Dopo pranzo, un viaggio sul jumbo tram che taglia la città di Torino, da Nord a Sud. Auchan e Stura da una parte, Mirafiori e oltre dall’altra. Il Serming, la stazone, ex, Torino-Ceres, corso Giulio Cesare, corso Regina Margherita e mercato. Poi, una circolare, (forse l’unico tram a chiamarsi circolare 16) e “il ritorno” a Palazzo Nuovo. Appena lasciato correre il tram per la sua strada, direzione Piazza Vittorio e poi Valentino, si materializza ai nostri occhi il parallelepipedo , chiamato ancora “nuovo”, (probabilmente in ristrutturazione) e la Mole. Le scalinate dell’Università e il via vai continuo, bocche che si muovo, ma mute, intente a ripassare qualche lezione. Lungo il perimetro dell’Università, i bar, che prendono il nome dalle vie e dall’Università stessa, fioriscono di gioventù. Pare sia esplosa la primavera. Tavolini occupati da ragazze e ragazze, libri e appunti sotto il naso e caffè nella mano. Di tanto in tanto, qualche click non manca: “abbiamo preso il caffè qui”, e vai con lo scatto. Dalle fotocopisterie, legatorie, si vive un’aria distesa e allo stesso tempo, da “tesi”. Copertine similpelle, blu e rosse, pronte per essere “discusse.” I ragazzi, a ben vedere, tesi, non lo sono. L’aria è frizzante. Giovane. L’ansia e la paura non sono di casa. Tempo sospeso. Gioventù seduta sui gradini, attende, che si faccia ora. Tutto si svolge lentamente e piacevolmente. Sorseggio il mio, di caffè, provando ad immaginare se anche nella nostra città attecchisce il “caffè sospeso” o altro tipo di caffè, magari quello “ricamato” da qualche artista dedito al disegno con “pressione e schiuma”. Artisti da bar. Pago e mi dirigo lentamente zona mercato. Qualche fermata dell’altra circolare, e l’approdo è a Porta Palazzo anche detta Porta Pila. Tanta umanità. Identica a quella di Palazzo Nuovo. Pare sia esplosa l’estate, qui. Frutta di ogni tipo, ben esposta sulle bancarelle. Luci che ne esaltano i colori. Musica e colori. Un arcobaleno. Un uomo suona una chitarra e canta. Un ragazzo lo ascolta. L’uomo canta una canzone che pare essere un abito per il ragazzo. Una rivisitazione del vecchio e bambino? No. Difatti, il titolo, è “Il ragazzo”. “Ragazzo disperato, l’amore non hai trovato, ho fiducia in questo mondo…” Tempo sospeso. Qualcuno comincia a “smontare”, dal lavoro e la bancarella, ma questo spicchio di città, come l’altro, è vivo, e una babele di lingue ne copre ogni centimetro della piazza. I primi carretti cominciano lentamente a dirigersi verso il ricovero. Si sedimentano, in qualche deposito. Come le storie. Storie che hanno bisogno di essere raccontate. Persone, oltre le cose. Tocca a noi, darne corpo.