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6 agosto di…

20190730_160633.jpgLa prima pagina del Messaggero, quotidiano romano riporta che  la giornata odierna è dedicata alla Trasfigurazione. Immediato è  il pensiero al grande capolavoro di Raffaello conservato presso la Pinacoteca dei Musei Vaticani. Una “grande bellezza” suddivisa in due registri, la parte superiore, in cui trionfano Cristo e la luce, in basso, il bimbo ossesso, con occhi deformati, tela dai colori bui.

Ma oggi è  la giornata in cui si ricorda il lancio della bomba atomica in Giappone e  la morte del Mimmo Nazionale, Domenico Modugno, 25 anni con la sua assenza-presenza   coi suoi dolci lasciti, primo fra tutti, Volare, l’uomo in frack,  nel blu dipinto di blu, la lontananza  e tu si ‘na cosa grande e molti ancora.

Ma, e non lo ricorderà nessun quotidiano ma solo la memoria personale di qualcuno dei partecipanti, un lunghissimo viaggio, ad est, Cecoslovacchia e Polonia,  con tappe a Praga, Varsavia, Cracovia.  Partiti il 5 di agosto alle ore 15 dalla stazione di Torino Pota Nuova, la mattina successiva, affaccciatomi al finestrino del treno, potevo, meravigliato,  ammirare campi immensi, di grano appena falciato, contadini al lavoro con uno sguardo tutto nuovo. Un ricordo indelebile, di cori, e di volti, di compagne e compagni  di viaggio, occhi  a me ancora sconosciuti, (ma senza la diffidenza del giorno prima), usciti anche loro dagli scompartimenti,  occhi stropicciati, e raggiuntomi nel corridoio di un treno lunghissimo, tutti a cantare, a squarciagola,Volare, Nel blu dipinto di blu, bandiere, fuori, ad ascoltare,capelli biondi, occhi chiari, gioia, sorrisi; in seguito, nei giorni successivi, la prima commozione e lacrime amare e indimenticabili nel campo di concentramento ad Auschwitz-Birkenau. Certe date davvero non le dimentichi mai.

L’amore è…

L'amore

Si ricomincia. Dopo il “tre” e il “ciò che si vuole si può”, una breve pausa e, al lavoro, tra i “nuovi lavori”.  Tra i precari della scuola, con le sue contraddizioni. Edifici e tablet. Risorse da prefisso telefonico e lavagne elettroniche con registri elettronici. (pero’,  presenti ancora in poche scuole, a dire il vero. Mentre per quanto riguarda i registri elettronici si registrano “esodi” di tecnici dai piani alti ai piani bassi per una “registrata” di “frequente”. Forse il collaudo ha bisogno ancora di tempo. Si tornerà al cartaceo o in tandem?). Edifici da ristrutturare “come da estrazione a sorte”, però, attenzione, uno solo, sotto la lente d’ingrandimento dal primo cittadino ad un altro primo ex cittadino. Perchè un solo edificio da portare all’attenzione del governo per ricevere le “cure” dovute e non tutti, in tutta Italia?  Perché, da subito non stabilizzare tutte e tutti le lavoratrici e i lavoratori della scuola? A me, onestamente, pare come dire, “dato che i vincoli di bilancio ci impediscono una spesa, urgente, necessaria, ma differibile, e non si possono spendere soldi come si vorrebbe, al fine di stare sotto il “tetto eurpeo”, allora, dato che i progetti non potete farli, bene, fate a metà”.  O meno. Un po’ come dire, “amatevi a metà“.  Pazzesco. Stabilita la definizione di nuovo concetto di lavoro, almeno da osservazione e analisi personale,  non resta ora che parlare, in modo tale che, più se ne parla e forse più politiche correttive si adottano. Anche quando gli sguardi non si incrociano, gli occhi non si scrutano le mani, fugacemente tese, si sfiorano. Parlare e liberare, anzi, liberarci da quei fardelli di pseudo contratti che non liberano l’amore. Come quei due ragazzi che nella scala dei valori hanno deciso di mettere l’amore. E lo comunicano.

Il lavoro è stato davvero utile e interessante. Parlare del nuovo concetto di lavoro e di nuove figure di lavoro tra il “conflittuale” chè è “il sale della democrazia” e le “encicliche sociali”. Ci sta.  All’interno, persone, con le loro storie, le loro ansie, preoccupazioni. Che occorre ascoltare, registrare, scrivere, comprendere. Umanizzare il mondo. Un altro mondo è possibile.

Cio’ che si vuole, si puo’. Ancora due pensieri.

Il primo al Giappone e alla sua popolazione nel terzo anniversario del disastro nucleare.

Il secondo. Occhio alla coppie. Uno “sguardo” attento della Chiesa alle coppie. Quando l’amore è…

Il nostro tempo è adesso. La vita non aspetta.

 

11 marzo 2011-11 aprile 2011. Un mese esatto dalla tragedia dello tzunami giapponese. Mi sembra doveroso e sentito un ricordo alle vittime, quasi trentamila,  ai 600 mila sfollati,  che dalle 14.46 dell’11 marzo hanno fatto conosce11 marzo 2011-11 aprile 2011. Un mese esatto dalla tragedia dello tzunami giapponese. Mi sembra doveroso e sentito un ricordo alle vittime, quasi trentamila, ai 600 mila sfollati, che dalle 14.46 dell’11 marzo hanno fatto conoscenza dell’eccesso di natura. Un incidente? “A nuclear accident anywhere is an accident every where”, un termine poco corretto. Le conseguenze di un’esplosione di quel tipo, conseguenti alle radiazioni, sono leucemia, cancro, sterilità, anemia, infezioni, alterazioni genetiche. Un eccesso di natura unito alla miseria degli uomini. Tramonto di un’epoca, aurora di una nuova, racconti di quanti sono sopravvissuti, immagini e descrizioni che ci rimandano alla fragilità della condizione umana. Una fragilità umana, economica. Cielo e mare inquinato. E di pensiero in pensiero, i danni creati dall’uomo non fanno che aumentarne il volume, la proporzione. Free riders, (coloro che pensano che, dato che sono già in molti a pagare le tasse, perchè dovrebbero farlo? intravedendo così l’inutilità di un’azione, nascondendosi dietro il “tanto non cambierà nulla”) in aumento; cigno nero, in vista; stagflazione in arrivo; interessi privati dominanti su quelli collettivi. Cigno nero, un evento raro, imprevedibile, che parte, da un punto lontano della terra capace, lungo il suo percorso di innescare una reazione a catena. Disastro nucleare, proteste in Tunisia, guerra in Libia, dove, pochi mesi prima, si..”baciavano le mani”. Guerre definite “umanitarie” …si, per il petrolio, o interessi economici in un’area interessante, economicamente; utile ricordare che “il Consiglio di sicurezza autorizza l’uso della forza armata contro uno Stato (invece di limitarsi ad altre misure sanzionatorie) quando, oltre a gravi violazionni dei diritti umani, sono in gioco risorse energetiche di preminanete interesse per le Grandi Potenze”. L’Irak nel 1990 ricorda qualcosa? Guerre per il petrolio, per interessi economici. Costo del petrolio che balza all’insu’, idem per la benzina. E così, non solo viene colpito il portafogli del signor Joe Blog, negli Usa, ma anche in Italia, quello del sig. Mario Rossi. E sono tantissimi in Italia, i Mario Rossi. A cominciare dai 4 milioni di precari, i due milioni di nè-nè, gli altri 8% di disoccupati, quelli in cassa integrazione, mobilità. Consumi che stagnano dal 2000. disoccupazione giovanile al 29%. Una cifra da 570 euro in meno nelle tasche degli italiani. Il sostegno alla domanda, non si sa cosa sia; i servizi, scuola, sanità, subiranno ancora tagli; i precari non vengono stabilizzati. Creazione di nuovi posti di lavoro, neanche l’ombra. Un periodo in cui, si continua a parlare di modifiche costituzionali, non si conosce la legge Bassanini, al piu’ si prende una sedia e si fa comizio davanti al Parlamento senza dire cosa fare, il tutto incorniciato da una noncuranza verso chi soffre, protesta, urla dai tetti. L’indifferenza, insomma, così tanto odiata da Gramsci regna sovrana. Indifferenza come forza politica che annula ogni responsabilità e ogni volontà, puntando il dito sulle sole responsabilità del destino. Troppi silenzi. Almeno fino a ieri. Ogni tanto si prende coscienza e le cose e le persone decidono di interrompere ogni distrazione. E ci accorgiamo di essere qui. Con la speranza che la voce in democrazia è importante, determinante. Il nostro tempo è adesso. La vita non aspetta. Le nostre parole, le nostre proteste non devono restare parole che zampillano a vuoto. Un esercito di precari in circa 50 piazze diverse hanno manifestato e urlato contro questa politica davvero ingiusta, sorda. Una generazione che sembra schiavizzata, che vive in apnea, senza prospettive.Quattro milioni di precari disposti a riprendere parola, con mille motivi per uscire e ribellarsi a questa forma di ingiustizia. Si, è nata una nuova questione sociale. Generazione mille euro, (o Generazione P), quando va bene, che diventerà, forse, fra 40 anni, generazione 400 euro. Se andrà bene. Precarietà che intercetta altre precarietà: sentimentale, affettiva, abitativa. Ecco perchè le tende installate lungo molti percorsi della manifestazione rendevano bene l’iidea della precarietà abitativa. Cosa chiede questa generazione P? Chiede continuità di reddito, tutele ampliate, dentro e fuori dal mercato del lavoro, un welfare diverso. Dopo tutto, se si trovano 16 milioni di euro per una buonuscita, perchè non trovare risorse per quanto sopra? Noi esprimiamo un desiderio non piu’ rinviabile: vivere la nostra vita e riprendere pieno possesso del nostro presente. Noi, che abbiamo dedicato tempo, impegno, studio, sacrifici, personali ed economici, che raggiungono, questi ultimi, i 16 mila euro per ottenere una laurea (in media) se la Facoltà è nella città di residenza, altrimenti, la cifra arriverà a sfiorare i 50 mila euro. Un Paese il nostro, che sforna quasi 32 mila laureati ogni anno e di questi, entro i cinque anni dalla laurea troveranno un lavoro non consono a quanto studiato e in ogni caso sottopagato. Entro i cinque anni, ma la solfa non muta dopo i cinque anni dalla laurea. Negli Stati Uniti la politica è al lavoro: la disoccupazione, in quel Paese viaggia all’otto per cento. Se tale rimarrà, Obama, sa, per esperienze precedenti, che nessun Presidente potrà essere rieletto con una disoccupazione simile. L’elettorato americano probabilmente, con quel tasso di disoccupazione si orienterà come già avvenuto in passato. Per non parlare della Cina, dove i salari sono in aumento. Solo in Italia, non si riesce a mandare a casa un Governo poco attento ai temi dell’occupazione e dei salari.  

A Torino, in vista delle elezioni comunali, sono davvero in pochi a ricordare quegli accordi al ribasso, sottoscritti da una parte del sindacato. Uno che non li dimentica è Juri Bossuto, candidato sindaco a Torino, sempre al fianco della Fiom