Sotto i portici del centro di Torino, quelli che da piazza Castello si snodano verso Porta Nuova attraversando piazza San Carlo, per intenderci, il profumo della carta da libro è ancora forte e così come avviene per le conchiglie che in un certo qual modo conservano il rumore del mare, qui sotto, si conserva ancora il rumore delle pagine sfogliate nel week-end da migliaia di mani, da potenziali lettori e compratori. Sicuramente curiosi. Portici di carta, la più grande libreria mondiale all’aperto ha “chiuso da poco i battenti” mai aprirli dato che il tutto, oramai da anni, si svolge all’aperto. Portici come piazza, luogo di incontro tra librai, editori, lettori, come “rilancio” della pratica del leggere in un Paese dove la percentuale dei lettori si assesta su livelli davvero bassi. Portici di carta, nella città del salone del libro, dove la bellezza cittadina si coniuga all’amore per la lettura. E quest’anno l’edizione si e` svolta pensando ad un personaggio particolare, con le trecce, lentiggini, i calzettoni, una scimmietta sulle spalle, le mani e la sua forza: Pippi Calzelunghe. Fu proprio il libro fumetto di Pippi che segnò l’avvio personale alla lettura. Ed è con questo pensiero che percorro i 2 km intervallati dalle colonne del centro. Potevo avere una macchinina, un pallone e senza saper leggere e scrivere scelsi il libro di Pippi Calzelunghe.
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Domenica 10 aprile
A Torino oggi c’era il sole. Una bellissima giornata con gran folla in centro. Sold out. Prima di chiudermi alle spalle la porta di casa, scorrevano ancora i titoli di coda : “noi i ragazzi dello zoo di Berlino”, “smetto quando voglio” e …”come tu mi vuoi”. …”Amoris Laetitia”…evviva. L’Universita’ e’ chiusa, oggi, giorno di festa e noi ci ricordiamo di santificarla; sul ponte che unisce le due sponde del fiume Dora, chi va e chi torna e chi si e’ perso in altri destini, complice la nebbia, copiosa e abbondante da queste parti (ma non oggi) in particolar modo nelle giornate invernali; e poi questo era il Borgo del fumo. Il ponte dulla Dora disperde e ne unisce, anche, i destini. Forse “non si guarisce mai da cio’ che ci manca. Al massimo ci si adatta”(M.Mazzantini). Il “Ponte sulla Dora”, unisce e cuce molto, tra le pagine dei libri. Le “vele” sembrano due navi appena approdate, in attesa di…La collina e’lassu’, come sempre, al suo solito posto. Ripercorro i momenti di un breve intervallo, tra una lezione e l’altra, quando la politica era una scienza e una facolta’: dal terrazzo della palazzina osservavo la collina e il lento fluire del fiume, chi fumava una sigaretta, chi parlava, chi ripeteva, chi socializzava, chi stringeva tra le mani un bicchierino di caffe’ di macchinetta e chi stava zitto, perche’ si sa, le parole migliori sono sempre quelle non dette. Universita’ e cronaca. “Torino e’ sul podio. Torino e’argento. Torino dopo Amsterdam e prima di Parigi e di Milano.Torino e’ innovazione.”
Mi fermo coi ricordi e con la cronaca e oggi mi introduco nel recinto del giardino: sulla panchina va in onda la storia dell’Unione, dell’Arcobaleno, la Rosa nel Pugno e l’Italia dei valori. Un’altra storia, un’altra politica.Insomma tutta un’altra storia. Alla ricerca delle parole. Quelle piu’ adatte.
Da non dire.
Dalla libreria
Anche quando le librerie non incrociano il mio cammino cerco sempre di allungare per trovarmele davanti e poi, metterci il naso, entrandoci. Mi sono fiondato, pensando di comprare un libro, “La ferocia” e sono uscito con un altro. “L’uomo che scambio’ sua moglie per un cappello” (Oliver Sacks). Sara’ per via che sotto il cappello ci ho messo tante cose, quest’anno, o sara’ per via che il merito della passione per le storie cliniche, di pazienti e dottoresse mi derivano da chi almeno per un giorno mi ha introdotto in una biblioteca o sale studio di medicina lasciandomene addosso almeno un paio di “estate”, fatto sta che ora ho questo libro e non l’altro. Qui il mondo e’ esposto in vetrina e si rappresenta.A me piace perdermi tra le loro stanze, costruite da pile di libri e perdermi, dimenticando il tempo.
Ma il bello e’ che li davanti, tra i libri esposti si presentava “L’estate addosso” , la mia, dei libri letti quando il mare mi forniva la musica adatta come sotto…fondo. Letti di giorno e letti di notte. Uscito dalla libreria, ad una manciata di passi e qualche nome storico sui marmi in cima alle strade della citta’ a ricordarmi vie e strade passate e del passato (talvolta in solaio, ad andarci, ci trovi cose interessanti)un paio di cabine. Telefoniche. Oggi qualcuno con il pennarello invita ad una gita, presso Montecitorio, ieri era per telefonare al Senato.Park. Se c’era posto, in quel posto. Era un’altra estate addosso. Forse poco. Una estate breve. Ora tutta altra musica, si prepara: quella non di due ma degli U2.
Risvegliarsi a Torino ricordando Pavese…con un Campiello…tutto più bello
Torino. Il rientro e’ terminato da poche ore. Ho addosso ancora il dondolio del lungo viaggio, della strada. Lo sciabordio del mare, il rumore delle onde sono stati sostituiti da “lavori in corso”. Occhi stropicciati mi “affaccio” sulla mia circoscrizione, e decido di fare un salto a Valdocco. Svegliato controvoglia ma ancora senza sveglia per il “duplice” start del primo settembre, la “presa di servizio”, provo a giocare con la fantasia per rendere piacevole il resto della mattinata. Come? “Rubando” il quiz della settimana enigmistica: trovare le differenze: il risveglio a mare e quello odierno, a Torino.
“Lavori in corso” e sprovvisto di vista mare. Addio lettini sul bagnasciuga e occhi verso il tramonto o dentro altri occhi. Tramonto salentino, “un frollino” in una tazza di latte, quel sole a mare…Terminato il gioco , addento un paio di biscottini “Campiello” (ora sarà tutto più bello?), una scritta anonima mi ricorda cosa c’era sotto il “cappello”. Lo alzo. Il primo settembre sara’ un tantino differente. Lavorativamente parlando. Definito l’aspetto professionale “cio’ che volevo” e cio” che voglio”
, insegnare munito di titolo fresco fresco non piu’ sotto il cappello ma in Ragioneria, in un istituto superiore e al miur, faccio un salto in libreria. Con Massimo scambiamo più di una parola, sul significato della pioggia in letteratura, sui classici russi e altro ancora. Sul libro di Sabrina Rondinelli e Marco Peano appena letti. Ne compero uno di Margherita Oggero, “La ragazza di fronte”. Avevo letto una bellissima recensiine sul Quotidiano di Lecce. Riattacchiamo.a parlare, o meglio, lo fa lui perche’ e’ preparatissimo e ascoltarlo e’ arricchente. E’ piacevole ascoltarlo: imparo sempre molto e ascoltarlo è anche piacevole. È 27 AGOSTO: oggi fa caldo un paio di anni fa pioveva e anni ancora prima se ne andava un grande della letteratura, Pavese
. Rileggo un articolo del blog…
Un “cappello” sulla… tesi
Una citta’, Torino, che segnala record, ora con l’afa, ora con l’umidita’, ora col… “mercurio” del termometro. Fontane prese d’assalto da infradito ai piedi e “a teste” basse, anziani alla ricerca di parchi cittadini e supermercati, non luoghi dove poter passare qualche “lancetta” di orologio e “scroccare” un po’ di refrigerio come capita a molti. Caronte sta passando e i suoi effetti li portiamo addosso. Affaticati sudaticci muniti di bottiglietta tra le mani, un ghiacciolo da addentare in attesa di “hot storm” (violenta tempesta di temporali) e sulla popolazione “saggia” quel perenne fazzoletto bianco intorno al collo a frenarne le goccioline di sudore che ricamano il viso insieme a qualche ruga che ne rendono piu gentile il viso e se consideri tutto cio’ sempre pronti all’umorismo e alla contabilita’: “questo caldo potrebbe essere opera di chi vuole mettere a posto i conti sulla nostra pelle. Ma la nostra e’ dura e la venderemo cara”. Scambiamo qualche parola, mi interesso a quali sono i luoghi in cui trascorrono le loro giornate: bocciofile, sale da ballo, circoli, circoscrizioni, oratori… me ne snocciolano parecchi, di luoghi da loro frequentati, e fra i molti, indicano anche ospedali, provvisti di macchinette per bevande, h 24. Le stazioni, no. “Le sale d’attesa sono calde”. Talvolta l’oratorio….
continuano, li lascio parlare e raccontare volentieri….Hanno “La Stampa” tra le mani, ma “sa, se capita l’occasione di fare quslche bella conoscenza, bhe’… lei capisce, no? “Mi salutano, con quel modo educato, gentile, posando la mano sul cappello e sollevandolo appena, come per un saluto di una volta. Poi lo riaccompanano sulla testa, calcandolo appena. Si siedono, attendono. Ci congediamo. Penso che mi piacerebbe molto averne uno. Chissa’.
Al termine della nostra conversazione provo ad affacciarmi” sul centro cittadino. Una libreria, alla ricerca di un dottor Zivago quasi introvabile e provare a capire quanti la “bazzicano” in questo pomeriggio torrido. “Quali libri avete venduto oggi? ” Giro, rigiro. Vedo della carta da pacchi e ripenso quando con L. giravsmo e rigiravamo insieme pagine pagine e libri e tempi e modi. Con il mare ad una manciata di passi da noi. Terminato ogni giro, di ricorfi, fantasia e pagine mi congedo da tanta meraviglia. Quindi, poi, poi, una gelateria, super affollata e…. un negozio. Compero un…. “cappello”. Da metterlo sulla… tesi nuova di zecca. Non ho detto… zucca! Mentre rientro, una pioggerellina si “affaccia” sulla citta’. Solo il tempo di lasciare il segno sull’asfalto.
Mi piace leggerla e rileggerla. Mi piace la storia che essa contiene.
Diego Novelli. Un don Bosco laico?
Nella giornata di oggi, 31 gennaio, dedicata ad uno dei Santi Sociali del territorio della nostra città, don Bosco, sentivo il desiderio di riascoltare una chiacchierata avuta alcuni giorni fa con l’ex Sindaco della nostra città, Diego Novelli. Sovente, qui, sul blog, è stato menzionato. Un grande sindaco. Per tantissimi, il Sindaco. La sua buona politica e il suo ricordo al servizio della città restano indelebili. Mi faccio raccontare qualcosa sul libro, “Le bombe di cartapesta” precedentemente nominato, qui, sul blog, sugli spezzoni e la guerra a Torino. Guerra ricordata da Natale Gherardi. Ma, nella giornata di oggi, resterò al suo rapporto con i Salesiani.Da ragazzo e da Sindaco. Parliamo del più, del meno, di libri, molti libri, tantissimi al punto da avere l’idea di essere l’interno di una biblioteca durante lahiacchierata . Parliamo di lavoro, di lavori, di politica, comunicazione, di legge elettorale, di oggi, e legge truffa, di ieri. E di Presidente. Si interessa ai miei studi, al lavoro……..Guardiamo insieme il blog. E’ attivo. Curioso. Scrive e legge. I libri sono disposti ordinatamente in ogni posto libero (ma in realta’ i libri si mangiano tutti i centimetri disponibili”). Resta il Sindaco. Vedia one un po’ sinteticcmente un aspetto della storia.
Oratorio di Borgo San Paolo dei Salesiani. La seconda casa.
“Mio padre, aveva rifiutato, ( perché obbligatoria per i dipendenti pubblici e per i dirigenti di prima classe delle aziende private) l’iscrizione al partito nazionale fascista e rifiutandola era stato “catalogato” come un “sovversivo”. Cioè, ostile al regime, quindi sempre soggetto ad essere vigilato e condizionato nelle sue libertà fondamentali e in ogni movimento in particolar modo in coincidenza di alcuni eventi del fascismo sul territorio della nostra citta’. “Quando venivano giù da Roma i cosiddetti “pezzi grossi” del regime, la polizia locale veniva a prenderlo. Lo conducevano al commissariato, per un “soggiorno” forzato di almeno un paio di giorni. Non poteva frequentare locali pubblici, andare al bar, o altri posti aperti al pubblico. In molti non sanno che proprio nei bar vi era l’insegna con su scritto “qui è vietato parlare di politica”.
Le alternative, quindi, per chi era considerato un “sovversivo” dal fascismo erano piuttosto limitate. Mancando queste, non restava che l’ oratorio.
Amante del teatro, il papà di Novelli, aveva messo su una filodrammatica. Aveva una passione viscerale per la recita. E noi, lo seguivamo. La nostra seconda casa, ovviamente, era diventata l’oratorio dei Salesiani. L’Oratorio Salesiano San Paolo. Diego elenca tutta la struttura di appartenenza prevista, in base all’età dei ragazzini e il relativo tesseramento.
” Prima ero Luigino, poi Domenico Savio e ancora negli effettivi”. E tutto questo, subito dopo la guerra. Appena ritornati al San Paolo.
Insomma l’organizzazione dell’Oratorio era ben strutturata.
Diego li racconta con lucidità e anche con affetto, la struttura e quel periodo. E con affetto ricorda gli amici e alcuni Salesiani che, complice la sua buona stoffa, qualità, intelligenza, e un pizzico di destino, hanno contribuito a disegnare il suo futuro.
“ Durante quel periodo, grazie ad un salesiano, don Baracco, riuscì a trovare un lavoro. Serio e piacevole. Mentre giocavo proprio nel cortile dell’Oratorio, quel don mi chiamò dicendomi: “Diego, te la senti di andare in centro, di andare in Torino”, così si diceva allora, “dall’ Ebreo, ( così si chiamava il negozio di libri che c’era in centro sotto la galleria Subalpina), in piazza Castello”. In uno dei magazzini dell’Oratorio San Paolo vi erano infatti accatastati numerosi libri frutto di varie donazioni. Fu così che, insieme ad altri ragazzi partimmo “verso Torino” con due borsoni pieni di libri.
Negozio chiuso e destino sempre aperto. Per una porta chiusa, un’altra se ne aperta. Siamo nel 1945 e tra le macerie di via Po, la Libreria Gissi, contrariamente all’altra, è aperta e prova a rilanciare un po’ di normalità tra la cultura. In vetrina, era esposta la scritta: “compriamo libri usati”. Soggetti della trattativa sui libri da vendere, il Ragionier Momigliano e Diego. Quest’ultimo si rivela subito “un’occasione”da non lasciarsi scappare. Il Ragionier Momigliano vede lungo sulle abilità di questo oratoriano, e non soltanto compra i libri ma offre un lavoro estivo presso la libreria per la durata degli studi.
Diego Novelli diventò così un lavoratore-studente. Il ragioniere offrì inoltre l’iscrizione ad una scuola serale privata. Fu così che, un occhio di giorno ai libri da vendere e due su quelli da studiare, di sera, Diego cominciò a bazzicare gli ambienti della politica, del sindacato e frequentando la domenica, l’Oratorio.
1948: Diego Novelli e l’Oratorio dei Salesiani.
Nel 1948, tre anni dopo la fine della guerra, in vista della tornata elettorale, qualcosa nei rapporti tra il lavoratore-studente e l’Oratorio, muta.
La passione Politica e l’impegno.
“ Con due fratelli partigiani, mio padre di orientamenti a sinistra, mio nonno materno morto per le botte dei fascisti nel 1922 nel circolo socialista della Barriera di Milano, non potevo che collocarmi a sinistra. Quindi ho fatto campagna elettorale per il Fronte Popolare che era il Fronte unito della Sinistra. Una domenica mattina, dopo la messa sociale, quella delle 8.30, nel cortile dell’Oratorio, notiamo alcuni che distribuiscono volantini per la Democrazia Cristiana e più specificatamente per l’onorevole Gioachino Quarello. Noi eravamo tre o quattro del Fronte Popolare. In un attimo, dopo esserci guardati, io ed altri compagni ci siamo detti: “domenica prossima porteremo anche noi dei volantini del Fronte Popolare. Qui. In oratorio.” E così fecero.
“Non dico cosa successe. In seguito a quel fatto fummo espulsi dall’Oratorio. Il Direttore dell’Oratorio salì sul pulpito e da lì ci indicò come dei ragazzi traviati. Mia madre ci restò molto male. Affranta e distrutta per il figlio espulso dall’Oratorio. Dei Salesiani. Una delusione, per lei. Per tutta la durata della campagna elettorale, una domenica dopo l’altra, abbiamo fatto il nostro lavoro di militanza politica. Il volantinaggio davanti l’Oratorio e la Chiesa”. Quel fatto però ha lentamente allontanato Diego dal mondo Salesiano, dall’Oratorio, dalla messa sociale, dal campo di calcio. Questo almeno per un po’ di anni.
Nel 1949 Diego si iscrisse alla Federazione Giovanile Comunista.
Diego e il lavoro: il giornalismo di sinistra
“ Nel 1950 scrivevo per qualche giornale sportivo e mi han chiesto se volevo andare a lavorare a L’Unità come archivista e apprendista cronista di cronaca nera. Nel 1950 ho cominciato a lavorare a l’Unità: cronaca nera, sindacale, giudiziaria, politica e dal 1955 i resoconti del Consiglio Comunale, diventando una specie di “oggetto” di Palazzo Civico. Ero tutti i giorni in Comune. Nel 1960 il partito comunista, dato che il mio domicilio era era diventato, per via del lavoro, il Comune, mi chiese di candidarmi al Consiglio Comunale. Riuscì ad essere eletto nel 1960. Nel 1966 diventai capo gruppo e nel 1975 per la terza volta mi chiesero di ricandidarmi e di fare il capolista. Io però, avevo una gran voglia di tornare a fare il mio mestiere: il giornalista.
Nel 1975 ci fu l’avanzata delle Sinistre. Cosa successe a Torino, al Pci e a Diego?
Successe che noi della sinistra ci trovammo con un seggio di maggioranza (eravamo insieme con i socialisti al Comune di Torino). La domanda a quel punto era: “Chi diventa Sindaco?”
Diego Novelli, era il capolista, e il candidato che ha ottenuto più voti. Lineare e obbligata la scelta.
Dal 1975 al 1985, Sindaco per due tornate amministrative.” Prima avevamo una giunta, di sinistra, con un voto di maggioranza: avevamo infatti 41 consiglieri su 80. Sai che fatica! Nella seconda giunta siamo andati avanti. Noi comunisti abbiamo preso 33 seggi (da 30) e i socialisti da 10 a 12, quindi un margine più largo.
Fu così che Diego si ritrovò Sindaco della nostra città per due mandati e nel frattempo, nella sua veste istituzionale ricompose i rapporti con i Salesiani conquistandosi, per via delle estate ragazzi avviate dal Comune di Torino l’appellativo del don Bosco laico.
(un ringraziamento a Michele Curto e Juri Bossuto, autore di “Un gatto nel cuore di Torino”, che si sono resi disponibili nel rendere fattibile questo incontro).
Tra saldi e libri
Penso abbia ragione Massimo, “pizzardone” della libreria Giunti, grande conoscitore di libri, (oserei dire che e’ esso stesso una vasta biblioteca mobile) teso a smistare fin dal pomeriggio “flussi” interminabili di gente, meglio, di lettori, “poco meccanici” e molto segnalibri di se stessi. Lettrici e lettori sconosciuti ma che condividono uno spazio democratico, si ritrovano in libreria, tesi al recupero non solo della socialita’ ma di tutto quell’essere che altrimenti resterebbe inespresso. Una sorta di partecipazione ad un rito, la condivisione di un amore. Si afferra un libro, con cura, delicatezza, se ne legge una riga e quell’oggetto poco misterioso, capace di modificarsi a seconda di chi lo legge, un po’ come avviene per le citta’ , (diversamente belle da ciascuno di noi, anzi, per ciascuno) termina per passare di mano in mano. Un po’ come quando hai tra le braccia un bambino. Ogni libro e’ un’opera d’arte, e l’occhio posato su uno di quelli e’ un lungo corteggiamento. E’ la forza del libro che contribuisce a costruire ponti, tra persone, epoche, soggetti. Fuori da qui, dalla libreria, la città è in delirio, un continuo sciamare per le vie, pronti al via, a “fare zapping” tra vetrine e negozi alla ricerca dell’offerta migliore. La caccia e’ partita. Offerte e prezzi vari tra sconti declinati in vari modi. Poi, se saranno 300 euro a famiglia, 100 individualmente, la spesa dedicata ai saldi, lo sapremo ben presto.
Fuori lo sturuscio impazza fra saldi di Natale e qualche “calza”
che anticipa il di qualche giorno il pre-pensionamento di Babbo Natale, almeno quello del 2014, ormai defilatosi dietro l’angolo. Un prepensionamento contro un anticipo al lavoro di una Befana vista da sempre come contentino, con le sue caramelle, cioccolatini (per i buoni) e carbone, per i cattivi. Un anticipo probabilmente recuperata, come festa, negli ultimi anni. Una festa non più e non solo per bambini. Non più e non solo, una volta svuotata la calza, riempita di ricordi che chiudono una lunghissima maratona di cibo e non solo. Ma l’anno dedicato al cibo è solo agli inizi e Torino si appresta, nel suo “un po’ più piccola” ad essere porta o cancello d’accesso, ulteriori, dell’Expo 2015. In fondo, bastano solo una trentina di minuti per essere a Fiera-Rho. Il tram storico sferraglia e congiunge diversi punti della citta’, un ponte, un po’ come capita per il libro. Massimo racconta come in libreria si dona, si restituisce….E forse davvero nell’anno del “noi” come libro e come costruzione, allargamento o recupero di quelle comunità definite di ripiego, la libreria, come la biblioteca, possono essere dei luoghi di rilancio, di collaborazione, di scambio, di mutualità. Un anno del noi, di noi, della fiducia, in sé stessi, negli altri. Guardando avanti.
Ps. L’occhio cade su di un libro …(Professione angelo custode, di Arto Paasilinna, Iperborea, storia di Aaro Korhonen, con in testa una idea particolare, una impresa di un caffe’libreria e una donna piu’ giovane di lui, Viivi, e, ovviamente, “sulla spalla”il riferimento di un angelo. Come andra’ a terminare la storia?). L’occhio cade su una bella storia d’ amore che si dipana si avvita in altre situazioni. Il riferimento e’ ai tanti angeli custodi che quest’ anno, in piu’ occasioni, con il loro volontariato si sono resi utili a molti, dedicando risorse e tempo preziosi in situazioni davvero estreme. In seconda battuta penso all’ angelo riferito da Natale, che gli ha dato modo di evitare, a suo dire, situazioni davvero pericolose e al limite.Guardare avanti coltivando fiducia in situazioni, persone, se stessi.Viaggiando, camminando. Camminando, si apre cammino.
Ps.2. Per Massimo cosi affezionato a Gianni Rodari, nella sua libreria, dove tra un libro e l’altro dirige il traffico dei libri e il passaggio di mano in mano:”Chi e’ piu forte di Massimo Trombi che ferma i tram con una mano. Con un dito calmo e sereno, tiene dietro un autotreno…”.
Portici di carta
Portici di carta. Due km di lettura. Da sfogliare. Con gli “occhi interni” della riflessione, dell’analisi, della fantasia e quelli esterni, con l’ausilio degli altri sensi, del tatto, dell’odorato, come si faceva una volta, e come capita ancora. Libri, un posto dove mettere il naso. Libro, un idea a breve E lungo termine. Libro, storia di un viaggio. Personale. Come ogni anno, ad ottobre ritornano. I libri, grandi protagonisti in una Torino trasformata nella piu’ grande libreria all’ aperto, nella sua ottava edizione. Portici di carta, che a volerli davvero trasformare riuscirebbe bene anche bagnarci. I libri, si sa, riparano molto, riparano tutto e tutti. “Piovono libri“, scrissi qui sopra tempo fa. Ah! La citta’ di Torino, quando si mette, fa cose davvero grandi, in fatto di libri, musica e cultura. E insieme, vengono fuori questi eventi qui, capaci di conferire un fascino parigino, nel suo piccolo, voglio dire. Vetrina all’ aperto ebouquinistes che si aggirano sogliando, porgendo, consigliando. Molto da vedere, da sentire e da sfogliare. Un week end dove i libri venduti possono essere anche 50 mila. E poi, diciamoci la verita’: e’ davvero bello vedere gente gironzolare, con calma, libro in mano, sotto il braccio, in un sacchetto. Uno che legge, vale il doppio.
Per un week-end, sotto la Mole, sotto i portici. Da piazza a piazza. Sotto l’occhio vigile di Dino Campana. Cento anni dopo i suoi “Canti Orifici“. Pochi dalle nostre rose, le coglievamo insieme, le rose. E vergavamo carta e fogli di carta e di pc e”carta cantava” con la macchina stile L22 (L28)Olivetti. Una Olivetti in cartone che legge libri. “Anche tu, li leggi e li rileggi ancora? E poi, lo ricordi, quanto ti piaceva passare da qui e arrivare al Roma
con un suo libro tra le mani? Eri emozionata nel varcare la porta
e arrivando davanti al suo scrittoio. Era la prima cosa che domandavi, di portartici, appena messo piede nella citta’ sabauda, dolce come un gianduiotto, proprio tu, poi, che non hai voluto sorseggiare il bicerin. E la sera poi, al tramonto, come fosse vestita di abiti leggeri, la fontana, la lettura di alcuni passi”. I viaggi, i grandi viaggi, cominciano sempre con libro e come questo, continuano. Una piazza da abbracciare,
anche senza musica. Una piazza dove si offrono ai passanti, anzi, ai lettori, abbracci, libri e mesaggi d’ amore e dove i passanti, e i lettori, li rigirano a destinazione via social. “Questo ti piace? Quanto ti piace? Tanto? Poco? E poi, con quel tuo sorriso, in una delle rare volte in cui si incrociava in altro viso, parlavi di sicurezze. Un viso cosi bello, appena sfiorato dal freddo torinese…”
Gli strumenti ci sono.
E’ sufficiente prenderseli per un attimo e lasciarli al prossimo. La musica è buona. Il ritmo anche. E quando poi si parla di colpo di…nella piazza e’ tornato afrsi rivedere zorro. La focacceria ligure trabocca, di ricordi, di gente e profumi di mare. Profumo di pioggia. Tutto si mischia. L’odore del mare e dell’estate appena trascorsa si presenta tra i libri. Presso la “filiale” sotto portego, Libreria sulla Dora”, di via Pisa 46, a Torino.
Quella di Rocco Pinto, per intenderci. Il libro che ho appena comprato l’ho scelto perché mi riporta alla fabbrica dei colori, perché ne sento il desiderio, di rivederla, con quei colori cangianti. Vita e desiderio. Vita e destino. Il libro è intitolato “Salento, fuoco e fumo” di Nandu Popu. Lo compero. La vita è misteriosa. In una delle prime pagine, frasi vergate in dialetto salentino. Mi piace. Mi piace il ricordo. Mi piace ricordare come capita nelle fiabe, quando alla fine, ti si chiede: “raccontamene un’altra. Raccontamela ancora. In dialetto. Come capita in alcuni racconti. Raccontami l’amore. In dialetto“. Sotto i portici, sfoglio. Una cartina, il Salento, una ballata. Poco distante da qui. Forse in altra piazza. Forse da un negozio contiguo, musica estiva. “No, e’ musica dentro. Sono in un bus e tutto fuori corre velocemente mentre io sono fermo. In attesa. Di qualcosa che si muova. Fosse anche un trillo. Ci sentiamo fra un po’. Meglio un pochino di distacco’”. Due righe di un libro sfogliato velocemente mischiato ad altri libri e ad altri odori. E’ ancora estate.Poco piu’ avanti, La Torre. Anche se e’ la “filiale”di una libreria mi “ritorni in mente bella come sei…”, la Torre salentina, ovviamente. Il commesso mi domanda se poi “Il taccuino di Simone Weil” di Guia Risari ho poi terminato di leggerlo. Certamente, gli rispondo. Insieme a tutta la Mole degli altri libri. Per alcuni, in galleria San Federico è quasi l’ora dell’aperitivo in clima davvero fiabesco. Pochi metri dal corner gusto infatti, i laboratori per i bimbi con lo spazio a loro dedicato.Le ombre della sera ormai si allungano. E anche quella di “giraffa”, come il libro di Alessandra Comazzi, presentato, in “tandem”con Bruno Gambarotta. Ma si sa, Gambarotta, ai giri di bici, e di piazza, ci e’ avvezzo…