La crisi del lavoro entra in Chiesa. E domanda. Questa mattina, una pagina del quotidiano La Stampa dedicava un articolo sul problema, disoccupazione:” la parrocchia diventa agenzia di collocamento”. Ho cercato di capirne di più. Via Po, parrocchia Santissima Annunziata, lato destro, bacheca. Pareva davvero di vedere una di quelle vetrine di lavoro interinale fine anni ’90. Offerte, domande. Situazione davvero drammatica. La disperazione. La richiesta di lavoro si fa viva anche in Chiesa. Preme per entrare. I poveri che si ritrovano al lunedì, al centro di ascolto, sono triplicate. Un intento che ha come scopo, quello di far incontrare una comunità, responsabile, di aiuto e sostegno reciproco. Condividendo. Tanta, tantissime persone ai margini di una società polarizzata. Fino a poco tempo fa, era il vestiario, il cibo, che usciva, ora, il lavoro, attraverso una bacheca, che entra. Un tempo erano pagine di giornali, diocesani. Oggi, dietro quelle richieste, si materializzano persone, in carne e ossa. Con mille difficoltà. Lavoro. Troppe persone sono ancora “collocate” ai margini della speranza: capita ancora oggi, gennaio 2014, come nel gennaio di un cinquantennio fa. In altro regno, quello delle opportunità. Forse. Un regno da stato “tascabile”. Purtroppo viviamo in metropoli ma privati di comunità, spesso non conosciamo neanche chi abita nel cubicolo affianco al nostro. Tristezza. Così, il “collocamento”, dalla marginalità a cui è stato relegato, prova ad entrare nella Casa della Speranza. Nel segno del Padre. Quante encicliche dedicate al tema. Dalla Rerum Novarum alla Laborem Exercens…Questione sociale, questione operaia…la storia che si ripete.
(La foto è del Duomo di Torino. Parenti e amici in attesa dell’uscita dei novelli sposi. Al margine, una zingara osserva il momento di festa. I margini della speranza, ridotti).