Quando mi domandano le mie considerazioni sull’amore, onestamente non so, ancora oggi, quale possa essere la risposta giusta, semmai ve ne sia una, di giusta, o di sbagliata o altre 6 miliardi, quanti siamo noi, poveri esseri umani, mortali, finiti, con tutte le nostre grandi miserie e piccole gioie. Non so esprimermi e connotarlo, l’amore, se come un “eterno finché dura”(film), un “io e te tre metri sopra il cielo”(film, Babi e Step che tirnano e ritornano ancora), “colpa delle stelle ” (film), un “amore bello” (canzone), un cantico di Benigni, un lucchetto di Moccia a suggello di un amore condiviso su ponte Milvio a Roma. O magari un “bacetto” alla nociola che fa tanto San Valentino. Forse qualcosa di Celeste o “cosi celeste,” zucchero cantante e no, miele, latte caldo al mattino, un maglioncino bianco….Un panorama, al mare, in montagna, una cena in due, una bicicletta in due (senza mani), un panino condiviso, o…..una mela, con tutte le sue colpe, se vogliamo e ci piace così tanto, il gusto di un frutto proibito. A ricordo della tesi di una mia compagna di corso, che di colpe, forse, nel frutto proibito, ne trovò tracciabile nella sua tesi
L’amore ai tempi di internet e quello Al tempo di oggi, quello libero e quello che imprigiona, o che incatena, quello del settimo cielo, che ci fa girare la testa, e quello di “una cantina dove noi”, cantava Battisti. L’amore, ah l’amore, quanto è stato cantato. Laura, per esempio. E Beatrice? O Lisa dagli occhi blu? E le tante Anna, Susanna, Marta? Ovviamente dovremmo essere per la par condicio e quindi le femminucce dovrebbero poter cantare e vivere il loro amore e far cantare quindi il loro cuore e sorridere gli occhi, pronunciare il loro nome. Già, “si-amo” ancora capaci di “nominare” l’altro, l’altra, renderla presente e se si, come? Siamo ancora capaci di render l’amore presente ai tempi di internet o di consumarlo velocemente, come un pacco di Amazon? Siamo capaci li leggerlo e cantarla/oe proteggerlo nel nostro cuore e da una esposizione da vetrina come uno di quei tanti cuori e torte e lucchetti che da oggi si esporranno per il trionfo e la festa continua del consumismo?
Quattro passi per arrivare alla fermata della metro, attraversando via Cibrario, dove un tempo vi era il cinema Statuto. Era il 13 febbraio, come oggi, quando in quel cinema morirono 64 persone. Molti si ritrovarono per vedere La Capra, un film poco gettonato, a dire il vero. Il mattino dopo la Francia ci aspettava ma il viaggio non fu più lo stesso.
Il tempo trascorre velocemente. La musica sanremese ha smesso di adare in onda, decretandone nella notte di sabato, i vincitori, rispettando cosi le previsioni. Delle tre canzoni e dei cantanti sul podio, “Lo Stato Sociale” e quella ballerina sono le esibizioni, in quel contesto, che oggi mi mancano di piu’. Oggi, invece, “sull’onda” ci sono gli innamorati con la ricorrenza di San Valentino. Festa molto commerciale ma che comunque “apre” i cuori. Ne rivisito qualcuno, da Pinerolo, a Roma passando per il mare. Tutti belli. San Valentino e’ anche cultura congiunta all’amore. Mi piace l’idea di aver ritrovato “La ragazza di Bube”, un libro di Carlo Cassola, consigliatomi un po’ di anni fa dalla mia insegnante di italiano, alla vigilia di una partenza per Grenoble (soggiorno di classe). “Leggilo, non ti annoierai durante il viaggio”. E così, mentre molti compagni si davano da fare a “tessere relazioni” con le ragazzine, avidamente sfogliavo, le pagine del libro, immaginando e invidiando l’amore di Mara per Bube e la vita. Che forza. Questo è quello che mi è rimasto nel cuore e questo e’ quello auguro a ciascuno. Un amore intenso, fatto di attesa e di speranza. Dolce, come Mara.
Nel cielo un colore bugiardo, non un rosso fuoco di passione. Ma e’ febbraio, comprensibile. Oggi e’ San Valentino, giornata tradizionalmente dedicata agli innamorati. Il primo pensiero e’ un lavoro da far svolgere ai ragazzi sulle origini del santo, della festa, dell’amore attraverso l’utilizza di “app”, come piace a loro. “Didattica dal basso”. I musei hanno sponsorizzato continuamente nelle giornate passate (su alcune pagine di quotidiani locali) che nella giornata (ma …una sola?) dedicata all’amore “entrano due e paga uno”; frecciarossa, due per uno; mostre, locali, idem….Ovunque mi giri, fiori e profumi e profumi di donne, segni particolari: bellissime…Alla Gam ultimo giorno di mostra. Composizioni di fiori, meraviglie, dipinti e natura e colazione sull’erba. Per non pensare esco di casa. Colazione, come al solito, posto. Non sull’erba. Qualche fermata di bus sul corso, reso simile, dai lavori in corso, ad un dopo battaglia. Arriva, salgo, mi accomodo in un bus che circola solo per me. Poso una parte del viso sul vetro del finestrino che mi rimanda l’immagine. Sono spettinato e cosi i miei pensieri. Cammina lentamente e la nenia mi culla e mi “massaggia” il corpo. Le palpebre ne approfittano e socchiudono le saracinesche. Prenoto la fermata, scendo dal bus e raggiungo il giornalaio, compro i quotidiani, come una lunghissima abitudine che si ripete da anni. Ho l’ansia di scoprire il vincitore di Sanremo. Ieri purtroppo non ho avuto la forza di resistere per scoprirlo. La Juve ha vinto e il Napoli ha perso: “Stadio” in delirio. Vasco presenta e Stadio vincitori all’Ariston di Sanremo. Inaspettatamente. Patty solo sesta. Rientro. Stesso percorso al contrario. Frugo tra le tasche del cappotto alla ricerca delle chiavi. Le trattengo sul palmo delle mani, incerto sul da farsi. Entrare o stare ancora un po’ fuori casa. Scelgo per la prima opzione. Infilo le chiavi nella toppa, apro, entro, chiudo, butto le chiavi sul tavolo e faccio aderire il mio corpo, cappotto compreso, al divano. Non voglio pensare, al momento. Decidero’ piu’ tardi sul mio da fare, ultimati compiti e “Corrispondenza” per domani. Mi copro il viso con il giornale. Il nastro della memoria non vuole proprio saperne di stare zitto. “Cocciante, Barbarossa, Giorgia, Pausini, Zero, Alex Britti, Morandi e Barbara Cola, Patty Pravo, La terra dei Cachi…” e registratore alla mano per “record-are” dalla televisione e risentirle giorni dopo…” Come eravamo buffi. E intanto giu’ a ridere da sotto il giornale…Solo un attimo. Ripenso alla “Corrispondenza”. Un amore ai tempi dei social di qualche recente passato. Come e’ bello questo libro, sembra una storia vera. Un messaggio gia’ preparato tra le mani in attesa di uno squillo, un giorno, un mese, tempo. Quanto. Era San Valentino. Una corrispondenza appena nata dalle parti del mare sul mare social. Sembra una storia vera….come si fa a vivere cosi un amore assoluto….? Ma quanto e’ bello ‘sto libro ma quanto e’ bella la vita. Questione di stelle. “Visitatrici”, nel loro comparire, scomparire, comparire. Stelle visitatrici che continuano a girare nella loro/nostra orbita. Cadono e altre sono ancora visibili. L’amore. Ahhh! ( sospiro). Alzo gli occhi al cielo, la trattengo fino a quando e’ possibile. E quando cio’ non sara’ piu’ possibile allora vorra’ dire che non saro’ stato un buon corteggiatore. O forse no. Un semplice errore nell’aver concepito questo dubbio in una “corrispondenza”.
Anni senza il “Pirata”. Anni con il pirata entrato nella leggenda e su you tube. Anni di anniversari. Tempo, storia, passato che non passa mai e ” il passato che non e’ mai morto e non e’ mai passato” (Faulkner). Chi si lascia chi si prende, chi si perde, chi si trova e chi si ritrova. Giorno d’amore e giornate d’amore. Si era li e qui, a San Marino, per un pelouche e qui ad aspettarlo, sui monti, al lago o in riva al mare. E anche Roma, per un “Not in my name”. La città sotto di noi, quella Eterna davanti a noi. Qui e là. Per un fiore o un libro. Da leggere, proteggere, coccolare. Per me, per lei, per noi, che anche lei, ama leggere e parlare. E ragazza alla quale leggere, parole e pagine, prima di una dolce buonanotte. Libri. In città, in centro, in periferia, in una libreria. Sulle ali di una poesia. Eravamo tra le pieghe di un libro e lo siamo ancora oggi perché in fondo, non ci stanchiamo e non ci si stanca mai di leggerlo, l’amore, tra le righe e tra le pieghe per immaginarlo e sognarlo, rincorrerlo. Chi lo scrive, chi lo legge, chi lo ascolta, chi lo vive. Musica e’. Applaudirlo, viverlo, rammentarlo. Ogni giorno di ogni anno. Chi vende rose e chi le compera. Chi le dona e chi le riceve e chi le invia. Chi le accoglie, chi le raccoglie. Chi prepara menù e mangia e chi aspetta di mangiare. Chi resta come un baccalà e chi questo se lo mangia. Prima, durante e dopo gli amorini ripieni.Chi seduto, chi in piedi, chi corre e chi sta fermo. Chi parla e chi ascolta. Chi vero e chi no. Chi passione e chi freddo, gelato. Chi aspetta e chi no. Sapore di un bacio. Non lo dimentichi. Chi bacia e chi “Kiss-me” su video. Per rivedere la volata migliore. Otto baci per otto coppie. Chi sale in cattedra a spiegare cosa è l’amore e chi sul campanile a contemplarlo e a viverlo. Quando scende. Chi lo porta in piazza e chi lo esibisce nel bel mezzo di una canzone, una musica, una poesia, d’amore, l’amore. Chi lo acvompagna e chi si fa accompagnare, con le note e sulle note di un pianoforte. A Milano come a Torino. L’amore nelle Grandi Stazioni “tra alta e bassa” e tra alti e bassi. Passato, presente, futuro. In fondo, “L’amore è tutto ciò di cui hai bisogno” (John Lennon), mi ripeteva e si ripeteva. E comunque, come sostiene Bauman, “non si puo’ imparare ad amare e in qualsiasi momento giunga, l’amore, ci coglierà sempre impreparati”. Il tabellone della stazione di Torino Porta Susa ci ricorda che oggi è il 14 febbraio.Il tempo dell’amore non scade fra poche ore. E non è per un giorno solo.
Torino. Piazza Castello. Corteo primo maggio 2014. “No alle aperture dei negozi e supermercati nei giorni festivi”.
Avrei voluto cimentarmi in una “pseudo-cronaca”, nel racconto di chi c’era e chi no.Sul grande assente di oggi e sul passato lavorativo di quanti hanno nelle mani i segni della fatica del lavoro di una vita, sul viso gli stenti di una vita stretti alla catena, di donne a conciliare lavoro in fabbrica e lavoro in famiglia, e di occhi che hanno visto tutto, nella luce artificiale della fabbrica: mattino, pomeriggio, sera, notte. Compagne e compagni di lavoro, pensionati, amici di scuola, famiglie con bimbi e passeggini al seguito. Torino, la crisi e il lavoro che manca. La crisi del settimo anno che comunque porta in piazza, a Torino, oggi, migliaia di persone. Aspettavo la giornata di oggi, per incontrare storie, raccontarle, scriverle, provare a svolgere quello che pia e, impedito durante la settimana. Non esistono piu’da un pezzo le catene, ma altre catene impediscono di fare cio’ che si vorrebbe, cio’ per cui abbiam studiato e accontentarci cosi, al ribasso, pur di sopravvivere. Nella festa, il festeggiato, pero’, è assente. Nella festa del lavoro, manca proprio il lavoro. Che paradosso. Un lavoro povero e quel poco riceve poco reddito. Per alcuni, paradosso dei paradossi, è l’alba della mobilità. Associazioni, categorie, partiti. Amici. Tra gli amici, incontro MarcoRevelli che usa con abilità un cellulare di ultima generazione e filma, filma, filma. Dopo aver tenuto per un bel pezzo lo striscione dell’ Altra sinistra. Filma e fotografa diventando bravo tanto come quando parla e insegna scienza della politica. E sorrideva, sotto i suoi baffi. Mi sarebbe piaciuto sapere a cosa pensava, a quante feste del primo maggio gli “ronzavano” nella testa. Recuperi la piazza, Castello, poi Via Po, dove incontri il gruppo di musica e ti dicono “ci manchi e manchi tanto ai bambini”, poi, l’altra piazza, Vittorio, testa e coda del corteo. Avanti e indietro a stringere qualche mano e “ciao, come stai?” e così fanno in tanti. Incontri Armando Petrini, in versione ecologico, bici e bandiera, Simone, ormai, ben inserito e amici incontrati a Roma, Ferrero, amici incontrati dieci anni fa, in treno o a qualche manifestazione per la pace, a ridosso di un San Valentino. Amici, amiche, compagni, compagne, uniti e poi divisi da qualche documento, qualche parola non limata bene finita nel calderone di un documento. Documenti contrapposti. Mozioni, aree, correnti, come le si voglia chiamare, buone per “dividere” più che unire. Contrapposizioni in ambito congressuale e che continuano in molte riunioni. Eppure, al primo maggio, in piazza, ci devi essere per ritrovare un pezzo della storia, un pezzo di se stessi. Ecco, ci siamo. Ci siamo ancora, nonostante tutto. La mattina ti alzi presto, metti il vestito buono e vai incontro a loro e loro vengono incontro a te. I lavoratori. Gente con cui mangi pane, sudore e lacrime, mentre gli altri, godono dei profitti accumulati sulla pelle altrui. “Domenica aperti”, e pensi che non vorresti mai vederlo un cartello così, e invece, ora ci è toccato vedere anche cartelli, come “Primo maggio aperti”. Il film della memoria corre di chi è in piazza comincia a proiettare scene di cordoni dei militanti che “proteggevano” Bertinotti, Cossutta, Rizzo e altri ancora e tutti insieme che cantavano l’Internazionale. La sinistra, un tempo. Altri ricordano il primo maggio del 1994, a Torino, subito dopo quella grandissima manifestazione del 25 apriledi Milano, sotto la pioggia, ai piedi del Duomo. “Un milione sotto la pioggia.” “Che liberazione”. Non erano solo titoli di giornali. Era un riporre la speranza ne voler e poter cambiare una politica e una maggioranza fresca di urne. Tutti i partecipanti indossavano quelle magliettine bianche, con il bimbo che dorme e pensa che in fondo, “la rivoluzione non russa”. Il primo maggio, tutti vogliono esserci, in piazza, per ricordare “di quando suonava la campana della fabbrica e la linea partiva, quando verso mezzogiorno, quel rumore liberava i lavoratori dalle catene, di montaggio, e si riappropriavano della propria libertà, andando a mangiare, in pausa. E quando la pausa te la concedeva, il padrone, non quando l’organismo, il fisico vorrebbe.
Torino. Piazza Castello. Banda musicale. Primo maggio 2014.
La linea, era li, a dettare i tempi e comandare. E i ricordi si riproducono a valanga, come fossero accaduti ieri. I pensionati, ricordano quando “volevi andare a pisciare” ma non potevi, perché “la prima pausa era toccata a te“, quando non “avevi bisogno di pisciare”. “Per pisciare, avevi tempo, si, ma dovevi aspettare altre due ore”. Quel gusto così buono della pizza ancora calda e di quelle brioches che forse non erano buone, ma almeno riempivano la pancia e aiutavano a combattere quel “mostro” sempre in cammino, della catena di montaggio. Le mamme, che usavano la pausa per raggiungere la cabina telefonica per telefonare a casa e svegliare i figli. Lasciando ancora raccomandazioni. “Il caffè è già pronto. La pasta, a mezzogiorno, e il sugo è ancora caldo. L’ho preparato questa mattina. Alle quattro. Mi raccomando.” Cuore di mamma. E così, i tempi scivolavano via, lentamente, e oggi, nella giornata di oggi, provi a raccoglievi. O almeno, avresti voluto. E così, infatti, cercavo di raccoglierli, in una giornata della Festa dei lavoratori tutt’altro che da festeggiare, per i numeri che le cronache sulla disoccupazione ci forniscono. E che allarme, sul e del lavoro!!
Pero’, il primo maggio, bisogna esserci. Ad ogni costo. Una festa bella, giovane. Di tutti. Per tutte, tutti. Spiace aver visto le saracinesche di alcuni negozi e supermercati tirate su. Mentre dovevano restare giù.
Torino. Via Po. Studentesse e studenti universitari. Primo magio 2014.
Mi sarebbe piaciuto scrivere di piu’, storie di vita, storie importanti, ma, a metà di via Roma, si verificano momenti di alta tensione, davanti. Senza capire il perché, chi è davanti, comincia ad indietreggiare. Allungare il passo e poi a correre. Mamme con bambini piangenti cercano velocemente vie di fuga, laterali. Ci si perde e ci perdiamo. Le parole, insieme alle lacrime dei bambini diventano di ghiaccio. Sono impronunciabili. Si perde molto. Perdo la forza, le parole, i pensieri, il blocchetto con tante storie che avevo già raccolto. Pensavo che le perdite fossero più che altro a livello personale. Anche a livello collettivo, certamente. Le parole diventano di ghiaccio e non sono più pronunciabili. Oggi, le perdite, sono soprattutto a livello collettivo. Perdiamo tutti. Doveva essere una giornata di festa. Dei lavoratori. Non una musica così…stonata. Doveva esser un’altra musica, di speranza. La speranza di seguire un sogno. Musica. Come quella suonata dalla banda che era in corteo.
Penso al cassetto dei nonni……….mentalmente lo riapro.
Torino. Via Po. Ragazza con bandiera “L’altra Europa con Tsipras” in via Po. Primo maggio 2014.
Significativo “ascoltare” e osservare gli amoriin corso (amori in corso, Claudio Baglioni).In corsia. Preferenziale. Esclusivi. Una favola ad “alta velocità”, perché di A e V non si saprà mai nulla. Che viso avranno? Chi saranno? Ma tutto ciò forse non è molto importante. L’importante è che lo vivano. Senza ostacoli. Fino in fondo. Proteggendolo e proteggendosi. A. V. Potrebbe essere un acronimo, “ancora voi” o, “anche voi”. O ancora, “almeno voi”…anche se, a dire il vero, era “almeno tu, nell’universo, un punto sei…”. Almeno voi, quando passa l’amore, tenetevi per mano. In amore, non sempre tutto è…scontato. Qualcosa.
A e V, potrebbero essere centinaia di quelle coppie incontrate nel centro di Torino alla ricerca di un locale, dove poter mangiare qualcosa, a lume di candela. E i locali, erano a centinaia. Dove lei, fiore in mano, fissa i suoi occhi negli occhi di lui. Serenità e calma sotto un chiaro di luna. Piena. Sereno e calmo, l’amore. “Amore, sereno e calmo“. “Presente!” “Attento!” “In piedi!”. Quando passa l’amore e quando entra l’amore. Con classe. Come a scuola. Quando si entra “in due per uno”, come in certi musei, almeno per quest’oggi. O come il sabato italiano, AV. E perché non quotidianamente? E chissà quale “storia troveranno da scartare” sotto il banco. Ognuno ha la sua. Di storia. Da scartare a “scartare”. Come un “bacetto” scartato in macchina, consumato frettolosamente. O la storia- film da “ultimo bacio”. Da vivere, raccontare, cestinare e congedare. In un angolino dei ricordi. Come dire, “l’ho amata/o, ma basta“, tanto per “scartare” una storia d’amore non corrisposta. E altri amori col tempo si “scartano” in maniera interlocutoria, come per dire, garbatamente, “siamo diversi, restiamo nelle nostre idee, mancano i fondamentali”, come in economia. Alludendo, quando manca il succo, ad altro. E ancora, strani amori che, vanno e vengono. Amori scartati, vissuti e scritti sul pelo d’acqua, sulla sabbia, in cielo, in bottiglia. Scartati. “Per colpa di chi”…cantava Zucchero. A volte si ritrovano. E per la par condicio, è bene ricordare che oggi c’era anche chi, facendo sintesi degli amori da “scartare” sotto il banco, provava a porre il cuore in “ferie”. Domani, si vedrà. “Il tempo, farà la sua parte. Oggi, però, la saracinesca resterà abbassata”. E forse anche il cuore.
Nel cuore della “produzione“, 6 mila rose torinesi a Roma. A manifestare. Un altro tipo di amore. Ma questa era una “storia scartata” diversamente negli anni.
In ogni caso, auguri a tutti gli innamorati. E non.
Dal fioraio alla pasticceria, al ristorante al museo, dall’agenzia di viaggio alle classiche città “da cartolina per innamorati”, tutti ci ricordano oggi la festa di San Valentino. L’amore. E così, anche l’amore per la cultura. Nei musei, a Torino, sarà possibile entrare in due e pagare un solo biglietto. L’iniziativa è notevole. Molto notevole. I prodotti più inflazionati saranno con una buona probabilità, i cioccolatini e i fiori. Ad ogni angolo della strada trovi sempre qualcuno disposto a vendere un fiore. Identica cosa per i cioccolatini. E talvolta gli amori cominciano proprio con un cioccolatino. “Ti posso dare un bacetto?” Ah, il cuore. Volato via dal cielo e asciugato dal mare, disegnato e regalato e bruciato velocemente. Così desiderato, cercato, rincorso, voluto, trovato, aspettato. Talvolta anche “scontato”. Oltre che, scartato. E allora, di cuore, con un abbraccio, tanti auguri a tutti gli innamorati. E allora, chi ama, baci.
Occorre ricordare anche che oltre questa, di giornata, ve ne saranno altre 364.
Per arrivare alla stazione, anzi, ex stazione Torino Ceres, occorre percorrere un paio di fermate di tram, linea 4 da PortaPalazzo, come è già stato detto, il più grande mercato all’aperto d’Europa. Colorato, di gente, di frutta e verdura. Ci si arriva alla stazione, con il jumbo tram proveniente da sud. In tram, che sembra un trenino, l’odore di frutta e verdura e’ davvero intenso. Le lingue che si sentono sono d’altri mondi. A sud, Mirafiori, a nord, la Falchera, con vista Mappano e Leinì. In mezzo Barriera di Milano. Ricordi di un libro e di vita. Nel controviale una Chiesa e una panetteria che sforna a tutte le ore. All’interno del tram il controllore percorre km andando su e giu’ nell’espletare la sua funzione di controllo ed emissione biglietti; ma a dire il vero, non e’ una riproduzione di come “era una volta Torino“, quando c’era il bigliettaio, quando aveva la sua posizione fissa. A pochi passi da qui vi era la facit, con tantissime fabbrichette e questa bellissima stazione “accoglieva e “vomitava” in continuazione gente. Direzione Valli di Lanzo. Dall’altra parte del corso, la Cgil, in via Pedrotti, con i suoi iscritti e militanti. E i pensionati, in particolare, Stefano, da sempre un punto di riferimento. All’Inca e per l’Inca. Per molti lavoratori e pensionati. Ora, all’interno di quello che era lo scalo ferroviario, il sabato e la domenica si ritrovano volontari che rimettono a nuovo alcune gloriose locomotive a carbone. Davvero un mondo nel mondo, entrarci dentro. Nessuno sarebbe capace di immaginare quella “mole” di lavoro si nasconde nella città della Mole. Solo il caso porta a scoprire che in quella stazione, in mezzo alle case cittadine “il lavoro e il vapore” continuano nelle loro dinamiche proprio là’ dove invece e ‘evaporato. Ormai da anni. Forse il lavoro si conserva, anche se sotto forma di volontariato, perché esiste e resiste al tempo e all’usura una “guardia portone“. Anche il giornalaio Alberto e il suo amico di una vita, Savino, ricordano quel luogo, della Torino anni ’70. Camminare all’interno di questa isola dona un senso di nostalgia e buoni sentimenti. Il ricordo di un nonno, di una signora con i capelli bianchi e un cane al guinzaglio. Nostalgia, mista a gratitudine nell’aver vissuto e toccato davvero quel bene e quell’affetto. Una bilancia, datata, resiste al corso degli anni. Con 200 lire o 50 centesimi? Una coppia scherza, gioca, ride, provando a salire in due sulla pedana per evitare un obolo doppio. Con gli zaini e senza. Per vedere l’effetto che fa. Ridono e scherzano come solo in quell’età si riesce a fare. Solo un accenno di pioggia li fa desistere dal gioco. E dalle risate. I libri strizzano gli occhi. La consapevolezza li ridesta. Domani è’ vicino e l’interrogazione pure. La bilancia si sa è’ simbolo di giustizia e di coscienza. Nell’interrogazione, come nella vita, prima o poi ci si pesa. E li’…Anche san Valentino è’ vicino. Le vetrine lo hanno annunciato per tempo. Il ragazzo lo ricorda alla ragazza. Qualcuno ne vorrebbe festeggiare uno, il Papa addirittura 25 mila. L’anno passato, qualcuno, lo festeggio’ con una “tob”: era il cambio di “guardia” al portone Vaticano. Il vento del cambiamento si sentiva già. Era l’effetto Francesco. Dietro, il vuoto. S. Valentino nelle vetrine è comunicato largamente in anticipo, quando è’ ora di vendere. Tu chiamale se vuoi, emozioni. I sentimenti, bhè, questa è un’altra storia da raccontare. Anzi, da conservare. Un’altra storia importante.
14 febbraio. San Valentino. Festa degli innamorati.
Di tutto. Di tutti. Da una Torino imbiancata, non saranno i fiocchi di neve, copiosi, a bussare alle vostre palpebre, ma lo sguardo della vostra amata, del vostro amato.
Amata magari ancora da venire, chissà residente in quale posto, se in città o in montagna, o, magari, al mare. Amata da venire, ma esistente, dolce come il “miele”, come tutti questi dolci esposti in vetrina.