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Un “cappello” sulla… tesi

Torino 9 7 2015.foto Borrelli RomanoUna citta’,  Torino,  che segnala record,  ora con l’afa,  ora con  l’umidita’,  ora col… “mercurio” del termometro. Fontane prese d’assalto da infradito ai piedi e “a teste” basse,  anziani alla ricerca di parchi cittadini e supermercati,  non luoghi dove poter passare qualche “lancetta” di orologio e “scroccare” un po’ di refrigerio come capita a molti. Caronte sta passando e i suoi effetti li portiamo addosso. Affaticati  sudaticci muniti di bottiglietta tra le mani, un ghiacciolo da addentare in attesa di “hot storm” (violenta tempesta di temporali) e sulla popolazione “saggia” quel perenne fazzoletto bianco intorno al collo a frenarne le goccioline di sudore che ricamano il viso insieme a qualche ruga che ne rendono piu gentile il viso e se consideri tutto cio’ sempre pronti all’umorismo e alla contabilita’: “questo caldo potrebbe essere opera di chi vuole mettere a posto i conti sulla nostra pelle. Ma la nostra e’ dura e la venderemo cara”. Scambiamo qualche parola,  mi interesso a quali sono i luoghi in cui trascorrono le loro giornate: bocciofile,  sale da ballo,  circoli,  circoscrizioni,  oratori… me ne snocciolano parecchi,  di luoghi da loro frequentati, e fra i molti,  indicano anche ospedali,  provvisti di macchinette per bevande,   h 24. Le stazioni,  no. “Le sale d’attesa sono calde”. Talvolta l’oratorio….Torino Valdocco.foto Borrelli RomanoTorino Valdocco.Foto Borrelli Romano. continuano,  li lascio parlare e raccontare volentieri….Hanno “La Stampa” tra le mani,  ma “sa,  se capita l’occasione di fare quslche bella conoscenza,  bhe’… lei capisce,  no? “Mi salutano,  con quel modo educato,  gentile,  posando la mano sul cappello e sollevandolo appena,  come per un saluto di una volta. Poi lo riaccompanano sulla testa,  calcandolo appena.  Si siedono,  attendono.  Ci congediamo. Penso che mi piacerebbe molto averne uno. Chissa’.

Al termine della nostra conversazione provo ad affacciarmi” sul centro cittadino. Una libreria,  alla ricerca di un dottor Zivago quasi introvabile e provare a capire quanti la “bazzicano” in questo pomeriggio torrido. “Quali libri avete venduto oggi? ”  Giro,  rigiro. Vedo della carta da pacchi e ripenso quando con L. giravsmo e rigiravamo insieme pagine pagine e libri e tempi e modi. Con il mare ad una manciata di passi da noi. Terminato ogni giro,  di ricorfi,  fantasia e pagine mi congedo da tanta meraviglia. Quindi,  poi, poi,  una gelateria,  super affollata e…. un negozio. Compero un…. “cappello”. Da metterlo sulla… tesi nuova di zecca. Non ho detto… zucca! Mentre rientro,  una pioggerellina  si “affaccia” sulla citta’.  Solo il tempo di lasciare il segno sull’asfalto.

Mi piace leggerla e rileggerla. Mi piace la storia che essa contiene.

Una storia di matite

Torino 14 dicembre 2014, via Garibaldi, foto, Romano BorrelliTorino, 14 dicembre 2014, via Garibaldi.

Tre Babbo Natale, in giro per Torino. In centro (Nel resto della città, moltissimi di più: un paese intero. Vero, vero. Per un’azione benefica). Due donne, un uomo, palloncini stretti tra le mani e di li a poco, pronti a prendere il via, nella via, e nel cielo torinese. Una cornice………con cosa la si poteva riempire? Una foto, ovvio. Invece, no. Almeno, questo valeva per me, questa mattina. Ma quella cornice l’avrei voluta, per riempirla a mio piacere, di scrittura, pensieri, in corsivo, naturalmente. E bella calligrafia. O forse, a dire il vero, l’ho già riempita.  Volevo un foglio e una matita. Sul tavolino di un caffè, “riallacciavo” il filo di un discorso, meglio, di qualche riga, raccattando qua e là alcuni cocci di qualcosa. Ma sono pagine di libro. Lettere di qualche lettera inserita tra altre lettere…pagine come lacci, allacciate, poi slacciate e poi riallacciate ancora. Il punto era che questa mattina non avevo con me una matita, né per un appunto, né per una schedatura, de libro, né per una “inquadratura” di un passo della lettura (o della lettera) su cui “soffermarmi” e “scattare” l’attenzione.   Quest’ultima, pero’, “scatta” ugualmente. Una giovane donna, nel tavolino del caffè accanto al mio, ne possiede una, di  matita. Non ne distinguo, pero’, il tipo. Mi faccio coraggio, sapendo che potrei innescare una richiesta imbarazzante. (Quale matita?). La chiedo in prestito, un attimo soltanto. E’stata gentile, “eccola. Fila”. Mi allunga il lapis nella mano e mi allaga un sorriso. Gioca con abilita’, con le parole, i termini e lo sguardo. Nasconde, si mette in ombra, gioca e ride. Con una marca, il trucco, verra’ dopo. Strada facendo. Una donna con la matita e’ la sintesi della natura, l’arte della bellezza o la bellezza dell’arte, il motivo per approfondirla evitandone  la superficialita’, penso. Una donna con la matita, per ora, senza trucco senza inganno. Si alza e gentilmente mi dice che posso tenerla. “Fila” via, d’un tratto, veloce, come il treno che la riportera’ lontana da qui, verso il mare, presumo. Nei suoi occhi, c’era il mare.  Un attimo soltanto e sparisce. Nei miei occhi nebbia, smarrimento e spiaggia, il mare si e’ appena ritirato.  Pochi istanti lunghi come un paio di anni dilatati dal suo sorriso. Nella sua matita, in quella, c’era un mondo, a me sconosciuto, conosciuto solo a tratti. Pochi istanti, diluiti e dilatati in un tratto comune. Inizio a disegnare  e scrivere, con un po’ di fantasia e un pizzico di…inganno…questione di…poesia.  Nei suoi occhi, ve ne era parecchia, immersa fino in fondo nel suo mare da amare, dolce come il miele. Questioni di…cuoere… Ma anche di…matita…..quella per il trucco.

Il libro in corso di lettura è davvero interessante. La sua storia, anche.

ps. Le poesie, amo raccoglierle, leggerle, cercare di capirle e…interpretarle e “rilanciarle”…Con le matite…si riempiono di contenuti grandi storie. La poesia e’un viaggio, oltre il tempo, oltre lo spazio. Una poesia o un gruppo di poesie hanno le loro colpe, provocano ferite e lacerazioni e hanno la capacita’ e la forza di “suturare”. Una poesia allontana e avvicina altri, separa, riavvicina…Ma una poesia con la matita e’ personale, per sempre…la forza della poesia.

Quando “la porta nel cuore”

Cuore di Torino. La porta nel cuore. Foto Romano BorrelliOgni città possiede una, cinque, dieci porte. Forse più. Di ogni tipo. Dal monumento, al mercato, alla stazione ferroviaria. Porta Palazzo, Porte Palatine, Porta Nuova, Porta Susa. Porta Portese, Porta Garibaldi… Ma diciamoci la verità: la bellezza di quando “la porta nel cuore” è davvero una sensazione unica, personale, indescrivibile per quanto la si gridi e la si esterni. Identica cosa, per la par condicio, quando “lo porta nel cuore.”  Forse complice  il fatto che siamo alle porte dell’estate tutto “calza” a pennello per scrivere, descrive, disegnare nel migliore dei modi la situazione.  Espadrillas ai piedi e “la porta” nel cuore ovunque. Tra pochi giorni il rompete le righe nelle scuole sarà quasi totale. Con l’eccezione dell’appendice esami. Una piccola coda. Un’altra “porta” d’accesso, per l’università. ”  A proposito di scuola. Qui, “La porta nel cuore” è più  evidente. Una certa complicità e qualche abbondante risata descrive la grande opera d’arte fin dal suo fiorire. Via vai continuo, al pari di via Roma o via Garibaldi. Il corridoio, il cuore del cuore. Corta o lunga, la strada da fare, basterà lasciarlo camminare, il cuore. E’ la grande  “questione” del cuore. E anche di scarpe, quando la strada è lunga.  L’estate è alle porte. Quando “la porta nel cuore” è sempre estate.

 

Ps. Quando “la porta nel cuore”  non e’ il mansionario che impone di portare-accompagnare la puoooooortaaaa, ma e’ il cuore che “sente di portare la puoooooorta”. A scuola quando “la puoooorta nel cuore entra  “e’davvero di classe. Qualche professoressa bisbiglia:”e’ proprio tanto carino. Stanno bene insieme”.Speriamo non la chiudano, in questo caso, e che di qui al termine delle lezioni portino un bel po’ di sole in classe”. Mani nelle mano e capelli che rimbalzano sulle spalle ad ogni incedere”. Anche dovesse dirlo il mansionario qualcuno vigilera’ ugualmente “la puooooooortaaaa”. Lasciamola aperta, questa volta.

Scarpe Espadrillas. Benetton. Torino. Foto Romano Borrelli

Palla al…centro

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Si vociferava che, da queste parti, tantissimi anni fa,  vi fosse un “centro”  per sofferenti mentali. Chissà. Forse. Così si diceva. Voci di corridoio. Di tanto in tanto, a piedi, si costeggia questa via, Giulio, posta tra un Corso ad alto scorrimento, Corso Regina Margherita e  via della Consolata, uno spazio al cui interno si trova un grande caseggiato che  contiene una “macchina comunale enorme”. Elettorato, anagrafe, matrimoni…Prima di accedere al caseggiato comunale,  il recupero del giardino, qualche gioco, fontane hanno creato qualche reale possibilità di partecipazione democratica del territorio. “Rosicchiare”  qualcosa per un uso davvero pubblico. E i bambini e le famiglie si ritrovano, lì, per giocare i bambini, per sedersi e recuperare forze ed energie gli adulti, qualche bacio, giovani innamorati. Una “sala d’attesa” per quanti sono “avvitati” in procedure burocratiche da espletare lì dentro.  E non solo per quanti si apprestano a dire un “si” con parenti al seguito, dalle parti di via Giulio.Un’attesa, finita o infinita, ammortizzata da qualche panchina o gioco per i più piccini….Per fortuna. Un piccolo neo. Dopo l’abbondante pioggia dei giorni scorsi, al centro non ci sta solo il pallone. Ci sta un problema. Di riflesso. Un enorme pozzanghera, come si puo’ vedere dalle foto può diventare pericolosa, data la presenza di bambini.  Forse il comune non “centra” niente. Pero’ il pallone, si. E nemmanco, galleggia. Stagna.  Speriamo che qualcuno possa accorgersi che in questo modo è un “palazzo dell’anagrafe poco presentabile”….quasi…..come…

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Tornata. Mai

DSC00186Qualche lettore del blog ha chiesto gentilmente una foto della Consolata, dove sono raccolti gli ex voto. A Torino. Eccola. Per quanto riguarda “tornata”, il nuovo tormentone, si potrebbe dire: mai. Interrogata la finestra, nessuno rispose. Dalla finestra, osservo la neve, scendere, lieve, dolce. Per oggi era prevista. Chissà fino a quando. DSC00185

Le notti bianche

DSCN3563Immag000[1]Davvero una magia, le notti bianche.

Da piazza Castello, verso via Po, raggiungendo via Bogino, il centro della magia ha un nome: Circolo dei lettori. Richiuso l’ombrello, sotto il braccio, giornale e libro. Uno, due, tre numeri, un campanello impresso sul citofono, gradini. Si sale. Scala maestosa. In marmo. Si spinge la porta. Si entra. Lampadari stupendi, come usciti da un romanzo russo. Sulla destra un bancone con gadget. Matite, gomme e altro. Logo, il Circolo dei lettori.

Due presentazioni di libri, in stanze differenti, ragazzi, ragazze, ovunque, in compagnia di un buon libro. Chi con le 50 sfumature e chi invece inizia il suo 51 libro, in un anno, in controtendenza a quel che succede nel nostro Paese. Altri, semplicemente sfumati, dopo una giornata di lavoro. Alcuni aggiornano il blog, sezione libri, altri sfogliano La Stampa, box eventi.  Al bancone del bar alcuni attendono, libri alla mano. Anche l’attesa per un caffè è un momento ideale per leggere un paio di pagine. Il caffè lo si puo’ gustare ordinandolo al bancone  col nome di un capolavoro. Le notti bianche, invece, contrariamente a quanto afferma il titolo del libro del grandissimo Dostoevskij, ha un gusto di mare, di sole, profumo di abbronzante. Profumo d’estate, di sogni, di gloria.  Le sue pagine hanno un gusto di attesa, un odore di treno, di altoparlanti delle stazioni, di orologi, di annunci di ritardi e coincidenze. Ricordi:  giornali freschi di stampa e di notizie. Eppure le notti bianche hanno proprio quel gusto: semplicemente e soltanto di notti bianche passate senza chiudere occhio, rinchusi per ore in uno scompartimento insieme ad altre cinque persone che mai si erano viste e mai si rivedranno, coabitazione forzata e volte piacevole all’interno di uno scompartimento, microcosmo in movimento. Un fischio impone a quei undici vagoni la ripresa del viaggio. Altri attori e spettatori. Chissà. L’attesa consumata nell’attesa,  ad aspettare che si facesse alba, una volta a destinazione, nei pressi di una fontana della stazione, così, tanto per lavarsi il viso, togliersi di dosso quell’odore ferroso di treno. Lavarsi, acqua fresca, quando le mattine estive lo permettono. Un bus passa davanti i pochi passeggeri che lo attendevano. Salita, discesa,: divieto d’acceso. Chissà che fine hanno fatto le macchinette che erogavano i biglietti direttamente sul bus. Direzione centro. Direzione porto. Meglio, prima, un caffè, una brioche, anzi due. Profumi sovrapposti, irriconoscibili, a parte il caffè. Un paio di palazzi, a piani alterni, presentano luci accese. La vita comincia. Sembrano occhi, e il palazzo un viso. Una radio, o una tv, gracchia: la bocca del palazzo che parla, chissà se anche della verità. Rumore che stride con tanto silenzio. La notte è ancora lunga, anche se, d’estate è più corta. Ferrovieri e ferrotranvieri. Chi ha terminato il viaggio, da compartimento a compartimento, chi si appresta, ciambella alla mano, a scorrazzare continuamente passeggeri di “ogni classe” e  d’età. I trolley rumoreggiano sul selciato. Qualche studente fuori sede fa ritorno a casa. Nord, Sud. Non importa. Un altro viaggio. Chissà per quanti anni. Università, lavoro, futuro.  Il cavalcavia, la pancia di una nave che inghiotte auto, tir e ogni altro mezzo, lampare , un treno rumoreggia, entra in altra pancia, quella della galleria cittadina. Dall’altra parte del mare, la Jugoslavia. Alle spalle, a kilometri da qui, la città eterna. Roma. Le notti bianche, un libro di vita. Quante passate e quante da venire. In fondo, è vita.

La Federazione della Sinistra intende sbarrare il passo a Cota.

Petrini (Segr. reg. PRC) e Chieppa (Segr. reg. PDCI):
La Federazione della Sinistra intende sbarrare il passo a Cota.
Il PD scelga con chiarezza cosa vuol fare: una coalizione di centro–sinistra o una coalizione di centro e basta?

La Federazione della Sinistra intende sbarrare con decisione il passo a Cota. E’ indispensabile che le forze della sinistra e democratiche facciano ogni sforzo per impedire che la Regione Piemonte sia guidata da una coalizione di destra, per di più capeggiata da una figura come quella del leghista Cota.

E’ chiaro che per farlo occorre una coalizione di centro sinistra, non di centro e basta, come alcuni sembrerebbero volere. Per battere le destre occorre infatti chiarezza programmatica e di indirizzo politico, non confusione e spostamenti al centro.

In questo senso il PD non può mantenere l’ambiguità che ha nel rapporto con l’UDC. Le forze che sostengono Bresso hanno deciso unitariamente, nell’ultima riunione di maggioranza, di ripartire dalla coalizione uscente per la discussione del programma. E così andrà fatto.

Nello specifico noi crediamo che la discussione dovrà riconfermare alcune scelte di fondo. Per esempio: rafforzamento della sanità pubblica, no al nucleare, aiuti e sostegno per i lavoratori, necessità di un piano dei trasporti che risponda alle esigenze dei pendolari e tuteli l’occupazione dei ferrovieri. A meno che non si voglia cedere ai vari diktat interessati che l’UDC lancia a mezzo stampa: più privati nella sanità, sì al nucleare.

Noi siamo contrari. Il PD cosa pensa?

Il Pd non può continuare a comportarsi da irresponsabile e rischiare di far saltare la coalizione di centro-sinistra. E lo diciamo chiaro da subito: l’ipotesi di diritto di tribuna che il Pd vorrebbe “concederci” è del tutto inaccettabile.

Torino, 17 Dicembre 2009