Saverio Strati: storia di un illustre abbandonato

Riceviamo e Pubblichiamo:

Saverio Strati: storia di un illustre abbandonato

SAVERIO STRATI, UNO DEI GRANDI NARRATORI DEL NOSTRO ‘900, NATO NEL 1924 A SANT’AGATA DEL BIANCO (RC) VIVE IN STATO DI GRAVE INDIGENZA. COSA SI ASPETTA PER CONCEDERGLI I BENEFICI DELLA LEGGE BACCHELLI GIA’ RICHIESTI DALLO SCRITTORE FIN DAL 2008? IL DECESSO? INTANTO, NOI POSSIAMO AIUTARLO DIVULGANDO LA NOTIZIA ATTRAVERSO IL PASSA PAROLA ED ACQUISTANDO I SUOI LIBRI. FORSE LA RETE RIUSCIRA’ A FARE PRIMA DEI POLITICI CHE QUANDO C’E’ DA AUMENTARE LE LORO PREBENDE IMPIEGANO SOLO POCHI MINUTI.

Salvatore Armando Santoro
24 marzo 2009

www.circoloculturaleluzi.net

La lettera di SAVERIO STRATI

strati-saverio_1Io, Saverio Strati sono nato a Sant’Agata del Bianco il 16 agosto 1924. Finite le scuole elementari, avrei voluto continuare gli studi ma era impossibile, perché la famiglia era povera. Mio padre, muratore, non aveva un lavoro fisso e per sopravvivere coltivava la quota presa in affitto. Io mi dovetti piegare a lavorare da contadino a seguire mio padre tutte le volte che aveva lavoro del suo mestiere. Piano piano imparai a lavorare da muratore. A 18 anni lavoravo da mastro muratore e percepivo quanto mio padre ma la passione di leggere e di sapere era forte. Nel 1945, a 21 anni, mi rivolsi a mio zio d’America, fratello di mia madre, per un aiuto. Mi mandò subito dei soldi e la promessa di un aiuto mensile. Potei così andare a Catanzaro a prepararmi da esterno, prendendo lezioni da bravi professori, alla maturità classica. Fui promosso nel 1949, dopo quattro anni di studio massacrante. Mi iscrissi all’università di Messina alla facoltà di Lettere e Filosofia. Leggere e scrivere era per me vivere. Nel ‘50-‘51 cominciai a scrivere come un impazzito. Ho avuto la fortuna di seguire le lezioni su Verga del grande critico letterario Giacomo De Benedetti. Dopo due anni circa di conoscenza, gli diedi da leggere, con poca speranza di un giudizio positivo, i racconti de “La Marchesina”. Con mia sorpresa e gioia il professore ne fu affascinato. Tanto che egli stesso portò il dattiloscritto ad Alberto Mondadori della cui Casa Editrice curava Il Saggiatore. Il libro “La Marchesina” ebbe il premio opera prima Villa San Giovanni. Alla “Marchesina” seguì il primo romanzo “La Teda”, 1957; alla “Teda” seguì il romanzo “Tibi e Tascia” che ricevette a Losanna il premio internazionale Vaillon, 1960. Ho sposato una ragazza svizzera e ho vissuto in quel paese per sei anni. Da questa esperienza è nato il romanzo “Noi lazzaroni” che affronta il grave tema dell’emigrazione. Il romanzo vinse il Premio Napoli. Nel 1972 tornato in Italia la voglia di scrivere è aumentata. Ho scritto “Il nodo”, ho messo in ordine racconti, apparsi col titolo “Gente in viaggio”con i quali vinsi il premio Sila. Negli anni 1975-76 scrissi “Il Selvaggio di Santa Venere” per il quale vinsi il Supercampiello, nel 1977. A questo libro assai complesso seguirono altri romanzi e altri premi. Il romanzo “I cari parenti” ricevette il premio Città di Enna; “La conca degli aranci” vinse il premio Cirò; “L’uomo in fondo al pozzo” ebbe il premio città di Catanzaro e il premio città di Caserta. Nel 1991 la Mondadori rifiutò, non so perché, di pubblicare “Melina” già in bozza e respinse l’ultimo mio romanzo “Tutta una vita” che è rimasto inedito. Con i premi di cui ho detto e la vendita dei libri avevo risparmiato del denaro che ho usato in questi anni di silenzio e di isolamento. Ora quel denaro è finito e io, insieme a mia moglie mi trovo in una grave situazione economica. Perciò chiedo che mi sia dato un aiuto tramite il Bacchelli, come è stato dato a tanti altri. Sono vecchio e stanco per il tanto lavoro.Sono sotto cura, per via della pressione alta. Esco raramente per via che le gambe a momenti mi danno segni di cedere. Nonostante questi guai porto avanti il mio diario cominciato nel 1956. Ho inediti, fra racconti e diario, per circa 5000 pagine. La mia residenza è a Scandicci.
Saverio Strati

Post scriptum
Devo aggiungere che avendo editore alle spalle e libri da pubblicare e da ristampare, non mi sono preoccupato a organizzarmi per avere una pensione, un’assistenza nella vecchiaia. Non ho, da anni, una collaborazione a giornali o a riviste. Perciò non ho nessun reddito e quindi è da tre anni che non faccio la dichiarazione dei redditi. Faccio inoltre presente che alcuni dei miei romanzi sono tradotti in francese, in inglese, in tedesco, in bulgaro, e in slovacco e in spagnolo (Argentina). Miei racconti sono apparsi in riviste cinesi e in antologie dedicata alla narrativa contemporanea italiana: in Germania, in Olanda, in Cecoslovacchia e in Cina.

“Fermare la fuga delle aziende”. I fatti: la “ricetta” di Rifondazione in commissione

mercedes-bresso“La ricetta di Rifondazione Comunista contro le delocalizzazioni”: Questo era un piccolo trafiletto apparso ieri su La Repubblica in seguito al convegno del partito sulle delocalizzazioni. Un articolo così piccolo di fronte ad un problema così grande: colpa dei numeri del nostro partito? Comunque il testo affermava: “Vincolare i contributi pubblici alle imprese all’impegno a mantenere l’attività per almeno 25 anni, stabilizzare i lavoratori entro tre mesi dall’avvio dell’attività“, proposta di legge che sarà presentata in commissione lavoro in settimana. “Sarebbe la prima norma del genere in Italia, forse in Europa (hanno detto i primi firmatari, e tra questi Juri Bossuto) per ora le aziende prendono fiumi di denaro pubblico e poi scappano per di più speculando sulle aree dismesse. Se la nostra proposta verrà ascoltata, ci sarà finalmente un freno legislativo alle delocalizzazioni facili” ( tratto da la Repubblica).

Liberazione di ieri, titolava invece “Fondi pubblici solamente a chi resta sul territorio. Perché la Regione non vota?

(articolo di Maurizio Pagliassotti). Nel suo articolo, pare interessante come, la proposta di legge “maturata da un paio d’anni, dapprima è stata bollata come sovietica, ma ora è sposata con crescente entusiasmo dalle forze politiche  che si sono sempre dette per il libero flusso di capitali e merci (ma non di persone)”. Io mi permetto di aggiungere, “ma non era bollato anche come sovietico l’intervento dello Stato in alcuni settori”? Eppure ora, anche i fautori del liberismo pare che  si sgolino a chiederne l’aiuto.