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L’amore e’

Nel cielo un colore bugiardo, non un rosso fuoco di passione. Ma e’ febbraio, comprensibile. Oggi e’ San Valentino, giornata  tradizionalmente dedicata agli innamorati20151024_18075220151024_181005. Il primo pensiero e’ un lavoro da far svolgere ai ragazzi sulle origini del santo, della festa, dell’amore attraverso l’utilizza di “app”, come piace a loro. “Didattica dal basso”. I musei hanno sponsorizzato continuamente nelle giornate passate (su alcune pagine di quotidiani locali) che nella giornata (ma …una sola?) dedicata all’amore “entrano due e paga uno”; frecciarossa, due per uno; mostre, locali, idem….Ovunque mi giri, fiori e profumi e profumi di donne, segni particolari:  bellissime…Alla Gam ultimo giorno di mostra. 20160214_17514420160214_175114Composizioni di fiori, meraviglie, dipinti e natura e colazione sull’erba.  Per non pensare esco di casa. Colazione, come al solito, posto. Non sull’erba. Qualche fermata di bus sul corso, reso simile, dai lavori in corso, ad un dopo battaglia. Arriva, salgo, mi accomodo in un bus che circola solo per me.  Poso una parte del viso sul vetro del finestrino che mi rimanda l’immagine. Sono spettinato e cosi i miei pensieri. Cammina lentamente e la nenia mi culla e mi “massaggia” il corpo. Le palpebre ne approfittano e socchiudono le saracinesche. Prenoto la fermata, scendo dal bus e raggiungo il giornalaio, compro i quotidiani, come una lunghissima abitudine che si ripete da anni. Ho l’ansia di scoprire il vincitore di Sanremo. Ieri purtroppo non ho avuto la forza di resistere per scoprirlo. La Juve ha vinto e il Napoli ha perso: “Stadio” in delirio. Vasco presenta e Stadio vincitori all’Ariston di Sanremo. Inaspettatamente. Patty solo sesta. Rientro. Stesso percorso al contrario. Frugo tra le tasche del cappotto alla ricerca delle chiavi. Le trattengo sul palmo delle mani, incerto sul da farsi. Entrare o stare ancora un po’ fuori casa. Scelgo per la prima opzione.  Infilo le chiavi nella toppa, apro, entro, chiudo, butto le chiavi sul tavolo e faccio aderire il mio corpo, cappotto compreso, al divano. Non voglio pensare, al momento. Decidero’ piu’ tardi sul mio da fare, ultimati compiti e “Corrispondenza” per domani.  Mi copro il viso con il giornale. Il nastro della memoria non vuole proprio saperne di stare zitto. “Cocciante, Barbarossa, Giorgia, Pausini, Zero, Alex Britti, Morandi e Barbara Cola, Patty Pravo, La terra dei Cachi…” e registratore alla mano per “record-are” dalla televisione e risentirle giorni dopo…” Come eravamo buffi. E  intanto giu’ a ridere da sotto il giornale…Solo un attimo. Ripenso alla “Corrispondenza”. Un amore ai tempi dei social di qualche recente passato. Come e’ bello questo libro, sembra una storia vera. Un messaggio gia’ preparato tra le mani in attesa di uno squillo, un giorno, un mese, tempo. Quanto. Era San Valentino. Una corrispondenza appena nata dalle parti del mare sul mare social. Sembra una storia vera….come si fa a vivere cosi un amore assoluto….? Ma quanto e’ bello ‘sto libro ma quanto e’ bella la vita. Questione di stelle. “Visitatrici”, nel loro comparire, scomparire, comparire.  Stelle visitatrici che continuano a girare nella loro/nostra orbita. Cadono e altre sono ancora visibili. L’amore. Ahhh! ( sospiro). Alzo gli occhi al cielo, la trattengo fino a quando e’ possibile. E quando cio’ non sara’ piu’ possibile allora vorra’ dire che non saro’ stato un buon corteggiatore. O forse no. Un semplice errore nell’aver concepito questo dubbio in una “corrispondenza”.

 

 

 

 

 

Domani niente scuola

Torino 27 giugno 2014. Maturandi in attesa. Foto, Borrelli RomanoMaturità. Quanta ansia tra le scale della scuola  e quella sedia. Proprio quella, in quell’aula.  L’ultima “seduta”  anche se le domande mai prenderanno riposo. Dopo tanto allenamento, di lunga durata (un lustro) è arrivato il “giudizio finale”. Domande. E’ bene porsele sempre, le domande.

Ansia nella notte prima degli esami, per la prima valutazione da insegnanti esterni, mai visti. Ansia per la prima volta in cui ci si mette in gioco e  si parla in pubblico. Poi, ci si siede, lì, su una sedia che è stata di tanti e tutto svanisce. La Mole Antonelliana e l’Università distano poche fermate di tram, da qui.  L’anno prossimo, in quel Palazzo, o nel nuovo campus, in  molti avranno già sostenuto tantissimi altri esami e quello di oggi, di questi giorni sarà derubricato a ricordo. Per molti, sbiadito, sarà stato un semplice  esamino. Per altri invece si presenterà lungo il corso degli anni e busserà, senza chiederne il permesso, cogliendoci a sorpresa  durante il meritato riposo. Molti si sveglieranno dal terrore di essere a giugno, quando magari nel momento in cui si dorme è dicembre o gennaio, vetri appannati e riscaldamento a tutto andare. Ci si sveglierà sudati, freddi, pensando di  non aver studiato bene, con cura, o di dover ancora cominciare a leggere. Tutto. Molti sogneranno un commissario o un presidente di commissione che domanderà al candidato  quanti grassi contiene un latte intero, uno parzialmente scremato e uno scremato. E in tanti  saranno perseguitati da quel 3,5% davanti ai supermercati o una semplice latteria. “Ma se intero  ha 3,5%  di grassi quanti ne conterrà invece  uno parzialmente scremato?” E poi, dopo aver smaltito questo incubo, questo passaggio a ritroso, porsi la domanda: “Ma non è che per caso merceologia non si studia piu’?” Per non parlare poi della composizione del vino. Chissà in quanti, già maturi da anni, ricorderanno durante qualche cena di famiglia,  o una rimpatriata presso una bocciofila, la composizione del vino. Ne guarderanno l’etichetta, la bottiglia, il grado alcolico. Un’attenzione fissa, una fotografia alla bottiglia e all’annata. Di maturazione. Pardon. Di maturità. E allora, compariranno “in alto, in piedi, gli stangoni, accovacciati e seduti. Ai lati, i ct di classe che li hanno accompagnati alla matura” con il solito ritmo: “mi ci si nota di più se vado o non vado, o se dico di non andare e poi ci vado?” Un incubo o un dolce ricordo che ritornerà quando un sindaco o un prete, o un pubblico ufficiale leggerà articoli del codice civile, del codice canonico e il futuro sposo sospirando chiederà una “sospensiva”: “Qualcuno ha una penna che fa clac, clac? Prima del si e della firma, ho bisogno di allentare la tensione. La firma è un optional. E così il vincolo. Ora, necessito del clac clac”. Un clac clac che perseguita dalla maturità e non ne allenta la tensione e la morsa. E continua a mordere.

Maturità. Ultima seduta Un ricordo, bello, piacevole, da coccolare e da sorriderci su o far sorridere anche davanti le macchinette, durante una pausa lavorativa. O, sempre come un incubo, il viso di un ct nazionale che a mo’ di elenco fa risuonare la voce come il tintinnio di una monetina. “Venti centesimi. “Forme uniche della continuità nello spazio. Boccioni. Moma…” E tu, come don Abbondio nei Promessi Sposi, ti trovi sveglio a chiederti: “Boccioni, chi era costui?”…e ricorderai di averlo scambiato per…Botticelli, o, azzardando per…Balotelli.

In conclusione, la maturità, almeno per alcuni, è andata. Si è concluso un lungo viaggio. Stagioni, dell’amore comprese. Alcune si chiudono, altre si aprono.Maturandi torinesi. Torino 27 giugno 2014. Foto, Borrelli Altre resteranno,  per sempre. E’ il viaggio per un amore: la scuola. Il francobollo è stato apposto. Il timbro pure. Un vestito, una giacca. In molti ricorderanno una camicia stirata dalla mamma, una cravatta posta con cura da lei, e in tutte le mattine che verranno, allo specchio ci sarà sempre il suo viso, il ricordo del suo viso. Per altre, la figura del padre, lì, al fianco. Con tutta la sua forza. Per ora, domani, niente scuola.

La mia Torino 24/05 continua

Torino 24 maggio 2014. Ore 18.30 circa. Fra tenerezze e...crampi. Foto Romano Borrelli

DSC00988La lunga giornata volge al termine. Stanchezza, fatica, fame prendono il sopravvento. Cominciano davvero a farsi sentire. Ma la forza dei sentimenti, è più forte. Anche quando non hanno modo di esprimersi dopo un anno e si sciolgono in un abbraccio, commosso, intenso, interminabile. Quando il tempo sembra non passare mai e l’attesa diventa infinita, come prima di una finale mondiale. Ci si siede e si aspetta. Pazientemente. Altri ne approfittano, seduti, consumando la propria cena al sacco. Nel frattempo sono in arrivo gli ultimi, con mezzi di locomozione di fortuna, più ecologici, come una bicicletta. Al lavoro anche alcune volontarie che dedicano del tempo alla preparazione delle candele.Torino 24 maggio 2014. Ore 19.00 Cortile Basilica Maria Ausiliatrice. La preparazione delle candele da parte delle volontarie. Foto Romano Borrelli

Torino 24 maggio 2014. Ore 18.30. Cortile Maria Ausiliatrice. Per chi usa la bici, pur di esserci. Foto Romano BorrelliTorino 24 maggio 2014. Cortile Maria Ausiliatrice. Ore 19.15 La cena. Foto Romano BorrelliTorino 24 maggio 2014. Ore 19.00 Cortile di Maria Ausiliatrice. Aspettando, insieme. Foto Romano Borrelli

 

Dopo Nosiglia, è tempo per il Rettor Maggiore. La porta di casa rimane sempre aperta.

 

Torino 24 maggio 2014.Ore 18.30 Cortile Maria Ausiliatrice. Riabbracciarsi...un anno dopo. Foto Romano Borrelli

Torino, città “aperta”. Da “leggere”

Strada facendo
Torino. Piazza Castello. “Strada facendo. L’amore e il suo corso. In piazza”.

La primavera, finalmente. Su tutte le porte.  La grande bellezza in “salsa” torinese si “offre” ai torinesi,  e turisti in ogni suo angolo. Meglio, sotto forma di “crema” gianduia. Una “città da leggere”. E quindi da “assaporare”.  Non solo “Torino, città aperta”. La città della Mole è un libro aperto. “Strada facendo” si aprono vite e  piazze reali. In due, poi, la visuale è migliore. “Un uomo che legge vale il doppio”. Due che leggono poi… Dopo il lungo autunno, in cui, a farla da padroni, un po’ per le giornate più corte, un po’ per le poltrone comode erano le piazze virtuali, finalmente ci si riappropria di quelle reali. Di piazze.  E non solo quella antistante la “Chiesa reale”.   Luoghi di grande bellezza, riconoscibili ovunque. Il tram storico che continua a girare in questa “metà” di ex “coppa rotatoria” e “dolci metà” che la percorrono tutta.  Occhi in su e occhi negli occhi. Piazza di zucchero e “miele”.  La “luna” avrà modo di arrivare. Ora, solo e soltanto miele.  Ogni cosa a suo tempo. Ora è il tempo di camminare e godersi questa bellezza. E l’amore. Che è simile al testamento. L’ultimo annulla tutti gli altri.  L’aiuola ai “piedi” della bicicletta bianca ha preso colore e vedere la città con “occhiali diversi” aiuta a mettere a fuoco  i “suoi colori”. Un invito a “vederci positivo”. Le tazze di  cioccolata fumante  hanno lasciato il posto al gelato in un tripudio di creme e frutta. Sotto i portici, in via Po, e non solo, si registra “il tutto esaurito”. Gruppi di “saggi”  torinesi si raccontano il nuovo corso di vita sperimentato e in via di sperimentazione,  con il “silver co housing”, una strategia resistente al costo della vita. Ma non solo. Una riscoperta e una “rilettura” delle nuove offerte che la vita pone. Nel breve, nell’ambito delle iniziative dell’Università, questi “ragazzi” si danno appuntamento per una “presentazione”. Di un libro. Da bravi ragazzi, e ragazze, cercano sempre, in qualsiasi modo, “La forza di una donna”.  In questo caso, pero’, la presentazione è di un libro.  “La forza di una donna“, di Patrizia Berti. Per l’appunto. Un appuntamento per lunedì, alle dieci, da Fogola.

 

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Piazza Castello
Torino. Piazza Castello. Spuntano fiori ai piedi della bici. E della Mole.

 

Dalla panchina,  un’occasione per rileggere una poesia. “Con il naso sul collo ringrazio la fortuna di essere incappata per caso nell’amore che dopo tanti anni conservo ancora intatto il suo splendore. Abbracci, leggeri nell’acqua calda, bagnati dalla luce ambrata dalle candele, sentivo che mi fondevo …un percorso lungo e sconnesso, inciampando, cadendo, rialzandoci, tra litigi e riconciliazione, ma senza mai tradirci. La somma dei giorni, dolori e gioie condivise, era già il nostro destino.” (Amore, Isabel Allende).

Davanti al Cinema Massimo, le locandine “offrono” alcuni film. Uno di questi su Berlinguer…Ah, la questione morale.

 

Torino, un libro aperto
Torino. Piazza Castello. “Chi legge vale doppio”.

L’amore con gli occhi giusti. O con occhiali, giusti

DSC00562Aspettando il “colore” cangiante della Mole…arrampicato fin quassù, sul monte dei Cappuccini, a “vedere” una Torino diversa, sotto una luce ancora migliore, sensibile, accogliente, solidale, ancora più bella.Mondiale.  Con gli occhiali giusti, seduto su di una di queste panchine, che somigliano a tanti altari iinnalzato,  si riescono  a vedere i confini della nostra città e punti passati della nostra biografia “storica”.Moncalieri, Rivoli, Caselle, Superga, e per ciascuna di queste centinaia di ricordi, che affiorano, lentamente. Questo piccolo monte e’ una lanterna magica, una macchina da presa, e una macchina del tempo. Una macchina che guarda avanti, con occhi nuovi. Ai nostri piedi, il mito della velocita’, qui, qualcisa di eterno, un incongro con noi stessi e con altro.  Una piccola processione, con frate in testa, passa cantando. Giovani che mai avresti pensato passare da qui, a pregare e cantare. Il frate alla testa è di quelli tosti. Lo osservo attentamente. Sul suo viso paiono scritti i versi del Vangelo di Giovanni. E cosi presumo che sia. E li trasmette, con le le parole, i gesti, gli esempi. Tra le mani, una Croce”. Immediatamente rifletto sulla cristologia implicita ed esplicita. Chissa’. Periodo di Passione.Sulle panchine qualcuno scarta la sua cena: qualche tozzo di pane, una bottiglietta d’acqua, due chiacchiere, per chi ha poco e nulla più da offrire e di che nutrirsi. Quando la Parola conta.E aiuta a comprendere meglio il senso della parola e interpretare il silenzio di quelle persone che se ne nutrono. Sul cornicione di questa terrazza panoramica che fa tanto balcone di Giulietta e Romeo, coppie che pensano e ripensano l’amore e ridefinendolo finiscono per accoglierlo in maniera migliore. Ah, i contenuti. Da qui, si contempla, e lo si riesce a chiamare e definire in modo migliore, con gli occhiali giusti.  Si promettono il mondo, i ragazzi, e gli innamorati in genere e si concedono questo stupendo  panorama. E da quassù, uno sguardo alla processione che lentamente termina il suo corso e lassu’, a contemplare, che le cose si spieghino e ce le spieghi in modo diverso. E chi, avvolto in questo cielo torinese c non vedrebbe l’amore con gli occhi giusti? (Non con gli occhiali).  Con gli occhi giusti,  e gli occhiali, riesci a prendere la vita in modo positivo. Ma quali?Una statua fa ombra, un po’ a tutti. Ma forse, meglio dire, protezione. In lontananza, Superga.  Non la si vede molto bene, ma è la, a custodire nitidi ricordi. Il fiume scorre e riflette, luci, vita e amore Lasciata Piazza Vittorio,  (dove stazionano degli enormi occhiali Generali) e i suoi locali, sul corso, la villa di un altro “profondo”, “rosso“, diverso da quello di oggi pomeriggio, dopo averlo fotografato e scritto. Dai Cappuccini, la vista è davvero mozzafiato. I Murazzi, le luci, le arcate, il passeggio in un via vai continuo, sotto questo balcone, dall’altra parte del fiume, che pare di rileggere il libro di Alice Corsi. Pagina dopo pagina, personaggio dopo personaggio, universitarie, universitarie, …Tutto così magico.  Tutto cosi molto… Passion…Passioni che muovono, anzi, smuovono le persone ad andare oltre.

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L’amore è…

L'amore

Si ricomincia. Dopo il “tre” e il “ciò che si vuole si può”, una breve pausa e, al lavoro, tra i “nuovi lavori”.  Tra i precari della scuola, con le sue contraddizioni. Edifici e tablet. Risorse da prefisso telefonico e lavagne elettroniche con registri elettronici. (pero’,  presenti ancora in poche scuole, a dire il vero. Mentre per quanto riguarda i registri elettronici si registrano “esodi” di tecnici dai piani alti ai piani bassi per una “registrata” di “frequente”. Forse il collaudo ha bisogno ancora di tempo. Si tornerà al cartaceo o in tandem?). Edifici da ristrutturare “come da estrazione a sorte”, però, attenzione, uno solo, sotto la lente d’ingrandimento dal primo cittadino ad un altro primo ex cittadino. Perchè un solo edificio da portare all’attenzione del governo per ricevere le “cure” dovute e non tutti, in tutta Italia?  Perché, da subito non stabilizzare tutte e tutti le lavoratrici e i lavoratori della scuola? A me, onestamente, pare come dire, “dato che i vincoli di bilancio ci impediscono una spesa, urgente, necessaria, ma differibile, e non si possono spendere soldi come si vorrebbe, al fine di stare sotto il “tetto eurpeo”, allora, dato che i progetti non potete farli, bene, fate a metà”.  O meno. Un po’ come dire, “amatevi a metà“.  Pazzesco. Stabilita la definizione di nuovo concetto di lavoro, almeno da osservazione e analisi personale,  non resta ora che parlare, in modo tale che, più se ne parla e forse più politiche correttive si adottano. Anche quando gli sguardi non si incrociano, gli occhi non si scrutano le mani, fugacemente tese, si sfiorano. Parlare e liberare, anzi, liberarci da quei fardelli di pseudo contratti che non liberano l’amore. Come quei due ragazzi che nella scala dei valori hanno deciso di mettere l’amore. E lo comunicano.

Il lavoro è stato davvero utile e interessante. Parlare del nuovo concetto di lavoro e di nuove figure di lavoro tra il “conflittuale” chè è “il sale della democrazia” e le “encicliche sociali”. Ci sta.  All’interno, persone, con le loro storie, le loro ansie, preoccupazioni. Che occorre ascoltare, registrare, scrivere, comprendere. Umanizzare il mondo. Un altro mondo è possibile.

Cio’ che si vuole, si puo’. Ancora due pensieri.

Il primo al Giappone e alla sua popolazione nel terzo anniversario del disastro nucleare.

Il secondo. Occhio alla coppie. Uno “sguardo” attento della Chiesa alle coppie. Quando l’amore è…

“Love is a virus”

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L’amore è un virus

DSC00432Resiste. L’amore. Come un virus. Qualcosa che ti entra e non esce mai più dal sangue che corre nelle vene.  “Se mi chiedessi in quanto tempo ci si innamora, ti risponderei: in pochi secondi”.  (Un uso qualunque di te, S. Rattaro). L’amore. Un sole rosso che si appoggia all’orizzonte. Anche quando quel rosso si identifica con uno stop, una fermata, una sosta prolungata. Non voluta. Anche quando  quel rosso è dello stesso colore di un cappottino, rosso, per l’appunto, in attesa, in qualche angolo della casa o in qualche angolo nascosto della memoria. Il che è lo stesso. Rosso. Come una passione. Come un regalo di Natale mai ritirato. “Lo ritiro dopo”, o “ritirato mai”. E si resta in attesa, in balia di se stessi. Ma poco importa. Una bugia, g-rossa.  Il bello delle bugie.  Anzi, il brutto. Per chi le ascolta. Perché per una bugia sono necessarie sempre due persone: chi le dice e chi le ascolta. “Pronunciata la prima, le altre si inanellano come le maglie di una catena” (Un uso qualunque di te, S. Rattaro). Poi, dopo, domani, sarà diverso. Dopo una pausa. In lista d’attesa. Ci si innamora in pochi secondi, e in pochi secondi ci si lascia dicendosi che non si sa cosa è l’amore. Quando per conoscerlo bastavano pochi secondi. Forse “c’era del marcio in Danimarca”. O forse no. Eppure il virus è lì.  Affacciato sul balcone. Pare in attesa. Da li si “svincola”, esce, allo scoperto. Come un carosello. Nei pressi di quel palazzo, un tempo, c’erano gli ambulatori della mutua. Forse non è un caso che la scritta sia proprio nei pressi. Carrozzeria di cuori infranti. E’ rimasto l’odore di vita, addosso. Storie di persone e di passioni. Che lasciano il segno. Ma in questo caso, il virus, non passa e non si “spegne” mai. Lì, in attesa, di qualcuna, di qualcuno, di qualcosa. In corso Principe Eugenio.  Da quella finestra, si fantastica la presenza, di una persona in attesa, a scrutare, dietro le tendine. Sentire l’arrivo del tram, che davanti, si attesta, nel suo capolinea. “Scenderà giù da questo?” per poi restare delusa e in attesa, del prossimo. Tanto il virus della passione, è dentro. E’ appiccicato addosso. Come una seconda pelle. Un tatuaggio. Pelle scritta e scritturata che non si lava mai. Virus. Nelle notti bianche.  Resiste, l’amore. Sempre. In qualsiasi cosa. In qualsiasi cosa si faccia. In qualsiasi casa.  Per una persona, per i libri, per la storia, per le storie. Un virus. Sempre sotto i riflettori. Protagonista principale. L’amore. L’amore che si nutre per molti angoli della nostra città. Che racconta l’universo, mentre racconta un angolo di questo borgo. Lettere, sulla facciata di un palazzo illuminato da un lampione. Storicamente datato.  In questa bella piazzetta torinese. Lettere che si lasciano, sperando che qualcuno le ritrovi. Lettere di passione. Passione che vive.  Viva. Pulsa.

Che viva per sempre.

Ps. Ultime ore per Renoir a Torino…

(Piazzetta Andrea Viglongo e corso Principe Eugenio).

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“Se lasciamo parlare oggi tanto il cuore…viene fuori la verità”

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“Se lasciamo parlare oggi tanto il cuore…viene fuori la verità”…incuriosito da questa scritta, nel centro di Torino, mi soffermo per un po’. A pensarci su. A riflettere. A provare ad immaginare. Chi e cosa. Chi lo ha scritto e a chi e cosa voleva comunicare. Rifletterci. Per il colore della scritta: un verde-giallo “evidenziatore”. Per il posto in cui quella frase è stata scritta. Tra due paletti, privati  della “catena di congiunzione”, che un tempo li univa, così come il cuore lega o legava due persone. E forse, il posto in cui è stato scritto non è a “caso”.  Ma voluto,  e forse cercato. Penso sia stata scritta proprio lì, di proposito. All’ombra di due paletti, non più uniti, ma distanti e vicini allo stesso tempo. Distanziati. Fermi. Immobili. Due colonne in miniatura,  come due persone. Cosa li univa prima? Cosa simboleggiava quella catena che ora è stata dissolta? Dissolta: meglio ora, o meglio prima? Comunicavano meglio prima o ora? E la costruzione di un sogno, del loro, sogno? Due amori, due distanze. Due città. Andata e ritorno. Un viaggio. Incomprensione, comprensione dei pensieri sottili della psiche umana. Un messaggio, prima di un esame. Magari di psicologia. O un esame di vita.  Un messaggio che ci “evidenzia” una  dissoluzione dei ruoli  raggiunta per vivere meglio la propria vita, secondo le proprie scelte,  piuttosto che per  le aspettative e i ruoli imposti. Una “via” per diventare “corso” e fase di vita. Per due, al fine di diventare due sé distinti. Già. Corsi. Di vita. Poco distante da questo messaggio scritto con l’evidenziatore, la panchina di un tempo, innevata. Una montagna di neve. Cuori, neve, notti bianche, frasi, parole appese su “stendi biancheria” di  carta, lasciate ad “asciugare”, dal tempo che passa. Altre parole, altri pensieri non “asciugheranno” mai, perchè scritte dal cuore. Col cuore. Volutamente scritta lì! Quella frase. Fa pensare ad una bellissima frase trovata tra le pieghe di  uno stupendo libro: “ vorrei stendermi nuda nella ne e e attendere il disgelo” (Alice Corsi). Il disgelo. Un termine che racchiude molto dell’uomo e dei suoi rapporti. E della donna. Al riparo dalle catene di un tempo. Oggi, liberi, ma vicini. Senza catene. Perché solo privati delle catene, in amore, si riesce a promuovere una scoperta o riscoperta di sé. “Se lasciamo parlare oggi tanto il cuore… viene fuori la verità”. Due, distinti. Il disgelo. Dopo il disgelo.  Che bello quando il  cuore parla e “scrive” con il pennarello intriso nelpiù nobile  sentimento,  pensieri simili, come questo, sempre scovato tra le pieghe di quelle pagine. “Un albero verde di primavera in mezzo ad un bosco spogliato dall’inverno”. (A. Corsi). E allora, come una filastrocca, “un, due, un due. Due, uno, un due”.Un po’ come capita, da tanto tempo, sempre al centro del cuore della nostra città, per due vie, in una. O una in due. In unione. Senza fusione.  E allora, lasciamo parlare il nostro cuore…amare, un amore che non sia una prigione: lasciate piuttosto un  mare ondoso tra le due sponde delle vostre anime…, come le corde di un liuto che sono sole, anche se vibrano per la stessa musica (Gibran). La nostra città, non finisce mai di stupire. Davvero.

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Diego e Marilisa, riprovateci! In fondo, siamo tutti Diego e Marilisa

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Prendendo spunto da La Stampa del 24 dicembre, “ci riproviamo?”, un grido lentamente si alza nella nostra città, nella nostra comunita. Diego e Marilisa, riprovateci! In fondo, nelle nostre vite, siamo un po’ tutti Diego e Marilisa. Con le nostre pene, sofferenze, amori, tradimenti, la voglia di amare, l’inizio, la fine, notti accorciate dall’insonnia e dal battito del cuore, per un pensiero caro, all’amata, all’amato. All’idea. Diego, la fedeltà di un amore, Marilisa, la finitudine dell’essere umano. Forse. O forse non è andata proprio così. Non lo sapremo mai. Un amore lasciato al cancello. Nello stesso luogo in cui, come abbiamo letto sul quotidiano torinese, questa mattina, era stata deposta una rosa per celebrare un anniversario, un amore, aspettato, per una vita. Sofferto, sospirato, sognato, e vissuto. Sapore di un bacio, non lo dimentichi, cantava Raf. Se poi lo aspetti per una vita….e probabilmente, per Diego è stato così. Una rosa, lasciata in omaggio ad un amore, oggi, la narrazione di quell’amore, da fatto privato, è diventato pubblico. Tutti, vorremmo amare ed essere amati. In questo periodo, poi, certe solitudini si fanno forti. Ma che succede dopo che quella lettera è divenuta pubblica? Diego sarà riuscito a mettersi in contatto con Marilisa? Era questo forse l’intento? Forse no. Forse solo l’omaggio ad un amore talmente forte, da non essere comprese. Lì, capannelli di ragazzi, ragazze, signori, signore, passano, si soffermano, prima o dopo il Museo del Cinema o dell’entrata alla Mole, leggono il foglio di giornale, commentano. “Forza Diego” è l’urlo di molti. Siamo tutti Diego e Marilisa. Chi non è stato lasciato, nella vita? Chi non ha amato, anche solo un istante e poi, basta, per tutta la durata della sua vita? Complimenti a tutti i torinesei e turisti, giunti sotto la nostra città, che per il breve momento di lettura di quell’articolo, lo hanno fatto proprio, interiorizzandolo, empaticamente. Non si schierano, ma ripensano l’amore, lo riempono di contenuti. E allora, cosa pensare? cosa dire? Grazie Diego, che ci hai donato questa possibilità, questi attimi di riflessione. Hai fatto tornare in mente, comunque vada la storia, il Vangelo di Giovanni. “Non importa dove semini (l’amore), e non preoccupiamocene. La raccolta, la mietitura, potrà avvenire anche lontanissimo da noi”. Diego, osserva il tuo nobile sentimento come è guardato, colto e ripensato.
Diego, Marilisa, riprovateci.

San Valentino. Auguri a tutti gli innamorati. Di tutto.

14 febbraio. San Valentino. Festa degli innamorati.

Di tutto. Di tutti. Da una Torino imbiancata, non saranno i fiocchi di  neve, copiosi, a bussare alle vostre palpebre, ma lo sguardo della vostra amata, del vostro amato.

Amata magari ancora da venire, chissà residente in quale posto, se in città o in montagna, o, magari, al mare. Amata da venire, ma esistente, dolce come il “miele”, come tutti questi dolci esposti in vetrina.

E dell’idea che amate.