A Perugia il buongiorno si vede dal mattino. Trombette e coriandoli e qualche bottiglia “stappata” e svuotata dopo “5 anni” alla presenza di mamma e papà e parenti vari; un evento che corona un percorso universitario, con le sue gioie, i suoi intoppi, cadute e risalite che culmina con la laurea. Tappo, bollicine e sane bevute, un percorso terminato, un altro che comincia. Ma a questo, ci penseranno domani. Ora, si festeggia e si deve. “In nome del popolo italiano”…Un momento bellissimo, ai piedi della fontana, del Duomo, che diversamente da altri non dà la sua “faccia” sulla piazza ma da un’altra parte non partecipando cosi a questi eventi gioiosi. Deve essere un rito convergere qui dopo la laurea, sotto la fontana Maggiore, in presenza della statua che rappresenta Perugia. Noi spettatori, del prima e del dopo, guardiamo e in molti riviviamo sulla pelle quella campanella e il Presidente della Commissione che conferisce il titolo, insieme ai commissari e al relatore che ci stringono la mano dopo averci aiutati nell’elaborato e aver sudato 7 camicie. Come passa il tempo! Eppure la discussione di laurea è uno di quegli eventi che resterà per sempre. Non so se tanto quanto la maturità che la si sogna all’infinito. Decido di partecipare alla loro gioia infilandomi in un bar pasticceria a pochi passi, “Sandri”, e fare il pieno di delizie. Perugia è una cita`caldissima ma si fa abbastanza in fretta a smaltire le calorie: basta non usare le scale mobili e scarpinare.
Torino 19 ottobre 2015. Alle 5.45 del mattino la citta’ dorme come quasi sempre a quest’ora e io con lei. “Sleep man walking”….penso in un inglese sgrammaticamente voluto ripensando a quel compagno di classe, un tal “Mac”, a quando eravamo noi ad andare in gita, maglio, attivita’ didattica, e non loro, il gruppo che mi appresto ad accompagnare. Alla fermata della metro torinese mi ritrovo da solo. Poco tempo di attesa ed ecco spuntare il “Val”, sistema automatico senza “pilota”. Una decina di fermate e la scena, alla stazione metro, e’ quasi identica. Poca gente come alla stazione iniziale. A parte la classe: si attendono vicendevolmente. Mi salutano. Accompagno proprio loro. Faranno colazione, a gruppetti. Un forno e’ gia’ aperto.Da queste parti un supermercato ha le saracinesche aperte 24 h. Entro.Compero una bottiglietta d’acqua anche se, a dire il vero vorrei appagare una mia curiosita’: raccattare qualche scontrino lasciato come sovente capita e leggerne i passaggi e le compere del popolo notturno. Li arraffo. Li leggero’ poi sul bus, dopo l’appello degli studenti, una terza M, quando qualcuno si esibira’ per un’ora circa in qualche anteprima da Sanremo, come spesso capita. Al punto di incontro o di raccolta, le classi sono un suddivise in tre bus. I “miei” sono 13, e fortunatamente appurero’ in seguito che le loro ugule staranno calme e zitte. Sul bus il confine e’ per zainetti e cibarie varie: tassativamente, loro, staranno sotto. Qui si che le regole….Appello, biglietti, conto e riconto i presenti. Pronti via. Ok si parte. Attraversiamo la Torino che si sveglia. L’Iveco, gli operai, il primo turno, le forze dell’ordine che controllano il campo rom, l’autostrada. Tempo zero e qualcuno soffre il bus. “Prof.prof.un sacchetto. B.vomita.” Altro tempo zero e qualcuno chiede se ci fermiamo all’autogrill. Pensa a ricontare ancora 150 studenti! Nooo! Non e’ possibile. Andiamo dritti e svelti ma non alla velicita’ delle frecce che di tanto in tanto ci passano vicini. L’autogrill ci passa sopra le nostre teste. Da una parte all’altra.Novara, il Duomo e Rho. Ci siamo. Il bus trova il suo stallo. Una lunga camminata dal piazzale 9. Una scala mobile, il varco. I controlli, come in aereoporto e si entra. “Prof. possiamo andare?” Ok, possono.Ci si rivede alle 13 sotto l’albero della vita e poi alle 17.30 per il rientro. Speriamo bene.
Io mi dirigo verso lo stand don Bosco e Slow Food in omaggio alle tesi e le lauree (mie).
Lo stand dei Salesiani e’ interessante e sara’ smontato e portato in uno dei Paesi in difficolta’. Tre strisce continue di post-it segnalano il passaggio, le preghiere, le raccomandazioni e i saluti di chi conosce e ha conosciuto la congregazione salesiana. Da qui mi dirigo verso Slow-food e i suoi orti. Qui si possono annusare i prodotti e toccarli provando ad indovinarli. Gli altri Paesi espositori conoscono tutti tempi di attesa incredibilmente luoghi, come annunciato ieri dalle colonne de La Stampa. “L’importante e’ esserci”: Korea un’ora e mezza, Emirati, dalle cinque in su….e cosi via. Un salto al Corriere della Sera: sui pannelli mi diverto a rifare titoli e occhielli. Poi mi dirigo alla Coop digitalizzata. Basta toccare un prodotto e si apre un mondo di…informazione. Per stare dentro l’informazione.
Una considerazione: i costi dei vari bar e prodotti in giro per Expo sono davvero ASSURDI! Ho accompagnato la classe ed e’ giusto che i ragazzi si facciano le loro opinioni e riflettano. Io ritengo che quei prezzi siano insostenibili e che forse il Presidente del Consiglio avrebbe dovuto dire qualcosa allo stesso modo di come le ha dette il primo maggio. Anche il Presidente della Regione dal mio punto di vista avrebbe dovuto osservare e criticare (se non lo avesse gia’ fatto) quei prezzi insostenibili per una famiglia che si reca in visita e allo stesso modo per gli studenti. Chiusa parentesi.
Alle 17.30 come promesso, ecco la “mia” classe in attesa davanti ai cancelli. Uno, due, tre…..tredici. Ci siamo. Uno, due, tre, pronti via. Possiamo andare. E’ l’ora di rientrare. Direzione stallo 9, dove avevamo lasciato il bus. La conta, l’appello, l’appello e la riconta. Abbiamo dimenticato qualcuno? No. Pero’….qualcosa….A meta’ strada una, due, tre voci….anzi 8: possiamo fermarci all’autogrill?
Verso le 19.40 si intravedo o i due grattacieli di corso Giulio Cesare. La citta’ con il suo traffico ci inghiotte.
Alle 2015 il viaggio si conclude con abbracci di papa’ e mamme. E qualcuno rientra in solitudine.
Fa fresco. Vento su Torino. L’aria ha spazzato via anche questi tre anni. Libri nello zaino. Notti insonni. E davvero. Tutto sembra un finestrino. A guardare fuori, mentre tutto corre e correva velocemente. La città, gli altri, sabato, domenica, gita, mare… Ma non fa niente. Un altro mondo è possibile. (ed è bello ritrovare questa speranza anche in uno dei personaggi del libro di Alice Corsi, “La memoria degli alberi“). Le scale alle spalle. Il Duomo davanti a me. Di tanto in tanto lo sferragliare del tram, del jumbo tram. Impiegate, impiegati, studentesse, studenti, “sciamano” alla ricerca di qualche posto economico per il pranzo. Ora fa freddo su questa panchina. Gli occhi si chiudono, ma non abbastanza per sorridere.
Dall’università, sorrido. Bella!!!, direbbero i ragazzi a scuola, e un pensiero lo volgo a loro, ripetendomi che, nonostante le chiusure e il mercato del lavoro, anche per loro, se ci credono “un altro mondo è possibile”. Un’altra partita si è chiusa. Questa, il primo step. Ora, inizia il secondo.
Ora andiamo a casa. Si ritorna.
Questo lavoro, lo dedico a tutte le operaie, operai, a chi ha perso il lavoro e chi non lo ha mai avuto e lo cerca. A tutti coloro che lavorano a Mirafiori per pochi giorni al mese, essendo in cig, in attesa che qualcosa cambi. Presto. Alle badanti, i badanti che si occupano, preoccupano e hanno a cura i nostri cari. Nuove lavoratrici e nuovi lavoratori che ho incontrato per capirne meglio le loro storie, di sofferenza, lavoro, solitudine. “La solitudine dei lavoratori” ha scritto Giorgio Airaudo e sostengo nella tesi. (E un pensiero lo volgo alla Fiom, compagne e compagni con cui ho passato notti in treno per raggiungere la capitale a manifestare il dissenso e dire che “un altro mondo è possibile”). Lavoratrici, lavoratori che spesso non “riescono a santificare il giorno di festa”. Alle lavoratrici e i lavoratori dei call center, laureati, addetti a questo lavoro pur di non “fuggire via”, all’estero, alla ricerca di un lavoro migliore, rispondente alle loro aspirazioni.
A Tutti i ragazzi che la mattina mi incontrano a scuola e mi riempiono la giornata con un “buongiorno e grazie“.
Un grazie all’amicizia del professor Giovanni Carpinelli e ai suoi utili suggerimenti. All’amico ing. Domenico Capano, che tanto ha insistito, come detto altre volte, affinché…cominciassi a….scrivere senza penna.
Questo lavoro lo dedico a chi convive ogni giorno con i disturbi alimentari di bulimia e anoressia affinché possano vincere definitivamente la loro battaglia e cantare vittoria, e sorridere così per sempre.
Un grazie al grande Felice Reburdo, uno degli ultimi “preti operai” che mi ha accompagnato fino qui, e Livio che ha “sponsorizzato” con il suo “tifo” l’avventura.
Un grazie a chi mi ha sostenuto, anche quando ero solo e a te, che non credi all’amore, ricordando Elsa Morante: “Con te per sempre finch’io viva e più in là”.
Un abbraccio a famiglia e fratellone…………..Si torna a casa. Per me, non tengo nulla.
La sintesi di questi mesi. Ben tornati. Ben tornati fiori, bentornata aria di primavera. Sempre presenti e accoglienti, ogni mattina, prima dell’entrata, prima della campanella, prima dei ragazzi, prima di tutto. “La geografia degli alberi” , prendo in prestito “questo titolo da una scrittrice, per evidenziare qualcosa in comune tra loro e noi. (Alice Corsi). Le radici in comune. tutto, con le loro radici. E ognuno ha la sua bellezza ed è portatore di una storia. Come gli uomini. Alberi. E con loro, persone, vite, storie. Dopo la pioggia, è tornato il sole. Domani ritorneranno anche i ragazzi, con i loro libri, quaderni, penne e i “problemi” di sempre. Forse più, forse meno. “Dove è il professore”,“Dove è l’orario”, “Non ho la giustifica”,“non ho studiato”, “ho preso un brutto voto”,” i miei non mi capiscono” e così via, a snocciolarne di vecchi e di nuovi. Poi, sorrisi, ciao, bella e tanta vita. Come sempre. In fondo, “so ragazzi“. Si ricomincia. Anche sui balconi della nostra città cominciano lentamente a “scoprirsi” le piante, dopo il lungo gelo. Lungo la via, un profumo particolare. Le persiane aperte. Aria che cambia. Finalmente. Anche in serata, la mezza luna, o un quarto di luna, aveva qualcosa di magico, di romantico. Eppure, la notte prima degli esami, era ieri. Una luna che aveva un qualcosa di fanciullesco. Da Oscar. Forse il pensiero di una grande bellezza in onda, o “in onda passata”, in Salento. Una luna. Una sorta di culla. Pronta a cullarci. Sogni e vita. Tempo di lauree e fiori, vestiti e vestitini. Volumi similpelle da posare sulla testa per una foto ricordo. Ancora scalini da salire e scendere. In fondo, era solo la triennale. Si ricomincia anche da qui. La specialistica è ancora lontana. Benvenuta primavera. Bentornata. L’estate si avvicina. Si ricomincia sempre da te, primavera. O quasi, primavera.