Lungo il tragitto che mi separa dal luogo di lavoro, osservo attentamente i palazzoni di Torino che tagliano in due la città. Una città post-industriale, con grosse cicatrici: là dove c’erano fabbriche, ora palazzoni in costruzione; una linea ferroviaria nuova parallela a quella vecchia. E, immensi spazi vuoti, pronti per essere colmati da grandi appetiti finanziari. Il colpo d’occhio è rivolto ai tetti dei palazzoni. Il pensiero agli operai, ai metalmeccanici, scesi in piazza, ieri, a manifestare, per quattro ore. No alla chiusura di Termini Imerese. Buona e alta l’adesione allo sciopero. Per i sindacati, intorno all’80 %, per altri, meno. Affermazione e progetti senza “Capo né coda”. Un pensiero mi assale, mi rende ansioso, mi innervosisce. “Il capitale è sui tetti, per dare vita a se sesso, da molto tempo. Prima di noi”. Noi, operai, in cig (cassa integrazione), in mobilità, noi, lavoratori della conoscenza, noi disoccupati, siamo stati battuti sul tempo. Un miliardo di ore di cig; incentivi; incentivi a produrre fuori, per comprare “dentro”; “cattedrali” nel deserto costruite grazie a soldi pubblici, anni fa, spremute e ora dichiarate improduttive. In alcune zone d’Italia, se poniamo lo stop ad alcuni segmenti produttivi, non rimane che terra bruciata. Resto con il dubbio. Rivolgo la stessa identica domanda al Professor Marco Revelli, sociologo, presso Università Orientale.
Professore, il capitale ci ha battuti in corsa ed è finito prima di noi sui tetti per alimentare se stesso?
“Il capitale corre con gli stivali delle 7 leghe e gli operai arrancano. E’ la grande impresa, sul tetto del mondo. Basta leggere Zygmunt Bauman e ci si fa un’idea piu’ approfondita sul tema. Gli spazi sono diversificati. Le nostre società si sono divaricate”.
E Fiat?
“Fiat è una mini-transnazionale che non ha piu’ una patria. Cio’ che va bene per Fiat va bene per sé stessa. Fiat non possiede piu’ un ancoraggio territoriale.”
Professor Revelli, quando è che è iniziata la divaricazione fra economia reale e finanziaria? E in questo periodo in che quantità ha vinto il capitale e quanto ha perso la classe operaia?
“Negli ultimi 25 anni tra capitale e operaio non vi è stata partita. Il rapporto tra salari e profitti è mutato paurosamente. Circa 8 punti di pil maturati nel ventennio, pari a 120 miliardi di euro; circa 7 mila euro per ogni operaio (per ognuno dei 17 milioni di lavoratori, dipendenti; se il rapporto salariale è degli anni ’80). Una sconfitta forte, per la classe operaia.”
Ci saranno delle responsabilità, immagino. Se penso al distacco della gente dai partiti e dal sindacato, mi viene da pensare alla solita frase che al termine delle trattative sindacale ci vengono propinate: “più di così non si poteva ottenere, i tempi sono mutati e sono questi”.
A me, il cuore batte per la Fiom, ma quando vedo gli altri sindacati, penso che….
“Che forse qualcuno non ha fatto fino in fondo il suo mestiere? Sicuramente così, anche tenuto conto dei forti cambiamenti epocali. Forse qualcuno ha rinunciato al suo mandato, ha tradito gettando a mare i propri rappresentati. Ora si guarda ad altri soggetti da rappresentare; chi sono gli interlocutori da rappresentare? Le Banche, chi ha visibilità mediatica….”
Rifletto un attimo e penso all’amico Juri Bossuto, consigliere regionale di Rifondazione Comunista, al suo impegno per una legge capace di contrastare le delocalizzazioni delle aziende, non piu’ sostenuta da altri partiti. E’ rimasta solo Rifondazione.
Il nostro colloquio si dipana tra i recenti episodi avvenuti a Torino, tra concetti quali appartenenza, gruppo.
Si conclude infine con una domanda: Professore, un tempo vi era l’assalto al cielo. Oggi?. E se negli anni ’60-’70 per capire il mondo bastava ascoltare l’invito di Panzieri, cioè quello di recarsi fuori dai cancelli delle fabbriche, oggi?
“Il vero assalto pare essere la partecipazione al Grande Fratello…e la tv per capire il mondo?”…
(si parlerà venerdi ore 21 a Torino, corso Belgio 91, Dall’inchiesta operaia, ai quaderni rossi, ai nuovi conflitti del lavoro).
Romano Borrelli
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