2 agosto. Il treno corre, i momenti di spensieratezza alle spalle e tra poco identica sorte tocchera’ al mar Adriatico: lasciata Rimini, sulla destra, direzione Nord, mentre si allontana sempre più, col suo porticciolo, il ponte, l’arco, e mentre l’intercity Pescara Milano accelera la sua corsa e rende sempre più distante ogni cosa. È sempre triste lasciarsi cosi, ma è la vita, il suo corso, e la corsa di questo treno. Poi, molto sfuma, “vola” via: alberi, case, trattori, terra appena lavorata. Frutta, alberi da frutta, chi la raccoglie, chi no, cassette piene e vuote, lavoro, uno stadio, sulla sinistra: e’ Cesena, che “mi ritorna in mente” quando era in serie A, con un grande giocatore, passato poi al Torino. E’ Cesena, che il “notturno”un tempo rasentava la cittadina alle 0.1. 50, e in tanti a correre al finestrino, quando l’aria condizionata ancora non c’era e piaceva godersi la notte a molti. Ed erano sicuramente certe notti. E piaceva guardare davanti, che indietro c’era rimasta la fabbrica e le sue porte e finalmente si era in ferie! E pace alle zanzare e a quel caldo appiccicoso. La tredicesima rendeva un pochino piu ricchi, e con quella e lo stato di famiglia si faceva il biglietto per tutti e il Sud era a portata di mano. Ah, si intende: posti in treno rigorosamente a sedere; per le cuccette non sarebbero bastati i soldi di quel premio produzione. Poi, e’ la volta di Faenza, con un giro che non so se “di do” ma di memoria “si”, e spunta con il ricordo del treno delle 7. 30, un cuore di metallo senza l’anima, e Marco che chissà dove è, ora, e se ogni tanto ci pensa ancora, a Laura. Laura che nel frattempo e’ cresciuta e divenuta famosa. Quello era il tempo della Laura piccolina, studentessa e al Festival, così che ogni volta che ci passi, da questa cittadina, ripensi a quel periodo e alle sue nebbia (cittadine)e al suo buon cibo. E a quelle sue canzoni che fecero amare, innamorare e piangere. Strani amori. Il cibo peto’, quello si che rende allegri! E poi, le vacanze di Natale, il freddo pungente, le belle ragazze… poi lentamente arrivi a Bologna. La locomotiva tossisce, rallenta, non riesce ad espettorare, neanche dando un colpo con la mano. Un paio di gocce scivolano sul finestrino. Umore acqueo della locomotiva. Sono passate da poco le 10 di mattina. È il 2 di agosto. “Io non dimentico”. C’è il bus 37 in piazza, oggi, come nel 1980, che da bus cittadino divenne ben presto una sorta di ambulanza dopo lo scoppio di quella bomba lanciata propria nella stazione di Bologna. Io non dimentico. Sono le 10. 26. A Bologna.
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Senigallia-Ancona
E’ certamente una situazione coinvolgente emotivamente risvegliarsi col sole che filtra attraverso le fessure delle finestre lasciate leggermente distese ma non aperte. Il vento smuove lentamente le tende e se ne sente il fruscio un po’ come quegli abiti succinti di certe donne, la sera, col vento contro. La chiave, adagiata la sera prima sul comodino che affonda in tutte le cose alla rinfusa, messe a riposo. “Devo mettere ordine in tutta questa confusione, ma sono già le 8, devo fare colazione. Per sistemare il tutto, ho tempo dopo. Ora le idee si moltiplicano”. E così pensando faccio gracchiare anche la mia tv. Appena apro la porta e un treno ad alta velocità sembra entrare in stanza. Ad affacciarsi lungo il corridoio, da alcune stanze provengono rumori di tv che gracchiano notizie del giorno mentre in altre ancora docce che lasciano correre acqua. Chi corre invece, è li fuori, tra mare e stabilimenti e qualche palma. Dopo aver chiuso la porta della stanza numero.. alla perfezione e aver fatto una rampa di scale i 5 sensi si attivano.
La colazione e’ gia’ pronta. Basta solo scegliere. Cosa e dove: fuori? Dentro? Operazione non semplice, a onor del vero. Fuori. Mare. Sabbia. Panorama. Un pensiero a oggi, con lo sguardo a ieri e domani. Orizzonte che si apre e fantadie da concretizzare e dar corpo. Conchiglie. Mare. Navigare. Viaggiare. Fantasia, virtuale. Reale. Cappuccino, brioches, dolci, vaschette di miele. Miele. “Dove è il miele? ” Terminata colazione 4 passi e piu’.
La rotonda, la data, mese e anno, un po’ di metri, il fiume, il faro.
Mi piace. “Si, gia’ scritto… Frenesia, caratteristica estiva, forse apparente. Chi corre, Chi pedala, Chi ginnastica in mare. La calca anche sul marciapiede. E’ ancora presto. Mi piace l’ombra e la “piazza” che crea, dove, raccolti a gruppettini, scambiano parole e organizzano la giornata giovani e anziani.
Uno parla gli altri ascoltano. Uno parla, gli altri ridono. Un gatto sembra osservarli, ma oltre e’ in sosta un furgone. Da buon felino ha sentito l’odore del pesce: un uomo scarica dal furgoncino bianco alcune casse di polistirolo, al cui interno sono adagiate varie specialita di pesce. È Tutto contenuto in questo ultimo lembo o lingua di terra, prima del mare, prima che il fiume si faccia abbracciare. Attendo ancora un attimo e guardo l’orologio. E’ ora. Rientro. Hotel, ordine, zaino, verifica, chiave, documento. Tutte operazioni al contrario di quando si giunge. Ancora: viale, stazione, treno. Salgo.
Poche fermate. Ancona. Oltre il Porto mi manca Colle Fiasco, ove e’ posizionata la Cattedrale Metropolitana della Diocesi di Ancona-Osimo. Una costruzione in stile romanico che si fonde con quello bizantino. Siamo intorno all’anno mille. È stupendo anche se giungere fino qui è stato molto faticoso. Ma è un bellissimo panorama: il Porto, le colline che si perdono, l’autostrada, Ancona vecchia, i resti del foro romano…
Era da tanto che desideravo scardinare fino qui. Mi affascinata sempre ogni qual volta la osservavo, vuoi dal Porto, posto che adoro da sempre, sia giungendo in treno, dal Sud, dopo una lunghissima galleria. Mi pareva irraggiungibile e invece, eccola qua. Mi sembra di aver piantato una bandierina. Mi sembra di vedere Nanni Moretti correre, al porto, nell’atto di girare il film. Era il desiderio, la curiosità : accontentate. Per le foto bisognerà aspettare… ho usato la classica macchinetta fotografica digitale.
25 luglio
25 luglio, una data che nelle spiegazioni, a scuola, è fondamentale, così come l’8 settembre. E anche durante l’ultima maturita’ le due date sono state sviscerate dai candidati, su richiesta del commissario. Ma oggi e’ 25 luglio 2016. Come sempre Caronte si è affacciato e ha caratterizzato la giornata rendendola ulteriormente pesante e faticosa. In spiaggia, chi passeggia e chi sonnecchia e il caldo la fa da padrone. Asciugamani colorati sottolineano ed esaltano ulteriormente la bellezza dell’estate. Tutti in forma e prove costume ampiamente superate. Poi, se qualcuno no, “chissene… ” direbbero i miei studenti. Le conchiglie sulla sabbia e deposte sulla riva inanellano numerose perle, e certo anche quelle sotto l’ombrellone cappello in testa non si fanno mancare. E’ bellissima questa luce che si insinua in ogni dove
. Sulla spiaggia, verso l’ora del tramonto, son riuscito a trovare qualche lettrice, al riparo dal sole sotto gli ombrelloni, immersa nella lettura e pagine di qualche bellissimo libro
. Oltre che di crema solare. Il mare o le sue onde che si accavallano e ricamano trame bellissime con il filo dell’acqua e della schiuma rimandano ai miei piedi qualche conchiglia proveniente da chissà dove, chissà quali terre. Ne colgo una e la avvicino all’orecchio rimembrando un gioco passato. Dal suo interno si propaga una musica, “Tu come stai” mentre il mare fa la sua parte. “Gioco con i punti cardinale e immagino la Grecia, la Calabria, l’Africa, il mar Adriatico, poco più su. E chissà che la conchiglia non giunga proprio da li. “Qual e’ il più bello tra lo Jonio e l’Adriatico dal tuo/mio punto di vista?” provo a domandarmi. Un po’ come chiedere per quale squadra tifi o la classica domanda posta ai bambini: “vuoi più bene a mamma o papa’? ” A me piace tantissimo questo mare ma Santa Mara di Leuca dove confluiscono i mari creando quegli effetti ottici così particolari non scherza cosi come non scherzano i colori di Otranto. E se dovessi pensare ad un posto dove stare sempre forse direi…. nel faro!!! Come classe, come scuola, come cattedra. E forse anche la conchiglia ci starebbe bene, nella macchina della luce. Qui che e’ Salento dove mare e terra si confondono, tra ulivi, viti e muri a secco e masserie.
Torno sulla conchiglia che innesca una trama di ricordi e diviene per me una penna per inanellare racconti. Un po’ come aprire una cassapanca, coi suoi ricordi…”Cup o tea” direbbero gli inglesi.
“Cassapanca”
A Lecce, quando non si parte e non si arriva e’ tutta un’altra storia. Lecce: Firenze del Sud, citta’ stupenda, barocca. Sole alto e luce obliqua. Il treno e’ li, fermo, sul primo binario, ma non e’ stato e non sara’ il mio. Ha smesso da poco di “vomitare” persone, trolley e storie e solo per un caso o gioco del destino molti viaggiatori si sono incrociati, parlati, conosciuti per alcune ore. Un treno blu, notte che profuma di Alpi, Appennini, Pianura Padana, fiumi, mar Adriatico, citta’ e raffinerie e ha portato con se chissa’ quale carico. E’ li e ora riposa dopo aver fatto il suo mestiere e non andra’ mai in pensione. Silenzio. Anche l’altoparlante non annuncia nulla stamattina. Silenzio che e’ attesa. Vado alla ricerca spasmodica di un caffe’, del pasticciotto e del Quotidiano di Lecce e questi si, restano invece la stessa storia
e fanno letteratura che non e’ vita ma esaltazione della vita. Da qui si scrive e racconta. Oggi la luna si accende, mercoledi di plenilunio, e quindi riflettori accesi su molto. Stazione. Un sorriso lungo un viaggio, anche se oggi, fortuna, non si viaggia ma si raccontano viaggi. Qui e’ il posto preferito per gustarmeli, i pasticciotti, e chissa’ perche’, resta sempre il bar della stazione il luogo preferito dove farlo. Forse perche’ da qui i sogni viaggiano e hanno gambe. All’uscita qualche taxi in attesa di qualcuno mentre altri attendono e ciondolano per l’arrivo di “quello da Torino”. Emozioni e ansia congelati almeno per altri dieci minuti. Oltre i taxi il viale alberato, il centro, il gazebo.
. La ricerca del Salentoinbus idem. Niente orologio niente tempo. Alle 8 di mattina il sole era gia’ alto, e sui nastri d’asfalto lungo la direttrice Porto Cesareo-Lecce i venditori ambulanti hanno gia’ sistemato nelle macchine cassette di frutta e verdure pronte per la vendita. E l’immancabile bilancia, strumento commerciale da sempre e simbolo di giustizia. Le terrazze leccesi richiamano vita: sventolano 251 bandire del Gusto, un ottimo risultato se si tiene conto che in Italia sono 4. 965. Sulle terrazze svetta e veglia il campanile del Duomo con i suoi 5 rettangoli che sono li, disponibili alla vista di tutti, fin dall’accesso della città e oltre. Poi il ritorno. Sole ancora piu alto e tutto come prima, con qualche macchina in piu verso il mare. 25 minuti di strada e di caldo, qualche rotatoria e si e’ a Porto Cesareo dove un’altra giornata di mare è pronta per essere consumata. Un giro veloce nel Paese tra negozi che richiamano “pillole felici”
e il solito “chiodo fisso”
. Il sole ora è già molto alto e scotta anche. Acceca. Cerco un riparo, sotto la veranda. Li fuori, oltre le finestre, persone e personaggi che hanno fatto la storia della via (che e’bellissimo un quartiere! )si aggirano con una consueta flemma. Escono dai loro fantasmi e si materializzato divenendo personaggi. Mi muovo sorridendo, al fresco. Incrocio una cassapanca la apro e. .. al tatto impatto in una storia gradevole. Un tempo contenitore per la farina, buona per il pane. D. ricorda quando il forno era unico e le giornate per cuocere i “pezzi” erano solo due la settimana. Il fornaio passava con il suo camioncino e sulle tavole di legno depositava i pezzi. “E come facevano a non confondersi tutti quei pezzi di pane? Perché i numeri sono numeri ma le forme, la farina forse no”, potrebbe domandare qualcuno dotato di buon senso. Semplice: ognuno sul suo pezzo metteva l’iniziale del nome o cognome. L. per esempio e si capiva cosi a chi apparteneva. Ma questo, un tempo. Oggi ho ritrovato storia recente, che mi ha tolto il fiato, per un po”, tanto quanto potrebbe farlo una bellissima foto del mare del Salento
. Con dedica di… corredo. Proprio come una cassapanca.
Il viaggio, una scoperta da gustare
“Benvenuto inverno”, o buongiorno novembre, avrei voluto dire oggi sulla dorsale Adriatica, osservandola dal mio finestrino. C’e’ del romanticsmo, quando l’estate si e’appena conclusa e il vento ci respinge “indietro” nei giorni dei ricordi e figuriamoci oggi, in piena estate. C’è del romanticismo, certo, anche quando il mare si mangia pezzi di spiaggia e le reti, non quelle dei pescatori, ma quelle per il gioco della pallavolo, quando sono inondate dall’acqua e si stenta a riconoscerne le linee di demarcazione del campo, e gli ombrelloni sono chiusi. C’e’ del romanticismo nel guardare quelle pizzerie montate su palafitte accarezzate dall’acqua mentre mani innamorate si accarezzano il viso. Un pallone sospinto dale onde va su e giu’, meglio sarebbe dire, avanti e indietro o a cavallo dei cavalloni. I cavalloni si susseguono fino allo stremo e solo a riva trovano pace e si mischiano e si impastano, ognuno con la propria storia. Torno al mio “banco” del treno che fa tanto scuola. La collina sulla destra, coi girasoli che oggi non girano e Leopardi con Silvia e Teresa a braccetto appena oltre, circondati da buona musica. Il mare si agita. Ha la febbre. Il sole si e’ preso una pausa di riflessione e sole e mare per oggi non faranno l’amore. Il Nord alle spalle e il Sud oltre gli ulivi. Gli alberi sono dei santuari sosteneva Hesse. Basta ascoltarli, parlare loro. Poi noi, i nostri riti, rituali, raccomandazioni e i nostri ex-voto mentali. Comincio a immaginarmi la terra rossa, muri a secco, le casette dismesse, quelle da riempire, chi le riempie, gli alberi di fichi. I pulmini al mattino presto, il brontolio del loro motore e la ghiaia che scricchiola al passaggio. Una mano sulla visiera del cappello e una sulla schiena, come a proteggerla; due dita sotto le palpebre a fare diga alle prime gocce di sudore. Cose del passato e del presente che rivivono in vecchi e nuovi ricordi. Casa cantoniera 10. Il “Libro di Aron” e’ su questa piccola mensola del treno. Il bicchierino del “c’era una volta qui dentro un cappuccino” mi ricorda che “il viaggio, una scoperta da gustare”
. Provo a passarmi la lingua sulle labbra e poi si contraggono: si, e’ un vago ricordo di cappuccino. Di stazione.
Ri-Buongiorno Conero
Buongiorno mondo!!! Il tempo di una doccia, per lavare e levare via la sabbia di ieri (Porto Recanati
resta sempre bellissima!)fare colazione, rimontare gli appunti sulla mostra di Sgarbi “studiata” appena ieri a Osimo
, (dopo aver “scroccato l’ascolto di una guida di un gruppo! divenendo cosi un accumulatore di storie. Cercavo il Lotto, come l’ho cercato qui a Loreto) e via, sono gia’ fuori
. Non prima di aver depositato accuratamente le chiavi. Il viale, ora in discesa, mentre qualcuno mi sfiora nel suo footing quotidiano. Completata la discesa, attraverso la strada, passo sotto l’arco, svolto a destra, la via e al fondo mi si apre la piazza con la sua la Basilica
e la sua campana Loretina,
, le mura, il piazzale (ne approfitto per studiare ancora una volta i significati delle formelle poste sulle tre porte della Basilica, rappresentanti scene dell’Antico Testamento
e la sala del Pomarancio
), i gradini. Da fare. Le mura, il piazzale, gli scalini. Comitive che arrivano. Andamento lento, gente in preghiera e in contemplazione. Cicale allegre. Da quassu’, da questa collina, l’autostrada e’ un lungo nastro d’asfalto in andata e in ritorno.
Fa caldo e qualche macchinina si specchiera’ anche sull’afalto. Sembrano tanti giocattolini e chi vi e’ dentro guardera’ quassu’ come sono solito fare io quando sono al loro posto o in treno. E da quassu’ guardo loro e sento il rombo delle macchine che sembrano cavalloni di mare imbizzarrito. Di tanto in tanto passano anzi, corrono le frecce sulla direttrice Bologna Lecce, lasciando, a seconda della provenienza, nebbia e sole. Da un po’ di giorni corre anche il Frecciarossa, pensa un po’. Mentre scarpino, in discesa
verso Loreto, qualcuno affronta la scalinata pregando in quella che e’ chiamata ” Via Crucis”; il monte e’ felicemente ricoperto da ulivi che sono belli, piccolini e il sole produce colori. Gia’ la luce del giorno sforna colori e piace guardare queste distese di terra bellissime. Che belli ‘sti colori! !!! Lo so, non dovrei scrivere cosi ma “lo fago”. Una bandiera polacca sventola sul riposo di tantissimi: a sinistra infatti si intravede il cimitero polacco
. Le cicale con i loro versi mi fanno compagnia in questi ultimi gradini e in un men che non si dica li ho terminati. Il mare e’ un pochino piu’ in la’, coi suoi colori e rumore. Una rotatoria, l’attraversamento, il viale e sono in stazione. Un suora e’ in attesa, per il viaggio inverso. Scruta le indicazioni per giungere al santuario. O chissa’. Forse, siamo un po’ tutti in attesa di qualcosa o di qualcuno. Per il mio treno dovro’ ancora attendere. L’attesa di un’oretta per Jesi. In biglietteria, nessuno. Ripiego al bar dove allungando qualche euro mi viene erogato il biglietto via Ancona. Ne approfitto per un caffe’. Mi siedo al tavolino, penso e scrivo. La bella estate comincio’ e comincia da qui. Amelia e Ginia, personaggi del Pavese. La bella estate.
. La sorte oggi aveva deciso la destinazione: Jesi. Arriva il treno. Mi accomodo, leggo, di tutto un po’.
Per recarmi a Jesi ho preso un treno per Ancona facendo cambio. Una sosta di un’ora e una breve visita alla cittadina. Un’altra ora e sono a Jesi. La cittadina e’ bellissima. Medioevale, gradini, mura. Che bella!! Un locale, ” C’est la vie” e una “trattoria della fortuna” potrebbero essere l’incipit del mio romanzo. Una coppia si vomita addosso parole su una telefonata fuori tempo o fuori luogo. Qui tutto e’ storia. La piazza con “Federico II”, il teatro, il porticato, i locali. Le cose da vedere, descrivere e raccontare sono davvero varie. Le appunto. Serviranno per le lezioni che verranno.
Dal Conero buongiorno
Dopo i rigori e l’uscita dall’Europeo 2016 ai rigori contro la Germania (complimenti.Bellissima partita combattuta), dopo aver svuotato tasche e zaino, una doccia fresca, la buonanotte a questo colle e a questo mare. Lascio la finestra aperta per sentirli vicini e lasciarmi cullare dai loro solletichi, sonori. “Allora, domattina lascero’ che sia il destino a scegliere quale biglietto estrarre. Poi, il viaggero'”. E cosi sara’.
E cosi sia. E cosi sara’.Che sia in treno, tra i libri, tra i sogni da dilingere poco importa.
Intanto Buongiorno mondo!!! Apro la finestra e questo colle e’ davvero un infinito su infinito di bellezza. La luna la notte scorsa avra’ detto la sua a molti innamorati sotto un diluvio di stelle e tante Silvia (o Teresa il che e’ lo stesso) avranno sentito battere forte forte il loro cuore. Meraviglioso. Meravigliose. Se rimembrano e rimembrano ancor e ancora. E a me pare sentirla ancora cantare la Silvia, a dire il vero.
Il mare questa mattina luccica e spira forte il vento; il sole e’ gia’ alto e la brezza marina notturna ora chissa’ dove sara’. E io che uscendo andando incontro al vento di liberta’ sogno di dipingere il mio sogno. Il Conero e’ a due passi…davvero grande bellezza.
Allora che si fa? Direzione Osimo. La mostra di Sgarbi mi attende e i sieme a questa uns visita al paese e a San Giuseppe da Copertino, al quale devo raccomandare i miei studenti. Osimo e’ una bellissima cittadina.Certo non facile da raggiungere per via del giorno festivo e nel non aver cercato piu’ i formazioni sui trasporti. Osimo, quella che il palchetto fa…Come che sia, treno, autostop e destinazione. Una cittadina bellissima con un panorama mozzafiato. Una funivia, le scale mobili e via. Si comincia. Cerco subito i dipinti del Lotto. Poi gli altri. Terminato il giro
Ieri, studio presso “Casa Leopardi” a Recanati.Poi Loreto. Un bel po’ di arte. Ma di questo raccontero’ dopo.
Da Santa Maria Di Leuca a Gagliano (Lecce)
Lasciatomi alle spalle il piazzale di Santa Maria Di Leuca con il suo santuario, le sedie ordinate per giorni di festa (la Madonna dell’Assunta)i due mari i loro colori
, il faro,
questa “fabbrica” di luce, che continua ad esercitare il suo fascino, mi dirigo verso la fermata del bus con il seguente pensiero: Terra e mare. Inizio e termine. Approdo, transito.
Terre Estreme. Sono venuto a conoscenza che nel periodo estivo e’ attivo il bus Santa Maria Di Leuca -Otranto e che transita da Gagliano. E’ un piccolo bus, poca gente a bordo, cosi almeno sostengono, lo utilizza in questo periodo.”Scusi, quante fermate per Gagliano?” L’autista mi risponde: “Due. La prima e’ per il campeggio, la seconda, per la stazione”. Rispondo: “Un biglietto per la stazione”. Un euro per 4 km circa. Gagliano. Questo nome ha avuto sempre un fascino per alcune motivi.Li elenco: il suo nome sulla carta geografica plasticità, posto ad inizio vagone del treno, (un richiamo continuo, sfuggendo alla vigilanza dei genitori) che segnava il primo o ultimo puntino ferrato a seconda di come lo si guardava (quando c’erano le cartine sui treni lo scorrere del dito su di esse ne anticipava l’arrivo); per il campeggio, che ha sempre orientato la fantasia di mondi differenti; per averlo sentito evocare indirettamente, da un amico di un’amica.
La stazione Ferrovie Sud-Est e’ un pochino distante da dove è posta la “palina” stagionale del bus.
Passo davanti ad un edificio che un tempo era un ospedale, (ora presumo presidio sanitario) probabilmente, con la guardiola sguarnita. Una Chiesa, un’altra e forse queste sono piu’ delle anime in giro per il paese. Qualcuno è concentrato sulla banchina del binario uno. Focalizzo l’attenzione su di una bandiera rossa e delle campanelle che insistentemente suonano e annunciano l’arrivo. Molti bisbigliano e giocano su quale modello toccherà loro, anzi, noi. Se saremo costretti ad un cambio oppure no, se ci sara’ l’aria condizionata oppure no. Io sorrido divertito perché cerco proprio il fascino della littorina diesel.Capisco le loro angosce, 365 giorni per h 24. Scambio qualche parola con una fornaia del posto e mi faccio raccontare qualcosa di questo paese e di cosa si fa in inverno. Poi osservo la terra, i muri a secco gli olivi, le pietre, il treno che si anima, prima della sua partenza. La luce che penetra dai finestrini e si stende e spande e avvolge tutto e tutti lasciando poco scampo a noi e alle tende, rosso sbiadito dal sole, che nulla possono per ripararci dai raggi intensi, sole che ci vendemmia e ci rende, ognuno a suo modo, felici, come “certe famiglie”, come certe letture ci introducono. La luce si riflette, nei capelli, su qualche bel viso, rendendolo ancora più bello anche quando la natura regala anticipatamente qualche segno ai lati della bocca, di quelle che a volte si chiamano rughe. Mi godo questo panorama, seduto, comodamente su queste poltroncine
.Ci affon
do e vedo passare tanta vita. In molti di questi paesi si festeggia San Rocco: profumi di carne, “marretti” rustuti, mustazzoli, cupeta,frisedde e pane e “mieru” e sogni di bambino fatti anni fa tra un giro di parenti e l’altro. Per concludere: dopo una grandissima pioggia un bellissimo arcobaleno che pare prendere in braccio i due mari, Jonio e Adriatico per calmarli, cullarli e renderli coi colori migliori per i nostri occhi. Questa luce e’ un gesto digrazia, di gentilezza, che mi coglie.Piove ma so che dopo questa attesa, dopo, mi cogliera’. Gagliano ormai è alle spalle, con la cartina, il camping e un po’ di invidia per l’amico della mia amica.
Bei tramonti Salentini
Appena sceso dalla “metro” Adriatica-Jonio, l’unico desiderio era fare un bagno al tramonto. E immortalare attimo dopo attimo la sequenza del sole che “porto a dormire” come un bimbo. Cullarlo da una terra a…”Oriente”. Si tuffa, oltre la Toscana.Chissa’ perche’ penso a Grosseto, Marina di Grosseto, Alberese… Una coppia riesce a litigare sui centimetri delle onde: “il mare e’ agitato oppure no?” E litigano al posto di … Che idiozia, penso, litigare per una simile stupidaggine davanti ad una grande bellezza. “Il tramonto in una tazza” e saprei a chi regalarlo. Ho appena riposto la tazza dopo il viaggio. Era con me. Ma concentro l’attenzione sulle piccolissime onde che si infrangono sulla sabbia. A me danno l’idea di tantissime parole che si infrangono si mischiano, si mescolano, per riprodursi e generarne di nuovi, di termini, sinonimi, contrari.Onde che ripetutamente fanno l’amore e generano (e gemono) e giungono a riva come stremate, dopo una lotta, corpo a corpo, come in un amplesso. Caos primordiale e poi, armonia, pace. Onde che paiono pagine di libri che si sfogliano, pagina dopo pagina, in una storia, come quella di uomini e donne che continua.Peccato quella coppia sia deficitaria di fantasia….questo e’ un mare da amare. E viverlo.
Colpo di “tacco”



