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Da Torino…Genova

Torino 19 luglio 2015. foto Borrelli Romano. Dai CappucciniMi piace. Molto. Salire e risalire o scarpinare fin qui sopra. I Cappuccini. Meglio di un caffè, troppo caro, rispetto ad altri luoghi o città. Così dicono. Battutaccia a parte, da quassù Torino è ben visibile e riconoscibile in ogni suo luogo, piazza, monumento, nonostante i lavori “Torino non sta mai ferma“,  nonostante il calore, il risveglio di certi colori e ricordi e nonostante certa musica resti ancora nell’aria, nonostante il tempo:  ne vale davvero la pena impregnarsi di sudore e avere Torino tra le proprie mani. Il Valentino, i Murazzi, la Mole, fino in cima alla sua stella appena sotto la stella, dentro la sua pancia, dal 2000 come in un museo, l’ascensore, il terrazzo panoramico e la stella sopra, il museo del cinema,  le sue poltrone rosse, la Gran Madre, il tram storico, con l’idea che il tempo sia sospeso, come una storia d’amore, sospesa, e ancora Superga, il terzo Botellon  nella nostra città, l’ultimo appena concluso per festeggiare il termine della sessione estiva, degli appelli universitari, l’avvio verso il mare, le vacanze, la libertà: tutti e tutto avvolti in questo luglio afoso.

Da quassù si rilegge volentieri la storia, anche la propria, con Palazzo Nuovo sullo sfondo, il quarto piano, le aule di storia, le discussioni e le tesi. E si ricorda Genova per noi. Genova 2001. Genova e il G8.  Genova e i no-global. Un altro mondo era possibile.  Un altro mondo è possibile. Correva il 19 luglio 2001 quando il tutto aveva inizio. Si poteva scrivere …Poi…il termine. Degli studi, il prof. Carpinelli, una tesi, la sua discussione. Genova. Per noi. Per sempre. Poi, col tempo, un blog…Torino dai Cappuccini, 19 luglio 2015. Foto, Borrelli Romano

L’associazionismo….continua.

I quotidiani di questa mattina non smentiscono, per cui anche oggi, evidenziano come i redditi da lavoro dipendente denunciano un allarme, “allarme retribuzioni“. L’inflazione inoltre corre e va su del 32 % in 10 anni. Come accennavo già questa mattina, le preoccupazioni sono tutte per le famiglie con un dipendente percettore di reddito; queste famiglie hanno perso all’incirca 1600 euro tra il 2002 ed il 2008, viceversa le famiglie degli imprenditori hanno aumentato il reddito di circa 9 mila euro. Nonostante ciò già viene calcolato quanto spenderanno le famiglie per il cenone di fine anno, ovviamente, facendo una media calcolando pinco pallino con il signor B., dove il risultato dà la somma di euro 110 a famiglia, qualcosina meno rispetto all’anno scorso. Si calcolano le spese ma dalle interviste risulta che sette italiani su dieci non sanno ancora dove andranno. Strano, vero? L’unica certezza è che il 2008 che si sta per concludere costerà 1700 euro in più. Tutto questo mentre ancora qualcuno si sgola a dire di spendere…. spendere … spendere. Sul giornale della mia città, proprio oggi, viene citato il caso dell’operaio che dieci anni fa, con quasi due milioni di lire era una persona che riusciva anche a risparmiare e considerarsi “ricco”; oggi, con 1350 euro, non riesce ad andare avanti. Caso isolato? Non penso proprio, dal momento che le code e le richiese anche alle associazioni di volontariato aumentano di giorno in giorno, e non solo stranieri che si mettono in coda, ma anche italiani, ed italiane che non chiedono più solo il necessario per mangiare, ma chiedono un posto di lavoro, nel caso, anche da badante. Anche la crisi farà accettare lavori un tempo non molto graditi. Un ultimo dato, i servizi che sono aumentati, e così le spese di banca. Cosa mi fa pensare questo dato? Che il mondo sta andando proprio al contrario con un “francesismo” che spero mi perdonerete: si potrebbe dire che il mondo sta andando a “Puttane”. Qualche anno fa, preparando la mia tesi sui movimenti no global e le contestazioni, avevo notato come le crisi economiche si affacciano ogni 25 anni, e che oggi, tale periodo si è notevolmente ristretto, ma il punto è che un grande Paese, che ha “suggerito” privatizzazioni, liberalizzazioni, delocalizzazioni, e dopo aver preparato grandi crisi, ora stia invertendo la rotta, chiedendo allo stato il percorso inverso: nazionalizzare o comunque entrare all’interno del processo. E pensare a quante risorse e non solo di capitale ma anche umane sono state “distrutte” per una cosa che era un must: privatizzare. Quante volte ci hanno rimesso in termini di denaro i lavoratori?