Le strade sono vuote, che neanche ad agosto. Giornalai aperti, e molti ad informarsi, che è un diritto. Per le strade, sono i piccioni i veri proprietari delle nostre città, piazze, corsi, vie, che non saprei dire se centro, periferie o tutto insieme, divenute nel giro di poco così piccole, ristrette, come avviene per un capo di biancheria dopo aver sbagliato candeggio. C’è qualcosa di nuovo nell’aria, si, e non è solo il virus, ma qualcosa che ha tutta voglia di resistere, fare comunità, uscire seppur per pochi istanti, sul balcone di casa e cantare, ballare, suonare, gridare, bebè alla mano, anzi, in braccio per giovani coppie! Un tempo ci fu a Torino ” il concerto dal balconcino”, e ora spuntano concertini come fiori. Pentole, piatti, di ogni fattura. Da un balcone all’altro un “Hai bisogno”, “come stai?”, “serve niente”, e poi, giù a cantare, “Azzurro”, “il cielo è sempre più blu”, “inno di Mameli” , “la gatta”,…se il mondo assomiglia a te….
In tanti si organizzano: forme di solidarietà, volontariato, partecipazione, cultura in streaming, condivisa. “Alzati” direbbe Francesco, che cammina a piedi lungo le vie del Corso per recarsi in Chiesa e affidarci.
Balconcino. E tutti in piedi. A casa, in piedi, a creare o ricreare comunità nuove e uomini nuovi, non più solo. “C’erano uomini soli” canteremo domani. Dai balconi penzolano striscioni, arcobaleni, con su scritto, “Andrà tutto bene”, con colori e perimetri colorati da bimbi, mani tremolanti, ma sicure allo stesso temlo, che tutto andra bene. Campane ieri, tutte, a mezzogiorno. Quelle stesse che non annunciano piu messa, (da decreto), dopo aver messo tra parentesi strette di mano, segno di pace, acqua santa. Ma abbiamo voglia. Torneremo piu grandi di prima e ciascuno avrà la sua notte bianca, alla Dostoevskij, o quelle olimpiche, targate Torino 2006. Immaginiamo l’urlo, liberatorio, alla Tardelli, al Santiago. Immaginiamo Pertini, la sua pipa, le sue braccia sollevate, verso’alto. Sarà bello. Tutto. Andra’ tutto bene.
Nella Basilica di Maria Ausiliatrice, in preghiera, il Rettor maggiore, successore di don Bosco, appena rieletto, prepara il suo pensiero, preghiera, rivolta ai giovani nel mondo.
Il tempo di comprare i giornali, sotto casa, almeno una bella mazzetta, più del solito, perche informarsi è un must e poi perché gli spunti che da essi traggo mi sono necessari, come il pane, per la “didattica a distanza”. Classroom, Google suite..che fare, per mantenere attiva la relazione mantenendo la stessa “umanita” sviluppata in classe? Innanzitutto un “Come state?” Una parola di fiducia, una di speranza, un “andrà tutto bene”, poi, l’invio di un lavoro, quasi per dire, “continuiamo, anche se i tempi sono straordinari”. Molti ragazzi rispondono, si impegnano, scrivono, approfondiscono, inviano compiti, vorrebbero ulteriori riflessioni per incrementare le precedenti. “Rimpiangeremo questo periodo di reclusione, di fare scuola con la didattica digitale?” Speriamo di rialzarci, anzi “alzati”, come ci invita Francesco. “Damose da fa” diceva un altro grande, Giovanni Paolo II. Vedremo, con la speranza di chiudere tutto questo periodo tra parentesi e poter rinascere migliori, uomini nuovi. Intanto, una nuova Italia si affaccia al balcone, canta, resiste, balla, applaude chi lavora per noi, in corsia, negli ospedali, chi si occupa degli ultimi, che “devono stare a casa” ma che casa non hanno. I bus passano, non si fermano, osservo, un passeggero seduto, come se il bus fosse un taxi. Ne passo un altro, idem. I tram sferragliano e passano velocemente. La città è simile ad una di quelle giornate da domeniche ecologiche, anzi, peggio. Una atmosfera surreale. Alle 12, il suono delle campane. Striscioni e lenzuoli colorati. “Andra tutto bene”. Nel pomeriggio da un balcone all’ altro si resiste. Inimmaginabile la gioia che ci sara quando sara terminato tutto…
Quando la “quarantena ” sarà termina, propongo “Notti bianche” per tutte e tutti.
Le tre auto convergevano simultaneamente verso parcheggi ampiamente disponibili, nella notte ancora fonda, con l’alba distante da noi, chiusi, nei nostri pensieri, mentalmente, e nelle “scatole” di latta, fisicamente. Avevamo da poco lasciato le calde case e comodi letti, per sorbirci “otto ore di turno” (da leggere rigorosamente in maniera fantozziana!). Alle nostre spalle, e delle auto, la collina, Chieri e compagnia, bella, “e brutta”. L’unica, rada, luce che illuminava pochi metri d’asfalto, era quella gialla, con la scritta “BAR”, in orizzontale. Tutte e tre le auto, si disputavano il posto in prima fila. Metalmeccanici contro tessili. Arrivare prima significava non aspettare. Ma il risvolto, poteva anche essere negativo: poche “battute” della Bialetti e caffe’ non proprio al massimo. Capitava, delle volte. Poche battute delle nostre, “come stai?”. Avremmo voluto essere a casa, in quell’istante, cosi vicina e distante, da noi, distesi, ancora, sotto le coperte, liberi “da catene”. E invece, nasini all’insu’, ma non cin la classica posa da turista. Cosa acremmo potuto osservare? La scritta Bar? E invece quelle catene, ci attendevano per 8 lunghissime ore ( da leggere fantozzianamente). Ogni auto, davanti al bar, ne scaricava quattro, di passeggeri. Mani in tasca, ed il primo che allungava il braccio, apriva la porta del locale. Per tutti. Come i caffè. Dodici accessi in una porta non girevole ma girevolissima. Tutti avvolti nei nostri giubbotti, qualcuno per fare in fretta, con la tuta da lavoro addosso ed il logo. Della fabbrica. Scarpe anti-infortunistiche incorporate. Il barista aveva acceso la sua macchina del caffè da poco, e ci dava le spalle. Dalla bocca del fornetto a micro onde, aperto nello stesso istante in cui entravamo noi, nel locale, minuto, si perdeva un buon profumo: croissant appena sfornati; una parte di quello (il ptofumo) era sequestrato nel locale, un altro ricercava velocemente la via d’uscita, come un gatto che non sognava altro che il ritorno alla sua liberta’, precaria. Dalle nostre bocche, sbadigli, occhi stropicciati, e tanta stanchezza nelle ossa. Caffè per tutti, due parole, il contratto, lo stipendio, i toc. I saluti, l’arrivederci, al mattino dopo e i 12, in macchina, ancora una volta, verso la loro “bolla”. Entro le 6. Poi, chi al tessile, chi al frigo, chi al meccanico. Da questa sera, in tv sento che a fare il ” frigo”, cioe’ il suo mototino, all’ Embraco, forse, non ci andranno piu’. E cosi al caffè. Prima del turno. Anche il Vescovo Nosiglia ha promesso il suo interessamento e vicinanza. Ha detto che scrivera’ al Papa. Intanto, chi comanda, dice “Amen”
Torino Porta Nuova. Stazione metro. Pannelli dei ricordi…Se il telefono a disco, fisso e aggrappato al muro mi ha ricordato cosa, o meglio, colei che difficilmente non scordero’, zia Mariuccia, la macchina da scrivere, invece, sul pannello di Porta Nuova, a Torino, e’ stata, vedendola, un fiume in piena di ricordi. Meglio: una messe di ricordi: ecco allora il film ed il flah della mitica “Taglia”, la prof.di (“dattilo”) con i suoi urli rituali : “dovete coprire le tastiere! 3 errori un voto in meno!”…Si partiva dal voto dieci, ma, velocemente, colpiti dall’ansia, si poteva arrivare a…quattro. E poi i rulli, i tabulatori, il nastro da cambiare, i libri sotto le ascelle per imparare a scrivere con la schiena dritta, la “coperta” (un foglio bianco) alla tastiera e la testa girata a destra sul libro a spirale con una musica di sottofondo che, ragazzi miei, tasti di macchine da scrivere lanciati a grandi velocita’ di battuta, per 29 o 30 ragazz* moltiplicando per tutti quei tasti, la classe diveniva un ippodromo o la pista di Monza con F1 ai blocchi di partenza!!!Che tempi!! Dattilografia, stenografia, e calligrafia (quest’ultima, da poco abolita), chiudevano, (ancora per poco), la fila delle materie nella pagelle. Ottimi voti da accarezzare il sogno di una scuola di “oratoria” a Roma, per stenografo parlamentare. Che …Cima”!!!Da li a qualche anno, una staffetta generazionale avrebbe mandato quelle materie in pensione, immettendo nel mercato del sapere, “trattamento testi ed elaborazione dati”, meglio definite, classi di concorso 075-076. Vogliamo parlare poi dei pc di quel periodo? Si ma…un’altra volta, talmente erano grandi e ingombranti che un’aula non era affatto sufficiente!!! No, no, meglio evitare. Col tempo, la macchina da scrivere non e’ stata un oggetto di culto o soprammobile, ma ha continuato a svolgere il suo onesto lavoro: e’ stata strumento utile per i “curriculum” da inviare…”a pacchi”, come diceva la nipote di zia Mariuccia a sua figlia che poi era quella mia lei. Ma nei ricordi di quegli anni dei curriculum “da spedire a pacchi” ci collocavamo esattamente a ridosso della famosa notte che avrebbe detto addio al Millennio: 31 dicembre 1999. Era l’anno in cui, per molti, i bancomat avrebbero potuto dare forfait. Tutto invece ando’ come doveva andare, i bancomat vomitarono ancora lire mentre i curriculum non vennero spediti a pacchi. Il nuovo Millennio, io e la lei, lo salutammo, sfaccendati, o quasi, a Roma, intenti ad ascoltare Ligabue a Piazza del Popolo. Poi arrivo’ il tempo della fantasia al potere, le parole presero il sopravvento e si cominciarono ad impastare ricordi e fantasia. Il blog sostitui penna e diario, la scrittura comincio’ il suo “corso” e l’imperativo divenne provare a seguirli con profitto e impegno; piazza Castello divenne una tastiera e una L28 inizio’ ad ispirarmi in questo nuovo lavoro. Purtroppo non feci mai quel corso di oratoria “stenografica” a Roma per diventare “stenografo parlamentare” ma rifeci numerose volte Via del Corso dopo il concerto di Ligabue…e i tasti della memoria continuamente battono e scrivono i loro ricordi. Oggi che dalla stenografia, o con la stenografia, si sono raccolte in un libro 600 domande di giornalisti appartenenti a nazionalita’ diverse, a Papa Francesco: “Risponde Papa Francesco”, a cura di Giovanni Maria Vian, Editore Marsilio. Con un po’ di amarezza ho pensato: qualche risposta avrei potuto stenografarla io. Che …”Cima”!
L’Epifania …quasi tutte le Luci…d’Artista si porta via. Le feste volgono al termine e domani si rientra a scuola. Ma oggi abbiamo ancora tempo per una passeggiata e rileggere le poesie di queste “benedette luci d’artista” prima che si spengano. “Ehi ma ti ricordi dieci anni fa? Torino 2006… Le Olimpiadi…il rosso cinabro, la passione da vivere che…lives here….o lived here. Tu che dici? Le luci le spensero a marzo!” Cosi raccontavano alcuni oggi, nei loro dialoghi post panettoni e cibarie varie che hanno messo alla prova fegato e stomaco. Ma i racconti piu’ interessanti erano in voga in alcune palestre. Bastava, con una scusa qualsiasi, prezzo, costo, orari, per una ipotetica iscrizione, avvicinarsi al bancone ed entrare in una di quelle, (ieri, ma anche oggi), per sentire certi discorsi (cibo, calorie e…)su questi 15 giorni appena trascorsi. Volete appagare la vostra curiosita’? Bhe’ facciamo un’altra volta, ok?
Facciamo solo un passo indietro e “rileggiamo” le parole di Francesco nella giornata di oggi: “L’esperienza dei Magi ci insegna a non vivacchiare ma a cercare il senso delle cose assecondando il cuore”. Occorre mettersi in viaggio. A domanda cosa hai letto, richiesta da lettori blog, rispondo: bhe’, ho preparato…il vecchio programma! Certamente fossi liberissimo parlerei dei Mosaici di Ravenna (vedere foto dei Magi), del significato del termine “compagni” (condividere il pane) ritrovato nel libro di Enzo Bianchi, ancora “Spezzare il pane”, poi, “Mangiare da crisiani” di Massimo Montanari, “Vino e pane” di Ignazio Silone e quel periodo storico, di pane, di vino e del “Cantico dei cantici”, “la persona e il sacro” di Simone Weil…e pagine e pagine esplorate se solo…Ma questo sara’ domani. Oggi c’era ancora un giorno di festa; facile intercettare “cacciatori” di saldi e befane per le strade torinesi a distribuire dolci vari. Belle erano belle, coi loro fazzoletti sul capo e menti allungati. Diciamoci la vetita’: certe ragazze con la “sbessola” non sono male! E poi poverine, a solcare i cieli sulla scopa non e’ che abbiano respirato il meglio del meglio. Questione di naso. Ma certe befane il naso sanno sempre dove ficcarlo. Code nei negozi aperti e molti a socializzare con tutti ingannando cosi il tempo di attesa. Il Toro e la Juve in testa a tutto e nella testa di molti.I discorsi: “Le giovani vite spezzate delle partorienti (e figli) Giovanna, Marta e Angela mentre doveva essere cronaca e futuro, speranza e gioia. Si puo’ nel 2016 morire di parto?” E ancora il “guano di Roma”, il Giubileo, il referendum abrogativo o confermativo e “dove batte il quorum”, l’intervento del Presidente della Repubblica: “piu’alla Pertini o alla Napolitano?” Da caminetto, lo giuravano e vicino a questo ci va sempre la pipa. Ancora: il prossimo ponte. Beati certi professori che non devono aspettare Pasqua per la prossima fermata: Carnevale fara’ la sua parte. Ultima annotazione. Dopo tante polemiche di inizio periodo natalizio (meglio, Avvento)chiudo con la foto di un Presepe (Basilica Maria Ausiliatrice, Torino).
“Alcuni ricordi non sbiadiscono mai…….”e un grandissimo attore, dopo una lunga camminata “storica” apre “la porta” ai ricordi e agli odori, di un pallone che di rete in rete ha regalato notti magiche nel 1990 e cieli blu sopra Berlino nel 2006. E prima ancora, Zoff, Rossi, Tardelli nel 1982 con Pertini esultante. Esami mondiali. Esami di “maturità” alle porte. Tra le porte. Poche ore, per uno spettacolo che sia vissuto con spirito di vera fraternità. Come suggerisce Papa Francesco. Estate e tempi di frutta sugli alberi con relativa raccolta frutti dei maturandi. In ogni scuola. La tv, le radio e ogni altro mezzo di informazione ci propinano il mondiale. In tutte le sfaccettature e contraddizioni. “Comunque andrà a finire sarà un successo, (per alcuni), anche in Brasile”. Intanto le proteste si intensificano…Un disco con i rispettivi lati.
Tentativi di provare coi pronostici si moltiplicano per gli esami mondiali e quelli della matura. Dai corridoi, dagli atri, usciranno voci che scriveranno storia e storie. Abbracci e pianti probabilmente si mischieranno come in questo periodo molto si confonde, fra dentro e fuori e molto sembra ravvicinato, privo di distanze. Abbracci e pianti saranno la sommatoria di ricordi che non sbiadiranno mai………
Da domani altri pronostici diventeranno realtà. Scritti, nero su bianco. Alcuni in rosso. Ammessi e non ammessi saranno affissi sui tabelloni delle scuole. Si raccoglieranno i frutti. Presumibilmente. Voti, approvati, non approvati e bocciati, un ritmo anche politico con un “governo che va sotto”. Con ogni probabilità da una radiolina, dimenticata e lasciata accesa, la voce di un grande, entrerà negli atri e nei corridoi e dirà ancora una volta… “clamoroso al Cibali…”
Curioso di conoscere gli esiti dalla cronaca cittadina….
Meno due giorni. O meno dieci ore, per coloro che (come gli studenti) conteranno il tempo che ci separa dal suono dell’ultima campanella. Quella che darà il via alle “danze” del dj “Kevin e co. nei vari cortili delle scuole, quella del rompete le righe, delle foto, e della foto, degli abbracci, dell’ arrivederci a settembre o chissà dove, delle promozioni e delle bocciature. Della pizza di classe o della cena prima della maturità. Del giudizio in sospeso e dell’amore sospeso “che durante le vacanze non si sa mai”. Ore mancanti. Quelle che separano la fine da un altro inizio. Nel frattempo continua la “caccia” al tema, alla riflessione, all’interrogazione di recupero. A proposito. Divertenti le corse per i corridoi a cercare presso la bidelleria le ultime confezioni di “misericordina”. Un sollievo e un ultimo tentativo di speranza per i casi disperati. “Quante materie insufficienti hai?” La classica domanda. “Forse tre. In realta’ 4″. ” Speriamo bene, allora”. ” Si, si. Ma per caso tu hai la misericordina? Fra un’ora passo di mare”. Se non ci fosse stato Francesco sarebbe stata la stessa musica. Ultimo tema “sulla classe”: Quando manKi (con la K) tu e (senza accento) come se mancasse una parte di me“. Svolgimento. Non ora. Quando ti mancherà. Quando se ne sentirà la mancanza e un un pochino di nostalgia sara’ capace di attraversare tutto il corpo. Ora, presto per svolgerlo e viverlo. Quindi, desescriverlo e raccontarlo, questo sentimento. Una professoressa sulle scale, prima di imboccare la via dell’ uscita ha affermato:”Ho grande fiducia, terminata questa fase, di adolescenza, saranno uomini e donne di un grande spessore”. E forse il bello della scuola, in chi la fa, consiste proprio in questo: non conoscerne i tempi e i soggetti che raccoglieranno i frutti. Per ora restano le grandi sfide. Un tempo le calcolatrici andavano in gita per l’istituto, di classe in classe. Nelle ultime ore, prima dell’ultima campanella. Ora non più. Ci pensa il pc. Di tanto in tanto, da qualche classe, porta aperta, una voce squillante, in ordine alfabetico, elenca, ad uno ad uno gli allievi. Viso davanti al pc, il professore assume veste notarile. Sono le medie. Anche se siamo in una scuola superiore. O di qua o di là. E abbina al cognome un numero, talvolta una virgola. In altre classi “mucchietti” davanti alla cattedra. O di qua o di là, anche in questo caso. Zona cesarini. Per altri, quelli di quinta, gli ultimi ripassi o i primi argomenti da studiare. A proposito di maturità. Per alcuni di fede musulmana questa maturità conciderà con il loro digiuno. Sarà dura. In condizioni normali, prima dell’esame, la temperatura è già alta. Quindi un pensiero doveroso ai tanti “momo” maturandi. Per ora, lasciamoli, tutti, “giocare” al toto titolo tema. (Pare già di leggere i giornali il giorno dopo della prima prova scritta, quando tutti i giornalisti saranno andati a ricercare “la maturità” dei personaggi famosi dei tempi andati. Ricordi infarciti di europei e mondiali di altre annate. Nella foto, “Momo” uno dei maturandi che ha l’abitudine di informarsi “quotidianamente” leggendo La Stampa al fine di preparare con più accuratezza la maturità.
Primo sole che annuncia estate, in mattinata. Primo temporale estivo nel pomeriggio. Un inizio, una fine. Erba tagliata e porte che si aprono alla libertà. Poche ore e sarà tutto riposto nello zaino. Tutto nel libro di storia personale. Lezioni, campanelle, orari, bidellerie, professori, quaderni, libri e quel che rimane del libretto delle giustifiche. Pensieri. Questi no. Resteranno. Non si vede l’ora che finisca il tutto tranne accorgersi poi che mancherà (con la c) qualcosa: mancheranno loro. Una parte fondamentale. Il mondo della scuola.
Chissà cosa resterà. Cosa restituirà quel mondo appena (intensamente) vissuto, partecipato. Come la riva restituisce al mare quando arriva. Sulla sabbia resta sempre qualcosa. Il resto è mare aperto. Inevitabilmente, lentamente qualcosa tornerà. Prima o poi. O forse quel qualcosa è già presente. Qualcosa tornerà. Magari restituita in forma diversa. Il tempo farà la sua parte. Intanto mancheranno i campanelli festosi delle bici gialle smaniose di entrare, (“con la bicicletta in due senza mani”) le code al bar e le loro richieste pressanti alle povere bariste (e con educazione, a chiedere al bancone, superando tutti per paura che finiscano, le ultime scatole di misericordina.Ragazzi sempre “affamati” di cultura!), le fughe, i ritardi, le uscite anticipate… Ma faranno presto a ritornare, perché in fondo, i ragazzi, son sempre uguali.
Torino, per le vie del centro. Via Maria Vittoria. Dipinto, copia del Cimabue ( Posto nella Basilica Inferiore ad Assisi).
Giornata di pioggia sulla nostra città. Come da previsione. Giornata “radiosa”, invece, dalle parti di Roma, Citta’ del Vaticano, dove “uomini coraggiosi” sono diventati Santi. Alle ore 11.02. Una giornata che resterà nella storia, non solo per Roma.“Due uomini coraggiosi, sacerdoti, vescovi e papi del ventesimo secolo. Che hanno conosciuto tragedie ma senza esserne sopraffatti”. Papa Wojtyla e PapaRoncalli. Da oggi, due santi. Così sostiene Papa Bergoglio in un tripudio di bandiere bianche e rosse. Con ombrelli gialli. Nella giornata dei 4 papi. Due in questo Regno, che celebrano insieme “due nell’altro”. Papa Francesco che celebra. Roma, “invasa” da pellegrini e turisti. Facile immaginare la marea di gente in quella piazza, dietro in quella che e’ piazza Risorgimento, il fiume in Via della Conciliazione, fino ai giardini di Castel S.Angelo. Una pagina di storia in una giornata trascorsa tra canti e colori, fedeli, gente comune e capi di Stato e “teste coronate”. Un evento davvero mondiale. Come era Czestochowa, Denver, Parigi, Roma… Un’ immagine che resterà nella storia per due Papi vissuti nello stesso secolo. Francesco che ringrazia e che si intrufola tra la gente, in via della Conciliazione.
Già, Francesco. Anche qui, a Torino, piove. Si cammina rasentando il muro, al riparo, per quello che si puo’, dai cornicioni, proteggendo la mazzetta dei giornali per una rassegna stampa “quotidiana” in una giornata di festa ma piovosa. Tra la stazione Porta Susa e i piedi della collina, una lunghissima direttrice. A metà, un salotto. Di quelli buoni. Sovente è “la meta” per il giusto riposo, nel lungo cammino di questa direttrice. Luogo dove sovente si festeggia uno scudetto, quando si vince; dove di tanto in tanto si insediano palchi, residenza, un tempo, di comizi e manifestazioni sindacali e politiche. Prima che perdessero visibilità e consistenza. Luogo di passaggio per manifestazioni e domeniche a piedi. Luogo. Diversamente dai non luoghi. Direttrice che incontra piazza Carlina, casa Gramsci.Altro salto presso la casa, oggi, anniversario della morte, 27 aprile. Scritte sui muri e cartelli che indicano la presenza di associazioni, come quella dei panificatori. Compagni, una parola, un ritmo. Condivisione, partecipazione. Cammini, osservi i muri, la Provincia, un museo. Un dipinto sul muro. Uno specchio dall’altra. Dall’altra, lo specchio riflette arrivi di moltitudini, in quella cittadina, Assisi. Lo, specchio ideale riflette incontri, quotidiani e andati, partenze e arrivi, “un panino” condiviso, da anni, per anni, un giorno: “dacci oggi il nostro pane quotidiano” (senza dimenticare di rimettere i nostri debiti, poi, noi…); un paio d’ore rinchiusi in un abitacolo che si chiama vettura, o bus, l’aria condizionata, la radio che rimanda Rino Gaetano mentre le parole tamburellano in testa… “a mano a mano”, il vento che soffia sul viso e “ruba un sorriso”, la bella stagione che era iniziata..”? Insieme alle mani muovono braccialetti, rossi. Poi, le colline, una scarpinata, e l’approdo ad altri colli, Assisi. Una meta voluta, ricercata. Altro colle, alle spalle. Insieme a tanta filosofia. La meta e la ricerca, di sé e del perdono. Turisti incrociati, ovunque, coi loro zaini e le loro storie. Altre storie. Altra storia. Assisi. La contemplazione, la preghiera.Solitudine. Orazione. Due mani aderenti, senza vuoti. Di qua, sul muro di questa via cittadina, la sorpresa. L’immagine. Ma lo specchio si trova su questo lato della strada. Dall’altra parte, l’immagine rimandata dal ricordo di una città, di un dipinto, di un incontro, era quella vera. L’originale di Cimabue, che si trova nella Basilica inferiore di San Francesco, ad Assisi. L’immagine sui muri di Torino. Per le vie del centro. Nei pressi del salotto buono, di via Roma. Via Maria Vittoria. Bellissima questa copia del Cimabue. Chissà quante volte ci si passa, davanti, senza osservarlo e pensare all’autentica che si trova ad Assisi. Fermarsi col pensiero. Essere qui, ad Assisi e Roma.Torino, una città che davvero vista con occhi attenti non termina mai di stupire. Devozione popolare. Occhi rivolti verso l’alto. Mentre la nostra citta’ e’ invasa da turisti in coda per musei, forse complice il mal tempo, continuo ad osservare questo dipinto e lo “specchio” che rimanda immagini.
Mentre fervono i lavori a Valdocco, a Torino, un breve salto, al terzo piano di questo bellissimo edificio. complesso, a salutare la “saggezza”, tutta compresa. Santo edificio! Appena fuori dall’ascensore, il rumore delle posate si fa più intenso. Indice che il pranzo volge al termine. Su uno scaffale, una copia de La Stampa e l’OsservatoreRomano. Entro. Due tavolate. Tovaglie a quadretti. Un buon pranzo. Un saluto affettuoso, a tutti, i saggi, che in più giorni hanno “pazientemente” sopportato il via vai per fermare, o meglio, fissare, un pezzo di storia, su taccuini, carta di un tempo, e tavolette di nuova tecnologia. E per non fare torto a nessuno, quale momento, per i ringraziamenti e le scuse di tanto disturbo e tanta sopportazione? L’unico momento in cui, davvero si riesce a dire “permesso, scusate, grazie“, a tutta questa bella gente, è quello del pranzo. Compagni di viaggio, del signor Torre. A volte l’inesperienza, involontariamente, porta a non “allargare” la visuale alla ricerca.
Tutti, allo stesso modo, lavorano, tutti faticano, tutti sopportano. Tutti hanno viaggiato. Tutti importanti allo stesso modo. E tutti hanno la propria storia da raccontare. E noi, il dovere di ascoltare.
Sarebbe interessante un passaggio, qui, dei ragazzi delle scuole. O altrove, in qualsiasi posto dove si incontra la saggezza. Imparerebbero ad apprezzare la storia.
I giovani, a scuola, e fuori, corrono, sono veloci,vanno veloci, e la vita, forse non la colgono fino in fondo (forse), ma allo stesso tempo, hanno un forte senso di cosa sia, la vita. E sarebbe bello, se di tanto in tanto, l’inesperienza riuscisse a passare da qui, o in qualsiasi altro posto, dove è di casa la saggezza.
Per arrivare alla stazione, anzi, ex stazione Torino Ceres, occorre percorrere un paio di fermate di tram, linea 4 da PortaPalazzo, come è già stato detto, il più grande mercato all’aperto d’Europa. Colorato, di gente, di frutta e verdura. Ci si arriva alla stazione, con il jumbo tram proveniente da sud. In tram, che sembra un trenino, l’odore di frutta e verdura e’ davvero intenso. Le lingue che si sentono sono d’altri mondi. A sud, Mirafiori, a nord, la Falchera, con vista Mappano e Leinì. In mezzo Barriera di Milano. Ricordi di un libro e di vita. Nel controviale una Chiesa e una panetteria che sforna a tutte le ore. All’interno del tram il controllore percorre km andando su e giu’ nell’espletare la sua funzione di controllo ed emissione biglietti; ma a dire il vero, non e’ una riproduzione di come “era una volta Torino“, quando c’era il bigliettaio, quando aveva la sua posizione fissa. A pochi passi da qui vi era la facit, con tantissime fabbrichette e questa bellissima stazione “accoglieva e “vomitava” in continuazione gente. Direzione Valli di Lanzo. Dall’altra parte del corso, la Cgil, in via Pedrotti, con i suoi iscritti e militanti. E i pensionati, in particolare, Stefano, da sempre un punto di riferimento. All’Inca e per l’Inca. Per molti lavoratori e pensionati. Ora, all’interno di quello che era lo scalo ferroviario, il sabato e la domenica si ritrovano volontari che rimettono a nuovo alcune gloriose locomotive a carbone. Davvero un mondo nel mondo, entrarci dentro. Nessuno sarebbe capace di immaginare quella “mole” di lavoro si nasconde nella città della Mole. Solo il caso porta a scoprire che in quella stazione, in mezzo alle case cittadine “il lavoro e il vapore” continuano nelle loro dinamiche proprio là’ dove invece e ‘evaporato. Ormai da anni. Forse il lavoro si conserva, anche se sotto forma di volontariato, perché esiste e resiste al tempo e all’usura una “guardia portone“. Anche il giornalaio Alberto e il suo amico di una vita, Savino, ricordano quel luogo, della Torino anni ’70. Camminare all’interno di questa isola dona un senso di nostalgia e buoni sentimenti. Il ricordo di un nonno, di una signora con i capelli bianchi e un cane al guinzaglio. Nostalgia, mista a gratitudine nell’aver vissuto e toccato davvero quel bene e quell’affetto. Una bilancia, datata, resiste al corso degli anni. Con 200 lire o 50 centesimi? Una coppia scherza, gioca, ride, provando a salire in due sulla pedana per evitare un obolo doppio. Con gli zaini e senza. Per vedere l’effetto che fa. Ridono e scherzano come solo in quell’età si riesce a fare. Solo un accenno di pioggia li fa desistere dal gioco. E dalle risate. I libri strizzano gli occhi. La consapevolezza li ridesta. Domani è’ vicino e l’interrogazione pure. La bilancia si sa è’ simbolo di giustizia e di coscienza. Nell’interrogazione, come nella vita, prima o poi ci si pesa. E li’…Anche san Valentino è’ vicino. Le vetrine lo hanno annunciato per tempo. Il ragazzo lo ricorda alla ragazza. Qualcuno ne vorrebbe festeggiare uno, il Papa addirittura 25 mila. L’anno passato, qualcuno, lo festeggio’ con una “tob”: era il cambio di “guardia” al portone Vaticano. Il vento del cambiamento si sentiva già. Era l’effetto Francesco. Dietro, il vuoto. S. Valentino nelle vetrine è comunicato largamente in anticipo, quando è’ ora di vendere. Tu chiamale se vuoi, emozioni. I sentimenti, bhè, questa è un’altra storia da raccontare. Anzi, da conservare. Un’altra storia importante.