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Terra Madre

torino-24-9-2016-foto-borrelli-romanotorino-24-9-2016-foto-romano-borrelli20160924_163105torno-24-8-2016-foto-borrelli-romanoTorino 24 settembre 2016. Piazza Castello,  Piazza San Carlo,  il Valentino e oltre e altro. Una giornata tra gli stands diffusi di Terra Madre,  tra Presidi,  Regioni d’Italia e mondo, gusto,  gusti,  biodiversita’,  camminando tra “casupole” bianche,   tra 7 mila delegati provenienti da 143 Paesi Diversi. E’ l’ONU dei popoli della terra,  agricoltori,  allevatori,  pescatori. E’ una bella manifestazione diffusa. Riuscita. Un assaggio qui,  uno li,  semi,  prodotti e costumi che si incrociano e una Babele di lingue che comunica. È  tutto semplicemente bello. Anche… Aspettando l’ultimo bus… o.. “waiting… for the last bus”

Anche io ho voluto partecipare a questa festa compiendo il tragitto da Palazzo Esposizioni ai Murazzi che costeggiano il Po passando per il Valentino fino ad arrivare a Porta Nuova per immettersi nel “fiume” umano che da Piazza San Carlo confluisce in  piazza Castello attraversando via Roma. Non ho visto semplicemente un ghiottone curioso ma migliaia,  fermarsi ad assaggiare,  si,  molecole o atomi di prodotti. Poi si,  i banconi degli stand provvedevano alle degustazioni e non saprei dire se tanto o poco di prodotto o tanto o poco di costo. Certo trovarsi pezzi di un’ Italia che riceve identita’ col cibo è  un’esperienza unica. Notevole.  E certo anche vesti e turbanti e pensa gli al collo e pettorina “volonteer” e “delegate” fino alle “sentinelle dei rifiuti”. Profumi poi,  non ne parliamo: “fermiamoci e dolcemente” accumuliamo panzerotti pugliesi (che mi ricordano tanto Giovinazzo), formaggi,  prosciuttidi ogni tipo,  pomodori,  baccalà,  alici,  la tigella e olio di ogni tipo.   Punto. O forse punto a capo o meglio i due punti che continuano l’elenco.    Poi ognuno come desidera: a piedi,  in navetta gratuita o ” Tobike”.

2 marzo

27 2 2016 Torino via Roma.Borrelli Romano foto20160302_091925Ci siamo lasciati l’inverno alle spalle, chiudendolo fuori senza esserci mai entrato. Ci siamo lasciati febbraio e i suoi 29 e i festeggiamenti per i 10 anni dalle OlimpiadiTorino 27 2 2016 Borrelli Romano foto. Cinquemila reduci volontari che hanno sfidato la pioggia torinese  lasciandosi addosso ricordi, giacche e spillette. Chi si ricorda i “bollini” per ogni giornata di “servizio” di volontariato sul proprio libricino, utili per meritarsi il famoso orologio  Olimpiadi Torino 2006? E quanto e’ bella la nostra citta’ con le sue “matite” rosse e passione che vive.  Sull’asfalto bagnato a lucido di via Roma, le “matite” (cosi paiono a me) sono pronte per fare un bel trucco. Se dieci anni sembrano lontani non lo sono invece i cinque universitari da alcuni mesi terminati.

Alcune fermate di metro alle spalle. Direzione Istituto Professionale, luogo di lavoro. Sulla metro leggo la tesi del mio amico e compagno di banco Alessandro,  dei nostri cinque anni trascorsi a suon di rinunce. Anni intensi di lavoro e studio: quando si dice alternanza lavoro-scuola. E si che noi una l’avevamo gia’, di laurea. Anni che ci siamo lasciati alle spalle. Una bella pagina di amicizia. Me lo scrive  e mi ringrazia nella sua tesi. “Grazie a te, Alessandro”, penso io mentre sfoglio. Tra pochi giorni tocchera’ anche a te. Ce l’abbiamo fatta, caro amico. Nonostante le difficolta’ col passare dei giorni penso che i ragazzi siano li, da un pezzo, ad aspettare le nostre lezioni. Da quando ho lasciato quel banco finalmente la passione per i libri, da me preferiti, e’ quotidiana. Talvolta onestamente capita…quel che capita e leggo di tutto un po’, ma, almeno, svincolati da esami. A parte quelli che quotidianamente mi impartiscono gli studenti.  A proposito: ho appena terminato un libro, un amore di libro. E che libro, di Francesca Paci: “Un amore ad Auschwitz”, sono certo che ti piacerebbe leggerlo. Edek e Mala, una storia vera. Una storia di coraggio, amore, dedizione al prossimo, condivisione, la’ dive era stato negato anche il nome e impresso un numero, la’ dove la dignita’ …Una storia di tutto, anche d’amore, la’ dove di questo sentimento si faceva fatica a parlarne, scrivere, discutete. Appena discuti la tesi,  e incassi il titolo te lo passo, caro Alessandro. Come abbiamo sempre fatto durante quelle brevi pause di quelle lunghe lezioni.

E a proposito di tesi, consegnata, discussa anni fa, leggo con piacere che Petrini, con slow food e Terra Madre lasciano il Lingotto per trasferirsi al Valentino.

Sulla metro, davanti a me una ragazza. Tra tanti aspetti mi colpisce un particolare. Carina e’ carina, rossa, castana, capelli lunghi, occhi scuri, mani curate, ma…e’ il 2 al suo dito che mi colpisce20160302_113508. E io questo lo voglio scrivere, prima di lasciarlo alle spalle.

Verso l’Expo: “uscita didattica”

Expo.19 10 2015 foto Borrelli RomanoTorino 19 ottobre 2015. Alle 5.45 del mattino la citta’ dorme come quasi sempre a quest’ora e io con lei. “Sleep man walking”….penso in un inglese sgrammaticamente voluto ripensando a quel compagno di classe, un tal “Mac”, a quando eravamo noi ad andare in gita, maglio, attivita’ didattica, e non loro, il gruppo che mi appresto ad accompagnare. Alla fermata della metro torinese mi ritrovo da solo. Poco tempo di attesa ed ecco spuntare il “Val”, sistema automatico senza “pilota”. Una decina di fermate e la scena, alla stazione metro, e’ quasi identica. Poca gente come alla stazione iniziale. A parte la classe: si attendono vicendevolmente. Mi salutano. Accompagno proprio loro. Faranno colazione, a gruppetti. Un forno e’ gia’ aperto.Da queste parti un supermercato ha le saracinesche aperte 24 h. Entro.Compero una bottiglietta d’acqua anche se, a dire il vero vorrei appagare una mia curiosita’: raccattare qualche scontrino lasciato come sovente capita e leggerne i passaggi e le compere del popolo notturno. Li arraffo. Li leggero’ poi sul bus, dopo l’appello degli studenti, una terza M, quando qualcuno si esibira’ per un’ora circa in qualche anteprima da Sanremo, come spesso capita. Al punto di incontro o di raccolta,  le classi sono un suddivise in tre bus. I “miei” sono 13, e fortunatamente appurero’ in seguito che le loro ugule staranno calme e zitte. Sul bus il confine e’ per zainetti e cibarie varie: tassativamente, loro, staranno sotto. Qui si che le regole….Appello, biglietti, conto e riconto i presenti. Pronti via. Ok si parte. Attraversiamo la Torino che si sveglia. L’Iveco, gli operai, il primo turno, le forze dell’ordine che controllano il campo rom, l’autostrada. Tempo zero e qualcuno soffre il bus. “Prof.prof.un sacchetto. B.vomita.”  Altro tempo zero e qualcuno chiede se ci fermiamo all’autogrill. Pensa a ricontare ancora 150 studenti! Nooo! L'albero della vita.19 10 2015foto Borrelli RomanoNon e’ possibile. Andiamo dritti e svelti ma non alla velicita’ delle frecce che di tanto in tanto ci passano vicini. L’autogrill ci passa sopra le nostre teste. Da una parte all’altra.Novara, il Duomo e Rho. Ci siamo. Il bus trova il suo stallo. Una lunga camminata dal piazzale 9. Una scala mobile, il varco. I controlli, come in aereoporto e si entra.20151019_092359 “Prof. possiamo andare?” Ok, possono.Ci si rivede alle 13 sotto l’albero della vita e poi alle 17.30 per il rientro. Speriamo bene.Expo 19 10 2015 foto Borrelli Romano

Io mi dirigo verso lo stand don Bosco e Slow Food in omaggio alle tesi e le lauree (mie).

Lo stand dei Salesiani e’ interessante e sara’ smontato  e portato in uno dei Paesi in difficolta’. Tre strisce continue di post-it segnalano il passaggio, le preghiere, le raccomandazioni e i saluti di chi conosce e ha conosciuto la congregazione salesiana. Da qui mi dirigo verso Slow-food e i suoi orti. Qui si possono annusare i prodotti e toccarli provando ad indovinarli. Gli altri Paesi espositori conoscono tutti tempi di attesa incredibilmente luoghi, come annunciato ieri dalle colonne de La Stampa. “L’importante e’ esserci”: Korea un’ora e mezza, Emirati, dalle cinque in su….e cosi via. Un salto al Corriere della Sera: sui pannelli mi diverto a rifare titoli e occhielli. Poi mi dirigo alla Coop digitalizzata. Basta toccare un prodotto e si apre un mondo di…informazione. Per stare dentro l’informazione.

Una considerazione: i costi dei vari bar e prodotti in giro per Expo sono davvero ASSURDI! Ho accompagnato la classe ed e’ giusto che i ragazzi si facciano le loro opinioni e riflettano. Io ritengo che quei prezzi siano insostenibili e che forse il Presidente del Consiglio avrebbe dovuto dire qualcosa allo stesso modo di come le ha dette il primo maggio.  Anche il Presidente della Regione dal mio punto di vista avrebbe dovuto osservare e criticare (se non lo avesse gia’ fatto) quei prezzi insostenibili per una famiglia che si reca in visita e allo stesso modo per gli studenti. Chiusa parentesi.

Alle 17.30 come promesso, ecco la “mia” classe in attesa davanti ai cancelli. Uno, due, tre…..tredici. Ci siamo. Uno, due, tre, pronti via. Possiamo andare. E’ l’ora di rientrare. Direzione stallo  9, dove avevamo lasciato il bus. La conta, l’appello, l’appello e la riconta.  Abbiamo dimenticato qualcuno? No. Pero’….qualcosa….A meta’ strada una, due, tre voci….anzi 8: possiamo fermarci all’autogrill?

Verso le 19.40 si intravedo o i due grattacieli di corso Giulio Cesare. La citta’ con il suo traffico ci inghiotte.

Alle 2015 il viaggio si conclude con abbracci di papa’ e mamme. E qualcuno rientra in solitudine.

Pioggia in Salento

DSCN3311DSCN3318Finalmente un po’ di refrigerio. L’aria fresca e la pioggia hanno raggiunto finalmente anche il Sud, il Salento, già di prima mattina. Il vento, con la sua “voce” ne ha anticipato l’arrivo e il danzare di minuscole goccioline, mai stanche nel loro rincorrersi, ha accompagnato per ore le faccende domestiche dei molti privati del sole e di una giornata balneare. Gocce all’ingiù, di giorno, nasi  e occhi all’insù questa notte che verrà, facendo a gara tra chi ne avrà viste di piu’. Quindi, caccia aperta. Alle stelle, ovviamente. A proposito di stelle, inevitabile che automaticamente parta nei ricordi un motivetto: “E le stelle stanno in cielo, mentre i sogni, non lo so, so solo che son pochi, quelli che si avverano”. Quel po’ di strada che mi accompagna al mare dischiude una meraviglia dopo l’altra. Rondinelle, fiori, fichi e fichi d’india e ogni altro bene della terra.

Non solo a pochi passi  da qui, il mare diventa Terra Madre, precisamente a Torre Guaceto, dove sotto la stessa insegna si raccoglieranno la Piazza dei Sapori e dei Saperi delle Comunità del Cibo e dei  Presìdi Slow Food. Anche qui, infatti,  il mare rimanda a qualcosa di bello, puro. Qualcosa di armonioso. Fin dal mattino, un gruppo di rondinelle svolazzava e cinguettava sopra le nostre case, forse festanti per l’annunciato arrivo dell’acqua. Camminare sulla  riva di  questo mare, quando la spiaggia è davvero un velluto, dopo una pioggia copiosa, aspettata, è davvero come stare in paradiso. Alcuni cani corrono liberamente, coppie che a turno scrivono il proprio nome sulla sabbia, sperando illusoriamente che inciderlo prima che la schiuma cancelli definitivamente quell’inchiostro fittizio possa essere di buon auspicio, (tanto, inciderlo nei cuori o inciderlo sulla sabbia per poi “fermarlo” nel tempo con una foto, ha piu’ o meno lo stesso significato). Coppie che divisi dalla distanza e dagli abissi marini, provano a legarsi e pensarsi utilizzando lo stesso mezzo: saltare ogni barriera per provare ad esserci. “Istantaneamente”. Sempre, comunque.  Seduto su questo tappeto di velluto rileggo alcune pagine di un bellissimo libro, dove sta scritto: “L’amore per il mare, è anche amore per la morte….ma questo sentimento nasce perché il mare ci fa intravvedere per qualche momento quella persuasione, quell’appagamento, quella pienezza che vorremmo avere sempre”. Mi spingo ad osservare il fondale, di questo mare bellissimo, immaginando che da là sotto  possano uscire da un momento all’altro creature benevole in nostra, mia, salvezza, con la speranza che proprio in quel fondale si siano andati a nascondere i buoni sentimenti, le buone intenzioni, e ogni cosa dai sapori e dai saperi buoni. Cose di una volta. Cose di un tempo, direbbero molti. Da un momento all’altro, chissà quando, ne sono certo, uscirà una variopinta farfalla. E non solo. Con un’apertura alare enorme. Approfitto di questa fresca giornata per gustare della ricotta fresca, accompagnata da fichi.  Buonissimi.

A Vernante (Cuneo)

DSCN3035DSCN3043Una giornata a Vernante, Cuneo. Con una piccolissima “fetta” di quello che è il mondo della scuola. Mondo piccolissimo, davvero,  variegato, variopinto, colorato, a tratti, come alcune “palline” colorate, con funzione  ferma capelli, poste fra treccine rappresentanti un mondo nuovo e vicino allo stesso tempo. Mondo piccino ma portatore di  grande  speranze come giusto che sia per chi si affaccia alla vita,  con uno zaino tutto da riempire, come quello che si trascinano dietro le loro spalle, oggi: cibo di provenienza lontana farcito da mille raccomandazioni, ricevute nell’atrio della stazione di Torino Porta Nuova, raccomandazioni che rimbombano in tante lingue, nella teste e nelle orecchie di questi giovani protagonisti, per un giorno, per la vita,  presto riposte in qualche angolo mentre il treno si allontana e fazzolettini bianchi vengono riposti nelle tasche di qualche genitore. Fin dai primi minuti successivi la partenza, canti e musica. Musica di violino che accompagna piccoli viaggiatori a raccontare il prima e il dopo, e  a raccontarsi tra mille fantasie. Violino: quando la scuola azzera le differenze. L’esperienza di una scuola, di piccoli e forse di “frontiera” ma che scommette sull’apprendimento di questo strumento per abbattere barriere e “frontiere mentali”. Si cerca di renderla migliore, nonostante le condizioni dei lavoratori non siano delle migliori. Ma questa è altra musica. Torino Lingotto, Carmagnola. Dall’altra parte la strada ferrata che porta verso Slow Food, un intreccio, molto in comune. Poi,Fossano, Centallo, Cuneo. La Granda. Studenti, studentesse, lavoratori, lavoratrici che scendono. Pochi salgono, sul treno. Poi, Vernante, un paese con le montagne davanti e case poste tra murales e bellissime facciate colorate. La pro-loco e tanta bellezza. Natura. Qualche goccia, ma, senza paura. Il museo, dipinti, giornalini.  Pranzo, passeggiata. Storie, tra la fatina, Mastro Geppetto, Ciliegia, il gatto e la volpe, la giustizia. Il campo dei miracoli, e via, tra una facciata e l’altra. Il tempo scivola via lentamente. Un saluto al Pinocchio enorme, poi, la Stazione. Si avvicina il rientro. Un treno, poi un altro. Un minuetto.  Un signore seduto, intanto a leggere un bellissimo libro: Guerra e Pace. Mi piacerebbe leggerlo, penso. Ha i baffi, ha scritto tantissimo e il venerdì è sempre presente su La Stampa. E’ diretto Verso Porta Nuova, e una bicicletta lo aspetta. Come sempre. Quasi. E’ un giornalista, di lungo corso: Bruno Gambarotta. Gentilmente ci offre compagnia, parole dolci. Scambia parole con questi giovanissimi viaggiatori. Altra musica. Una bella giornata. Tra Vernante e……………la circoscrizione 7. Le lancette corrono, velocemente. Il tempo della gita è terminato, il suo ricordo, della prima gita, non avrà mai fine.

Slow-Food, Terra Madre, Bra, Torino. Le origini, il Pdup

Petrini consigliere comunale del Pdup, Bra, la cittadina dove è nato tutto e dove resta il tutto………

Salone del Gusto e Terra Madre,  il piu’ grande appuntamento mondiale dell’enogastronomia e dell’alimentazione. Torino capitale del cibo buono pulito e giusto. “Esageruma”, ma è proprio così……..

E così, tra un mega orto e gente del fud, un pensiero non puo’ non andare alle origini, a Bra e alle mie ricerche sul tema.

Doveroso ancora un ringraziamento per i contributi dei Professori, Giovanni Carpinelli e Sergio Dalmasso.

Fotografia con il cellulare del Ristorante “Boccondivino”, di Bra….dove molto della storia ha inizio.

Slow Food-Terra Madre…

Luna piena. Freddo intenso. Fermate della metropolitana torinese “invase” da turisti e non, come non avveniva da tempo. Chi sale, chi scende. Sacchetti in mano e profumi del mondo.  I piu’ vari. Fermata Terra Madre, Fermata Slow Food. Pala Oval. Torino. Contadini, agricoltori, allevatori da ogni parte del mondo. Vestiti colorati, belli, a vedersi. Visi di ogni tipo.  A me piace pensare alle origini di questo movimento, di questa Onu di coltivatori, allevatori, agricoltori. Cento stati, lingue differenti.  Sembra un’olimpiade del gusto.  Mi piace pensare al mio interesse per gli inizi di questa iniziativa, partita da Bra. Il mio lavoro di ricercatore, storico-sociologico, tra montagne di carte bollate e documenti, fra ricordi dei protagonisti di quel periodo, registrati  nel fumo di tante sigarette. Altrui. Giornate di neve, di pioggia e primaverili. Blocchi, matite, penne.  Mi piace smentire chi, alcuni giorni or sono ha dato del “choosy” a chi è “schizzinoso” nell’accettare un lavoro, e rispondere con ore interminabili, trascorse negli archivi, nella lettura di interrogazioni, interpellanze di archivi comunali. Leggere, interpretare, formarsi un quadro storico alla luce di quei documenti. Come erano le scuole? Come erano le infrastrutture? Il lavoro? La condizione del lavoratore? Ore di interviste a chi negli anni di nascita del movimento, all’epoca  ragazzo, ragazza, maturando, o studente, studentessa universitario, universitaria, ha contribuito a quello che oggi viene preso d’assalto: il salone del gusto, targato Slow Food e Terra Madre.  Tutto è partito da Bra, questa cittadina a pochi chilometri da Torino, in provincia di Cuneo.

Un lavoro enorme, a coronamento di un ciclo di studi universitari e post. (Carlo Petrini e iniziative culturali, attraverso l’attività politica e interviste di concittadini e compagni di scuola e di militanza. E ancora ringraziamenti ai Professori Giovanni Carpinelli e Sergio Dalmasso). Questo si dimostra. E’ chi lavora con lei, Signora Ministro, che non riesce a stabilizzare lavoratori della scuola neanche dopo anni di precariato; lavoratori che operano in condizioni davvero drammatiche, “compressi” dai tagli operati dal suo predecessore. Lavoratori che senza considerarsi schizzinosi continuano il proprio operato al servizio della collettività.

Fotografia di un quadro negli uffici Slow Food, e fotografia di un documento relativo all’attività politica di Carlo Petrini, militante e consigliere comunale in forza al Pdup.

Ceglie e il mare

Questo particolare di Ceglie Messapica è talmente bello che ne vale la pena riproporlo……….e riproponiamo anche questo mare, così cristallino……tra Porto Cesareo e Torre Lapillo….

E’ stato molto bello, questa mattina, sfogliare La Stampa, e poter leggere  a pagina 23, “Il Bello e il Buono”, l’itinerario di Roberto Duiz sul Salento. Sulla spiaggia, due termini chiave hanno focalizzato la nostra attenzione:  Salento, paragonato ad un “ombrello”, chiamato anche in questo modo per le condizioni climatiche, e Salento come “nave” carica di ogni ben di Dio, come, modestamente ho riportato in questo blog, a partire da olivi secolari e vitigni, in perfetta solitudine o tra masserie magari riconvertite in nuovi agriturismi.  Appropriato il riferimento ai tufi, utilizzati in ogni costruzione….quelle “cave” svuotate, osservate sulla direttrice che porta da Avetrana a Taranto…….Ricordo i vecchi “leoncini” che viaggiavano a ritmi di “tre quattru iaggi”…………per poi scaricare su terre che all’epoca erano lande desolate………..La giornata di “Pippi” era scandita da questo lavoro, in un Italia da boom…polvere che si perdeva ad ogni viaggio, depositata sull’asfalto e sulle strada dopo aver “ribaltato” i “quatieddi” (tufi) o anche detti “fedde”……….polvere di tufo così bianca che al solo guardarla ti accecava……ora, le cave sono vuote e il paesaggio, ahimè…………costruzioni, costruzioni, costruzioni, fin dove non si doveva….una ferita…..Le orzate non si serrvono piu’, ma in compenso si trova il caffè ancora a 80 centesimi, e in altri, anche a meno. Osservo cosa succede al Pincio, a Roma, e penso a quanto la mano d’uomo sia davvero pericolosa, in molti frangenti…A proposito, a quanto si è ridotto il pil proveniente dall’agricoltura? A me piace pensare questa terra in tutta la sua bellezza………..In attesa della lunga notte della Taranta, e la sua notte di Melpignano……….con la speranza che il mal costume venga “pizzicato” per  dispiegare la tutela del bene comune……spiaggia, mare, terra…..

Panchina innevata, gelo siberiano

              Bellissimo, riappriopriarsi della propria città, del proprio tempo. Respirare aria pulita, fresca. Ricevere sul proprio viso arrossato quel freddo e vento gelido, freddo, siberiano. Meno dieci, dodici nella notte. Fumo che esala dal grande fiume, segno di una temperatura contrastante. Incontrare nei parchi la natura, saperne cogliere le sfumature, passeggiando, forzatamente, con andamento slow, contrapposto al fast.  Scoiattoli che si riavvicinano lentamente all’uomo, cani che giocano, bimbi festosi con ogni tipo di intrattenimento: palle di neve, sci, bob, racchette, “padelle”. “A ciascuno il suo”, per restare in tema lettura. Una panchina, rivestita da una coltre di  neve, una “coperta” di alcuni centimetri. Bella a guardarsi. Bella da far riflettere. Coperte di neve sulle panchine. Coperte mancanti a moltitudini, in un sistema sempre piu’ polarizzato, da un dieci per cento che possiede ogni tipo di coperta. “Stare in panchina”, sulla panchina, nei pressi di una panchina.  Aspettare il proprio turno, come stare in panchina. Incontrarsi, “darsi un gancio” nell’epoca di facebook e cellulari, nei pressi di una panchina.  Certo distanti “anni luce” da quando una ragazzina cantava “ma che freddo fa”. Quelli della panchina come quelli del muretto. Ripensare agli amori sbocciati e terminati, su una panchina. Quelle di Parigi come queste di Torino. Delle prime, come non ricordare  quelle del Jardin du Luxembourg, dove presero corpo I Miserabili, di Victor Hugo. Panchine di Place de Vosges, dove sedersi e sognare una casetta, un giorno, con l’amore, e intanto, in controtendenza, firmare cartoline. E sempre per rimanere in tema, pensare ad una di quelle, base per l’amore “cantato” dal grande Dostoevskij, ne Le notti bianche. Osservare ma senza provare a sedersi e respirare tutto il circostante, e sentirsi, complice la natura, un poeta, almeno per pochi istanti, perchè la natura concilia e perchè il vero poeta  è colui che è capace di assorbire il mondo intero. Tutti a piedi, tutti rallentati, a scoprire ogni bellezza dimenticata o non osservata in ogni suo particolare. Tutti poeti, insomma. Gelo, a Torino, come nel resto d’Italia, a domandarsi se il sale sparso per le strade sia stato sufficiente o meno. Gelo a ricordare altro gelo, quello a far da cornice al Dottor Zivago……..Panchine, altre, che ricordano “I lunedì al sole“…..storie, racconti sociali, verità, che non hanno bisogno di essere raccontati in un film……in panchina, come una porta girevole, si siedono, si alzano, se ne vanno, e sono piu’ di due milioni, mentre altri “lucrano” citando “monotonie da posto fisso”. Al loro calduccio, seduti, su di un posto fisso, non di certo una panchina. Come quella.

Terra Madre a Torino. La quarta edizione

Dai riflettori di un consiglio comunale, quello della Bra (Cuneo) degli anni ‘70 ai riflettori del Palaisozaki di Torino nel 2010. Nel mezzo pero’, tanta, tantissima strada. Tante strade. Una lunga “cavalcata” che proietta Carlin Petrin, da consigliere comunale del Pdup a Presidente Internazionale e fondatore di Slow Food. Nel mondo. Di entrambe le attività ho cercato di occuparmi in maniera approfondita, con studi e ricerche; non soltanto cercando di individura con una relazione le circostanze che hanno incoronato Petrini, (alcuni anni fa, fu per una rivista, anche “uomo dell’anno”), ma occupandomene del personaggio anche “operativamente”: è la mia quarta edizione di Terra Madre a cui partecipo in qualità di volontario. Terminato il lavoro, eccomi, in questo impianto progettato e realizzato per le Olimpiadi torinesi del 2006: Palaisozaki, pochi passi dal vecchio stadio Comunale, ora Olimpico. Sono uno dei 650 volontari, munito di “pettorina”, quadernetto e penna. Dopo essermi “accreditato” cerco il gruppo a cui sono stato “legato” e l’attività, onestamente, non mi dispiace. Il ruolo di quest’anno mi permette di essere a contatto con alcuni amici d’infanzia del Carlin: quelli della “banda del Carlin”. Proprio i suoi amici di infanzia che lo ricordano per le battute, sempre pronte, per il gioco di parole nelle utilizzate nel raccontare le “storielle”: pistola, diventava Vistola. Un volontario, insieme a 560 cuochi, 283 studenti e 771 studenti, e tanta altra gente.

Alle  ore15 circa scattano i flash dei giornalisti: Petrini, Presidente, si materializza. Prima di lui alcuni politici prendono posto all’interno del palazzetto. Fassino (da queste parti, “filura”), Ghigo. Poi, Pecoraro Scanio e il sindaco, Sergio Chiamparino. L’inizio della quarta edizione è all’insegna dell’arte. Si esibisce un gruppo proveniente dalla Macedonia. Si autodefinisce di “anziani”, per via dell’età: hanno infatti tra i 45 e i 50 anni. Il saluto iniziale a tutta l’assemblea è loro. Poi è la volta del Segretario della Fondazione di Terra Madre, salire sul palco e specificare alcune nozioni; Terra Madre come “rete”, come diritto di ognuno al cibo e alla sua qualità; nozioni come sovranità alimentare, “equo”, e “sostenibile””. Infine la nozione di Terra Madre come “rete” che cresce in modo autonomo e indipendente. Modi attivabili con risorse economiche risibili. Modi che pero’ riescono a dar vita al “Terra Madre day”, la manifestazione del 10 dicembre del 2009; manifestazione che si ripeterà. Quest’anno. 10 dicembre 2010. Al Palaisozaki ci sono 161 nazioni. Africa, Americhe, Asia, Europa, Oceania: presenti. Suoni, colori, costumi di tutto il mondo. Che emozione girare sotto gli spalti del palazzetto e vedere così tante bandiere pronte per essere sventolate. Come essere alle Olimpiadi. Quanti costumi, quanti visi colorati, quante amicizie nate dal 2004, e forse prima. Nel 2004 il primo anno di Terra Madre, a Torino, lo ricordo e lo vissi a Palazzo del Lavoro. Già il nome evoca grandi cose. Che mancano. Lavori, lavoro. Parentesi: Collettivo, ieri, individuale, oggi? Chiusa parentesi. Quanti ricordi. Quanta strada. “Porte aperte”per le comunità ospitati dalle famiglie piemontesi. Quanta bellezza. Quanto entusiasmo. Che bello vedere il coro delle ragazze e dei ragazzi. Oggi, fino a domenica. Ma speriamo che duri. Che bello vedere gli “umili della terra”, e gli indigeni. Per il Sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, alla sua “seconda volta” nel Palazzo del ghiaccio e alla sua “quarta volta” per Terra Madre, quello che vede in questo catino è “la felicità costruttiva di Carlin”. Una felciità che si materializza: persone che si trovano, si incontrano, si parlano. Un “benvenuto a tutti”, per lui che promette amicizia e legame, perchè alla prossima edizione non sarà piu’ Sindaco. Ma, prima di lasciare il palco ad altri, intendo una “stoccata finale” ad una parte politica. Una stoccata che ricorda gli interventi del giovane Carlin quando era seduto sugli scranni del consiglio comunale di Bra. Che belli che erano i suoi interventi. Quanta politica. Quanto amore per la politica. Ah, non ci fosse stato un “terremoto” politico. Altri tempi. Oggi, il Sindaco torinese sostiene che “Il mondo aperto è bello”; proclama un secco “no alla paura del diverso e alle barriere”. Auspica un mondo diverso. Il mondo, infatti, lo si puo’ cambiare ma “non dobbiamo aspettare che lo facciano altri. Dobbiamo cominciare da noi e provare a ridiscutere le gerarchie dei valori con cui siamo cresciuti”. Cambiare si puo’, si deve e Terra Madre ci offre le risorse, in fin dei conti promuove relazioni e incontri. Infine, un arrivederci, al 2010, ma “da amico”, non piu’ in veste istituzionale. Nell’intervento successivo, il benvenuto anche dell’Assessore al Bilancio della Regione Piemonte, Giovanna Quaglia. Poi 5 interventi in “lingue”. Gamo, Guarani, Itelmeni, Sami, Yuwaalaraay. Infine, con Carlin Petrin, l’apoteosi. Il benvenuto a queste comunità, che ci offrono una seria lezione: mantenere e valorizzare il legame con la terra, con i saperi tradizionali. Chi potrebbe indicarci la strada per assimilare la lezione? Solo quattro categorie di persone sono deputate a regalarci il cambio di passo: indigeni, contadini, donne, anziani. Gli indigeni poi, sono un mirabile esempio per il loro “saper stare in armonia con natura”. Ancora. “La difesa dei valori tradizionali è una pratica che ci fornisce strumenti indispensabili per la nostra vita: allontanarli, i valori tradizionali, ci rende tutti piu’ poveri”. Infine un invito ai tremila giovani che devono coniugare scienza e moderne tecnologie con i saperi tradizionali. E’ una sfida interessante. Giovani che devono imparare a stare in contatto con gli “anziani, donne, contadini, indigeni”. Un futuro in mano ai giovani. Non poteva mancare un’analisi sui disastri finanziari e i suggerimenti per porre rimedio: valorizzare le diversità, rafforzare le reciprocità, dialogo e incontro, Dialogo e incontro, forse, quello che manca. Universalmente. Buona Terra Madre con l’augurio di viverla intensamente. Che sia un Circolo culturale, che sia un mensile, una radio, uno spaccio popolare, un Boccondivino, Petrini continua ad essere un gran “serbatoio di iniziative”. Un trascinatore, un leader.