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Primo maggio a Torino

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Torino. Piazza Castello. Corteo primo maggio 2014. “No alle aperture dei negozi e supermercati nei giorni festivi”.

Avrei voluto cimentarmi in una “pseudo-cronaca”, nel racconto di chi c’era e chi no.Sul grande assente di oggi e sul passato lavorativo di quanti hanno nelle mani i segni della fatica del lavoro di una vita, sul viso gli stenti di una vita stretti alla catena, di donne a conciliare lavoro in fabbrica e lavoro in famiglia, e di occhi che hanno visto tutto, nella luce artificiale della fabbrica: mattino, pomeriggio, sera, notte. Compagne e compagni di lavoro, pensionati, amici di scuola, famiglie con bimbi e passeggini al seguito.  Torino, la crisi e il lavoro che manca. La crisi del settimo anno che comunque porta in piazza, a Torino, oggi, migliaia di persone. Aspettavo la giornata di oggi, per incontrare storie, raccontarle, scriverle, provare a svolgere quello che pia e, impedito durante la settimana. Non esistono piu’da un pezzo le catene, ma altre catene impediscono di fare cio’ che si vorrebbe, cio’ per cui abbiam studiato e accontentarci cosi, al ribasso, pur di sopravvivere. Nella festa, il festeggiato, pero’, è assente. Nella festa del lavoro, manca proprio il lavoro. Che paradosso. Un lavoro povero e quel poco riceve poco reddito. Per alcuni, paradosso dei paradossi, è l’alba della mobilità. Associazioni, categorie, partiti.  Amici. Tra gli amici, incontro Marco  Revelli che usa con abilità un cellulare di ultima generazione e filma, filma, filma. Dopo aver tenuto per un bel pezzo lo striscione dell’ Altra sinistra. Filma e  fotografa diventando bravo tanto come quando parla e insegna scienza della politica. E sorrideva, sotto i suoi baffi. Mi sarebbe piaciuto sapere a cosa pensava, a quante feste del primo maggio gli “ronzavano” nella testa.  Recuperi la piazza, Castello, poi Via Po,  dove incontri il gruppo di musica e ti dicono “ci manchi e manchi tanto ai bambini”,  poi, l’altra piazza, Vittorio, testa e coda del corteo. Avanti e indietro a stringere qualche mano e “ciao, come stai?” e così fanno in tanti.  Incontri Armando Petrini, in versione ecologico, bici e bandiera, Simone, ormai, ben inserito e amici incontrati a Roma,  Ferrero, amici incontrati dieci anni fa, in treno o a qualche manifestazione per la pace, a ridosso di un San Valentino. Amici, amiche, compagni, compagne, uniti e poi divisi da qualche documento, qualche parola non limata bene finita nel calderone di un documento. Documenti contrapposti. Mozioni, aree, correnti, come le si voglia chiamare, buone per “dividere” più che unire. Contrapposizioni in ambito congressuale e che continuano in molte riunioni. Eppure, al primo maggio, in piazza, ci devi essere per ritrovare un pezzo della storia, un pezzo di se stessi. Ecco, ci siamo. Ci siamo ancora, nonostante tutto.  La mattina ti alzi presto, metti il vestito buono e vai incontro a loro e loro vengono incontro a te. I lavoratori. Gente con cui mangi pane, sudore e lacrime, mentre gli altri, godono dei profitti accumulati sulla pelle altrui. “Domenica aperti”,  e pensi che non vorresti mai vederlo un cartello così, e invece, ora ci è toccato vedere anche cartelli, come “Primo maggio aperti”.  Il film della memoria corre di chi è in piazza comincia a proiettare scene di cordoni dei militanti che “proteggevano” Bertinotti, Cossutta, Rizzo e altri ancora e tutti insieme che cantavano l’Internazionale. La sinistra, un tempo. Altri ricordano il primo maggio del 1994, a Torino, subito dopo quella grandissima manifestazione del 25 aprile di Milano, sotto la pioggia, ai piedi del Duomo. “Un milione sotto la pioggia.”  “Che liberazione”. Non erano solo titoli di giornali. Era un riporre la speranza ne voler e poter cambiare una politica e una maggioranza fresca di urne.  Tutti  i partecipanti indossavano  quelle magliettine bianche, con il bimbo che dorme e pensa che in fondo, “la rivoluzione non russa”. Il primo maggio, tutti vogliono esserci, in piazza, per ricordare “di quando  suonava la campana della fabbrica e la linea partiva, quando  verso mezzogiorno, quel rumore liberava i lavoratori dalle catene, di montaggio, e si riappropriavano della propria libertà, andando a mangiare, in pausa. E quando la pausa te la concedeva, il padrone, non quando l’organismo, il fisico vorrebbe.

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Torino. Piazza Castello. Banda musicale. Primo maggio 2014.

La linea, era li, a dettare i tempi e comandare. E  i ricordi si riproducono a  valanga, come fossero accaduti ieri. I pensionati, ricordano quando “volevi andare a pisciare” ma non potevi, perché “la prima pausa era toccata a te“, quando non “avevi bisogno di pisciare”. “Per pisciare, avevi tempo, si, ma dovevi aspettare altre due ore”. Quel gusto così buono della pizza ancora calda e di quelle brioches che forse non erano buone, ma almeno riempivano la pancia e aiutavano a combattere quel “mostro” sempre in cammino, della catena di montaggio. Le mamme, che usavano la pausa per raggiungere la cabina telefonica per telefonare a casa e svegliare i figli. Lasciando ancora raccomandazioni.  “Il caffè è già pronto. La pasta, a mezzogiorno, e il sugo è ancora caldo. L’ho preparato questa mattina. Alle quattro. Mi raccomando.” Cuore di mamma.  E così, i tempi  scivolavano via, lentamente, e oggi, nella giornata di oggi, provi a raccoglievi. O almeno, avresti voluto. E così,  infatti, cercavo di raccoglierli, in una giornata della Festa dei lavoratori tutt’altro che da festeggiare, per i numeri che le cronache sulla disoccupazione ci forniscono.  E che allarme, sul e del lavoro!!

 

Pero’, il primo maggio,  bisogna esserci. Ad ogni costo.  Una festa bella, giovane. Di tutti. Per tutte, tutti. Spiace aver visto le saracinesche  di alcuni negozi e supermercati tirate su. Mentre dovevano restare giù.

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Torino. Via Po. Studentesse e studenti universitari. Primo magio 2014.

Mi sarebbe piaciuto scrivere di piu’, storie di vita, storie importanti, ma, a metà di via Roma, si verificano momenti di alta tensione, davanti. Senza capire il perché, chi è davanti, comincia ad indietreggiare. Allungare il passo e poi a correre. Mamme con bambini piangenti cercano velocemente vie di fuga, laterali. Ci si perde e ci perdiamo. Le parole, insieme alle lacrime dei bambini diventano di ghiaccio. Sono impronunciabili. Si perde molto.  Perdo la forza, le parole, i pensieri, il blocchetto con tante storie che avevo già raccolto.  Pensavo che le perdite fossero più che altro a livello personale. Anche a livello collettivo, certamente. Le parole diventano di ghiaccio e non sono più pronunciabili.  Oggi,  le perdite, sono soprattutto  a livello collettivo. Perdiamo tutti. Doveva essere una giornata di festa. Dei lavoratori. Non una musica così…stonata. Doveva esser un’altra musica, di speranza.  La speranza di seguire un sogno. Musica. Come quella suonata dalla banda che era in corteo.

 

Penso al cassetto dei nonni……….mentalmente lo riapro.

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Torino. Via Po. Ragazza con bandiera “L’altra Europa con Tsipras” in via Po. Primo maggio 2014.

Vorrei sentire il profumo, della speranza…

 

 

 

Lavoratori Agile Eutelia: nelle mani di pochi, oggi, finalmente, tra le braccia di molti.

Torino 6 gennaio 2010. Piazza Castello. Nella giornata di oggi, fino a pomeriggio inoltrato, un gruppo di dipendenti Agile ex Eutelia, da 4 mesi senza stipedio, si sono ritrovati per raccogliere qualche fondo con la vendita di arance; a dire il vero, terminate nel volgere di pochissimo tempo. Ma, non per questo, l’attenzione nei loro confronti si è sopita con la le arance vendute. Anzi.

“2160 lavoratrici e lavoratori consegnati da Eutelia nella mani di Rottamatori d’azienda”. Questo era uno dei tanti fogliettini rilasciati dai lavoratori insieme ad una ricevuta attestante il versamento o la sottoscrizione in loro favore. Un versamento libero. Nelle mani di pochi, ma nelle braccia di tanti, oggi, questi lavoratori finalmente coccolati da gente comune, lavoratori, pensionati, passanti e Rifondazione Comunista, con le sue bandiere, il suo segretario Renato Patrito e molti altri.

Banchetto sottoscrizioni

Nonostante la piazza fosse divisa, da una parte, molti, a seguire il “mangiafuoco”, altri, a continuare il loro passaggio e passeggio, lungo le vie Roma e Garibaldi, in cerca di saldi, e forse, con pochi soldi, tantissimi hanno seguito anche un divertente spettacolo con tanta ironia politica. Politici “pizzicati”, D’Alema, Fassino, Bertinotti, Mastella. “Tanti sassolini” nella scarpa, era il motivo dominante di una canzone davvero allegra.

La serata è andata avanti fino a tardo pomeriggio, con un’attenzione davvero grande verso lavoratori la cui situazione economica esistenziale è davvero drammatica, senza ammortizzatori sociali, né sussidi, né anticipi. No, “le crisi economiche e finanziare non possono essere la collissione di due meteoriti” ha sostenuto un noto economista. Si possono prevenire. Oggi, finalmente, un pizzico di società, a Torino, ha dimostrato di avere Cuore. Viva i Lavoratori, viva le persone e le organizzazioni che hanno sostenuto altri lavoratori in difficoltà.

Bertinotti: “Alle elezioni europee tanto peggio tanto meglio”

QUELLI DEL “TANTO PEGGIO TANTO MEGLIO”….

Peggio di così! Eppure, nell’annunciare il suo voto alla lista di Vendola e dei socialisti craxiani, Fausto Bertinotti redivivo giunge ad affermare testualmente: “Alle elezioni europee tanto peggio tanto meglio”. E’ una dichiarazione gravissima tanto più in una situazione così drammatica nella quale è l’Italia, ma ha il pregio della chiarezza, persegue un obbiettivo preciso. Così come persegue un obbiettivo preciso Ferrando che presenta la sua falce e martello di disturbo anche alle europee. L’obbiettivo di entrambi è di non far raggiungere il 4% alla lista comunista unitaria Prc-Pdci che è l’unica vera novità positiva, controcorrente, degli ultimi tempi. E’ lo stesso obbiettivo dei padroni e delle forze reazionarie. Perché l’unica possibilità di rinascita di una opposizione reale all’attacco padronale e clerico-fascista di nuovo tipo che è in corso nel nostro Paese sta nella ricostruzione/rifondazione di una forza comunista con un consenso di massa e con una organizzazione di lotta. Ma l’unica possibilità che in Italia risorga una forza comunista che dia qualche preoccupazione alle forze del capitale, e quindi non nostalgica o minoritaria, passa oggi, concretamente, dal superamento della barriera del 4%. Questo non è elettoralismo ma è la condizione necessaria anche se non sufficiente. Altrimenti viviamo nel mondo dei sogni e l’alternativa concreta, concretissima!, sarà fra la sinistra socialdemocratica bertinottiana-dalemiana e l’ulteriore frammentazione gruppuscolare dei comunisti.

In questo ultimo mese prima del 6 giugno, il massimo senso di responsabilità di tutti i comunisti, anche di chi fa politica fuori dal Prc e dal Pdci, ed un impegno straordinario di tutti i sostenitori della lista comunista e anticapitalista, possono fare la differenza.

Leonardo Masella

13 maggio 2009
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