L’altra sera, discutevo con amici su alcune fabbriche, tipo la Indesit, e della sua ormai, altamente probabile, chiusura: due stabilimenti sono troppi, in un settore che parrebbe non essere in difficoltà come si dice. Quindi, “tutto in Polonia”, mentre gli operai cercano in ogni modo di trovare un sistema per reagire e opporsi a questo trasferimento. Ad un certo punto della discussione, uno del gruppo mi ha chiesto: “tu sei pronto a fare il muratore”?
Quella che inizialmente era sembrata essere una battuta ha assunto nel giro di pochissimo una certa coralità. Una “nuova medicina” era stata scoperta, pronta per essere immessa nel mercato e da somministrare a questo malato che si chiama Italia; composto, il malato, da tantissime “cellule” che si chiamano operai, con contratto a tempo determinato, in cassa integrazione, in mobilità, addetti ai call center, questo “sottoproletariato nuovo” , o, “dipendenti mascherati” che aggiungono una maschera in più in questo “carnevalone prolungato”, dove le bugie che si mangiano non sono quelle dolci, ma quelle amare, che continuamente ci propinano alcuni: “i soliti noti o gente!”.
Abbiamo delle scuole che andrebbero rifatte, e quindi, si parla di edilizia pubblica: no! Delle ferrovie che dovrebbero essere rimesse a posto, o raddoppiate ove sono a binario unico, e invece continuiamo a pensare sempre a quei soliti noti, che devono viaggiare velocemente da un capo all’altro dell’Italia per esser competitivi coi cinesi, gli indiani, e “mamma li turchi, ancora no!”; mentre il rimanente degli italiani che “pendola” per questioni di lavoro, continuerà a stare “affacciata al finestrino”, per poter vedere l’effetto che fa quando, e se, passa la Freccia ‘rotta’. Abbiamo degli ospedali che andrebbero risistemati, o spostati, ma tutto quello che si pensa è “cementificare”, magari devastando ulteriormente il nostro Paese, non sazi dai tanti condoni fatti che l’hanno già fortemente ferito. “Bisogna essere ottimisti!” E’ l’imperativo di alcuni, anche se il loro indicatore di benessere, il Pil, scende, la produzione industriale diminuisce, la disoccupazione aumenta e chi lavorava chissà se continuerà a farlo in futuro; stanno togliendo il lavoro, al popolo, che per quanto mal pagato permetteva di soddisfare i bisogni primari; “abbiamo le banche” solide, peccato che si parli di crisi: le imprese stentano ad avere finanziamenti, la domanda ristagna, i consumi “non tengono”.
Solo una domanda banale: ma se ci fosse ancora la lira, voi lo comprereste un caffè a duemila lire? Un cappuccino, nelle attuali ‘minitazze’, tutto schiuma “e con soltanto il 25% di latte ed il 75% d’acqua” a 2600 lire, “e poi, i leghisti che protestano perché i loro allevatori superano le quote latte con mucche ‘post modern’ che producono otto volte la quantità di latte rispetto a 20 anni fa: per un cappuccino di allora ci vogliono 32 cappuccini odierni, sono 64 se ci mettiamo che anche il suo prezzo è raddoppiato, trascuriamo le ‘minitazze’ per carità o eventuali scontrini che distrattamente qualcuno non abbia potuto fare, in tempi di crisi”. Comprereste il pane a sei o sette mila lire? Di quello noi italiani non sappiamo farne a meno e, allora lo razionereste? E gli stipendi? Io li ricordo a un milione e seicento, un milione e settecento mila lire e per la stessa regola del caffè, (non citiamo più il cappuccino “altrimenti salta il banco”), dovrebbero essere più del doppio, e invece no! Un operaio, quando lavora, riesce a percepire come salario mille euro o poco più? Un collaboratore scolastico ne prende 968 di euro; un tecnico della scuola mille e sessanta, un amministrativo della scuola ancora meno. C’è qualcosa che sfugge, no? Chi comprava ville, continua a comprarle, chi invece abitava in casa, in affitto, continua a stare lì, sborsando una media di 600 euro, nella “economica Torino” (in alcune città, è molto e molto di più). Eppure, la medicina, il rimedio a tutto ciò, pare essere stata tirata fuori dal cilindro, è l’edilizia (settore, sicuramente storicamente trainante), nel momento in cui però vi sono nel mercato centinaia di migliaia di case vuote e invendute, e barboni e ex signori a rovistare tra i cassonetti della spazzatura nelle grandi città. Pensate, vorrebbero che chi abita in condominio, può, potrebbe ampliare la propria abitazione…. Domandiamoci, uno che abita al secondo o terzo piano dove “dilata”: nell’appartamento del vicino, tipo “la banda del buco”? Per non parlare poi di altro. Ma aspettiamo, la “medicina” deve essere messa ancora in vendita, può esser sempre che l’opinione pubblica sia stata male informata.
Nel frattempo si scopre che qualcun altro vorrebbe più aerei e aeroporti, in alternativa a ponti (che potrebbero essere ubicati in terre italiche straniere, non amiche). Ponti che da mezzo secolo ci appaiono esposti, come se fossero già stati realizzati, su modellini carucci, e belli, “fossi bimbo: come vorrei poter possederne uno, per giocare con le macchinine e i trenini che sfrecciano sopra, e con il fischio dei ferry boat giù!” E ultimamente, nelle foto, nei video, paiono esistere realmente con le simulazioni 3D dei computer, ma peccato che la gente non riesce più a mangiare, o condurre una vita dignitosa e decente con o senza lavoro che sia, o condurre una vita senza fattori ansiogeni derivanti dall’instabilità economica del proprio viver quotidiano, altro che 100 aeroporti, altro che ponti e “pontida”!
Il penultimo che era fermamente convinto dell’opportunità e fattibilità del ponte, e magari passare alla storia con esso, era un grande ammiratore di Garibaldi, forse credeva d’essere la sua reincarnazione, purtroppo il fato gli fu ostile e non poté vedere realizzata l’opera. I soldi al tempo vi erano: si pescava a mani piene nei bot, cct … “sì, mi pare fosse il periodo della vacche grasse, ‘quelle che fan superare le quote latte’, con tanti italiani che facevano a gara nel procacciarsi una tessera da garibaldino”
Oggi, dopo tutte queste belle notizie, una canzone mi balenava continuamente in testa: se buona parte di noi dobbiamo essere fiduciosi, ottimisti, speranzosi, cantiamo il ritornello di stamattina: “se il mondo somiglia a te, non siamo in pericolo”.