Una cosa che non deve mancare, soprattutto in periodi caldi come questo, è la mazzetta dei giornali, perché la lettura è questione….quotidiana, “la preghiera del mattino dell’uomo moderno”. Poi, a corredo di quelli, anguria (o cocomero), pasticciotto e un buon caffè, di quelli forti, robusti, scuri, come questa terra e il volto abbronzato di molti, cui la protezione non ha alcuna difesa, un caffè Quarta, tanto per intenderci, da queste parti o caldo o con ghiaccio è salutare.
La giornata è lunga, l’antenna tv non riceve e cosi non resta che riannodare i fili del tempo e informarsi con la carta, che a me, personalmente, piace più e molto rispetto a quelle tratte da palmare. Poi, la musica del mare, le onde che si infrangono, fanno il resto. Immaginazione, fantasia e racconti o chiacchiere che a sera paiono sortite dal caminetto, narrazioni domestiche, famigliari, come quelli di Roosvelt lanciate dal 1933, senza radio ma con tanti ascoltatori che faticano a prender sonno per il troppo caldo, non dal caminetto, ma da un sole che fa 40, insistendo tutto il giorno. Radio, discorsi, come quelli di Papà Pio XII. Il sole si ritira, e con permesso o senza queste del tramonto sono le ore piu belle per l’ammollo in acqua. Sulla sabbia trasformata in porte girevole tra chi lascia e chi arriva, ci si contende qualche scampolo di metro per l’ultimo selfie della giornata.
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Dal mare con le Torri Salentine
Il mare è chiaro, limpido, cristallino;
la Torre sempre avvolta nel suo mistero e alla sua ombra, da anni, accumulano fresco una dozzina di persone che si contendono ombra, e staziona pure una fontana che ha dissettato generazioni di autoctoni e turisti, ora a piedi, ora in bici, ora con le taniche custodite in macchina, ad ore precise, quando per bere era necessario passare da qui, o da altre fontane. Tempi andati, mica moderni. Eppure le luci della ribalta passaronno da qui e in milioni di case italiane ai tempi del codino di Fiorello e del suo karaoke, una sera di un gennaio di tantisssssssimi anni fa. Poco distante, “Manuela Arcuri” è ancora fotografata e ricercata, non più come ai vecchi tempi, ma lo è sempre perché nel corso degli anni è riuscita a mantenere intatto il suo fascino.
Eppure si tratta solo di una semplice statua che fece ingelosire mogli di pescatori che a suo tempo la resero oggetto anche di “Stalker”. Povera statua “tagliuzzata”. Pensate un pochino che guaio. Tutto come sempre, o quasi, se non fosse per un calo copioso, affermano alcuni negozianti, di turisti, rintracciabile dagli incassi.
Un gruppo gioca a carte con una finestra aperta sul mare, un pochino in collera, mentre i primi, una carta giu l’altraa su, sono davvero presi dal loro gioco. Un caffè, un pasticciotto, “crema 1,20, nutelli,pistacchio, amarena, 1,50”. Sorseggio e mangio, ma non hanno, per me, lo stesso identoco gusto. Personalmente non so che dire, tranne che una assenza, questa si, la sento, la vivo, la soffro.
Lecce
Le luci della città, Lecce, lentamente si accendono e quelle del giorno lasciano il posto ad una notte brontolona, a tratti rabbiosa, umida, e una pioggia fine, con “magliette idem”, e ragazze chissà, con su scritto su bianco vivo “stau nervosa”, “sto nervosa”, magliette e che non lasciano presagire “tempo” buono. E da perdere. Il mare a due passi da qui, lo immagino che chissà come brontola, lasciandomi pensare ad una gara di rumori e di guerra in un duello intenso ma breve, col temporale che incede, un pochino come una lotta tra due innamorati lontani da tutto e tutti. Sciami di turisti corrono tra corti, viuzze, case, barocco; schivano, si defilano, declinano o accettano ben volentieri taralli di ogni tipo da tre ragazze salentine. Una grande bellezza. Altri, naso all’insù, prroccupati del tempo, alzano il passo introfulandosi in qualche bar, me compreso. Pasticciotto salentino, un must, con rustici e caffè Quarta. È passato molto dall’ultima volta che sono stato qui e riconosco ogni cosa e sembra che parli, racconti qualcosa che è statoe che puntualmente aspetta, attende; per distogliere pensieri e farne subentrare di nuovo provo ad immaginare il bar dove Michela Marzano potrebbe aver fatto gustare qualcosa ai suoi personaggi. E rileggo mentalmente alcune pagine di “”Idda”. Mi posiziono per una foto, e penso a come sia tutto uguale, al solito posto, il campanile, oltre, l’anfiteatro, alle spalle, i bar davanti, come una vecchia foto che mi ritrae sorridente, con la magliettina, “Salento, lu sule, lu mare, lu jentu”; tutto uguale ma anche tutto diverso, almeno dentro di me. Passo il palmo della mano sul viso e non percepisco se sia acqua o magone strizzato per qualcuno, che manca, una assenza di un grande come può essere un padre. Gli ulivi parlano come la vite, di memoria e di radici, come le mie. Molti bruciano, sono secchi, sembrano con poca vita, ma vedo e sento un verde che mi porta a pensare che in qualche e in ogni modo resistano.
“Cassapanca”
A Lecce, quando non si parte e non si arriva e’ tutta un’altra storia. Lecce: Firenze del Sud, citta’ stupenda, barocca. Sole alto e luce obliqua. Il treno e’ li, fermo, sul primo binario, ma non e’ stato e non sara’ il mio. Ha smesso da poco di “vomitare” persone, trolley e storie e solo per un caso o gioco del destino molti viaggiatori si sono incrociati, parlati, conosciuti per alcune ore. Un treno blu, notte che profuma di Alpi, Appennini, Pianura Padana, fiumi, mar Adriatico, citta’ e raffinerie e ha portato con se chissa’ quale carico. E’ li e ora riposa dopo aver fatto il suo mestiere e non andra’ mai in pensione. Silenzio. Anche l’altoparlante non annuncia nulla stamattina. Silenzio che e’ attesa. Vado alla ricerca spasmodica di un caffe’, del pasticciotto e del Quotidiano di Lecce e questi si, restano invece la stessa storia
e fanno letteratura che non e’ vita ma esaltazione della vita. Da qui si scrive e racconta. Oggi la luna si accende, mercoledi di plenilunio, e quindi riflettori accesi su molto. Stazione. Un sorriso lungo un viaggio, anche se oggi, fortuna, non si viaggia ma si raccontano viaggi. Qui e’ il posto preferito per gustarmeli, i pasticciotti, e chissa’ perche’, resta sempre il bar della stazione il luogo preferito dove farlo. Forse perche’ da qui i sogni viaggiano e hanno gambe. All’uscita qualche taxi in attesa di qualcuno mentre altri attendono e ciondolano per l’arrivo di “quello da Torino”. Emozioni e ansia congelati almeno per altri dieci minuti. Oltre i taxi il viale alberato, il centro, il gazebo.
. La ricerca del Salentoinbus idem. Niente orologio niente tempo. Alle 8 di mattina il sole era gia’ alto, e sui nastri d’asfalto lungo la direttrice Porto Cesareo-Lecce i venditori ambulanti hanno gia’ sistemato nelle macchine cassette di frutta e verdure pronte per la vendita. E l’immancabile bilancia, strumento commerciale da sempre e simbolo di giustizia. Le terrazze leccesi richiamano vita: sventolano 251 bandire del Gusto, un ottimo risultato se si tiene conto che in Italia sono 4. 965. Sulle terrazze svetta e veglia il campanile del Duomo con i suoi 5 rettangoli che sono li, disponibili alla vista di tutti, fin dall’accesso della città e oltre. Poi il ritorno. Sole ancora piu alto e tutto come prima, con qualche macchina in piu verso il mare. 25 minuti di strada e di caldo, qualche rotatoria e si e’ a Porto Cesareo dove un’altra giornata di mare è pronta per essere consumata. Un giro veloce nel Paese tra negozi che richiamano “pillole felici”
e il solito “chiodo fisso”
. Il sole ora è già molto alto e scotta anche. Acceca. Cerco un riparo, sotto la veranda. Li fuori, oltre le finestre, persone e personaggi che hanno fatto la storia della via (che e’bellissimo un quartiere! )si aggirano con una consueta flemma. Escono dai loro fantasmi e si materializzato divenendo personaggi. Mi muovo sorridendo, al fresco. Incrocio una cassapanca la apro e. .. al tatto impatto in una storia gradevole. Un tempo contenitore per la farina, buona per il pane. D. ricorda quando il forno era unico e le giornate per cuocere i “pezzi” erano solo due la settimana. Il fornaio passava con il suo camioncino e sulle tavole di legno depositava i pezzi. “E come facevano a non confondersi tutti quei pezzi di pane? Perché i numeri sono numeri ma le forme, la farina forse no”, potrebbe domandare qualcuno dotato di buon senso. Semplice: ognuno sul suo pezzo metteva l’iniziale del nome o cognome. L. per esempio e si capiva cosi a chi apparteneva. Ma questo, un tempo. Oggi ho ritrovato storia recente, che mi ha tolto il fiato, per un po”, tanto quanto potrebbe farlo una bellissima foto del mare del Salento
. Con dedica di… corredo. Proprio come una cassapanca.
“Abbà begnu”
Uscendo di casa, ieri, ho notato le continue trasformazioni lungo la mia circoscrizione, la 7.Tra poco, su corso Principe Oddone, (a Torino) trasformato a nuova vita, passeranno bus e auto, la’ dove un tempo correvano i treni. Ho pensato al rientro dal Salento e a quel…”risveglio” del primo giorno dopo le vacanze. Ho sentito la necessita’ di rientrare a casa e fissarli, quei ricordi, con il Salento, da celebrare, ricordandolo attraverso la scrittura di un personaggio. Ripensare al dialetto e alla sua belllezza, il suo suono e a chi di tanto in tanto chiede:” parlami on dialetto”. Un modo per mettermi alla prova e valutarmi o bilanciarmi dai miei 90 e quattro mesi di scuola, al servizio della scuola.
In Salento, in quella zona compresa tra il sud di Ostuni e Santa Maria di Leuca, coloro i quali si chiamano Giuseppe sono meglio conosciuti dalla loro comunità come “Pippi”. E a Pippi, in gran parte dei casi si affibia anche un nomignolo. Il mio vicino di casa, Giuseppe, è conosciuto come Pippi e nomignolo. Non ho mai capito perché, ma Pippi ho imparato fin da piccolo che lo sono tutti i Giuseppe.
E’ un uomo calvo, piuttosto robusto, con un gran melone al posto della pancia. Dovrebbe avere una settantina d’anni anche se ne dimostra “moooolti” di meno. Quando cammina è deciso ma i suoi piedi vanno ora a destra ora a sinistra, con un’ andatura delle gambe un po’ come quella dei pistoleri. Talvolta striscia i piedi, o meglio “li strascina” per cui, avendo laggiù delle strade ancora non asfaltate, il suo intento è quello di produrre rumore.
E’ deciso, nonostante gli anni. Ultimamente soffre parecchio di mal di schiena e cervicalgia per cui la sua andatura è un pochino incrinata. Quel dolore contribuisce talvolta ad irrigidire il suo viso. Ha un collo taurino, quasi attaccato al viso e la mascella squadrata. Ma è spesso sorridente anche quando non dovrebbe o non avrebbe modo di esserlo. Ha occhi azzurri e denti bianchi, bianchissimi che contrastano con il viso sempre abbronzato.
Il capo è calvo per cui, quando si parla, durante le sere d’estate afose, posa il palmo della mano, aperto, sulla sua cupola lucida.
Quando nelle sere d’estate l’afa non soltanto fa capolino ma diviene opprimente, Pippi posa il palmo della mano, aperto, sulla sua “cupola” lucida. Essendo massiccio occupa una bella porzione di spazio, quale posizione esso assuma: in piedi o da seduto. In piedi perché incurvato, seduto perché ogni sua parola la accompagna sempre con un movimento rotatorio delle braccia e delle mani, quando queste non sono posate sul suo capo. Sa molto di tutto e tutti (ma non è un pettegolo) anche in virtù dei vari lavori che lo hanno accompagnato e accompagnano nella vita di tutti i giorni. E’ un leader, laggiù e sovente quando parla per far risaltare qualche passo batte il pugno sul tavolo in maniera sconsiderata. E’ un modo per accentuare il tono, il discorso, per attirare l’attenzione su di un particolare
In bicicletta è solito accompagnarsi con una mano sola: nell’altra mano ha sempre qualcosa, o la busta dell’immondizia o quella della spesa. Vivendo nei pressi del mare, in gran parte delle case salentine la vita si volge prevalentemente sotto le verande, in giardino. Pippi, quando passa, non guarda mai all’interno di quelle, così, per salutare. Il suo viso è dritto, il collo sempre contratto e i suoi occhi guardano solo e soltanto diritto. Tuttavia, al suo ritorno, quando posa la bici, il rumore dei piedi “strascinati” lo annunciano.
Suona il campanello e chiede sempre se c’è bisogno di qualcosa. “Abbà begnu”, che in dialetto Salentino leccese significa, vado e vengo per indicare “tempo zero” anche quando una sua visita qualsiasi potrebbe essere a cinquanta km da Porto Cesareo, cioè dalle nostre abitazioni. “Abbà begnu”, vado e torno, è un motto che gli è rimasto di quando svolgeva l’attività di camionista. O forse da prima. Moooooolto prima.
Diciamo la verità. Pippi possiede molte terre e serre. Coltiva di tutto. Da una vita, e proprio per questo lo accompagnano dolori terrificanti alla schiena. “Ma nu’ be’ solitu cu se lamenta, né moi, né prima”. Quando era ora del raccolto, Pippi caricava sul camion e trasportava i suoi prodotti, frutto di dura fatica, in giro per la Puglia, talvolta fino in Campania, nei mercati generali, gran parte del suo raccolto. “Abbà begnu” era il modo per dire, vado, scarico e torno, tutto in giornata. Per cui, la frase vado e torno indica un’azione veloce, un compiere non solo la commissione ma anche il suo lavoro. “Abbà begnu, na fumata te sigaretta”.
A vederlo, nella sua stazza, ancora oggi da l’idea di essere super veloce. Ma non è solo l’idea. Se per caso ti dovesse capitare di restare a terra per una batteria dell’auto scarica, lui non prende i morsetti. Ti dice: “mena, sciamu e binumu” e con la sua macchina è capace di portarti in giro per tutti i rivenditori autorizzati del Salento. Tempo zero, ovviamente. Appena seduto in macchina, una Palio super famigliare azzurrina, lascia il braccio sinistro fuori dal finestrino, esattamente come faceva quando si metteva alla guida del suo camion, un leoncino, in giro per la Puglia. Quando ancora oggi scarica dalla macchina le cassette di pomodori, melanzane o zucchine i suoi movimenti sono veloci e sembra non sentire mai fatica alcuna. Al pomeriggio, dopo la siesta, i suoi piedi strisciano verso casa mia. E’ ancora un po’ assonnato, ciondolante, ma alla domanda se gradisce un caffè, talvolta risponde si, ma preferibilmente con ghiaccio, alla leccese. Il suo collo è ulteriormente contratto: la cervicalgia si acuisce perché dorme con il ventilatore acceso. Il che è motivo per la moglie di riprenderlo. La sera, invece, quando la comunella è ora a casa di quello, ora a casa sua, spesso si toglie la maglia e la posa sulla spalla, restando a torso nudo. Quando ci si saluta, per la buonanotte, lui, torso nudo, ci ricorda la bellezza del Salento, del suo mare, delle sue spiagge, delle vigne e degli ulivi, dei pasticciotti e “te le frisedde e prummitori”, del lido Belvedere, orecchiette e pizzarieddi, del caffè Quarta, forte e robusto e del Quotidiano, dei giorni e delle notti, corte, cortissime, le stelle e il carro, in cielo, il rumore del mare, a due passi e la notte che saluta tutti, dicendoci: “Abbà begnu“. Proprio come Pippi.
Arrivederci, Salento
Lecce.Il treno i.c.night proveniente da Torino, (notturno), è un pochino in ritardo: un paio di ore. Un po’ invidio chi scende, in tutti i sensi, nonostante la stanchezza e la rabbia mal celata. Più di due ore di ritardo. Motivi? “Guasto alla rete elettrica e motrice” mi dice chi scende rabbrividendo per il caldo guardando a Sud Est. Consumo velocemente il mio pasticciotto accompagnato da un buon Quarta caffe’ e sfoglio il Quotidiano di Lecce: mi mancherete nell’ordine. Lentamente le porte della Freccia Bianca si aprono. Salgo su e ripongo dove posso trolley e zaino. La voce metallica di trenitalia snocciola tutti i dati possibili lungo i 1200 km circa che legano Capo a capo: città, stazioni, orari. Armaroli del Tg 5 non informera’ quanta gente, sulle strade e quelle ferrate, la coda ai caselli e i treni con tutte le sue domande a e su e come e quando,e nessuno sapra’ se ad Ancona si sorridera’ come una volta se sulla Senigallia Marotta Mondolfo pure e se a Bologna…Chissa’ perche’ torno indietro negli anni: piccolo, bambino, i miei, i nonni…Io che guardo fuori, sulle terrazze, sulle “chianche” bianche baciate dal sole, appena catramate ai lati , poco umide o quasi mai bagnate. Fichi secchi e pomodori spaccati e panni stesi al vento. Sono una meraviglia, a pensarci. Quest’inverno apriro’ i “vasetti” e uscira’ tutto il Salento. Sara’ la mia lampada e dentro una sorta di mago asciughera’ umor acquei. Fuori e’festa: Sant’Oronzo, il patrono di Lecce. Luminarie si o no ma che importa? Guardate la grande bellezza che avete! Tutto l’anno senza strofinare “du cazzu te vasettu cu bitite nu picca d’estate”. Da voi è sempre estate. E’ il momento dei saluti. Abbraccio forte mio padre e mia madre. Le porte del treno si chiudono.
Poi, il treno comincia a sferragliare. Lentamente. Al suo interno nessuno parla. E chi ne avrebbe voglia? Guardiamo tutti fuori, dal finestrino, come i bamnini, quasi a voler trattenere il tempo
.Tutti indietro, e indietro tutta, solo che non fa ridere e viene voglia di piangere. Penso alla bellezza dei giorni appena trascorsi. Penso a quelli passati, penso ad una sala d’aspetto vuota e una banchina altrettanto vuota. Penso al mare ai miei…un selfie, si, un selfie.
Arrivederci, Lecce, arrivederci Salento e salentin*: Voglio ricordarvi così: belli e bellissime.
Oltre me…Il Salento!Tanto di…cappello!
“Grazie per l’ospitalita’, grazie per l’affetto, grazie per il calore e grazie per questa bellissima realta’”. Cosi Liga a Melpignano, cosi io, qui. Così ho voglia di dire salutando questo sole, sabbia e mare. Oltre me? Il Salento!Ho bisogno di qualcosa di forte e a quest’ora non puo’ che essere un caffe’, Quarta.
Il mio concorso, che non è fotografico, l’ho già vinto. Questa terra, questo mare, questo sole, …il caffe’ mi appartengono. Da sempre. Quello che ho davanti e’ un Belvedere.
Ora, dalla schiuma del mare allo spumone gelato
: dolcezza alla dolcezza, non puo’ che essere così. Per i titoli di coda, facciamo domani? Ora ho bisogno di raccogliere tutta l’attenzione che posso e lanciare una nuova sfida, da qui, dal Salento: lu sule, lu Mari lu ientu!
Porto Cesareo (Lecce)
Porto Cesareo
(Lecce). Al mattino presto non vi e’ che l’imbarazzo della scelta, ove cercare “rifugio” in qualche bar, per una colazione in attesa di osservare il risveglio del mondo. Ci vuole il classico caffe’ Quarta
, quello che ti sveglia all’inizio “del viaggio”. Anche quando il viaggio e’ quello effettuato non in una “scatola” di lamiera posizionato su binari ma quello svolto con gli occhi, tra il verde, l’azzurro, il blu, il bianco di questo mare. Una girandola di emozioni tra saperi sapori ed emozioni. E il caffe’ ti conferisce la carica giusta per affrontare meglio “il peso” del dolce far niente. Affondi il cucchiaino nella tazzina e mescoli e intorno tutto si allarga in un silenzio che rilassa. Il cielo presenta colori stupendi. E’ la perfezione. Quaggiu’ invece siamo in perenne affanno nel farla nostra. Punto verso la Torre. Qualche bicicletta scampanella; qalcuno in coda per l’acqua, con taniche bottiglie e bottiglioni: per molti e’ancora”oro”, l’acqua.I ricordi si riavvolgono come un nastro, ma non e’ un film. I negozi si animano e qualche ciabatta da mare o infradito si trascina verso la spiaggia. Chi verso quella ricordata da “antiche cartoline”
chi verso l’isola o lo “scoglio”. Le barche rientrano. A me piace molto la visuale dallo scoglio, dalla statua di Manuela Arcuri
dove l’insenatura e’ magnifica e ti permette di raccogliere conchiglie e allo stesso tempo il recupero di frammenti di bei ricordi: sensazione stupenda, da Torre a Torre. Un intreccio volto al recupero dei momenti piu’ preziosi e inserirli negli altri, che si reputano fastidiosi. Non esiste e non potrebbe esistere una estate senza Salento. Una breve camminata e siamo a Torre Chianca, altra Torre, dalle parti di Lido Belvedere. Una manciata di ragazzi con divise arancioni attendono il loro turno davanti ad un buon pasticciotto. E’ davvero un “Belvedere” questa storia condivisa.
Lecce
Incredibile ma vero.Il treno “757” che avrebbe dovuto partire alle 20 . 20 da Torino Porta Nuova per Lecce è giunto a destinazione in orario.Il tempo di scendere, salutare e….si va ancora…Poi, dimenticavo: un caffe’ Quarta e un pasticciotto!!!come da prescrizione medica. Nello stesso posto dove avevo consumato i due (caffe’ e pasticciotto, vedi blog) l’anno scorso mentre promettevo a me stesso che sarebbe stata una storia (la mia) fantastica, unica, irripetibile. Ero qui, su questo stesso binario, a ferragosto, e poi ancora per la notte della Taranta e ora, eccomi ancora qui: sono ritornato.Con la mia valigia: i miei occhi, come sostiene il libro “Gli anni al contrario” e la mia…nuova laurea al posto della…valigia di cartone. Ho sentito il profumo di casa quando ancora mancavano km.Poi il profumo di caffe’ che invadeva binari e il deposito stazione ed entrava (ed entra nello stesso luogo)nel treno e ti sveglia:”oh, guarda che sei arrivato”! Scendi dal treno ti aiuti con gente che non hai mai visto prima ma che condividi il ritorno..A casa. Poi il bar poi…Una cinquantina di passi, il viale, i bus…non so dove andare: e’ tutto bello, tutto meritato. Non sento nulla addosso. A parte tanto calore. Solo un “cambio di vocale”: colori e trecce e code….di cavallo; sembra mezzogiorno ma non importa, tanto e’ lo stesso…330 giorni dopo….ancora il mare. L’estate e’ addosso, un anno e’ passato, l’estate e’ la liberta’….saluti dallo spazio…Lorenzo Cherubini canta e cosi pure il bus “Salento in bus” e tutti balliamo fino a quaando non rimane neanche un posto in piedi; musica nelle orecchie e panama in testa comincio a girare e quella mi duole…”baby I love you..” I cartelli mi indicano varie direzioni: Gallipoli, Porto Cesareo…Non so cosa scegliere.Tutto e’ casa. Sollevo il mio panama e saluto ogni cosa. Gli ulivi. Uno di quelli e’ danneggiato seriamente. Un altro e ancora un altro. Non siamo piu sul binario 10 di qualche anno fa o “al centro” e coda “fago”? PIANGO davanti all’ulivo.Poi decido, scelgo dove andare. A casa-casa. A porto Cesareo il bus prosegue per Gallipoli.Io scendo. Ho la navetta per Bacino Grande. Poi, la grande abbuffata. Sembra il titolo di un film. Nel pomeriggio un tuffo e una salutare nuotata…esattamente e veramente un anno dopo.
Lecce o Ravenna? Matera capitale europea della cultura 2019
Ormai ci siamo quasi. D’accordo, le città candidate sono anche altre e tra queste Matera, Cagliari, Siena, Taranto. Ognuna meritevole di titolo, ciascuna capace di esprimere una bellezza straordinaria. Ma quale sarà la capitale della cultura in europa nel 2019? Il cuore, naturalmente, batte, tra le radici.
Oggi e’ una giornata di sole. Di svolta. Vedremo di chi sara’ il titolo.
…Il titolo e’ stato assegnato a Matera…in ogni citta’ vi erano schermi dove venivano proiettate immagini….La citta’ dei sassi ha avuto la meglio sulle altre. 13 commissari dovevano eleggere la citta’ “capitale” della cultura europea per il 2019: Matera ha incassato 7 voti e ricevera’ un premio in denaro da spendere in manifestazioni culturali. La notizia e’ stata data dal Ministro Franceschini. Un po’ di delusione nelle e dalle altre citta’ candidate. E anche mie, ovviamente, che gia’ di prima mattina mi ero svegliato con questo pensiero: quale citta’ si aggiudichera la vittoria? Ora posso dirlo, in fondo in fondo, il cuore batteva per Lecce, per il Salento, per quel mare, sole, terra, ulivi, vigne, le orecchiette, i pasticciotti…il Quotidiano al mattino e il caffe’ Quarta, spesso e bollente. Un’alba e un tramonto non soltanto da vedere ma da “Belvedere”. Avrei voluto essere li, per abbracciare l’intera citta’ che ci aveva creduto fino all’ultimo. In ogni caso, da parte mia, ho provato a lanciare un modo alternativo per far amare sia Ravenna, prima, sia Lecce poi. Spesso ho pensato ad una modalita ‘di fare “scuola”passando dalla scuola di massa alla scuola di massa”. E l’esperienza non e’ stata male, anzi. Suscitare interesse per la cultura, l’arte, la geografia in “una frazione di intervallo”, anzi, due, non e’ stato semplice, soprattutto in fase di “vigilanza”. Non e’ stato un multitasking ma una sfida educativa. Come e’ possibile educare in una societa’ liquida? Nuove sfide educative? Certo, ora sarebbe bello approfittare della vittoria di Matera per effettuate un piccolo passo avanti, vedendo, studiando Pasolini e il suo film, girato a Matera, “Il Vangelo secondo Matteo”. Senza dimenticare che altri 50 film sono stati girati nella città lucana. A scuola, sarebbe stata una bella e ulteriore sfida poter fare scuola…Comunque, complimenti a Matera. Ti guardo e ti riguardo e mi dico che sei davvero bella. Verro’ a visitarti. In fondo, da Lecce e da Taranto disti davvero poco.
una giornata ricca di avvenimenti. A Torino, fin dal mattino gruppi di studenti in attesa in Piazza Arbarello per marciare insieme agli operai e la Fiom in vista della manifestazione-sciopero indetta dalla Fiom: 10 mila contro la riforma del lavoro che toglie diritti. In diecimila scendono in piazza e se la riprendono. Tutti contro il jobs act. Non succedera’ come con le pensioni. Un fiume in piena, Maurizio Landini dal palco. Una ventina di pulmann, un anticipo della manifestazione della prossima settimana. Si sono registrati momenti di tensione tra antagonisti e forze dell’ordine. Giornata calda, insomma, a Torino.
Anche a Terni Fiom in piazza. In trentamila hanno manifestato in citta’, non solo operai ma una citta’ intera. La tv rimanda immagini di ragazze piangere per il lavoro che lentamente muore.
A Torino era previsto il vertice europeo dei ministri del lavoro, aperto al teatro Regio . Un punto sulla situazione a partire dalla carta rta dei diritti firmata qui a Torino, il 18 ottobre del 1961. Domani e’ prevista la presenza del presidente della Camera Laura Boldrini. Infatti, l’incontro-vertice continuera’ anche domani. Ma il lavoro dove e’?
Gia’, il lavoro…alle 16.42 “la puoooorta” si e’ chiusa. Verso,”sud” se ne apre un’altra. Tra dolci colline…..