Ritornare in treno a Ravenna

 

Torino Porta Susa. foto, Romano Borrelli

 

 

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Riprendere il viaggio…fiondarsi nella stazione vetro-acciaio di Torino Porta Susa; incontrare lungo il cammino che separa casa dalla stazione solo poche anime. Anime “vagabonde”, in giro per la nostra città, al mattino presto, quando la metropoli dorme ancora e l’estate non vuole ancora bussare alle porte torinesi. Direzione stazione, per poter salire su di  uno dei primi treni mattutini e dirigersi verso Sud. Al mare. Pensare di potersi dedicare a buone letture e sorbirsi invece gli influssi e gli effetti della nuova tecnologia e cellulari ultimo grido con  cartoni animati incorporati per distrarre i bebè al seguito. Scoprire  così che in un’epoca in cui il lavoro scarseggia  per molti il treno diviene  un’appendice dell’ufficio, trasformando il ripiano posto davanti al sedile in una scrivania tipo Presidente del Consiglio (evidenziatori, penne e blocchi in ogni dove, con tablet e cellulari ultima generazione) e parlare ore e ore di finanza, condomini, polizze assicurative incuranti se tutto questo parlare ad alta voce con persone dall’altro capo del telefono possa dare o meno fastidio al vicino. Una voce di Trenitalia chiede gentilmente di abbassare la suoneria del cellulare ma in realtà, a mio modo di vedere, dovrebbe invitare molti  viaggiatori a frequentare corsi di buona educazione, di bon ton. E un mio suggerimento potrebbe essere quello di suddividere questo eccesso di lavoro con chi ancora non lo ha.  Un nonno anziano fa la spola, dal sud al nord per accompagnare i nipoti al mare.  Da anni in pensione conosce a memoria gallerie, scambi, stazioni, fermate, coincidenze. Vedo passare velocemente Reggio Emilia,  Bologna tante cittadine a me amiche. Faenza, Imola, Rimini, Cattolica, abbinando a quest’ultima  un ritardo di fine estate con continuazione del viaggio in macchina, lungo l’autostrada per uno di quei viaggi che non si dimenticano, direzione Sud, verso Ascoli. E poi ancora  Pesaro! Rimini, Ancona, la sala d’aspetto, prima, dopo, durante, persone silenziose e meno, manovratori, uomini di fatica e guastatori. Lettere scritte, consegnate e consegnate al volo su di un treno in partenza. Un giro del mare per arrivare  a Ravenna. Il pensionato ferroviere comincia il suo  racconto di una Italia che fu coinvolgendo quante più persone: di quando c’era il vagone postale  incorporato  nel treno e dentro si lavorava (conoscendo esattamente la composizione di ogni treno, classi, cuccette, vagone lette, postale) eccome se si lavora. Delle “balille”  ( brutto nome, ma le chiama così, contenitori in ferro) in attesa alle stazioni, lungo le banchine, suddivise in posta in arrivo e posta in partenza. Il suo racconto ci ricorda che il ferroviere, quello posto nel vagone “buttava” giù  i sacchi e un altro ferroviere, sotto, lungo la banchina, “tirava” su, e poi, su, quando il treno ripartiva, si smistava.  Una catena di montaggio. Solo che a muoversi era il treno. E il pensiero correva a tutti quei pacchi, e non tanto al contenuto, che non si saprà mai, quanto elle emozioni che potevano contenere tutti quei contenitori che emanavano profumi, di montagna e di mare, di pizza e di torta, e di mille altre cose. Le attese, le speranze, l’arrivo. E poi scartarlo. Il pacco.   Chiedere al telefono se era arrivato o meno, se si faceva in tempo a prenderlo o no, prima che la posta chiudesse. E le emozioni all’atto dell’apertura di quell’oggetto che avrebbe sostituito così una relazione non a distanza. Tutto questo fino a quando non arrivo’ il pacco celere a rovinare tutto quel piccolo mondo antico…insieme ai cellulari, ovviamente. “Ci sarebbe da distruggerli sotto i piedi”. E difatti, qualcuno lo fa, o lo ha fatto. Racconta, racconta, racconta…..quanta gente ha visto viaggiare e attendere l’alba per il primo treno.  E’ un “Pozzo orario” vivente questo signore.  E’ coinvolgente, e con lui si riesce ad essere pazienti. Tutti. Racconta di quando il personale era in abbondanza e “i ferrovieri erano ferrovieri” , quando formavano una classe, fino a quando…Il mercato non impose i suoi tagli e un modo nuovo di viaggiare. “Ma chi è il mercato, domanda?” Pero’ conosce il periodo delle lenzuola d’oro e degli scandali.  Poi passa una signorina, giovane, carina, capelli ricci e rossiccia, efelidi sul viso, a controllare i biglietti, pinzarli e augurare buon viaggio a tutti. Lui le mostra la sua tessera da ex ferroviere e quindi, viaggio gratuito ma meritato. E’ raggiante. Si dichiara suo collega, nonostante abbia 80 anni. Le ricorda di come si era assunti una volta, mentre ora le signorine  sembrano tutte assunte,  appena terminato il concorso Miss Italia, direttamente da Salsomaggiore.  “Sa, signorina, lei è proprio bella, come le sue colleghe”, le dice.  Attira simpatia e pazienza e, pazienza se ripete le stesse cose. Non fa nulla. Addirittura riesce a strappare un applauso. Per aver fatto un pezzo. In questo Paese. Un pezzo importante sui binari della vita. Al riparo da massicciate. Il suo racconto per un po’ di tempo mi aveva indotto a dimenticare per quale motivo stessi tornando a Ravenna…C’era una cassettiera e una scultura che….Foto Romano Borrelli (2)

Foto Romano BorrelliRavenna. Foto, Romano Borrelli (2)Ravenna. Foto, Romano BorrelliRavenna. Foto, Romano Borrelli (3)Ravenna. Strele di  defunto Caio Cassio Seneca, in vita centurione già congedato. Foto, Romano BorrelliRavenna. Foto, Romano Borrelli (2)Ravenna, biglietti. Foto, Romano Borrelli