E’ stato un po’ una bussola per molti torinesi. Quell’ enorme orologio al quarzo posizionato su di un albergo cittadino che ne ha scandito tempi, tempo, arrivi, partenze, incontri, stagioni. Era un po’ la parrucca di un edificio torinese che si affacciava su una delle piazze cittadine più importanti. Si puo’ dire che e’ stato un punto di riferimento essenziale. Per molti. La “lampada Osram” per tanti torinesi. “Dove ci troviamo?” era la domanda, quando la giornata o la serata erano combinate na a mancare era il “gancio”.A Porta Susa, sotto l’orologio, vicino al Gorilla (rinomato venditore di libri sotto il porticato di via Cernaia). Si poteva dire “ai capolinea” del 46 o 49, che per anni cosi e’ stato, ma si preferiva dire “sotto l’orologio”. Datario o “termometro” torinese. Punto di ritrovo e raccolta di molti occhi, puntati sopra l’albergo: ora, giorni, mesi, gradi, un cellulare di tutti, “bene comune”. Un faro. Quando le scale mobili della metro lentamente sortivano il loro effetto sabbie mobili, e lentamente ne eravamo risucchiati, tutti noi, mano destra posata sulla gomma, si buttava un’ultima volta l’occhio, lassù, in cima, come per pronunciare una promessa a noi stessi: ” a tra poco” , quando sarà buio come ora, se la promessa era in pieno inverno. A tratti quell’ enorme datario rimembrava un tabellone da stadio comunale, ma il vero richiamo, in realtà, erano i soldi e il nome di una banca. Ma questo in fondo non importava molto. Era l’incontro quotidiano, il fatto importante . Era l’almanacco del giorno dopo. Peccato, toglierlo proprio a ridosso delle festività natalizie.
Ma una domanda sorge spontanea: per sempre o…”ritornera’”, come il testo di una canzone? A proposito di festivita’: e’ iniziato il pellegrinaggio sotto l’albero di Torino Porta Nuova. E sopra di esso spuntano laiche preghiere. Soldi, promozioni, voti, amore, salute.Insomma, cose classiche. Ovviamente, classi al seguito, e un bigliettino lo “installero'”pure io.
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La mia Torino 3

Nella mia Torino, oggi, la strada avrebbe dovuto convergere verso una meta, la Fiera Internazionale del libro. Un paio di interventi ai quali avrei voluto assistere. Nonostante i notiziari dicano e diano code e attese piuttosto consistenti. Nel mio “convergere”, lentamente, verso la stazione della metro, avanzava da corso Francia, il corteo, pacifico, dei No Tav. Piazza Statuto, Corso San Martino, Porta Susa, via Cernaia e via dicendo. Presto comincerà il balletto dei numeri sui presenti. Grande spiegamento delle forze dell’ordine. Metro sbarrata, quindi accessi vietati e meta saltata. Ma non importa. E’ stata un’occasione per veder sfilare davvero un corteo tranquillo, colorato, pacifico, con tantissime anime. Lungo i binari del tram, persone. Davvero impressionante pensare dalla banchina, in attesa, come d’ abitudine accade, in altre giornate, di tanto in tanto allunghi il collo e ti affacci a vedere se il tuo bus è in dirittura d’arrivo mentre oggi, al posto dei tram e bus, arrivavano striscioni con nomi di Paesi poco pronunciati ma molto attivi. La temperatura, segnava 25 gradi. Caldo e polline in gran quantità. Sul finire del corteo, alcuni militanti, muniti di scope e palette, sacchi un carretto, pulivano le strade di Torino. Questo è il servizio “d’ordine e pulizia” del corteo. Un pomeriggio davvero colorato. Un cartello, a Porta Susa, ricorda che “Torino è città della pace”.
Per la Fiera, volendo, ci sarà tempo.



Nuovi e quasi nuovi negozi per Torino
Lasciati i lavori in corso, dalle parti di Valdocco, dove si sta per chiudere e aprire un nuovo Capitolo di storia, la meta, dato che in molto, siamo alla frutta, è provare a trovare qualcosa di buono, da mangiare, così, per una merenda veloce. Tardiva. Ma naturale. E in via San Francesco d’Assisi 14 a Torino, “I frutti di Gaia” si “presentano” davvero bene. E non solo in vetrina. Molto da vedere e gustare. E non solo “tutta colpa di una mela”. Merita davvero “buttarci” un occhio, per poi farsi tentare. Appunto, non solo da una mela e da una frutta. Le cose buone sono davvero infinite. Lo consiglio. Le consiglio. Data di apertura, mi han detto, metà ottobre. “Mela più”, “mela meno”. Mangiare i frutti di Gaia. Mangiarli, non è un peccato di gola.
Dalle parti di Porta Susa, in via Cernaia una nuovissima yogurteria, “yogurtlandia” ha aperto i battenti da poche ore. Da ieri. Un buonissimo yogurt “degustazione” prima di cena. La bontà e la gentilezza di chi si è cimentato in questa nuova impresa merita certamente un biglietto di ritorno. Per uno yogurt più…voluminoso.
Le luci della stazione e quelle del grattacielo si uniscono in una sorta di richiamo. L’ora della cena è arrivata. Dal capolinea si muovono alcuni bus. Altri ne arrivano. Il giorno ormai cede il passo alla sera. Tra poche ore, da queste parti, molto sarà diverso. Il popolo della notte farà la sua comparsa.
Torino. Vie e palazzi che parlano
Sotto i portici della nostra città, in alcuni tratti, si respira ancora aria natalizia. Alcuni neon illuminano la vetrina di un negozio. In via Cernaia. A due passi da Porta Susa. Neon uniti al vertice. Legati a due piante, riescono a dare l’idea di un albero di Natale. Permanente. Le palline, come per gioco, danzano, sulla sommità del porticato, poco distanti da quell’ albero. L’atmosfera, il clima, a tratti, è del periodo. Ma solo a tratti. Un lunghissimo autunno che cede il passo ad un’entrante primavera. Una città che lancia segnali, che parla, con le tradizioni, con la religiosità popolare, con i disegni, impressi sulle facciate delle case. In corso Principe Oddone, meglio, tra le vie Maria Ausiliatrice e don Bosco, una nicchia, al primo piano “conserva” una madonnina. E’ Maria Ausiliatrice, così tanto cara al santo sociale di questo quartiere e della nostra città. Durante il mese di maggio, è davvero uno splendore. Lenzuola bianche, tappeti bellissimi; lumini e candele di ogni tipo evidenziano il palazzo. Piantine e fiori le donano una bellissima cornice. Un tempo, i cognomi e nomi impressi sui citofoni rimandavano al Sud Italia. Nelle mansarde, la luce accesa, fino a notte fonda, indicava la presenza di studenti universitari, intenti nello studio o negli ultimi ripassi. Di tanto in tanto, i libri venivano sfrattati in altra stanza. Ai fornelli ci si dava il cambio nelle “grandi rimpatriate”. Ricordi che ritornano, quando alzi gli occhi al cielo. Oltre la Madonnina. Il profumo di una pasticceria si spande su questo fazzoletto di quartiere. La pizza sfornata alle tredici, dala solita panetteria, è sempre la migliore. Da anni. Ragazzi all’uscita di scuola, in coda, aspettando il proprio turno, per poterla gustare. E così, anno dopo anno. I cartelli delle case in vendita scarseggiano. Numerosi quelli “affittasi”. “Ampia metratura con doppi servizi” è un’eccezione. Un’oasi nel deserto. Al pomeriggio bambini da nomi esotici, festanti, escono da scuola.
Sulla facciata di un palazzo, poco distante da corso Principe Oddone, figure di donne che danzano. Forse a ricordarci che un uomo, nella vita, dovrebbe sempre danzare, pur non essendo ballerino.
Tra la Consolata e Santa Barbara
Scrivendo della storia del Signor Antonio Corapi e dei nuovi locali per Torino, uno dei quali, posto tra via Bertola e via Assarotti, qualcuno ha scritto chiedendo informazioni maggiori su “ex voto” della Consolata e su di un’opera all’interno della Chiesa di Santa Barbara ( dove “qualcuno ci vede Lenin che incita le masse”).
Per quanto concerne gli ex voto della Consolata, utile sarebbe andarci, osservarli e leggerne le storie molto attentamente.
Per quanto riguarda Santa Barbara, recarsi in via Assarotti 14, tra via Cernaia e via Bertola.
Chiesa edificata già nel XVI secolo all’interno di quella che è “la cittadella”. Chiesa in seguito ricostruita poi, tra il 1867 e il 1869.
A sinistra ex voto della Consolata. A destra, interno laterale della Chiesa di Santa Barbara.
Nuovi locali per Torino. E la memoria del tempo.
Dal 1956 e per la bellezza di cinquanta anni R. Barattero, ha dedicato la sua vita, in questo angolo di Torino, tra via Bertola e via Assarotti. Ora “il nuovo”, come già detto in precedenza, si chiama La Ristonomia. Era doveroso, ricostruire la storia, di chi e cosa c’era prima. Chi, è Barattero. Proprietario fino a poco tempo fa della gastronomia postra tra via Assarotti e via Bertola.
Renato, ricorda, vicini e colleghi negozianti…Il calzolaio, la drogheria, la palestra…
L’ascensore della memoria, corre. E correndo, all’indietro, ricostruisce, persone, fatti, altri locali. Quando l’insegna era “da Renato”.
Una parte di quella “Terra Promessa” annunciava in anticipo che , si, “Ci sarà”, dell’altro, già dagli anni della scuola, quando quelle due vincevano a Sanremo e Massimo, il figlio, “vinceva” con stenografia, dattilografia e inglese”. Tutto il resto erano storie da ragazzi. Con una curiosità tutta particolare per i primi elementi informatici. “Wild boys” accompagnava le uscite da scuola, zaini in spalla. Tutto il resto erano storie da ragazzi
Tra una lezione e l’altra, d’inverno, qualcuno, si emozionava alla vista della neve. Proprio come oggi. Come Sergio. La sua meraviglia nel vedere dalla finestra della scuola la neve, per la prima volta, in vita sua. Lui, che era abituato solo a vedere il mare. La pausa di un’ora, dopo le lezioni, la neve da toccare, una visita a quelle vetrine della gastronomia e qualcosa da mettere sotto i denti. Poi, il rientro, per educazione fisica. Terminata, il ritorno, verso casa. I portici di Corso Vinzaglio, l’attraversamento di via Cernaia, altri portici, la palestra, via Bertola, e ancora le vetrine della gastronomia Barattero. Per vedere altra bontà, esposta in vetrina. E così, per altri anni, altre pause, prima di educazione fisica, poi merceologia, poi tecnica bancaria.
Oggi, un caffè, nel nuovo locale. Sul fondo della tazzina, cucchiaino tra le dita, Al Bano,Romina Power ed Eros Ramazzotti continuano a cantare canzoni ancora oggi vincenti, in un tempo mai passato: “Ci sarà”, in una terra promessa, “Una storia importante.”
La zona lettura è davvero fantastica. Giornale per tutti. Le sedie, tipo a dondolo, inducono a pensare a momenti davvero piacevoli. Quella fontana, poi, che fa tanto Torino, conferisce l’idea di essere in un parco. La profondità dell’ambiente gastronomia è davvero impressionante. Il reparto caffetteria è grazioso. I prodotti, da provare.
Nuovi locali per Torino
Nel centro di Torino, Verba volant scripta manent…..sosteneva la maestra delle elementari, quando noi bambini, raccontavamo delle storie, e lei, per tenerne memoria dei nostri fatterelli, scriveva, mai impietosita dalle lacrime…….Il locale in via Bertola, a Torino, è carino. Da una delle tante vetrine, si ammira un toret, una fontana, e nonostante l’acqua non sgorghi, si riesce ad immaginare comunque il suo rumore. E la gente in coda. Alla fontana? Certo che no. Nei giorni feriali, a gustare qualche piatto e prodotto tipico……La Ristonomia….Anche il nome, carino. In via Bertola. 41. Da quelle parti, una palestra, una Chiesa, al cui interno, pare di vedere, tra tante riproduzioni, Lenin, che incita le masse, i portici di Via Cernaia, un corso, Siccardi, un viale con tanti locali carini per la vendita di libri usati, con la corsia preferenziale per i bus, una Piazza con parcheggio e una…pista ciclabile. Quindi, un locale a tutti gli effetti, “ben servito”.
E pensare che anni orsono, nel corso, nei pressi, vi era uno dei primi fast-food. Tempi che cambiano. E pure i locali.
E allora, non resta che provare e augurare un buon appetito.
Alta velocità
La “bussola” del tempo, posta al centro della stazione, orientava tempo e spazio. Le 13 10. Il tempo del tram, o del bus. Il 13 e il 56 erano i preferiti. Chi non aveva voglia di camminare sotto i portici, aspettava il dieci, appena fuori dalla scuola. Davanti la Questura. Sopra il tram, capitava spesso che per questione di precisa “ragioneria”, i posti fossero già occupati. Per chi si disponeva a marciare, come l’esercito del re, sotto i portici, canticchiava, felice, la ripresa. Della libertà. Dalla parte opposta, i tram 10, 91, 91 barrato e 92, trasportavano in continuazione coloro che di li a poco, per otto ore, la libertà, l’avrebbero persa. Cartellino alla mano, semaforo a campione, scelta della porta e…..voilà, bolla ed eri nel tempio del lavoro. Presse, scocche, lastroferratura, montaggio…Una “catena” li attendeva. Di montaggio, mentre allo stesso tempo, altro si smontava. Per otto lunghissime ore. Per chi rientrava in possesso della libertà, riposti libri e quaderni, una breve passeggiata, prima del bus. Chi non aveva i guanti, intrecciava dita o al più, un palmo della mano avviluppato in altro palmo della mano. Coppiette in corso.. Zaino in spalla. Lo spazio. La collinetta a sinistra, con un giardino e qualche panchina. “Un ponte” per, e, sul lato opposto, gli scalini. Da li sopra, il ponte, con delle arcate. Si vedevano entrare o uscire dalla stazione i treni. Quelli rossi. Il regionale Milano Torino, direzione Porta Nuova e il Torino Porta Nuova Milano, direzione Chivasso. Binario 2 e 3. E poi, da sopra, il mitico binario tronco, dove in attesa del trenino ci ricavavi un po’ di spazio interiore, solitudine, intimità. Spazio. Dall’altra parte, Corso Inghilterra. Altro ponte. La bussola, fedele, segnava la sua ora. Era lì, davanti a noi. Ha fatto la sua parte e ancora la fa. Per le partenze, gli arrivi, gli incontri, gli scioperi, i banchetti per i volantini da distribuire. La bussola, come per tutte le stazioni che si rispettano, era al centro della stazione. Tutti noi, buttavamo un occhio. La giornata era cadenzata anche da quella bussola. Ha segnato tanti di quegli eventi e ancora ne segna. La nuova stazione è carina, illuminata, bella. Chissà perché, a tratti ricorda la nuova stazione di Berlino. Ma perché per rispondere alla domanda “che ore sono” ci dobbiamo far venire il torcicollo per guardare l’orologio bussola appeso alla cara e vecchia stazione Porta Susa? Mha…..Forse perché nel tempo dell’alta velocità, tutto è istantaneo. O forse perché, proiettati nel futuro siamo ancorati nel passato. Dall’altro capo dei fili elettrici, a Reggio Emilia, forse staranno pensando qualcosa di simile…Perché bisogna usare la lima per le porte? Questione di banchina?…..Miracoli dell’alta velocità….Remaniement…Uscendo, Filippo e Marianna chiedono pazienza. Lavoro ed economia, sono in corso nella dialettica ad alta velocità.
In attesa di Diego e Marilisa. Una storia da agorà. In piazza San Carlo
Continua ad appassionare la storia di Diego e Marilisa. Si discute, se ne parla, se ne scrive, si lasciano biglietti, nei pressi della Biblioteca, e di qualche altro luogo pubblico. Anche se La Stampa non ci fornisce ulteriori notizie. Pare lì, Diego, in attesa, vestito di bianco, su di una panchina bianca, non imbiancata. Una di quelle panchine che fanno da perimetro, da cornice ad uno dei tanti giardini torinesi, tra via Cernaia e via Pietro Micca. Un quadro, con tanti disegni. Cuori in ogni dove. Ogni tanto lo sferragliare di qualche tram risveglia quanti provano ad estraniarsi e provare a pensare: chi all’amore, chi al lavoro. Questo spicchio di città rassomiglia ad alcuni giardini parigini. E il bianco la evoca, anche per le cene, “in bianco”, nate proprio nella “ville lumiere” e adattate anche nella nostra città. Una figura maschile, bianca. Speriamo non imbiancata dall’attesa e nell’attesa di Marilisa. Chi lo ha visto racconta che la sua mano racchiudeva una rosa, l’unica cosa colorata. Bianco, come l’amore, immacoltao. E questa storia, un po’ di purezza, a dire il vero, la passa. In attesa. Altri, sostengono diversamente: “quando una storia termina, non resta che..”attaccarsi” al tram”. Al centro di questa storia, e di questa “agorà”, per il momento in forma virtuale, in ogni caso restano loro: Diego e Marilisa. Una storia da libro Cuore. Una storia di piazza, come la torinese piazza San Carlo, che riflette, in questi giorni, e fa riflettere riflettendosi. Come specchiarsi. O rispecchiarsi. In ogni caso, attaccarsi al tram, in questi giorni, a Torino, non è semplice. Uno dei tanti tram, ad esempio, il 13, è sdoppiato, anzi, raddoppiato, almeno in centro. Poi, il bus. E, al centro, come si sa, esiste sempre in ciascuno di noi un cuore. Che batte.
Dall’altra parte del giardino, oltre i cani che si rincorrono e qualche bimbo che gioca, qualcuno, nel decimo anniversario della scomparsa legge un libro. Di Norberto Bobbio.
Nuovi negozi per Torino
Osservando attentamente la nostra città, dal’alto del tram verde, il 7, si possono ritrovare tantissimi posti interessanti e molto cari ai torinesi. Angoli della nostra città che credavamo in un verso, e, senza accorgercene, lo hanno mutato. Per molti di quelli, pero’, per ritrovarli esattamente come erano, occorrerà frugare tra le pieghe della memoria. E fare uno sforzo immenso. Lungo il tragitto, si intravedono luoghi, un tempo adibiti al lavoro e ora, trasformati in altri tempi. Il lavoratore “sfrattato” ha sfilato la tuta blu, lasciando il posto a semplici consumatori. Negozi trasformati e vetrine che non espongono più gli oggetti di un tempo. Al posto del vecchio e caro negozio di gocattoli, ora si trova Paissa. Povera Befana, sprovvista dei famosi trenini corredati da scambi, motrici, vagoncini rotaie e tutto il resto utile per immaginare lunghissimi viaggi in pomeriggi interminabili. Poveri bambini, che hanno lasciato sul posto lacrime trasformate in pozzanghere. Tutti a pulire il famoso camino, aspettando il trenino, la macchina, il peluche e invece…Scendendo dal tram storico, e percorrendo a piedi alcune vie, direzione stazione Porta Nuova, quasi raggiunto l’hotel Roma, si ha la possibilità di incrociare un altro mutamento del tempo: “Pane, Pizze, Focacce” sono ora in bella vista, dove un tempo si esibivano “in punta di piedi ” tantissime paia di scarpe. L’elenco dei mutamenti potrebbe continuare, un po’ come il nuovo concetto di lavoro. In continuo aggiornamento. Nel giardino antistante la stazione ferroviaria, un orologio in fiori ha smesso di segnare le ore, o, semplicemente, è assente da anni, e mai più si è provveduto a trovare un valido sostituto. Personalmente, mi piacerebbe riaverlo per poter verificare l’ora e lo stato del mio orologio. E’ cosi’ anchele per le vecchie care bilance, azzurre, sotto i portici della stazione, Un ricordo, invece, ma senza rimpianti, la cooperativa e i suoi lavoratori col berrettino rosso, dove, con poche monete, qualcuno lustrava le scarpe. Vecchi lavori. Il vecchio capolinea del 51, in via Sacchi, non esiste da un pezzo. Anche di quello, si sono perse le tracce. Ma, a dire il vero, siamo sulla buona strada, con poche tracce anche oggi. Qua e là qualche pezzo di rotaia ricorda il passaggio del tram. Ora, spesso, ci si attacca, al tram. Questo pezzo di città, a molti ricorda Roma, zona stazione. Sarà. Forse perchè le città vicino le stazioni, hanno quasi tutte lo stesso aspetto. Un po’ nostalgico, un po’ malinconico. Alcune insegne M rosse, come “passion lives here” troneggiano nella bellissima piazza, Carlo Felice; molte biciclette gialle stazionano, pronte all’uso, come in tantissime aree della nostra città. Questa si che è una bella apertura europea. Alcune sponsorizzano il panettone Galup, e rendono in tal modo piu dolce e piacevole la pedalata nella nostra città, alla scoperta di luoghi e negozi che mutano. Senza renderti conto.
Intanto la campanella della scuola ha ripreso a suonare. Ci ritroviamo ancora una volta “ingessati a scuola” e al penultimo posto dei Paesi Ocse sulla spera pubblica per istruzione. Diecimila immatricolati in meno all’Università e una buona dispersione scolastica. Che fare?