Diventa quasi imbarazzante augurare buon ferragosto dopo la sciagura di ieri, a Genova: il crollo del ponte Morandi. Una sciagura. Ieri pomeriggio alcuni canali tv rimandavano le immagini del disastro con la pioggia battente, incessante, a dirotto, quasi a voler significare che nelle tragedie, nulla poi viene a mancare, (insomma, non ci facciamo mancare proprio niente), le case a ridosso, sotto quel tratto di ponte, rimasto in piedi, (sotto quel ponte, che doveva sembrare a molti, un tetto aggiuntivo), i soccorsi, la confusione, i fasci della ferrovia, il letto di un fiume, un furgone a pochi metri dal precipitare, (e molti altri, caduti, in seguito al crollo) il viadotto sulla A 10. Impariamo tutti alcuni nomi e altri ne ripassiamo. Che quel ponte, simile alla lontana, a quello americano, ricordava a molti “la gomma del ponte”, che ad inaugurarlo fu un Presidente della Repubblica, Saragat (1967) e che le problematiche furono molte, fin dagli inizi, anche se, a detta di molti, avrebbe aiutato a “decongestionare” e molto il traffico. La “camionabile” qualcuno la chiamava. Ancora, la “Gronda”. E poi, i titoli dei giirnali di questa mattina, più o meno così : “Come in guerra”, Genova ferita”, ” Genova divisa in due”. Il pensiero ovviamente va alle vittime e famigliari e a tutta Genova. Poi sarà il tempo per accertare responsabilità e ricostruire, rispettando la natura, il suolo, utilizzando nuovi criteri. Ricordo il ferragosto di anni addietro, Sandro Curzi, direttore di un giornale, scriveva sempre il suo editoriale, con lo stato del Paese, augurando un buon ferragosto e sperando in qualcosa di migliore, a partire da domani.
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La tesina va in pensione, seppur così giovane
La sedia della maturità è “lucidissima”
come mai lo è stata lungo il corso degli anni, di forzata e anche sforzata attività, mentre la tesina, con un velo di tristezza, oggi, sta per congedarsi; ad esser chiari, ha conosciuto una brevissima esistenza, la tesina, (la sua), tra alti e bassi, fortune e sfortune, “uccisa”, forse, in culla troppo presto. E ora, che la cronaca diviene storia, di cose da raccontare, quella tesina, certamente ne avrebbe da dare in pasto a noi, consumatori di storie. Intanto, ride e sorride sotto i suoi “4 baffi”, sostegno e stampelle per lei e candidati, di ieri, di oggi e domani. Anche senza tesina. “Lucida”, perché la recente candidata che ho avuto modo e piacere di ascoltare è stata esauriente, brillante, concisa. Lucida, la sedia, per essersi accomodati tante candidate e candidati .
La candidata alla maturità si presenta alla commissione e al pubblico presente per assistere e “assisterla”con una bellissima tesina dal titolo che promette bene. Orecchie e occhi ben aperti, perché l’argomento scotta fin dagli inizi della narrazione, cioè, dai tempi di Marx”: “Dalla Storia alle storie”(candidata V. M. indirizzo socio-sanutario). È il racconto di tre generazioni operaie (identica famiglia) nella stessa fabbrica, zona sud del torinese, a cavallo tra Moncalieri e Trofarello. “Tempi duri”, ci chiarisce la candidata, per tutte e tre le generazioni ma anche dolci, i suoi, il suo tempo, i “suoi tempi”, accordati tra studio e attesa, nell’attesa che i turni terminassero . Le storie, “quelle non solo della domenica”, (come giustamente cita la candidata) ma di una settimana intera, per una vita, tra presse, grasso dei macchinari che cola, olio e tute blu, al lavoro e lavate e appese ad asciugare ad un sole che ha solo il gusto del presente. Si, tute blu. E dire che qualche storico ne sosteneva la fine, della storia, teorizzandone, di conseguenza la fine, del lavoro. La Storia, raccontata attraverso le storie delle tre generazioni, a cominciare dagli scioperi di marzo del 1943 a Torino. Poi ancora l’accordo italo belga del 1946, la tragedia di Marcinelle (8 agosto 1956) , il ritorno agli scioperi operai del marzo 1943, considerati il “seme della Repubblica”, e “seme della Costituzione”. Gli scioperi del marzo ’43, la “grande spallata” alla caduta del fascismo. E ancora, la Resistenza, la Costituzione (sostanziale e materiale, come richiedeva uno dei titoli del tema e come la candidata chiarisce il senso della traccia pur avendo preferito il tema sulla “solitudine”), Marcinelle, Mattmark, cause, conseguenze, la ricostruzione, italiana, il boom economico, il movimento studentesco del 1968, quello operaio del 1969,( e “La meglio gioventù” ), lo Statuto dei lavoratori, la sua struttura. Il mondo del lavoro oggi e i lavoratori, letto attraverso le lenti e articoli della Stampa, le delocalizzazioni e la finanziarizzazione dell’economia, la globalizzazione, i mercati. La tesina cominciava con una frase di Olivetti, e guarda caso, recentemente, a Ivrea è stato conferito il titolo di “patrimonio” umano… quando si “dattilografava” era tutto così bello… Una bella tesina, e una sedia “lucida” perché oramai, la sedia tornera’ sotto il banco mentre la tesina, la povera tesina, seppur cosi giovane sta per andare definitivamenre in pensione. Un vero peccato. La candidata continuava a raccontare poi, (per una parte in inglese) le storie al lavoro in un mondo che cambia. Dal lavoro al nuovo voncetto di lavoro, avrebbe detto altro candidato. Poi psicologia (il lavoro in carcere e forme di retribuzione) diritto (cooperative, snc… ) italiano (Ungaretti, decadentismo), storia (resistenza, partigiani, 8 settembre, armistizio) fino ad esaurire la sua prova in modo davvero…. maturo. I suoi libri trattengono tutti gli odori della fabbrica, e si spargono, con classe, la sua, da pagina 100. Vorrà dire e dirci ancora qualcosa?
“Fausto e Anna”
Una bellissima storia nella Storia, quella della lettura appena conclusa del libro di Carlo Cassola, “Fausto e Anna”. Due parti, 5 capitoli ciascuno, la Toscana, tra Grosseto e Siena, la guerra, la Resistenza, l’amore, trovato, perduto, ritovato e ancora, il suo destino. Grosseto libera, prima citta’, dopo Roma, estate 1944. Grosseto, cittadina bella. Mi e’ piaciuto tantissimo, il libro, i personaggi, i sentimenti descritti. Tanti pensieri ritovati. Una marea di titoli e libri letti, altri sentiti, consigliati, imposti dalla professoressa di lettere, Luisa M. insegnante delle medie!!! Capelli bianchi, la sua penna, La Stampa, quotidiana, le sue sigarette, (chussa’ la marca!)per dopo la scuola, la Resistenza sulla sua pelle e nelle parole. Mai come in questo periodo la ricordo e ne rimpiango i suoi insegnamenti, e oggi penso che avrei potuto-dovuto darle piu’ ascolto, nei suoi consigli. Il pensiero vaga al suo borsone che portava a “tracolla” ogni giorno e in quello un libro al giorno per noi studenti che banco dopo banco ci passavamo, di mano in mano, di riga in riga, capitolo dopo capitolo, giorno dopo giorno. Ricordo che le dissi che avrei voluto fare lettere e storia…poi, chissa’ perche’, a quell’eta’ si finisce sempre per scegliere altro. Un consiglio sbagliato, un modulo compilato per mancanza di coraggio e…. al posto delle lettere finisci a fare conti. Ho preso l’abitudine di avere con me una borsa-zaino e libri ogni giorno, da scegliere e proporli, e cosi ho ritrovato i suoi titoli, consigliati…Distribuisco parole, ci provo, date eventi ma non come lei, la prof.ssa Luisa. Lei era eccezionalmente brava! L’altro giorno passavo dal centro citta’. Guardavo la Facolta’, di Lettere, l’attraversato e attraverso…frugo nel borsone e nei pensieri e sento pero’ che mi manca qualcosa…un titolo.
Quando il sorriso allaga il mare
Profumo di mimosa, e l’occhio si allarga, e le narici dilatano, su quel fiore appuntato al bavero del cappotto. L’occhio della mente si dilata, fino a Ventimiglia e da li in Provenza e poi mare, tanto mare, nella giornata della donna. Un piano bar e le note di Cammariere Sergio si diffondono nell’aria. E dimmi, di che mese sai? Si, “sai”. Il tuo viso roseo ha un profumo intenso che quando si allarga, allaga il mare. Questo mi capita di pensare, osservando sbocciare un fiore che si apre come il tuo sorriso, ogni qual volta osservo il mare. Certo, vorrei scrivere di mimose e di storia, di “E tre”, articolo del blog, al quarto anno del suo compleanno, oppure del convegno, dell’altro ieri, a Torino, su don Milani e la figura dell’Idr. E che dire del sig. Antonio Corapi, artista, sarto approdato a Torino da “Gasperina” omaggiato da Bruno Gambarotta su Torino Sette? Che bello il primo, e il “tre” , le emozioni per una bella pagina di storia, personale, che a pensarci bene, nessuno ci avrebbe scommesso un euro su. Ma le cose piu’ belle sono le piu’ difficili. Il parka blu, il vento, il sorriso, un volume rosso tra le mani. Torino era mia. Cerco di “chiudere” il volume. Ma il mare allontana molto e avvicina te. Il Profumo di mimosa, sul bavero e in ogni dove, nella giornata-festa-ricorrenza della donna.
Bruno Gambarotta
Realizzo ora che son trascorsi alcuni giorni dall’ultimo scritto. Distratto dalle notizie che la tv rimanda nelle case, relative alla tragedia del treno dei pendolari nei pressi di Milano e dal caso “”Zhong Zhong e Hua Hua” (scimmie clonate) avevo scordato di raccontare un pochino di scuola. A scuola, nella mia, in una seconda, Bruno Gambarotta è “salito in cattedra”. Magistrale. In una delle ultime giornate di vacanze natalizie, avevo intercettato, tra una pagina e l’altra, tra un libro e l’altro, nei locali della Civica Torinese, il giornalista “ciclista” Bruno Gambarotta. Un saluto, veloce, un ricordo dell’incontro precedente (anni fa, di ritorno, io, da Vernante, sul treno), e, “Bruno, pisso chiamarti Bruno, vero?”. E lui. “Certo, mi chiamo cosi. Ma se vuoi chiamarmi Filippo”…Troppo forte! E io: “Senti, ci verresti da me, a scuola, a raccontare qualcosa? Magari nelle seconde…”.E lui, in piemontese .”Esageruma nen…”.Fortissimo!! Bruno e’ stato ospite di una classe dell’Istituto. Avevo accennato, nel corso delle mie lezioni, alla tragedia di Vermicino, la vicenda di Alfredino Rampi, il ruolo dell’informazione-comunicazione, la diretta televisiva, 72 ore, l’annuncio della vicinanza alla famiglia e la presenza sul luogo dell’evento di Sandro Pertini, scavalcando ogni protocollo, come talvolta era suo modo di fare e procedere; una vicenda, quella e Vermicino e tragedia, “sfuggita di mano” all’informazione…e da questo punto in poi, Bruno ha preso “il largo” e ha cominciato a raccontare, il suo punto di vista sulla vicenda, sul suo ruolo in Rai, in quel periodo, del suo lavoro, di scrittore, del come è perché, …giornalista, studente, lettore, padre, nonno…insomma, grazie a Bruno, è stata una bella mattinata. Ovviamente un sentito grazie per aver accettato l’invito. Bhe’, gia’, come mi faceva notare durante la pausa caffè, altrimenti “avrei potuto tagliare le gomme”. Della sua bicicletta.
Ferrara
Ferrara poi non è così calda, oggi, come lo era, nei giorni scorsi.
Che dire? Tutto merito di… Sulle tracce di Isabella d’Este e Lucrezia Borgia. Gia’, perche mi interessava addentrarmi nella storia della citta’, alla luce delle letture effettuate.
Il castello, che fa pensare ai “bucintori” alle fughe e ai giochi, Palazzo Schifanoia… che nome, gia’, una sorta di “divertimentificio” dell’epoca. A Ferrara, mi aggiro, perlustro, una rapida occhiata alla Cattedrale e al Castello, al suo Savonarola e alle sue delizie.
I “tenerini”? Entro, in un bar pasticceria, mi accomodo, davanti a dolcezze davvero da capogiro. Sfoglio velicemente il giornale locale e scopro che e’ in abbinata a La Stampa. Li richiudo. E intanto gusto questi dolci al cioccolato, la fine del mondo. Ne ordino un po’, per portarli a casa. Apro la cartina perche’ cerco un quadro, delle due sorelle, Isabella e Beatrice, descritte in uno dei tanti libri che fortemente mi hanno rilortato qua… “nel palazzo di Ludovico il Moro-futuro sposo di Beatrice-c’e’ un delizioso affresco del Garofalo, nel quale le due sono ritratte in eta’ adolescente, nell’atto di affacciarsi a un balcone, sotto un cielo celeste chiaro solcato da qualche leggera nuvola. Il volto angelico, gli occhi espressivi, le labbra morbide e piene, i capelli mossi, Isabella e’ in primo piano e tiene in mano un liuto, mentre Beatrice, piu piccola, intimidita e un pochino discosta, si appoggia a lei come a cercare conforto e protezione”
(Alessandra Necci, “Isabella e Lucrezia, le due cognate”).
Un tour rinascimentale calato nello studio… Una addetta alle sale leggeva gli stessi testi, e cosi ci siamo ritrovati a discutere per alcuni istanti su personaggi e luoghi. Non la ricordavo così bella, la città, forse perché a suo tempo non ne avevo passato in rassegna legrandi bellezze. Una gran bella cittadina, giovane, universitaria, nuova ai miei occhi. Nel castello osservo un po’ di cose e pare di rileggere i testina poco conclusi. Devo chinare La testa e di molto per passare nelle stanze delle prigioni. La Torre-prigione ove furono rinchiusi i fratelli di Isabella e Alfonso d’Este, imprigionati nella Torre dei Leoni: Ferrante che morira’ in carcere 34 anni dopo e don Giulio liberato da Alfonso II, nipote di Lucrezia Borgia esattamente 53 anni dolo. Che è quali brividi al pensiero. E poi le cucine con un sistema di scolo acque davvero all’avanguardia. Il giardino, l’orologio, la salita sulla Torre e il panorama su Ferrara. Poi riducendo e faccio un salto sulla piazza. Peccato per la facciata della Cattedrale, coperta… ma non importa… ho tempo per visitare e raccontare.
Al via l’esame di maturita’
“La notte prima degli esami” (Venditti sempre intramontabile)si è appena conclusa. Per mezzo milione di ragazzi è arrivata “l’ora della maturita’”. La ricorderanno, (come è capitato a noi) per sempre, e per tantissime occasioni verra’ “tirata fuori” come un bel vestito, in tantissime occasioni. “Ti ricordi quando…? “. E’ il giorno del tema, tempo massimo sei ore. Una delle ultime volte in cui siederete li, tra le mura che vi hanno accolto ogni mattina per sei anni, scandendo emozioni interminabili. Ora, penna, dizionario, carta di identita’. Pronti, via. Maturita’, Non fai paura. Auguro alla mia classe tanta serenita’… sono bravi e alla “Ligabue”, ” niente paura”. Aggiungo: “amerete il finale” (dalla foto, la “mia classe” V G all’uscita dalla visita presso “La Stampa”).
A Porta Nuova è tornato l’albero di Natale
A Torino Porta Nuova è arrivato -ritornato l’albero di Natale sotto l’atrio. È bello, diverso dagli ultimi. “E’ bello come la scuola dove insegno”. Non ho resistito alla tentazione. E’ davvero diverso da quelli degli anni precedenti documentati dal quotidiano torinese La Stampa e…. dal blog!! Stamattina, sotto l’atrio, una giovane donna suonava al pianoforte, musiche romantiche, il tabellone “giocava” con gli arrivi e le partenze, ed io, con la fantasia mentre il cuore batteva al rumore dei treni, oltre l’atrio rimanevo incollato e così gli occhi e le orecchie. Voglia di partire, andare, viaggiare. Ho staccato un foglio e ho scritto i miei auguri. Su carta “tipografia don Bosco”. E’ il primo biglietto. Vado in biglietteria e. . . ne stacco un altro.
Eccolo. Poi son tornato indietro e l’ho modificato un pochino. Un augurio di cuore, dal cuore, il mio, al cuore di tutti.
Buon Natale a tutt*.
Il ’68… a Palazzo Nuovo
Un’inflazione di quotidiani, tra le mani, sotto le braccia, ad inizio autunno in vista dell’estate della maturita’ 2017. Questo il mio corredo verso scuola, insieme a libri e agenda, con gli appuntamenti dei consigli di classe e dipartimenti. La Stampa mi induce al ricordo della colazione dai nonni materni quando durante l’estate la trascorrevo in anticipo sui miei e quando i nonni la sfogliavano a 1200 km da dove si stampava. Ma possibile che mio nonno dovesse comprare La Stampa di Torino abitando nel profondo Sud? Dalle parti di Lecce? Lui la preferiva, come Enrica, la signora anziana che invece abitava sotto casa, che pero’ era torinese e abitando a Torino, alle 14 scendeva sotto casa per comprare l’edizione pomeridiana: “Stampa Sera”. E io puntualmente scendevo a sfogliare il tutto. Ogni pomeriggio. E ogni pagina, Enrica mi raccontava pagine di Resistenza, avendo fatto la partigiana, qui, a Torino. E le fabbriche, il biennio rosso, il ’68… La Repubblica invece mi ricorda una ragazza che anche lei come la Melloni, ma poi se e’ la stessa non importa, aveva una frangetta e un piccolissimo neo e la comprava al sabato, all’uscita da scuola, quando al liceo, il sabato era d’obbligo. Pur non vedendola, quella casa, ho introiettato talmente alla perfezione i suoi racconti, che nella casa di suo nonno è come ci fossi stato pure io, a sfogliarlo, quel giornale, insieme a lei, a due passi dal mare. E ogni volta che la compero ritorno alla maturita’. La sua. E alle sue letture, divenute un pochino anche mie. Giocando a nascondino, tra una riga e l’altra. Non so perché, ma i ricordi divengono prepotenti e si affermano tra le aule di Palazzo Nuovo, all’incrocio tra lettere e filosofia, all’uscita da un’aula dopo un corso sul ’68. Forse perché Palazzo Nuovo ha segnato la mia storia, o forse per lettere, o filosofia, o per via di questa Repubblica sotto il braccio. O forse per la fame. Di sapere. E di amore. Per il sapere. Che non abbandona mai.
Perugia, ciao
“Ciao Perugia”. E buon agosto anche se ci sussurra con piogge e vento che il sig. settembre si avvicina a 30 passi. Buon viaggio, mi occhieggia e sembra voler dire ancora il Corriere dell’Umbria” adagiato sul bellissimo libro della Chiara Frugoni, “Quale Francesco? Il messaggio nascosto della Basilica superiore ad Assisi. Edizione Einaudi”
. Pensavate fosse sufficiente una micro guida al prezzo di sei euro impegnando anche la carta di identita’? Certo che no. Si e’ in cammino, verso il meglio. “Io studio” e’ la risposta piu’ appropriata a quanti ci vorrebbero soli nel nostro recinto. Io ci provo. Pollici su, like, cuori e reazioni, Non mi importa. Questo per restare in comunità virtuale. Per il resto si: voglio il meglio per me e la scuola. Restando ai giorni di vacanza-studio. Posso confermare di aver trovato una parte di Umbria davvero interessante, bella, dove arte, cultura, musica, enogastronomia non hanno confini. Umbria, un capolavoro. In vetta al mio gradimento Perugia e Assisi
, già visitata in doppia “seduta” dove oggi mi rechero’ ancora una volta prima di fare un “coast to coast” verso l’Adriatico. Assisi, citta’ che si prepara per la visita del Papa, di ritorno da Cracovia e i suoi giovani della giornata giovanile mondiale. Assisi che si prepara a vivere un momento bellissimo: “il Perdono di Assisi”. Giovani spronati a fare della propria vita un capolavoro. Andare e camminare senza essere “uomini divano”. Per restare in tema, bellissima Passignano sul Trasimeno coi suoi 4 rioni che si sfidano nelle singole prove. “L’incendio” al castello, la corsa delle brocche, prove singole e poi la corsa, il palio delle barche. E poi colori: nitidi, vivi, per vivere in maniera tale e non in bianco e nero. “Vivere a colori” e “andare” motti dell’estate 2016. E che dire poi del Trasimeno? Luci bellissime, tramonti belli, morbidi, che invogliano ad abbracciare ogni singola cosa di questo territorio e provare ad ammorbidirsi dentro e fuori. E i girasoli poi? Fantastici. Del cibo poi preferisco non parlarne ma… mangiare, anche quando era “Street food” avendo tra le mani un panino con la porchetta e la crescia con verdura e salsiccia. Umbria, terra di santi, un po’ come Torino, dei santi sociali.
Anche qui sono presenti i salesiani che svolgono un lavoro attento e fondamentale in questa città dalla forte presenza universitaria. Bhe’ che dire ora? È il momento di andare… buon cammino allora.