“Se Torino avesse il porto…” così si sentiva spesso affermare fra quanti avrebbero voluto caratterizzare ulteriormente la dolcezza della nostra città. Ma, al netto del mare, che da queste parti, lo si può solo immaginare (o ricordare, o evocare) non resta che altra via e certezza: le numerose bellezze e dolcezze che qui fanno capolino sono circondate da montagne, cultura, gianduiotti e… buonissimi pasticcini. Torinesi. E Sida. Perché, si sa, la pasticceria “è nata qui” come sostiene il signor Mario…e i pensieri vanno al recente passato.
E il “qui” scopri che è davvero un concetto valvola nel momento in cui ti porge la bontà racchiusa da un…mignon. E uno di questi posti, dolci (altro concetto valvola, e qui, si possono davvero inflazionare) ove si può avere un “posto fisso”, a qualsiasi ora della giornata, da mezzogiorno e mezza alle due, è la pasticceria Sida di Torino, in corso Regina Margherita 157/f. Un posto assicurato. E’ sufficiente una…mail.
Qui, Mario, Maria, Elena e Serena sono di casa. Una bella famiglia. Ma di casa può essere chiunque si trovi a passare, al mattino, quando servono gli zuccheri giusti, per una dolce, sana e “cremosa” colazione o nelle ore successive per “pane quotidiano” a mezzogiorno. E che colazioni e quali pranzi.
Seduto su uno dei tavolini che compongono il perimetro della pasticceria-bar, il gioco di specchi sembra moltiplicare come in un labirinto ogni dolcezza presente. Seduto, rilassato, davanti a quella infinità di belle e buone leccornie, mi trovo a pensare a come le strade della mente sono infinite al punto che il mare, nel corso di una giornata qualsiasi, qui, alla Sida, non solo lo si riesce ad immaginare, ma perfino vedere, toccare, gustare. Se scherzo? No, assolutamente! Via e numero civico? Trionfo dei sensi! Mi verrebbe da rispondere, in prima battuta. Poi, al corso descritto, delle parole prima e del luogo poi, ci aggiungo un numerino: corso Regina Margherita numero 157/f. Poi, dopo aver fantasticato, tralascio questa via per ripercorrere quella storica, forse più congeniale. La ripercorro tutta, grazie anche ad un “librone” che è la carta di identità di queste dolcezze. Per un attimo, complice la scuola, qui, a due passi, penso al Pof. Si, pof, piano di offerta formativa. E qui dentro… regna… l’imbarazzo della scelta. Allora, l’iscrizione di diritto alla pasta, al pasto, al posto, non puo’ che essere qui. Insomma, la scuola non mi lascia proprio stare.
Sui binari della storia dove passava e passa a velocità diverse, il treno, i treni, ora su binari e livelli differenti, una rotonda . Tutto scorre. Velocemente. Mentre tutto cambia, fuori, qui dentro si rincorrono come bimbi felici tra i loro giochi, passato, presente e futuro: si tengono insieme, vanno a braccetto e danzano, disegnando forme bellissime. E’ un ballo dai ritmi perfetti. Armonia, forma, grazie, eleganza. Un ballo, dove in ballo è il lavoro, artigianale, dal 1926. Qui seduto, riesco ad immaginare, oltre i vetri dei miei occhiali e delle dolci vetrine, non solo pagine di “addio monti” ma altro, oltre, una Rotonda sul mare, con la sabbia, vellutata, il mare, le sere d’estate, il battito di un cuore che non è solo di panna. Il cuore, questo, batte sempre, si sa. La panna, e la dolcezza, qui sono complici nella vitalità dei sentimenti. All’interno, dicevo, o se non lo dicevo, lo scrivo, passato e presente si amalgamano. E con loro, il futuro. Il passato-presente ha dei nomi: Mario Mangiardi e Maria Nappi. Il presente-futuro, Elena e Serena. La pasticceria è situata tra corso Regina Margherita e corso Principe Oddone. Valdocco è lì, a due passi. Mentre attendo, seduto ad uno dei tavolini, “sfoglio” la cronaca nazional- politica con il tormentone Toto Quirinale. Un’overdose di informazione come non l’abbiamo mai conosciuta. Un “up and down” che ci coglie continuamente, ad ogni ora del giorno. E mentre tutti gli esercizi di oratoria e dialettica politica e non solo vorrebbero convergere verso una figura di alto profilo, femminile, qui, “la pratica” è ormai da un pezzo tutta al femminile. Al lavoro, tre donne più due “dietro le quinte” contro il solo Mario, che, a dire il vero, ha “passato di mano il gioco”, (mi scuso) la licenza, ma non la collaborazione quotidiana. E tutto questo “passaggio” non passaggio di un padre sempre presente è avvenuto il 16 dicembre 2014. Dove è la notizia? Bhè, qui non siamo in quota rosa . E poi il passato che convive benissimo con il futuro. Da queste parti, la crisi economica colpisce indistintamente tutti e tutto da ormai un lustro. A questa poi si è associata quella relativa ai lavori del passante ferroviario lasciandoci così una “cicatrice” che non passa, i segni di una ferita da “trincerone”, sanato appena, si fa per dire, da una rotonda. Elena e Serena contrariamente a quanto succede per altri commercianti, (ma anche alle famiglie) riescono a mordere la crisi e non a farsi mordere, lanciando una bella idea, capace di coniugare il tutto e ottimizzare le risorse, di ogni tipo, al meglio. Efficacia, efficienza, costi, ricavi, tradizione, idee, innovazione. Sembra un tema di partita doppia, e in realtà, quotidianamente, tutti qui dentro ci convivono, tra matita rossa e blu. Un presente di conti che affonda le radici in un passato di…conti. Papà Mario ed Elena infatti,vantano un trascorso tra le fila di quanti hanno frequentato e si sono “licenziati” dal Quintino Sella. (Storico Istituto Tecnico Commerciale per Ragionieri di Torino). Con i conti, non si scherza. E questa parola, qui, è “sbanchettata”. La pasticceria offre infatti lavoro anche a due dipendenti. Oltre che il Sella si annoverano per Elena e Serena studi presso le scuole Salesiane di don Bosco, che qui, a due passi hanno casa ed oratorio. Il primo (La Basilica di Maria Ausiliatrice e’ davvero a due passi da qui). Ma vediamo di scoprire più in dettaglio cosa avviene e come avviene questa “dolce produzione” al 157/f di Corso Regina Margherita.
La parola, a questo punto, passa ad Elena e Serena. Un “invito” a venire a colazione. E pranzo, buono, abbandonate, giusto. In tutto.
“La maggior parte dei pranzi li facciamo con una clientela ormai collaudata”, proveniente dagli uffici, qui intorno: Regione, Sanità, Satap, per una trentina di pasti al giorno. Meglio, tra trenta e quaranta. Un tempo, la pasticceria effettuava la chiusura per una breve pausa pranzo. Poi abbiamo provato non chiudere e tentare la vendita dei panini, per pranzo. Ultimamente, dopo le ferie, abbiamo provato a “rilanciare” con i piatti caldi”.
Chi vuol pranzare? E’ vero come sostengono in tanti che il menu viaggia via mail?
“La mail. Si. Dai clienti ho cominciato a raccogliere gli indirizzi mail. In mattinata provvedo, dopo aver stilato il menù, a mandar loro la composizione del pasto, i piatti, i primi, i secondi. Il cliente è libero di scegliere e cosa. Ho detto basta a tutte quelle lavagne e fogli che pullulano fuori dai locali. Una mail e via. Velocità e rapidità nelle comunicazioni ma agio e rilassatezza al momento del pasto. Con un posto”.
Elena e papà Mario si ritrovano la sera, appena terminata la giornata lavorativa (ma capita anche al mattino presto), di decidere cosa comprare e cosa predisporre per il pranzo del giorno successivo. A metà mattina si stila (“si riesce sempre a trovare l’accordo e la mediazione”. Beati loro, penso) il menu e ogni giorno, verso le undici, Elena invia le mail:oggetto, pranzo. Corpo della lettera, menu’. Eccone una, da esempio.
Buon giorno, in elenco il menù del giorno:
Risotto con gallinella e salmone
Salmone con salsa all’aceto balsamico
Filetto di sogliola con carciofi
Patate arrosto
Patate duchessa
Melanzane
Saluti Elena
“Ho una lista di mail che aggiorno continuamente, una stratificazione continua basata sul passaparola e di nuovi clienti. Chi è intenzionato a venire a pranzo risponde alla mail indicando quale piatto preferirebbe gustare e ora di arrivo. Risposte via mail o un sms”.
Elena nel giro di poco diviene l’”architetto” della Sida (vero-vero, assicuro) e con la mappa dello spazio e dei tavolini occupati si mette all’opera per fare spazio. All’occorrenza, il bancone dove al mattino sono depositati bellissimi vassoi di paste viene “ripulito” e quelli momentaneamente “sfrattati”. Prima dello sfratto definitivo nel triplice atto del vedere, scegliere, gustare. Così facendo, “aggiunge un posto a tavola”.
A partire dalle 12. 30 non appena la clientela arriva, le due sorelle fanno un salto in cucina e comunicano gli arrivi e la conferma degli ordini ricevuti via mail. Il tutto in una riduzione di tempo, sprechi e ottimizzazione di ogni risorsa e così…il pranzo è servito. No. Non è un gioco televisivo degli anni ’80. E’ lavoro. Un lavoro “tradizionale” con l’aggiunta di un supporto informatico in questo caso davvero “ben impiegato”.
La pausa, si sa, non è, in termini di tempo, “estended play” : dai venti ai trenta minuti. Ovviamente questo non vuol dire non gustare il sapore e i sapere che la Sida riesce ad offrire da questo scorcio di città.
Tutto questo accade da mezzogiorno e mezza alle due. In questo modo Elena e Serena riescono a gestire due turni per il pranzo, gestendo con cura, attenzione, garbo la clientela con un colpo d’occhio, e di speranza, che non guasta mai, ad eventuali avventori non previsti. Un’attenzione meticolosa a tutti e tutto. E’ proprio vero come affermava Simone Weil: “L’attenzione è la forma più rara e più pura della genoristà”.
Cosa si può mangiare, alla Sida?
“Pasta fatta in casa: agnolotti, gnocchi, fatti dal papà. Verdure tutti i giorni e pesce fresco il venerdi. Il surgelato da noi è bandito. Il pane, le pizze,le focacce, sono tutte di produzione propria. Fatte in casa. Meglio, fatte qui, nel locale adiacente. Esistono due forni. Uno, che ha 70 anni e gode di ottima salute, ma non più utilizzato ed un altro, più piccolo, computerizzato, adatto ai tempi. Poi, un forno a lievitazione per le brioches. Di queste, nella vetrinetta, normalmente, restano solo le briciole”.
Personalmente ho provato sia la pasticceria sia il pranzo. Davvero buono, buoni e giusto. Per restare in tema di programmi, “Ok. Alla Sida, il prezzo è giusto”.
A fine serata, tutti sono stanchi. Elena e Serena socchiudono gli occhi per un istante e guardano oltre. Felici. Chi non sarebbe felice immaginando oltre la Rotonda, il mare?
Un’ultima considerazione. Quello che mi ha colpito favorevolmente è stato il senso di futuro, di ottimismo, tutto al femminile. Come sosteneva il teologo Bonhoeffer, “l’essenza dell’ottimismo è non curarsi del presente, esser fonte di ispirazione, vitalità, speranza, dove gli altri si rassegnano. L’ottimismo ci fa tener alta la testa rivendicando per noi stessi il futuro, senza abbandonarlo…”.
E’ un luogo accogliente, e chi ci lavora non ti fa mai sentire solo. Sempre parole misurate, giuste. In definitiva, accolto e coccolato. Il mio consiglio? Andateci. Provare per credere.
Ps. I migliori auguri, in particolar modo a Serena, oggi, per il suo compleanno. Tanti auguri di Buon Compleanno, Serena. E, come si dice in questi casi, una buona torta a…tutti.