Storie torinesi

Foto, Romano Borrelli. Torino dai CappucciniL’acqua del fiume scorre, lentamente. Oggi, è estate. Ma è anche ieri. Un uomo, in compagnia del suo cane, braccia appoggiate sul parapetto del lungo- fiume lo osserva, o meglio, osserva entrambi, levriero e acque,  con quel lento dondolio mentre si  infrangono su di un punto, per tornare poi a correre, velocemente, per riprendere il loro viaggio fino alla destinazione finale, il grande mare che le accogliera’ Con generosita’, come ogni donna il suo uomo. Sento la necessita’, il desiderio di s rivere, di appuntare velocemente qualcosa, in una sorta di atto egoistico che mi separi momentaneamente dal resto. Una voce dal di dentro, che mi impone di “disegnare” stanghette corsive, riccioli di lettere che comporranno pensieri, pronti a navigare, tra gli altri, privi di identita’. O forse si. Nella citta’ della Mole, ciascuno di noi ne avrebbe una tutta sua, da svelare. Di storia. Ma la voce dell’intimo, la stessa che porta a scrivere impone cosa e quanto scrivere. Fiume, spartiacque di quanto poteva essere e no, con le “scelte non fatte”, lavori, amori, mancari, non consumati. Ripongo in soffitta i pensieri e  osservo l’uomo, impercettibilmente muove una matita, stretta tra le sue dita che nel gioco di quella danza che crea imprime un disegno, e forse pensa a qualche storia fissandola sopra un pezzo di carta. La grafite compone. Lentamente nasce qualcosa. Lui osserva  il fiume, occhi semichiusi che immediatamente si posano sul foglio. E’ veloce.  Il foglio è lo specchio di quanto sta accadendo in un raggio d’azione, limitato.  Almeno ” fino a Superga”. O forse non così in alto, ma molto più indietro. Almeno di 65 anni. Un bel colpo d’occhio. Questa parentesi e questo paesaggio. Qualche gabbiano si posa sull’acqua. Il  cane, ai suoi piedi, riposa. Chissà quante volte ha dovuto aspettare la conclusione di un  “prodotto” da grafite. Difatti, nel giro di  poco arriva la conclusione. Il disegno è bello. E’ un bozzetto di quello che diventerà  un giorno. Un quadro. Osservo lo specchio. Poco distante da qui. E’ oggi in un insieme di ieri avvolti in un pezzo di carta. L’aria è pulita. Si sente profumo di caffè. Una rapida occhiata, prima di andar via. Un pensiero alle vacanze, imminenti.  Al mare, al sole, al caffè Quarta, al pasticciotto salentino alle cose buone del Sud e alle vacanze imminenti. E a quanto amore contengano tutte queste cose messe insieme con il loro profumo che emanano quando provi a scartarli e facendo cosa gradita ne condividi i gusti. “Ne vuoi?” Torno al “qui ed ora”. Provo a muovermi, il signore, attento a tutti i movimenti, percepisce  il mio. Un impercettibile scatto gli aveva dato la sensazione che mi stessi muovendo. Prova a chiedere il mio giudizio sullo schizzo. Lo trovo bellissimo. Mi dice: “Sa, questa mattina mi sono svegliato con le stesse emozioni di tantissimi anni fa. Avevo voglia di aria, di libertà, di evasione. Torino all’epoca non era inquinata. Era estate, proprio come oggi.  Che ho 77 anni.  Ero giovane. Forse sono venuto a incontrarmi. Quando sentì quella voglia, quel desiderio di libertà, ne avevo 12 o 13. Mi posai nello stesso posto  dove sono ora. E feci uno schizzo come sto facendo ora. Lo confronterò a casa, con quello appena sarò tornato a casa“. Poi chiama il suo cane. E’ ora di tornare. A casa. Mi chiede se mi piacciono gli animali. Cominciamo a parlare di cani e gatti. Lui mi parla di sensibilità e di anime pure e belle.  Come gli animali. Ha gli occhi lucidi, quando mi parla. Il suo cane si chiama Teodoro. Mi spiega l’origine e il significato. E’ un bellissimo levriero, marroncino.  Il signore possiede una nobiltà d’animo d’altri tempi. Mi parla ancora, di bene, di qualcosa di profondo. Accenna a Dio. Ripiega lentamente il foglio, ma faccio ancora in tempo a guardare lo schizzo, il disegno. E’ un’opera d’arte, a mio modo di vedere. Lo ripiega e lo mette via. Saluta garbatamente, con dolcezza. Rimarca ancora il suo amore per gli animali e ricorda di quanto un gatto, curato e adottato gli abbia cambiato molto, rispetto all’approccio iniziale. “Gli animali avvicinano agli uomini, a Dio.” Si congeda. Ognuno riprende la propria strada, il proprio cammino. Mi volto e ripenso a quel disegno,  a quella mano mentre tratteggiava, al suo amore, per gli uomini, per gli animali. Chissà quanta storia avrà scritto e avrà contribuito a farne scrivere. Ritorna il profumo di caffè. O forse non se ne era mai andato.  Lentamente riprendo il sentiero del ritorno.  Mi giro e rifletto: quell’uomo aveva Testa nelle mani e Testa lo aveva nelle sue mani.  E cuore. Una bella storia torinese in una città dove ciascuno nel proprio cuore ha la sua Carmensita. All’ombra della Mole. E di un cuore. E mentre torni a ripensare alle vacanze imminenti, al pasticciotto, al Salento, ti giri e pensi che la bellezza di questa citta’e’anche qulla di incontrare un uomo nello stesso posto dove era 65 anni prima a disegnare quell’identico soggetto spinto dalla stessa emozione di quando aveva 12 anni affacciatosi appena sul fiume della vita e che alla fine del suo lavoro ti domanda:ti gusta? E da quel momento una canzomcina si impadronisce di te e cominci a cantare Carmencita…

Ps. Non solo ho rivisto il carosello, ma anche il papà di quello specifico carosello. Chissà se stava inventando una nuova storia per un carosello di domani.