La fedeltà

Continuo a leggere l’articolo comparso su La Stampa a proposito di Rifondazione Comunista. Vengo subito al dunque. Io mi domando come mai, nel precedente congresso, una mozione come quella di Essere Comunisti, da me votata, che pur aveva un buonissima percentuale, ha mostrato comunque fedeltà, al partito, non alle persone,
grazie-sansonetti
perchè è al partito che bisogna voler bene, è rimasta nel partito, nonostante tutto? E identica cosa posso dire di altre mozioni. Come erano stati posti i personaggi nelle liste elettorali? Chi decideva sempre il tutto? Ho partecipato a numerose manifestazioni; un termine chiave era “partecipazione dal basso”, un altro “partecipazione”. Chi si ricorda quando si prendevano esempi della democrazia partecipata? Quante riunioni sul Brasile? Le tornate su alcuni argomenti che la si facevano con le loro assemblee per decidere lo stanziamento piccolissimo di fondi? Eppure la battaglia la si faceva all’interno del partito. Ricordo le partecipazioni veramente forti all’interno di ogni circolo, di un federale. Era bello, perchè forte era la dialettica. Ricordo che alle primarie era stato sottoscritto, firmato, pagato un euro..ma tutti volevamo quell’esperienza? Lo ricorderanno tutti? Vogliamo fermarci un momento e ricordarci un po’ di cose? Io penso che la fedeltà alla linea sia importante; è vero, siamo continuamente in cammino e di spostamenti da sinistra a destra è piena la storia politica, e questo è comprensibile se lo si fa proponendo un ragionamento; si, perchè i cambiamenti sono legittimi, non soltanto nel cammino politico. Mi pare che in psicologia si affermi che quando un individuo dice “io sono fatto così” implicitamente afferma che non vuole rimettersi in discussione. Quindi, è legittimo il cambiamento, ma io sostengo che la fedeltà sia più importante. Molti miti son caduti, ma onestamente, qualcuno agli iscritti, ai militanti, aveva chiesto che cosa pensava di una “sinistra arcobaleno“? Il partito era proprietà di qualcuno? O, forse, dato che per anni si era stabilito che “democrazia”, “partecipazione”, circoli come unità fondamentale fossero gli elementi più importanti; di colpo queste nozioni non andavano più bene? Una gestione verticistica mi era sembrata, eppure, anche quelli di altre mozioni hanno fatto tutto il possibile per un esito elettorale positivo, nonostante non si condividessero molte cose….cosa ci legava agli altri partiti di quell’esperienza? Noi che che abbiamo lavorato siamo sempre stati al fianco dei lavoratori. Io vedo persone che non sbuffano, non scalpitano, non danno l’idea, all’esterno, di essere insofferenti, di fare questioni su un giornale. Ho visto, vedo persone che lavorano per il partito, che stanno al fianco dei lavoratori. Ho visto Sergio Dalmasso lavorare per il partito stando al fianco dei lavoratori, degli studenti; lo sesso posso dire di Juri Bossuto…Compagni di mozioni diverse, eppure noi eravamo lì dentro, o no? Gli altri invece……. posso dire che è triste vedere compagni che erano con te in un congresso, passare in altre mozioni, e sentire dentro la tristezza, pensando che la meta è identica, ma le strade per arrivarci sono diverse. Però siamo rimasti al fianco gli uni degli altri….gli altri a cosa pensano? Dove vogliono andare? Noi vendiamo il pane, la pasta, a gente bisognosa e forse non è sufficiente, ma è qualcosa, è anche stare tra la gente, a prendere freddo, a urlare, invogliare, a ricompattarci.

La vita o è stile o è errore

Le notizie di questi ultimi giorni sono varie e molte di esse mi hanno lasciato perplesso. Comincio col ricordare un uomo di settanta anni circa, di Milano, che aiutava i viaggiatori in partenza o in arrivo alla stazione Centrale milanese, a trasportare i loro colli; non era un facchino nè tantomeno chiedeva elemosina: semplicemente aiutava, stava poi al buon cuore della gente lasciargli qualcosa. La stazione era la sua dimora; è morto, alcuni giorni fa, senza fare rumore, in solitudine, in povertà, ma avendo conservato fino all’ultimo la sua dignità. Così come mi ha colpito la notizia che in una Chiesa, all’interno del presepe mancasse Gesù Bambino, o meglio, c’era ma era poco discosto. C’era, ma a volte non lo si vuole, non lo si vuole vedere perchè incarna la povertà, o il diverso, ed esattamente come tanti anni fa le situazioni di disagio non le vogliamo vedere. Sui tram o bus ho visto tantissime persone con abiti normali, non griffati; e penso a come sia veramente squallido sentir dire che “bisogna comprare” a tutti i costi, per rimettere in moto l’economia. Vedo tantissime persone che forse non comprano ma mantengono la propria dignità. A volte mi da tristezza sapere, anche, di aver comprato un paio di maglioni pensando che molti non hanno la medesima possibilità, in questo periodo di ristrettezze; contrariamente a quanto accadde nel 2001 o nel 1990, quel periodo, durò sei oppure otto mesi, mentre ora qualcuno pronostica di più. L’altro giorno parlavo con Marisa Sacco, all’Istituto storico della Resistenza di Torino e mi ricordava episodi del periodo della Resistenza, quando circolare per Torino in bicicletta era vietato. Mi ricordava di quanta vergogna avesse provato nel “rubare” una bicicletta, salvo poi riportarla al proprietario tempo dopo o quanta vergogna provasse nell’aver mangiato “della polenta” senza essere stata invitata. La vergogna…….Parole e ricordi che fanno riflettere.
Un’ultima notizia di questi giorni è che probabilmente un altro pezzo di un partito della Rifondazione Comunista vorrà “uscire”, presumibilmente dal partito. Anche “vendere” pane ad un euro, secondo alcuni non va bene, non è sufficiente. Cosa andrà bene oggi, in questa società? Provare a fare cose concrete come alleviare in parte il carovita o accettare che tutto ci scivoli? Penso convenga provare, col nostro stile, mantenendo la nostra dignità, dando così esempio agli altri.
Come diceva Arpino, la vita o è stile, o è errore.

Giovanni Arpino
Giovanni Arpino