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La suerte

Torino 28 maggio 2014. Effetto ombra. Foto Romano Borrelli (2)

La Suerte, un locale o un qualcosa che rimanda ad una dea. Fortuna. Dal  locale che ha quel nome, nessuna musica. Da più di un mese la musica di quel locale si propagava per le vie adiacenti. Una bandiera brasiliana campeggiava in bella vista al centro de “la suerte”.. Ma la dea bendata ha fatto le sue scelte. Rigorosamente. I colori sono sbiaditi e nessuno di quelli che ha affollato “la sorte” in questi giorni ha voglia di cantare. Se ne parla.  Sottovoce. Colori, il tema dominante. Prima del bianco ora per il colore dei grembiulini. Delle scuole materne. Sotto il porticato adiacente la Rai di Torino ombre  in bianco e nero si allungano. Si allungano e rimandano ricordi, visivi e vocali ad un undici luglio. E televisori in bianco e nero.Il telecomando era un optional. Ci si alzava e si girava la manopola. Qualcuno “lisciava”anche il baffo al televisore.  Come segno scaramantico. Ve ne era bisogno. La suerte pareva non essere con la nazionale italiana e difatti Cabrini fallì il rigore mandando il pallone di poco a lato.  Dopo soli 5 minuti di gioco. Poi, tre volte si alzo’ il Presidente e tre volte ripete’ le identiche parole con lo  stesso ritmo mentre Nando Martellini, famoso telecronista, dopo il triplice fischio e il triplice campioni del mondo. Il tutto pareva entrare nelle case italiane. Pubblico compreso.  Qualcuno ricorda, qualcuno racconta di quando l’Italia vinse i Mondiali nel 1982. L’undici luglio. Molti ricordano il  solo Presidente. Il partigiano, continuano a dire. Vivere di ricordi allontana, per il momento i pensieri attuali, allontanando la delusione per la precoce uscita e alleggerisce il carico della Mole.  Di pensieri. Sicuramente. Ricordo quelli successivi, di mondiali di calcio. Non è che ricordi a dire il vero  i mondiali di calcio in quanto insieme di partite. Magari qualcosina di Italia ’90. Ricordare è  piuttosto abbinare un’edizione a dei  “faccioni” sorridenti che ti accompagnavano in autostrada, quando, in vacanza ci andavi, con i tuoi. Eri lì, dopo il pieno e l'”acqua da cambiare”, per un caffè, un cappuccino, e loro ti ricordavano, a Mondiali terminati  da un pezzo, qualcosa, che forse sarebbe stato meglio non ricordare. Magari volevi solo un po’ di spensieratezza e loro si ergevano come l’uscita di Zenga in Italia Argentina, tra sandali, infradito e salvagenti, perennemente sgonfi, abbinati magari a qualche collezione punti, dato che le punte, quelle che avrebbero dovuto fare il loro dovere, non lo avevano fatto.  Un’uscita a vuoto. Il tutto tra trofei di palloni e  tira acqua  per i vetri delle macchine. E il guaio era che te li ritrovavi anche a vacanze terminate, al ritorno. Loro che continuavano a ridere mentre tu pensavi a quello che era prossimo a venire.  Uscite a vuoto. Capita spesso. Anche se le alternative esistono. Prossima uscita, km…E ripensi a quei faccioni sorridenti…..Questione di …suerte. Ogni tanto capita di pensarci ancora. Ci si inventi una piccola grande gita, il mare in basso o la collina con Superga in alto e si  continua a pensare a quei faccioni che sorridono in un mondo dove tutto pare ancora cominciare, da costruire.  Mondiali compresi. Sara’ per questo che li si cercava, per illudersi di modificare la suerte.  Zenga esce e prende la palla, senza respingerla. L’Italia vince e approda in finale, con la Germania. E talvolta si riusciva o si riesce. A pensare di modificare qualcosa. In ogni caso, un modo per rivedere e ricominciare con fiducia. E poi, quei faccioni, allontanavano mentalmente  gli esami di riparazione. Mica male, no? Ne valeva la pena, il giro in autostrada e far finta che le vacanze erano ancora da venire.

Torre, un uomo che non sta mai fermo

DSC00282E così ho avuto il piacere di partecipare alla grande giornata, del compleanno di Giuseppe e di un grandissimo riconoscimento, giunto apposta da Roma. Quanta emozione! Una bella lettera dal Rettor Maggiore, dei Salesiani, don Pascual Chavez.

Un monumento alla storia di un uomo grande come Giuseppe che ha dedicato una vita intera al quartiere Valdocco e a tutta Torino. Chi è passato da queste parti, nel periodo dell’adolescenza, ricorda le cioccolate con la carta color lilla “Kerestin”, dispensate nei periodi di festa e non solo. Chi è dalle parti di Porta Palazzo ricorda la cura nello scegliere i fiori, le piante, i migliori, le migliori. Chi vendeva le stoffe, in Piemonte, in Lombardia, lo ricorda sempre “munito” di garbo e dolcezza. E così, per ogni attività, da lui svolta, senza  sabato o domenica. Sempre pronto e disponibile nella sua parte di educatore. Entrando in questa cittadella, si sente ancora il rumore di un pallone, di qualche pallina da ping-pong, qualche quaderno, libro e una matita. Esattamente come un tempo. elle giornate di neve, sotto i portici, i tavoli riservati ai “pellegrini di passaggio”  erano pronti a diventare tavoli da ping-pong con le racchette generosamente da lui  prestate. Ma a volte, si sa, nella storia è bastato anche un solo fischio. Così, tanto per iniziare. Per un buon inizio è sufficiente questo.

Ora, sarebbe bello ricostruire un pochino le vicende delle sue radici e, chissà, se davvero qualcuno della sua famiglia, per motivi di lavoro, “volo'” verso l’Argentina. E provare a vedere se sussistono legami di parentela con Giuseppe.

Bhe, non resta che mettersi in “cammino”.

Intanto sarebbe bello un augurio da Villafalletto, luogo che ha dato i natali questo uomo e, perché no, dal nostro caro Sindaco di Torino, Fassino. Sono certo che non mancheranno questi ulteriori auguri speciali.

Buon biglietto a tutte, tutti.

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Non si poteva che cominciare l’anno augurando un “buon biglietto” a tutte, tutti. Un buon viaggio, proprio come era stato auspicato, sull’albero, la vigilia di Natale, all’inseguimento di una passione. A chi, con lo zaino si appresta ad un nuovo viaggio e a chi senza. Un biglietto, un po’ come la pesca. Questione di fortuna, qualcuno sostiene. E allora, che dire? Buon biglietto a tutti. Proprio tutti. Che sia quello buono. Il biglietto, pero’, non arriva così, per caso. Un biglietto è anche questione di stile. E di passione. Completa. In ogni cosa. Lungo la strada, tappeti di petardi, micce, miccette, fuochi di ogni tipo, contravvennendo a quelle che erano state le disposizioni. E così, lungo la strada che conduce alla grande stazione. Nella pancia della stazione brulicano segmenti impazziti, felici. Chi va, chi torna. Chi brinda al nuovo amore dell’anno e all’anno dell’amore e chi invece torna come era partito. Zaini nuovi, colorati, appoggiati a terra, a fare da sedile, o da lettino, per il recupero fisiologico, del sonno mancato. Guide aperte, orari dei treni, e cellulari sempre on. Certo, un po’ di musica ci starebbe bene, in questa pancia che rumoreggia, dopo aver mangiato e bevuto troppo. Il tabellone della stazione, color giallo, arancione, arrivi-partenze, scala continuamente, orari, treni, tipo di treno, fermate, ricordando continuamente che è il primo gennaio 2014. Per un giorno si dimentica molto, tutto. La speranza, la gioia, il sorriso sono di casa. Finalmente. Passion lives here. I viaggi, i viaggiatori, i sognatori. Qualcuna prepara un viaggio in Argentina. Nello zaino poche cose. A casa sta lasciando uno zaino pieno di vita. Una laurea, contratti a tempo, stage, in nero, tantissima preparazione, tantissima cultura, eppure, nessuno se ne accorge, nonostante centinaia di curriculum. Lei che crede e questo Paese che non crede molto in lei. L’Argentina, è la terra con ampi spazi. Una parentesi. Uno stacco. Qualcuno ricorda di un viaggio, verso il Brasile, mancato tantissimi anni fa. La valigia, di altro tempo, quella no. La valigia dei sogni, arrivò a destinazione. Il sogno e la persona, no. Su quella nave, non salì, mai. Chissà. A volte il destino è più forte dell’uomo. Una semplice congiuntivite fermò un desiderio, un sogno. Già, Brasile. L’anno del Brasile…….Ecco perchè, a distanza di tantissimi anni, continua a sentire nostalgia di un sogno infranto. Ma il destino, o chissà chi, ha voluto diversamente.
Buon viaggio.