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Natale

Torino 25 dicembre 2014. Piazza Castello, foto Borrelli RomanoTorino 25 dicembre, piazza Castello. Foto, Borrelli RomanoNatale 2014. Torino. Durante la notte, dalla strada entrano dalle finestre i migliori auguri scambiati da quanti sono di ritorno dalla Santa Messa di Mezzanotte, da uno dei santuari o basiliche della nostra città. La Consolata, Maria Ausiliatrice sono a due passi da qua. Qualche bottiglia e un cin-cin, bicchieri di plastica a portata di mano e una fetta di panettone, in uno degli angoli di Torino dove un tempo correva il treno e il trincerone tagliava in due questo spicchio di città.  Una città che si sveglia lentamente e pigramente, si distende come l’alba. Qualche chiazza di rosa qua e là annuncia che si,  è ormai quasi alba. Una volante dei carabinieri inchioda, si porta via qualcuno mentre  altri ritornano al solito posto, al solito commercio. Altri “corrono” e si preparano a “fare posto” alle  numerose calorie in procinto di “entrare”  nell’organismo con il pranzo  di Natale. In piazza Castello l’ultima casella del calendario è stata “abbattuta”  e ora annuncia a tutti il lieto evento.  Altri allietano i torinesi con giochi vari, mentre i bambini ripassano velocemente le loro letterine. Tra poco inizieranno le danze……….intorno alla tavola. Intanto, per la cronaca, difficilissimo trovare un bar aperto  per sorseggiare un caffe’ e dare sveglia, carica e ricarica. Verso la meta’ di via Garibaldi una stellina ne indica uno aperto e pronto per l’accoglienza.

Nel pomeriggio……….una lettura alle letterine sull’albero, posto nell’atrio della stazione di Torino Porta Nuova. Atrio che diviene letteralmente palestra dei sensi. Bancarelle stile casette olimpiche (già, le Olimpiadi…passion, lasciti e lasciati, fondi, fondazioni, pagine scritte e da scrivere) fanno da perimetro alle scale mobili e profumi di dolci, salumi, formaggi e molto altro investono ogni avventore della stazione, viaggiatore o meno che sia. Quindi, non soltanto trolley….e sogni che viaggiano. Vediamo allora cosa ci raccontano le letterine da ogni provenienza…Quanto amore e quanti maglioni con renne impresse…Torino 25 dicembre 2014, tabellone orari Porta Nuova, foto, Borrelli Romano.Torino 25 dicembre 2014, atrio stazione di Torino Porta Nuova. Letterine sull'albero, foto, Borrelli RomanoTorino 25 dicembre 2014, atrio stazione Porta Nuova, letterine sull'albero, foto, Romano BorrelliTorino 25 dicembre 2014, atrio stazione, Porta Nuova, foto, Romano Borrelli. LetterineTorino 25 dicembre 2014, letterine sull'albero a Porta Nuova, foto, Borrelli RopmanoTorino 25 dicembre 2014, letterine sull'albero di Natale, atrio stazione Porta Nuova. Foto, Romano BorrelliTorino 25 dicembre 2014. Atrio Porta Nuova. Letterine sull'albero. Foto, Romano BorrelliTorino 25 dicembre 2014. Atrio stazione di Porta Nuova e letterine sull'albero. Foto Borrelli RomanoLe letterine le trovo particolarmente interessanti, forse sarebbe stato utile scrivere il pezzo sul nostro giornale quotidiano  aspettando qualche giorno, forse avrebbero avuto una lettura differente rispetto a quella data giorni fa…chissà. Un caffè ai distributori automatici per dare un’occhiata alle mete più gettonate. Bicchiere alla mano scopro qualche negozio aperto all’interno della stazione (libri e altro da…scoprire, come da pubblicita’).

Dalla lettura del tabellone orari e localita’ mi fanno riflettere…Come è lontano il mare…anche se, si, ci vorrebbe il mare….Il mare e’ poesia, da sempre. Peccato non averla conosciuta prima.

Da qui, un salto in via Roma, a vedere le Luci, d’Artista e le fontane di Piazza Cln.Torino 25 dicembre 2014, facciata di Porta Nuova, foto, Romano BorrelliFontane “restituite” a torinesi e turisti dopo una bella pulizia eun restylingTorino 25 dicembre 2014, via Roma. Foto, Borrelli Romanosono tornate ailoro colori originari. Fontane che hanno il , ora domicilio su tale piazza dal 1936 e che nella loro bellezza sono sormontate dalle figure allegoriche dei fiumi Po e Dora Riparia. Un bel regalo sotto l’albero per i torinesi che per una storia di crepe e infiltrazioni erano stati “privati” dell’acqua e della lucedi queste due bellezze. Piazza  Cln nota inoltre per le scene del film Profondo Rosso di Dario Argento.Torino 25 dicembre 2014, Piazza Cln, foto, Borrelli RomanoUn tempo era qui, su questa piazzaTorino 25 dicembre 2014, piazza Cln, foto, Borrelli Romano (2) che veniva impartito  il “gancio” e lo start per le “gite” ai piani alti della “Rinascente”.Torino 27 dicembre 2014, piazza Cln, foto, Borrelli Romano

 

Storia di devozione tra fabbrica, edicola e altro. Quando un’ immaginetta sacra va in processione. A Torino

Storia di una immagine di Maria Ausiliatrce del 1973. Ritornata a casa, dopo un furto. Amorosi Teresa. Foto di Romano B.Storia di una immaginetta di Maria Ausiliatrice, del 1973. Amorosi Teresa. Foto di Romano B.Questa è la storia di una donna, Amorosi Teresa, nata a S. Arcangelo di Potenza  il 16 giungo del 1951.

Meglio. Questa e’ la storia di un’ immaginetta che va in processione. A Torino.

Lastoria di una mamma, come tante. La storia di una mamma, alle prese prima, con la crescita di due figlie, in una Torino operaia, forse grigia, negli anni ‘ 70 .Alle presse, poi. Una citta’ grigia ma anche un pochino rossa, come il colore di talune rose, di quelle che si vedono in alcune zone della citta’ il 22 di maggio dalle parti di Santa Rita. La storia di Teresa, una donna operaia prima, edicolante ora. ( a Torino, in via XX Settembre dove fin dalle prime luci dell’alba e’ presente nel suo chiosco a distribuire quotidiani alla nostra citta’).

Sposata con Guarini Luigi, nato a S. Arcangelo di Potenza..

Due figlie, G., e S. M. Una bella famiglia, con una storia importante alle spalle.

Teresa la incontro per caso. Nel cuore della fede della nostra citta’, un pezzo di terra racchiuso tra la Consolata, divenuta Patrona di Torino a partire dal 21 maggio del 1714 con atto ufficiale del Corpo Decurionale cittadino, il Cottolengo e Maria Ausiliatrice in quella che e’ la terra di Valdocco, don Bosco. Senza dimenticare che verso sud della citta’ dove un tempo erano di moda le tute blu, vi e’la presenza di Santa Rita. Venuta a sapere del dipinto di Maria Ausiliatrice, lasciato in dono, (almeno per il momento, dato che saranno in vista opere di ritinteggiaturanello stabile, ler sentito dire) agli occhi dei torinesi e non, che si trovassero a passare sotto quella casa di ringhiera da me ricordata, (opera attribuita ad un tal  Savino, proveniente da Minervino Murge, come riferito da alcu i condo ini dello stabile di via Caselle) ha cercato di trovare analogie e somiglianze in altra storia di forte devozione.  La sua. E la sua immaginetta, datata, rubata, ritrovata, confrontata, amata.Ma torniamo a questo nuovo racconto.

Teresa e Luigi, sposi nel 1972,  si stabiliscono poco fuori Torino, ad Avigliana. La residenza  stabilita in una casa in affitto,   di proprietà di anziane signore andatesi  a stabilire a S. Ambrogio, altro paese a qualche km dal capoluogo. Teresa, una giovane sposina, 21 anni, con tutta la vita davanti. Gioia, felicità e tanti sogni nel cassetto. Il primo, una bella famiglia, coronata possibilmente dalla presenza e dalla gioia di bambini. Bimbe che presto arriveranno.  I tempi degli inizi per la nuova sposina , sono un po’ lenti, a dire il vero, al pari di quelli dei bambini quando si trovano ad assistere a qualche funzione, in una delle tante Chiese sparse nel nostro Bel Paese. Tempi lenti, in attesa di notizie dal paese d’origine, arrivate, per come si usava in quel tempo, nella buca delle lettere. Il telefono era un lusso, almeno in quel periodo. Un paese d’origine lasciato all’inseguimento del grande amore, Luigi.

Edicola via XX Settembre, Torino. Foto, Romano Borrelli

Di tanto in tanto, nelle cassette delle lettere,  Teresa ne ritrova alcune, a lei indirizzate, mischiate ad altre, non sue, ai Bollettini Salesiani, riviste collegate al  Santuario. Riviste intestate alle due signore anziane, proprietarie dell’appartamento. Le riviste, in realtà, sono indirizzate alle proprietarie dell’alloggio, che a fine mese, si recano in loco per ritirare i soldi dell’affitto e la posta. Teresa, le apre, le sfoglia.  Comincia ad interessarsi  e approfondire temi teologici. Forse, in queste, è “inscritto” un destino. Intanto, dalla lettura del Bollettino impara  di tutto un po’. E comincia a conoscere paesi lontani, usi, abitudini, costumi diversi e soprattutto  a sapere chi sono  Maria Ausiliatrice, don Bosco,  e cosa fanno le attività missionarie. Inoltre, si appassiona alla lettura delle suppliche, guarigioni,  miracoli,  promesse. Non è suggestione, ma un interesse da approfondire. Un interesse che matura, giorno dopo giorno: dalla religione alla geografia alla storia sociale ai costumi.  Al proprio credo. Per ogni numero di ciascuna rivista , si ritrova sempre più ricca , grazie alle storie altrui. Un Incontro, sempre più ravvicinato. Con l’Altro.  Storie stampate, illustrate, vissute empaticamente.  Al termine di ciascuna storia, di ogni articolo,  si ritrova a ribadire la stessa promessa: appena le sarà possibile, partecipare a quella bella missione cominciata con una Ave Maria. Un abbonamento e un’offerta per le missioni.

Teresa, nel marzo del 1973 rimane incinta. A fine dicembre dicembre nascerà  G. che allieterà la vita di Teresa e Luigi. Il pensiero della futura mamma corre immediatamente ad altre Scritture. Giulia, in realtà, in onore alla Madonna, avrebbe dovuto chiamarsi G.M., ma, si sa, spesso,  tra una corsa e l’altra, all’anagrafe ci si dimentica di qualcosa. In questo caso, di un pezzo di nome.  Una dimenticanza, cosa che non accadrà invece per un’antica promessa pronunciata al termine della lettura di ciascun numero del Bollettino e delle opere salesiane. L’offerta promessa, “s’aveva da fare”.  Saranno  5 mila lire l’equivalente dell’offerta relativa alla promessa. Non molto, ma tanto, se tenuto conto che il solo “portatore”  di reddito famigliare era il solo marito. E con i ringraziamenti del Bollettino Salesiano, nella buca delle lettere è inclusa anche  una bellissima immagine di Maria Ausiliatrice, di quelle di un tempo, con lo sfondo verde. Da quel momento in  poi,  l’immaginetta sarà custodita nel portafogli come una reliquia. E nel cassetto dei sogni e delle promesse ben presto ne aggiungerà un’altra. “Se avro’ la fortuna di avere una seconda bambina, il suo nome sarà anche Maria”. E così,  in agosto del 1976 nascerà la seconda figlia, S.M., in onore della Madonna e col ricordo dell’Ausiliatrice.

Ma Teresa, nel frattempo, oltre che fare la mamma, di cosa si occupa?

Dal 24 maggio del 1979 al 24 maggio del 1989 lavora in Fiat, come operaia,  a Mirafiori, reparto carrozzeria, verniciatura. Forse quanto si dirà successivamente lascerà   in alcuni dello scetticismo, ma  per Teresa, questo non importa. Il credo e’ personale vissuto in maniera ecclesiale. La coscienza non va coartata, e Teresa risponde alla sua . Continuando il racconto della   sua storia,  si comprende che per lei, le date diventano anche un simbolo. Una parentesi con corsi e ricorsi a leggere le cronache. Elezioni europee alle porte, devozione quotidiana.

Il concepimento, la nascita della figlia, il 24 maggio la data di assunzione, il 24 maggio la data di licenziamento.  Molto evangelico, il tutto. Mirafiori, una tappa fondamentale. Per l’inizio e per la fine della storia.  Immaginare il viale alberato torinese, con il tram dieci o novantuno che corrono, su quei binari, carico di lavoratrici e lavoratori. Lavoratrici e lavoratori carichi di pensieri all’andata e  di fatica e stanchezza al ritorno, alleggeriti di ogni forza e di tempo sottratto dalle catene, dalla vernice, dalle carrozzerie.    I tram stancamente raggiungono il capolinea, nel viale alberato di Corso Tazzoli. Donne e uomini si apprestano, in procinto dei cancelli, meglio, le porte,  a mettere mano ai propri portafogli. Il mitico tesserino, un’occhiata a qualche fotografia, che ritrae la famiglia, i figli, il fidanzato, la fidanzata. Teresa, oltre a questo, concede un’ulteriore occhiata alla sua immaginetta dell’ Ausiliatrice.  Un pensiero, una richiesta di aiuto e protezione costante, per sé e la propria famiglia. Una compagnia in ogni movimento, ripetuto all’ossessione. A fine turno, poi, un saluto, alle colleghe, i colleghi, e alla sua Madonnina, riposta all’interno del portafogli.  Un ringraziamento per aver superato indenne quelle otto ore incatenata  ad una fabbrica.  Scorriamo le cronache di quel giorno. Il 24 maggio del 1979, viene  ricordato dalle cronache cittadine perché un detenuto,  andato, insieme ad altri, in  pellegrinaggio a Lourdes, non farà  più  ritorno alle  carceri Nuove di Torino.  Altre notizie da Mirafiori, proprio lo scatolone manifatturiero  in cui Teresa lavora. 24 maggio: le cronache ci raccontano  un gravissimo atto di intimidazione contro militanti e attacchini del Pdup.  Devozione,  luogo di lavoro e ancora devozione si concentrano nella quotidianità di Teresa, che osserva fuori  dal finestrino del tram, dalla catena di montaggio e nel frattempo,  cresce dentro.Sovente in questo periodo ricorda come collghe e colleghi di lavoro, dopo qualche fermata ditram erano soliti scendere, per un saluto veloce, di devozione, a Santa Rita.

Il  24 maggio, festa di Maria Ausiliatrce. La processione è alle porte, proprio come a migliaia, che entravano ed uscivano dalle porte di Mirafiori. E ad ogni entrata e uscita dallo stabilimento, quella Madonnina è la fedele compagna di viaggio e di lavoro di Teresa. Immagine custodita gelosamente all’interno di quel portafogli.  L’immagine sarà fedele compagna della nostra narratrice  fino al  mese di giugno del 1999  quando in seguito ad un furto del portafogli e del suo contenuto, si perderanno notizie della “reliquia”.  Una compagnia durata  26 anni. Una vita.  Le pene  di Teresa per questo fatto sono enormi. Per lei  era come avere, sempre con sé la propria famiglia. A quell’immagine confidava e affidava molto. Quell’immagine era Altro, per Teresa. Era tutto. L’assenza dell’immaginetta dura una decina d’anni.

Nel 2009,  sul finire dell’estate, durante le pulizie che Teresa svolgeva  in casa,  si  ritrova, inspiegabilmente,  l’immaginetta che rubata  dieci anni prima. Il ritrovamento avviene all’interno di  un cestino di vimini, in una stanza usata un tempo dalle figlie. All’interno di un cestino di vimini più volte movimentato nel corso di quegli anni, di quei mesi, prima del ritrovamento. Nel suo interno  vi erano contenuti oggetti quotidiani utilizzati d’abitudine. Una pinzatrice, ad esempio, utilizzata poco tempo prima di partire per le ferie d’ agosto. “Strano, ho pensato. Ho utilizzato questa pinzatrice ad agosto, prima delle ferie, e non mi sono accorto della sua presenza”. Il ritrovamento dell’immaginetta si accompagna ad episodi particolari, personali, intimi e delicati di Teresa. Episodi che toccano direttamente la salute, racconti di sofferenze e malattie troncate sul nascere, miracolosamente. Guarigioni  che, la stessa interessata attribuisce a qualcosa di grande, misterioso, miracoloso. Una storia di referti e cartelle cliniche, che agli inizi lasciavano presagire qualcosa di cattivo, e che invece, hanno avuto, fortunatamente per Teresa un’altra storia. L’immaginetta è tornata a casa, o forse non l’ha mai lasciata, la casa,  e questo vorrà dire qualcosa.  Teresa non si pronuncia, né pretende che si accetti questa storia per come la intende lei.  E’ una donna che lascia liberi di credere o meno. Era importante per lei, socializzare l’immagine dell’Ausiliatrice e sulle ricorrenze. In definitiva, sul 24 maggio.

Teresa la potete incontrare al mattino, presso la sua edicola, in via XX Settembre, a Torino, dalle cinque del mattino alle tredici. Dopo pausa pranzo, si reca qui, nella Basilica di  Maria Ausiliatrice, dove l’ho incontrata ,  e dove con tanta devozione continua a pregare per sé e per altri. Terminata le preghiere,  è solita accende una candela. Ad osservarla da lontano, nella sua compostezza, davanti a quel treno di candele, viene da  pensare a quanto mistero si trovi in una candela, nella luce, all’interno della Luce.

“La luna è splendida in questa calda luce serale, proprio come la fiamma di una candela è bellissima nella luce mattutina. Luce nella luce. Sembra una metafora di qualche sorta. Mi sembra una metafora dell’anima umana, la luce individuale racchiusa nella grande luce universale dell’esistenza” (tratto dal libro Gilead).

Abbiamo voluto fare luce, nella Luce, su una storia. Di un ritorno a casa. A questo mondo, non abbiamo una casa. Ma quell’immaginetta, ci è voluta tornare. Forse dopo una lunga Processione. La storia di una immaginetta che va in processione per le strace di una citta’.

La mia Torino 5

La mia Torino 5. Tra storia locale e devozione.

Maria Ausiliatrice, dipinto su muro di casa di ringhiera, Torino. Foto, Romano

Un dipinto, di Maria Ausiliatrice,  realizzato da una mano ingenua, ma non priva di fantasia.  Una casa di ringhiera. Ballatoio. In un grande corso di Torino. La Basilica dall’altra parte del corso. La Consolata a cinque minuti e poco distante, il Cottolengo. Da queste parti, tutto, dalla farmacia, alla trattoria, alla gastronomia e persino le paline dei bus, ricordano l’Ausiliatrice, e don Bosco. Il dipinto. Da notare la sfera del mondo, con la sola Italia. E sull’Italia, e sul mondo, una Croce. Raggi, colorati, anzi, multicolorati,  e l’incorniciatura, con colonne, attorciliate da una pianta rampicante. Immagino, il pittore, il residente in questa casa, circa trenta anni fa, nel mentre disegnava questa bellezza in una costruzione, a guardare dalle buche delle lettere, che parla dialetti, Sud,  meridionali, lavoro, fabbrica e terra, lasciata, giù, “Sud”. Forse pensava al calore del suo paese, quello umano, e quello del Sole, “costretto” qui, nelle nebbie, a tracciare qualche raggio. Il signore che ha dato corpo a questa bellezza, era originario della Puglia, delle Murge.  Esattamente, Minervino Murge. Un tal Savino, dicono. Perché impossibile rintracciare oltre della sua identità. Avrebbe superato gli ottanta. Di anni. Ritornato al proprio paese. Nessuna traccia ulteriore. Solo questa. Ricchezza portata dal Sud. Ho provato ad immergermi in questa realtà, provare a chiudere gli occhi e respirare un po’ di quel periodo. Valige di cartone, legate, con lo spago, dopo l’arrivo a Porta Nuova, immersa dal vapore e dal fumo.  Le scale, la ringhiera, le buche delle lettere, che in molti casi, contengono solo cartacce datate. Lettre di suppliche, raccomandazioni e solitudine, talvolta non comprese.  Lettere, emozione, quando arrivavano, inaspettate, e, desiderate, volute quando i pc e le mail, non si sapeva neanche cosa fossero. Lettera di un amore. Dal profumo di mare, di sud, imbucate nei pressi di qualche stazioncina, perchè si sa, dalle stazioni, arrivavano prima. Lettre che sanno di attesa e di ricongiungimento. Lettere scritte a penna, o, per chi poteva, con una macchina da scrivere, una L 28.  I campanelli, che bisognava “girare” per farli suonare.  A metà della prima rampa di scale, un’ulteriore immagine, della Madonna.Foto Insegna Farmacia Dell'Ausiliatrice. Torino. Foto Romano B. Questa più recente. Ho provato a sentire qualcuno, qui, nel condominio di questa casa, a proposito del pittore. Voci dicono che presto saranno effettuati lavori di pittura, nello stabile. Mi piacerebbe rispettassero questo dipinto, insieme alla persona che ne ha lasciato il segno. Sarebbe stato bello vederlo qui, il rosario.  Sia da vicino che ad una certa distanza, mi capita di pensare a quei raggi, al profumo di aria, marina. Sud, terra rossa. In molti lettori, hanno chiesto di documentare, qualche momento di devozione nella zona, nella circoscrizione 7, dalle parti di Valdocco, Maria Ausiliatrice. I cortili, dove talvolta non si poteva giocare, dove talvolta fiorivano lavori e vita di lavoratori. Cortili, come ritrovo. Riproduzione fedele di piccole altre realtà. Una ventina di persone, a recitare il rosario. L’acqua e le candele. Non so, ho pensato al Battesimo e alla candela, luce nella luce. La notte che lascia il posto all’alba, il miracolo dei colori. Alzarsi e vedere le sfumature dei colori, e pensare e osservare. Un po’ come quel dipinto, in una casa di ringhiera. Forse ripensavo ad alcune bellissime pagine di Gilead. O forse al grande lascito come dono che alcune persone ci fanno. Dono e perdono. Il dipinto è davvero bello. Meriterebbe di essere valorizzato e possibilmente tutelato. Speriamo che le autorità cittadine ci pensino. Non conosco le regole condominiali, ma penso che questo sia patrimonio di tutti. Penso che il Sig. Savino, (se la memoria di una persona anziana che mi ha riferito in merito al pittore, non è stata tradita) così lo intendesse. Un omaggio per tutti i torinesi. Un ricordo, anzi, un ricordino. Da queste parti, sono tanti, per ogni ricorrenza.  Non sarebbe male, come idea, abbinarla per un Cin-cin.

(ps. un grazie a d. Natale, che ha dato un contributo per la “lettura” del dipinto).

Torino. Interno. Casa di ringhieraTorino. Cortile e devozione popolare

“Lettera 28”

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Il Bicerin di Torino. Davanti alla Basilica della Consolata
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Piazza Castello. Torino. Una sera d’inverno

Non so se sia la vicinanza della Holden e dell’aria che emana e che sei indotto a respirare a trasformare ogni pensiero in una narrazione o se davvero ogni cosa possa essere come una lampada, grattarla, e oplà…storie, personaggi e persone.  In una carta d’alluminio, conservo il cibo serale. Una semplice patata. Un tubero. Allo scartare, profumo di mare. E più la scarti, come le caramelle, più ti accorgi di quanto sono dolci. E più le scarti, più rimbalzano storie.  A guardarla, questa piazza… Seduto su questa panchina la osservo, la piazza, con cura, con attenzione. Ripenso a quelle mani intrecciate, che insieme attraversano la piazza e il corso della vita.  La Mole, a due passi, occhieggia. La stella, in cima, indica la traiettoria. E’ bussola per il cammino. Ai suoi piedi, lettere smarrite e ritrovate, e personaggi “evaporati” e dissolti nelle nebbie. Lettere di Natale, e Natale di letterine, dissolte anche queste, “ricercate” da qualcuno. E lettera 28, di prossima pubblicazione.  Ogni cubetto di porfido posto sotto i miei piedi pare un tasto, una lettera. A, S, D, F… Una enorme macchina da scrivere. Torino 18 ottobre 2014. Foto, Romano BorrelliDi quelle nere. Bellissime. Lo zio Vito ne possedeva una, sulla  sua scrivania. Un po’ come La Stampa per un torinese, una L 28 è per un eporediese. Lui, così ligio al suo dovere, chissà quante pagelle avrà compilato con quella bellissima L 28. Una lettera 28, di Ivrea. E Ivrea significava Olivetti.  La spolverava e ammirava ogni giorno. Quasi come fosse una bella ragazza. E una bella, lo è per davvero. La professoressa T. pone un foglio, bianco, sopra la tastiera, affinché gli studenti non vedano dove sono posizionati i tasti. Ci si avvia, così, lentamente, a scrivere, una pagina di storia. Forse un libro, in capo al biennio di corso.   A, s, d, f, moltiplicato tre righe. Michela e Paola, sono le più brave. A ruota, seguono Riccardo e Danilo. Io, faccio come posso. A pigiarli, tutti quei tasti, sull’ immenso foglio, che si chiama piazza Castello, l'”inchiostro immaginario” comincia lentamente a colare, colorare e  riempirla, la piazza,  di contenuti, persone, storie, città, anni. Lentamente, lo svolgimento, del tema, prende “corpo”. Una pergamena, con qualche “bruciatura“, ma ricca di contenuti. Un bel tema. Lentamente, la srotolo e la leggo. Una storia, nella storia. Che continua a fare storia.

 

“Il Bicerin era pronto davanti a me, sul bancone di quel caffè storico, della città più affascinante che io abbia mai visitato. Certo erano diversi fattori a produrre quell’eco, quel richiamo, arrivato fino al mare. La promessa di una vita più solleticante. Un senso di ordine, l’assenza di frenesia, una certa eleganza. Il romanticismo. E l’accoglienza della casa di lui, di lui indaffarato a preparare un piatto di pasta di rara bontà. Sapori del Sud, genuini. E la cura. Delle sue mani guantate avvolgenti le mie, nude, per impedire al freddo di penetrare nel cuore di quell’intreccio. Della sua voce, la sera, che leggeva i passi di un libro a ripercorrere gli stessi posti di qualche ora prima. Forse voleva fissare nei miei ricordi quelle immagini, ma non sapeva che le stesse immagini non solo si erano fissate ma si erano fatte emozione, sogno, speranza, tanto da concedere alla mia mente stanca un repentino abbandono al sonno. Come una bambina avevo bisogno di essere rassicurata per dormire. Ma ancora non sapevo di quella ninnananna, davanti a quel bicerin. Faceva venire l’acquolina in bocca, un triplo strato di cioccolata, caffè e fiordilatte, perchè, si sa, la vista e il gusto vanno a braccetto. E vanno a braccetto anche con le emozioni, i sentimenti, i ricordi, piacevoli o dolorosi. Il cibo è soprattutto cibo dell’anima. Sarà per questo che quel ghiacciolo era così succoso a Superga. Incomparabilmente più squisito di qualsiasi altro ghiacciolo al limone. E sarà per questo che a volte, pur volendo ed essendo sul punto di gustare qualcosa, ci tratteniamo dal farlo. Perchè vivere, nutrirsi, amare, decidere, crescere potrebbero evocare fantasmi. Abbiamo sempre bisogno di qualcuno che ci racconti una favola. O una storia vera, magari piccola piccola ma pregna di grande valore. Lui ha continuato a raccontarmele le favole, da lontano, con un blog. Un appuntamento quotidiano con numerose e variegate storie che solo i suoi occhi potevano cogliere e anticipare. Proseguì quel giorno la passeggiata, mano nella mano, fiumi di parole che non ci eravamo forse detti, ma anche momenti di silenzioso ascolto, delle cose nuove che la città sembrava promettere a entrambi.”

La lettera di una sconosciuta è stata riposta nella biblioteca di famiglia. Questa, è la lettera di Marina. Scritta da una formidabile …L 28.

Don Bosco a Torino: in Duomo

DSC00207Dopo un lunghissimo peregrinare, l’urna di don Bosco, con la “mano benedicente” è arrivata a Torino. Rintocchi di campane. Sbandieratrice e sbandieratori sotto la neve, e gente pronte ad accogliere l’urna in Duomo, sotto una abbondante nevicata. In attesa del grande rientro a Valdocco. A casa. A Maria Ausiliatrice, tra i Salesiani. Causa neve, una modifica rispetto al “rientro”. Niente più cavalli. Confermata la processione dalle 22.15 ma con percorso più breve, dalla Cattedrale alla Consolata e poi a Maria Ausiliatrice, dove si esibiranno gli artisti che avrebbero dovuto esibirsi lungo il tragitto, e dove, sempre a Maria Ausiliatrice,  il Rettor Maggiore  Don Pascual Chavez darà la buonanotte. Come era solito fare don Bosco con i suoi ragazzi.

Ps. Mi pare davvero importante ricordare l’attività febbrile svolta dal santo sociale per garantire  e normare quei diritti nel mondo del lavoro che, in quel tempo, mancavano.  Soprattutto per tutelare le fasce deboli, i giovani che si apprestavano, come apprendisti, all’attività lavorativa. Utile ricordarlo oggi, in un mondo del lavoro sommerso da una  babele di contratti. Utile ribadirlo, nella nebbia odierna, dove, il lavoro non si sa più dove è di casa, e la residenza è “sdoppiata”, tra legale e fiscale.

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Tornata. Mai

DSC00186Qualche lettore del blog ha chiesto gentilmente una foto della Consolata, dove sono raccolti gli ex voto. A Torino. Eccola. Per quanto riguarda “tornata”, il nuovo tormentone, si potrebbe dire: mai. Interrogata la finestra, nessuno rispose. Dalla finestra, osservo la neve, scendere, lieve, dolce. Per oggi era prevista. Chissà fino a quando. DSC00185

Tra la Consolata e Santa Barbara

DSC00172Scrivendo della storia del Signor Antonio Corapi e dei nuovi locali per Torino, uno dei quali, posto tra via Bertola e via Assarotti, qualcuno ha scritto chiedendo informazioni maggiori su “ex voto” della Consolata e su di un’opera all’interno della Chiesa di Santa Barbara ( dove “qualcuno ci vede Lenin che incita le masse”).

DSC00178Per quanto concerne gli ex voto della Consolata, utile sarebbe andarci, osservarli e leggerne le storie molto attentamente.

Per quanto riguarda Santa Barbara, recarsi in via Assarotti 14, tra via Cernaia e via Bertola.

Chiesa edificata già nel XVI secolo all’interno di quella che è “la cittadella”. Chiesa in seguito ricostruita poi, tra il 1867 e il 1869.

A sinistra ex voto della Consolata. A destra, interno laterale della Chiesa di Santa Barbara.

Tornata

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DSC00163E’ tornata? Chi? Cosa? Si puo’ dire qualunque cosa? E’ cambiato il nuovo modo di comunicare? Libertà, responsabilità. Etica, estetica. La prima, che non cambia, la seconda, si. E poi, gerarchie, priorità.  Pensieri, che si affacciano alla finestra. Dando il benvenuto. Anzi, bentornata. All’ultimo piano, qualcuno ha scritto ” tornata”. Sotto la Mole, a due passi dall’anagrafe, i residenti, ora, aumentano di una unità.  “Sopra” la Mole, una mano anonima, ma non tanto, a meno che qualcuno non si sia aggrappato fin lassù usando la grondaia ha scritto: “Tornata”.  E’ tornata la neve? E’ tornata una lei?  Soprattutto, dove era andata? Dove era stata?  Università, lavoro, gita? Le persiane, aperte, inducono buoni pensieri. Hanno l’aspetto di due braccia aperte, in segno di accoglienza, davvero di bentornata. Aria fresca, in ogni vano. Deve esser stato triste, per chi abitava lì, patire  l’ assenza di chi ora invece è tornata. Quella finestra, ora pare un sorriso. Ora qualcuno potrà immaginare un arcobaleno in cima alla Mole, perché “tornata”.  La giornata è davvero rigida, fredda, come da programma, dei giorni della merla. Pero’, il cielo è davvero bello. Sarà quel tornata, che rende diverso, migliore l’umore. Anche nella solitudine si è meno soli. Un campanile batte le ore. Il suono sembra recitare: “tornata, tornata, tornata…”. Sarà per la Chiesa a due passi, ma un sottointeso pare essere il finale de “La mite” di Dostoevskij: “Uomini, amatevi reciprocamente“.   A pochi passi dal mercato di Porta Palazzo, nel centro di Torino. “Cielo gotico su un inverno di neve, cielo di poesia“. Cielo che comincia ad annunciare neve. A tratti. In un “scendo non scendo”.  E il coro di ombrelli, che risponde a tono: “apro e chiudo”. Gente che torna dal mercato, o che si reca.  Gente che torna dall’ufficio, dal lavoro. Il sale per le strade della città, è stato già versato, fin dalle prime luci dell’ alba. Bianco. Lunghe strisce di sale. La macchina organizzativa, è pronta. Anzi, è tornata. Ma per ora,  è solo tornata la pioggia. Invece della neve. Per ora. Insieme a quella, tornata, è, la speranza.

Una storia importante

DSC00125Treni, gallerie, stazioni illuminate, città, attese, partenze.  Anche se inflazionati,  è proprio coi treni e dai treni che si è scritta e continua a scriversi la storia. E forse, fin dal principio, è nel sogno di tutti i bambini lavorare nelle stazioni. In molti, da piccoli, almeno una volta, hanno immaginato di fare i facchini alla stazione e sognare, di partire, di vivere le storie altrui. Oppure, il capotreno, a controllare biglietti e scambiare qualche parola, almeno fino all’arrivo della stazione. Fazzoletto verde in mano, fischietto e cipolla nel taschino. O ancora, il macchinista. Ancora, l’addetto alla posta nel vagone postale. Quando le mail non esistevano ancora. E quante volte nella vita, da bambini, con i trenini, non abbiamo immaginato di vivere quelle situazioni? Partire.  E arrivare. Nelle stazioni è possibile raccogliere una umanità che in altri luoghi non trovi. Dai treni, “scivola” via anche gente che “sale” per cercare lavoro e che con questo ha contribuito a scrivere pagine di storia. Onorando la terra natia e quella di adozione. Gallerie. Luce. Vegetazione che cambia. Il ritorno d’estate, qualche giorno al mare. L’uscita dalla Fiat, l’ultimo giorno di luglio. La 850 carica. Poi la 127 e per chi poteva, il 128. La fine del primo turno. Le ferie. Poi Natale, per chi poteva. Lavoro. Torino negli anni ’70, l’arrivo dalla Puglia, dalla  Sicilia, dalla Calabria. Gente che ha fatto la storia, proveniente da cittadine lontanissime. E così ho cominciato a ricordare alcuni amici, provenienti da li, come Domenico, l’ingegnere cimentatosi con la scrittura, rendendo omaggio ad una piccola cittadina della Calabria, o ancora, Greg, con il suo “amico serpentello”, Mimmo Calopresti, il regista, e l’incontro al Circolo dei Lettori, sul tema Tyssen, e altri, piu’ recenti, in un “sali e scendi” Calabria, Torino.

A Torino, nel cuore del cuore della terra dei Santi Sociali, esiste un altro cuore, dove la “residenza” è di “casa”. A due passi dall’anagrafe, luogo di “residenza” o “domicilio”, e talvolta “unione-fusione-nascita” esiste un piccolo laboratorio, dove la creatività non sta mai ferma. Un laboratorio. Di sartoria, pittura, scrittura. Un laboratorio, a due passi da un altro “laboratorio”, il primo, in quella piccola terra chiamata Valdocco. Nel laboratorio, di proprietà del Signor Antonio Corapi si respira aria di mare, di Sud e di Calabria. I suoi dipinti parlano di vita e di storie di vita. Ma la Calabria è grande. Vediamo di precisare dove siamo esattamente in questo laboratorio.

Ci troviamo,  in Via Carlo Ignazio Giulio 27,  a Torino. Un laboratorio all’interno del quale trasuda una storia calabrese,  dalle parti di  Soverato.  Esattamente, quella di Antonio da Gasperina, a voler puntualizzare. Siamo sul Mar Jonio, in provincia di Catanzaro. Antonio descrive il suo paese natio posto “su una collina con circa 2.000 abitanti”.  “Arrivai a Gasperina a tre mesi. Sono nato a Montauro. Nel marzo del 1938“. A tratti, quella collina,  di Gasperina, “ricorda quella di Superga“. Il primo nucleo abitativo risale al VII-VII secolo dopo Cristo, quando le popolazioni rivierasche si spostarono nell’entroterra per sfuggire alle incursioni dei saraceni.  “Quanto dista il mare da casa tua”, gli domando.  “Il mare”, continua Antonio “dista, in linea d’aria, da casa mia, circa cinquecento metri; facendo i tornanti, un pochino di più”.

“Quindi, la Calabria, quella cittadina lì, non è famosa solo per i peperoncini” ,  esordisco facendo il verso a molti non appena sentono “Calabria”.

Osservando questi dipinti, possiamo dire che con la pittura, la  musica, le note e il “taglia e cuci” Antonio ha contribuito ad aprire una finestra ulteriore sulla tua terra. Un uomo che si trova ad osservare i dipinti di Antonio, coglie l’occasione per  ribattere: “Certo,  Antonio per la sua terra è fondamentale, importante; Gasperina  ha contribuito a dare i natali ad un personaggio versatile: pittore, compositore, sarto”. 

Ma qual è la storia del sig. Antonio Corapi, un uomo mite, carattere buono, dolce, versatile, occhi azzurri, capelli bianchi, “impregnato” di storia, proiettato verso gli ottanta?

Antonio, aDSC00119pprodato a Torino durante i mondiali, Mexico ’70. O forse, qualche mese dopo.  In treno. Tanto per cambiare.  Dopo aver fatto tappa a Milano, per un po’. Prima ancora, il militare, a Pesaro. “Per un po’”.  Il lavoro, il suo, come sempre lo porta a “riparare” abiti. Un buon sarto. Un lavoro che, prima delle delocalizzazioni e del made in china, “andava”. Poi, Torino. Altro lavoro. Un archivio. All’Enel. Tanti documenti. Storie altrui da seguire e  da ricostruire.  Per 35 lunghissimi anni. Documenti e scartoffie.  Quando i computer non si sapeva ancora cosa fossero. Nella sua vita, storie a colori. Giù, perché nel tempo libro, ha la passione per la pittura, per le tavole. E sulle tavole, si sa, molto è apparecchiato e molto è “anticipato” del futuro di un uomo.  Sulla tavola, molto fa comunione. Gallerie di vita illuminanti. Gallerie di corpi, di donne, di uomini. Di Santi. A tratti, in questo laboratorio, posto in Via Carlo Ignazio Giulio, 27, pare di essere in un’ala della Consolata.  “Gallerie” di volti simili ad ex voti, come il quadro raffigurante un terremoto e le sensazioni che esso provoca. E ancora tanti testi. Con “Testa”. Il suo superiore.  “Presidente. Dell’Enel”, ricorda con emozione Antonio. “Mi piacerebbe lo sapesse, che ho il suo dipinto, qui, in laboratorio”.  Intanto, il dito indica i dipinti e legge tra gli spartiti le note dei suoi testi.

Brani, scritti, divenuti canzoni. Alla Mamma, a Maria, (forse aveva già in mente qualcosa del Santo) ai fidanzati che cercano ma non trovano…insomma, “sfigati”. Girando e rigirando in questo microcosmo, scopro, tra i tanti quadri, che due in particolare sono dedicati a due santi, di queste parti: San Giovanni Bosco, che di qui a pochi giorni, una città intera, e non solo, festeggerà, e l’altro santo,  San Domenico Savio.  A Maria Ausiliatrice.

Quando e dove hai incontrato  don Bosco? “Già in Calabria, da ragazzo, sentivo parlare di don Bosco. Se ne parlava molto, giù da noi”. Poi, qui, a due passi dal laboratorio, all’ombra della Basilica,  la domenica è di precetto, andare a messa. “Tutte le domeniche mattine vado a messa”, a Maria Ausiliatrice,  racconta.  Da qui, vicino il Rondo’, la Basilica è a due passi. Col dito, li indica, i quadri. Tutti suoi.  Poi, indica le mani, da buon calabrese quale è che non dimentica mai le radici. La sua terra.  Mani che cuciono, rammendano, riparano.  Le mani suonano e cuciono. Pare di sentire il rumore della macchina da cucire, gli aghi, i manichini, pezzi di stoffe.  I “ginsi”. Mani che suonano. Da li, gli occhi muovono lentamente su altri quadri: a tratti sembrano ex-voti, di quelli che si possono ammirare alla Consolata, per qualche grazia ricevuta.  Un invito, al nostro quotidiano locale, di fare un giro, e provare a raccontarcelo, sulle pagine del giornale, come da un po’ si sta orientando. Tra storie di vita. Il mio intento,  senza presunzione,   è di fare una “pubblicità”.  Della sua storia. Un giro, lo merita. Davvero. Forse non ci saranno fotografie che lo ritraggono il giorno del suo arrivo, in bianco e nero, come pubblica da un po’ La Stampa, ma, merita davvero un riflettore, il signor Antonio.  E anche gli occhi, meritano di vedere tanta bellezza su tela. Portare alla luce insomma,  una storia, importante. La storia di Antonio Corapi è una storia che cuce e dona vita ad altre vite. La vera regina, in questa cornice di quadri è una macchina da cucire.  Quadri e macchina da cucire. Storie d’amore e di vita. Pare esprimano un solo comandamento.  “Uomini amatevi reciprocamente“. E così è stata concepita la vita di Antonio. Una vita intensa. E così, con quell’imperativo ha cercato di allevare ed educare i suoi tre figli: Vincenzo, Elisabetta, Maria Carmen.

Nella foto, il signor Antonio nel suo locale, dove dipinge, suona, scrive….

Antonio Corapi. Via Carlo Ignazio Giulio, 27. Torino.

Con la speranza che anche  negli Usa, che ti tanto in tanto leggono il blog, si accorgano di questi bei quadretti del sig. Antonio.

Vecchie nuove attività….

DSC00104Le stradine del centro di Torino, sono davvero meravigliose. All’ombra della Consolata, tantissimi negozietti che ne specificano il ritorno alle radici e il rifiorire di alcuni lavori che si pensava fossero andati perduti…..E invece……tra Corso Regina Margherita e via Garibaldi, nel Quadrilatero, ……..una concentrazione di negozi, di laboratori artigianali. Sartorie, abbigliamento, addirittura una cornetteria, e tanto, tanto altro. E tutto ciò, in continuità, fino all’altezza del Duomo. A sinistra, Porta Palazzo, a destra, il Comune. Nel mezzo, ragazze, ragazzi turisti, cartine alla mano, alla ricerca di questi luoghi. DSC00103