ho lasciato il mio segno. Nel tempo della mia attesa, permanenza, ho la fortuna di ascoltarne un paio, che si danno il cambio. Allietano molti. Alcuni ballano, girano intorno a sé stessi, lasciando bagagli a qualche amico, come sorvegliati speciali.
Alcuni sono clochard e chi suona, in questo momento, lo fa per loro, e allora si capisce che in quelle valige custodite con attenzione, ci si trova un mondo, una casa mobile, tutto. Passato, presente, futuro. Chi suona regala loro, anzi, a tutti, momenti di spensieratezza. Chi passa, biglietto in mano, si accomoda. Batte le mani, ringrazia (il primo artista è Dario Saoner). E’ una bella idea, una bella iniziativa. Tra alcune cose che mi hanno mosso a passare da una Porta all’altra e oltrepassare la porta, questa è una di quelle. Già menzionato nel blog avevo davvero voglia di ascoltarla da vicino questa idea, che, probabilmente, si prolungherà per tutta la durata dell’Expo 2015. Ovviamente un pensiero è andato a Pino Daniele, il grande musicista spentosi a soli 59 anni. Di tanto in tanto, i musicisti si danno il cambio. E’ piacevole, anche per chi, come me, non ne sa molto, di musica.
Ora, dopo aver ammirato l’albero, scritto la “brava”e “bella” letterina, ascoltato la buona musica, scambiato qualche parola con i profughi e i volontari, della stazione Centrale, non resta che mettermi in marcia “aspettando” le code museali, non prima di aver dato un colpo d’occhio, veloce alla galleria ed il suo albero. L’interno del duomo ed altro ancora.
Per terminare, prima di tornare a casa, un salto a Sant’Ambrogio.Prima della partenza un pochino di coda, meglio, attesa…Milano e’ bella anche con uno sguardo dal finetrino di un tram. Una realta’ in movimento anche quando e’ il tram a muoverci.
Ho pensato spesso ai libri della Perosino, ai suoi viaggi, tra le due citta’ e all’interno di esse.
Quando il rientro si avvicina riconosco i gradini, tra la metro e la stazione. Quei gradini fatti tutti insieme, a tre alla volta, pur di non perdere l’ultimo treno utile per Torino, quello delle 0.25. Erano “certe notti” che puntualmente quel treno lo perdevi e spesso volevi andasse cosi, pur di godere fino alla fine uno spettacolo grandiso e una grande “alba chiara”. Sul cielo di Milano.