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Concorsi: trasparenza, in nome di una battaglia solitaria, quella di Mario Contu

“Una questione nuova, non apocalittica”. Questa era la frase ricorrente ascoltata in una trasmissione televisiva. Famiglie che consumano risparmi accumulati da una vita; genitori che mantengono in ogni modo i figli; posti di lavoro persi per sempre; precarietà alle stelle. Gesti simbolici che funzionano con modalità nuove rispetto ai classici scioperi. Questione nuova, mica tanto. Quante risorse sono state spostate dai salari ai profitti e alle rendite? Quanti accordi al ribasso sono stati firmati perché han continuato a dire che “di più non era possibile ottenere, dati i tempi”? Ma questi tempi, da quanto durano? Compromessi. Soluzioni al ribasso. Precarietà. Flessibilità. Fine della storia. Fine del comunismo. Fine del liberismo lo sosterrà mai qualcuno? Però, intanto, questa “nuova situazione” la si poteva immaginare. Ancora ieri, per tutta la giornata, ad Ivrea, in molti rischiavano e rischiano di perdere definitivamente il posto di lavoro. Rischio per l’Alcoa, rischio per la Fiat-Alfa Romeo (“trasferimento dei lavoratori a Torino”). Penso allo stabilimento SKF di Torino, che chiude.  Penso ai lavoratori di Ivrea, gli ultimi residui di quello che era la Olivetti. Lavoratori. Invisibili. Penso a tutte quelle compagne e compagni conosciuti durante le manifestazioni, per rivendicare un diritto. Resistere. Per esistere. Penso alle preoccupazioni di Barbara e compagni. Penso ai sette milioni di operai. Che esistono.  Nel disinteresse di molti. Penso al 1969, alle conquiste. Ai diritti. Potrei continuare. Solidarietà per tutti.  Anche ai precari, della scuola, del pubblico impiego. Gesti forti. Saliamo sui tetti, per diventare visibili.  Solidarietà per tutti quelli che si trovano “nella situazione nuova”.  Non apocalittica. Però, la povertà è questione antica. Lo sfruttamento anche. Richiesta di giustizia, di eguaglianza. Da gridare. Con forza. Da ottenere. Ad ogni costo. Come coloro che pongono domande sui concorsi: perché qualcuno deve essere immesso in corsie preferenziali? E la regione, come ha intenzione di comportarsi a tale proposito? Fortunatamente l’amico Juri Bossuto mi rassicura che i funzionari dei gruppi hanno chiesto un concorso aperto a tutti, molto diverso da cinque anni fa. Quando Mario Contu ne fece una battaglia solitaria.

Torino-Aosta: ancora una vergogna (lunedì 16 novembre)

Lunedì. Ore 7.30. Giornali in mano: Liberazione, La Stampa, la Repubblica. Mentre raggiungo velocemente la nuovissima stazione di Porta Susa, sotterranea, gli occhi si fissano sulla prima pagina del giornale torinese. “L’alta velocità salta Porta Susa“. Con disappunto del nostro sindaco. Sai che guaio. Tanti soldi spesi…..Invece quando si è deciso di demolire lo stadio Delle Alpi, costruito con i soldi pubblici…..Mentre penso cio’, alcuni compagni diretti ad Ivrea (con il treno delle 6.34) per questioni di lavoro, mi ragguagliano sull’ennesimo guaio al treno: “ritardo di mezz’ora, con sosta a Chivasso”; un guaio al locomotore? si poteva conoscere il cattivo funzionamento già dalla sera prima? Chi lo sa. In ogni caso, non è un freccia rossa e i viaggiatori di quella linea sono “soltanto” lavoratori, operai, precari: gente da meno di mille euro al mese e dintorni di mille. Non sono soggetti certamente rilevanti per certi politici anche se i loro voti al momento opportuno fan sempre gola. Viceversa, se il treno “non dovesse fermare a Porta Susa, i grandi punteranno i piedi”; e lo aspetteranno comunque. Se il treno ritarda a Chivasso e si arriva al lavoro con mezz’ora di ritardo, nessun “grande” si lamenterà. Pazienza. Pagheranno di tasca loro i soliti noti. Ilavoratori e gli studenti che subiscono quel ritardo. Una giornata, quella di lunedì, cominciata male. Peccato, perchè c’era dell’entusiasmo. Liberazione ci informava sugli studenti in piazza, con lo sciopero dell’11 dicembre, le richieste della Flc Cgil riguardanti il ritiro dei tagli agli organici previsti dalla legge 133. Buone notizie, soprattutto per noi, precari. Ma, qualcuno del governo non aveva svolto un tema “elogio del posto fisso”? Si, un tema scritto nell’aria. Qualcuno continua a scrivere delle favole. Molti vogliono sentiresele raccontare. Ricordo che i diritti sono frutto di lotte. Non sono favole. Un altro titolo di Liberazione ci rammenta della lotta di alcuni lavoratori. Come la vertenza Eutelia con gli operai in corteo a Roma. Lottano. Per sopravvivere. Polticamente segnalo “l’apertura del blog” del compagno Claudio Grassi. Sarà come vederlo in federazione tutti i giorni. La lettura del blog mi obbligherà a mettere nell’azione politica gli insegnamenti di due persone che partecipavano molto alle riunioni di area: Mario Contu, e Carla Perasso. Una buona iniziativa. Condivido la scelta e l’intuizione.

Gramsci e tre chiese

treno-lecce-torino-super-ritardo1In una sera d’inizio aprile, durante un colloquio finalizzato al rilascio di un’intervista, volta a descrivere l’impegno sociale e politico, descrivevo le “tre Chiese”, di gramsciana memoria a cui, in gran parte dovevo l’emergere di una visibilità non voluta: “i protagonisti”, asserivo,  (altre volte, durante l’intervista, li contemplavo prendendoli in considerazione), dovevano essere gli appartenenti ad una classe emarginata, forse con un calo di coscienza sociale, ma sempre protagonista: la classe operaia “allargata”, includendo in allargata cassintegrati, in mobilità, “nuovi operai” dei call center, disoccupati, precari.

Le tre chiese: la Fiom, Rifondazione Comunista, l’Istituto Storico della Resistenza di Torino. In ognuno di questi soggetti, vi sono stati o vi sono personaggi che hanno contribuito a forgiare le mie scelte.  Nella “formazione Fiom” non posso che metterci i “soliti noti”: Claudio Palazzo, Michelina Cardamone, Pietro Passarino, e altri ancora. In Rifondazione, “duri e puri”, ma anche altri “dalle “animie fragili”: il segretario, Armando Petrini, Juri Bossuto, Sergio Dalmasso, Luigi Saragnese, e i coniugi Roberto e Carla Perasso, che “hanno fornito un tetto alla casa Rifondazione”. E poi, “l’operaio per una vita”: Mario Contu. L’ultima, è la più bella e dolce, accogliente, sempre, la casa, così preziosa dell’Istituto storico di Resistenza con tutte le persone che a vario titolo lavorano “per la memoria”.

Inoltre, così, come i “campetti di calcio da oratorio salesiano” hanno sicuramente contribuito “al gioco leale”. Oggi, giocare lealmente è davvero difficile. In ogni gara c’è sempre qualcuno che parte prima. Parrebbe che in ogni competizione qualcuno bluffa i possibili esiti. Penso a chi mi scrive asserendo che anche nelle elezioni sindacali c’è sempre qualcuno che fa di più di altri, ma ad essere eletti sono sempre altri: “politically scorrect”? Oltre alle tre chiese ribadisco che la notorietà in un contesto, attualmente locale, è un merito da condividere, con l’amico Domenico Capano: sempre disponibile, anche quando per altri “è sabato”. Ogni tanto è lecito essere spigolosi. Grazie Domenico. (siamo persone normali, quindi, ci rapportiamo “senza titoli”).

In ogni caso, vorrei chiarire che gli scopi, originanti il Blog, possono sintetizzarsi nel rilancio di un dibattito utile a sensibilizzare una certa coscienza sociale, e l’appoggio al partito d’appartenenza, un partito che crede fortemente nelle uguaglianze; quindi, nessuna intenzione, “di formare un movimento” o “di essere scelto” per le candidature imminenti. Solo ed esclusivamente un “mettersi al servizio”.  Perché gli operai? Perché contrariamente a quanto si affermava, non è una parola impronunciabile. Esistono, e non solo negli articoli di giornale. “Giù gli operai, su gli autonomi” titolava “La Stampa” a pagina 5 mercoledì 22 aprile (Stefano Lepri). Nel pezzo si citava che: “Il potere d’acquisto di salari e stipendi, al netto delle tasse, è restato pressoché fermo negli ultimi 15 anni (+0,2% annuo). Nel frattempo crescevano i profitti e anche i guadagni dei lavoratori autonomi”. Oppure, “il Manifesto”, Cgil:”La crisi non è finita. Bankitalia: operai più poveri”, a pagina 8 di mercoledì 22 aprile (Sara Farolfi). Ancora sempre sullo stesso giornale: “In 15 anni si è allargata la forbice tra autonomi e salariati”. Ancora, “la Repubblica” “Redditi, radiografia Bankitalia. Più poveri operai e impiegati”, a pagina 8 di mercoledì 22 aprile. Interessante a questo proposito il box proposto dallo stesso quotidiano:”+0,6%: le retribuzioni lorde sono cresciute solo dello 0,6% in 15 anni”. La classe operaia non è scomparsa: a sparire sono i suoi portafogli e i suoi conto corrente! L’altro giorno ho ascoltato alcune lamentele di operai che mi riferivano come “non abbiano tenuto i loro investimenti, piccoli, in polizze-pensioni”. “Fine della storia”, raccontava qualcuno alcuni anni fa. Si, della storia dei personaggi con la s minuscola, di quelli che sono “eroi” perché riescono a sfamare una famiglia per un mese intero “campando” con 1000 euro. Sempre “la Repubblica” titolava giovedì 23 aprile che “Due milioni e mezzo di italiani vivono in povertà assoluta” (Luisa Grion). “La Stampa”, giovedì 23 aprile: “Italia, quasi 2,5 milioni di poveri assoluti”(Fabio Pozzo). Ancora, “Liberazione” di giovedì 23 aprile : “Crisi, previsioni nere per l’Italia. L’Istat conferma la povertà dei lavoratori” (Sara Picaro). Stipendi e salari che ristagnano, mercato del lavoro flessibile e per coloro che entrano al lavoro ora, gli stipendi non sono così come dovrebbero essere. Stima e autostima  a giorni alterni che si posizionano “una volta sull’on una volta sull’off”. Potrei continuare a ribadire dati e concetti, ma come dice l’amico Domenico, “il lettore potrebbe stufarsi dinanzi ad una riflessione lunga”. Ciò di cui non dobbiamo stufarci è la voglia di lottare, per modificare il nostro circostante e portare avanti le nostre istanze, le nostre richieste, che poi son anche le istanze di quelli “che non hanno voce”, ora. Per un mondo più giusto, perché un altro mondo è possibile! Perché là, dove c’è una Barbara “delegata Fiom uscente” e “ricandidata ad esserlo” è giusto perché il suo è “mettersi a disposizione di”, la sua è passione, il suo è “un credo”, la sua “è libertà” da condizionamenti. Barbara e molti altri hanno voglia di gareggiare, ma ad armi pari.

classe-operaia-webCorriere di Chieri. Venerdì 24 Aprile 2009. Classe Operaia va sul web di Federica Costamagna

Potrei continuare, ma la mia voleva essere solo e soltanto un’anticipazione ad un bell’articolo di giornale, a firma Federica Costamagna, che “non aveva l’intenzione di fuorviare”, perché oggi, bisogna leggere attentamente, tutto. Oggi, il divieto “è fuorviare”. Proprio oggi, Italia Oggi titolava “Ne azzeccassero mai una. Gli economisti? Un bluff. Un libro svela tutte le loro previsioni fallite” (Franco Bechis).

Studiare, mettere a disposizione il sapere, informarsi e informare: posso leggere, verso le ore 16,00 di un 24 aprile 2009, su di un tabellone ferroviario, un ritardo di un treno, “360” minuti e pensare tantissime cose, ma forse sarebbe meglio “stare dentro la notizia e vedere chi e cosa c’è dietro”.

Un’ultima considerazione: il Blog con me, con Rosina, Lucia, Daniele, Sebastiano, Massy e tutti gli Altri ti sostiene; coraggio Barbara, vincerai le elezioni.

Domani vi aspetto numerosissimi alle 11.30 davanti la casa di Gramsci.

Classe operaia, classe del futuro

Questa mattina, dopo tante insistenze da parte di alcuni ex colleghi di lavoro, tesserati Fiom, ma appartenenti a Lotta Comunista, ho deciso di andare ad un loro incontro; mi era stato detto che in quella sede avrebbero parlato alcuni sindacalisti Fiom, e tra questi, uno davvero bravissimo di Genova. Confesso di conoscerlo poco, ma i suoi interventi, per me, sono stati davvero illuminanti.
Il primo intervento che mi ha colpito è stato quello riguardante la cassa integrazione, che non è pagata con la fiscalità generale ma con i contributi versati da lavoratori e aziende con quote diverse: 0,3% e 2%. Si stoppano così quanti dicono che: “son soldi di tutti versati a quanti non fanno niente”. I conti tra l’altro dicono, che la differenza tra “quanto entra e quanto esce” per questa voce lascia comunque in attivo le casse: quindi, i soldi ci sono, si tratta solo di capire dove sono stati messi. Quindi è vero non soltanto che i soldi esistono, ma che potrebbero andare ad incrementare quella percentuale, davvero irrisoria, che è versata ai lavoratori in cassa o a quanti non possono essere collocati per altri motivi che non prendo in considerazione.
In ogni caso, la crisi, non la “pagheranno le generazione future” come sostiene qualcuno, ma moltissimi. I lavoratori, la classe operaia, la stan già pagando ora. Classe operaia che rimane e resterà “la classe del futuro”. operaio
Dopo aver ascoltato un paio di interventi esco, e sul bus provo a rileggermi l’articolo dell’amico di partito Marco Albeltaro, e mi dico, “Bravo Marco, hai ragione; abbiamo perso tanti congressi, ma a nessuno di noi era venuto mai in mente di lasciare il partito”. Leggendo quell’articolo ho ripensato a quanto “combattuti” fossero i due congressi a cui ho partecipato; nel pensarvi, l’ascensore della memoria correva ad un grande amico che ora non c’è più: Mario Contu.

Sciopero generale 12 Dicembre 2008.

12 Dicembre 2008. Così, il grande giorno, come risposta ad un insieme di problemi, è arrivato. Prima di recarmi in Piazza Vittorio, a Torino, dove era previsto il concentramento dei manifestanti, mi soffermo in edicola e acquisto dei giornali. Il manifesto, Liberazione, Repubblica, La Stampa. Strada facendo, per come posso, dato che il traffico impazza nella mia città, Torino, fisso l’occhio sull’editoriale di Gabriele Polo sul Manifesto: “Sciopero unico”. Ma non è tanto il riferimento allo sciopero che mi colpisce, quanto, fin dalla prima riga, si legge: “Ieri un operaio è morto all’Ilva di Taranto. Sono quarantaquattro in quindici anni gli uccisi dal lavoro nelle fabbrica italiana della morte. Il morto è un operaio manutentore Jan Zygmuntjan Paurowicz, di 54 anni. Anche Liberazione,ricorda il morto di ieri e sotto il grande titolo Sciopero Generale, ne ricorda un altro, mort nello stesso posto,poco tempo fa: “Sono morto così, all’Ilva, pensando a Francesca”. La lettera di Francesca Caliolo che racconta la storia di suo marito che lavorava all’Ilva, morto sul posto di lavoro.
Repubblica, a pagina 24 titolaTragedia all’Ilva, muore un operaio. Taranto, il lavoratore travolto da una gru. E’ la terza vittima nel 2008. Quello che mi colpisce di più è il box a destra del giornale in cui si indicano i numeri, sempre così freddi delle vittime sul lavoro: 1376 la media di questi anni; 1546 il picco nel 2001; 1260 quelli del 2007. Il mio pensiero chiaramente ritorna a sabato mattina: è possibile che di fronte a queste tragedie sabato mattina ci sia stata quella poca partecipazione? E così, la grande voglia di partecipazione alla manifestazione e la volontà di gridare “la vostra crisi non la paghiamo” è stata stoppata da questa grande amarezza. Appena giunto a Piazza Vittorio, vedo tra il gruppo di Sinistra Critica l’amico Franco Turigliatto, poi altri amici conosciuti in manifestazioni varie. La sinistra era collocata al fondo, Comunisti Italiani, Rifondazione Comunista, Sinistra Critica; prima ho visto i giovani dell’Università e quelli della scuola in genere. I metalmeccanici della fiom, e vecchi colleghi di lavoro, preoccupatissimi della lunghissima cassa integrazione che dovranno affrontare. Proprio aspettando di metterci in cammino dò nuovamente un’occhiata ai giornali e scopro che un’altra fabbrica, a Torino, si fermerà per undici settimane:Sciopero Cgil, ma la crisi si aggrava. Si ferma per undici settimane la fabbrica dei trattori: 700 in cassa“, titolava in prima pagina dell’edizione di Torino la Repubblica.
La Stampa, sempre nella cronaca cittadina, con le parole della giornalista Marina Cassi, indica in “sessantamila metalmeccanici in cassa integrazione nell’anno di cui 51943 a partire da ottobre.
E poi 3 mila lavoratori chimici, almeno 500 delle telecomunicazioni e centinaia di altri settori, dalle imprese di pulizia al commercio all’artigianato”. Numeri pesanti che fanno capire il perchè delle motivazioni dello sciopero.
Tra le tante notizie di questo tenore una mi ridà qualche spiraglio di speranza: il Manifesto, racconta che “La Gelmini è costretta a fare dietrofront. Una prima vittoria dell’Onda…. Speriamo.
Per ritornare al racconto della giornata di oggi, dopo aver aspettato la partenza del nostro gruppo, scambio qualche chiacchiera con il segretario regionale di Rifondazione Comunista, Armando Petrini. Ovviamente dopo aver fatto un po’ di analisi sulla situazione attuale guardiamo altri striscioni, quello dei Comunisti Italiani, quello di Sinistra Critica, le bandiere del Partito dei lavoratori di Ferrando. In quei gruppi ognuno di noi ritrova amici, compagni di lavoro, di circolo, e ricordi che ci raccontano dibattiti e lunghe serate a discutere su un documento o un volantino, a volte su una parola da citare o da omettere. La chiacchierata si fa lunga, si profila un “come potrebbe essere”, un raffronto con la situazione francese della sinistra, e mentre parliamo, si alza uno striscione conCiao Rocco“, compagno di Rifondazione deceduto pochi giorni fa.

ciao-rocco-web

A me, ovviamente, viene in mente anche un altro compagno che fisicamente non c’è più, ma continua ad essere tra noi: “Mario Contu“. Il suo pensiero si fa più forte quando vedo gli studenti, lui, sempre presente in mezzo a loro con la capacità di capirne le loro aspettative, le loro esigenze, i loro bisogni, e a tutto ciò saper dare una risposta immediata, concreta grazie al suo impegno. Sempre in prima fila: sia fra gli studenti sia fra i metalmeccanici. Dopo questi brevi frammenti di ricordi, finalmente si parte. Vedo i ragazzi, i precari della scuola, a sinistra di via Po, vedo alcuni che cercano di “murare” simbolicamente una banca. In piazza Castello mi “sgancio” perchè ho voglia di condividere qualche pensiero e qualche riflessione con alcuni ex colleghi di lavoro, star loro vicino in un momento così difficile, pieno di incognite, e con poche alternative. Insieme decidiamo di “scalare” posizioni, e vediamo quasi tutti i gruppi. Arriviamo in una piazza San Carlo, solo noi, vecchi colleghi e decidiamo di vedere chi arriva davanti all’Unione Industriale. I primi, quelli dei Cobas.
Salutiamo ancora qualcuno, e…..decidiamo di rincasare.