Pochi minuti alle 9 sotto l’atrio di Roma Termini. Lascio la capitale con il suo azzurro teso che annuncia solo caldo per tutta la giornata. Solita estete romana. I treni vomitano e ingoiano in continuazione e i giapponesi o orientali i tutta questa girandola sembrano essefe i piu’ felici. Ho evitato la coda alle biglietterie acquistando direttamente dal giornalaio i biglietti A/R per Tivoli. Si, ci sarebbe stato anche il bus da Tiburtina, a… e’ fastidiosa l’aria condizionata. Quindi, treno. Binario 11, per Avezzano. Alcune fermate e di queste ricordo Tor di Nona, Bagni a Tivoli e Guidonia. Dopo un’ora, ecco Tivoli. Direzione,
Villa d’ Este, gioiello Rinascimentale. Durante il tragitto, Roma si allontana lentament e Avezzano e Pescara si avvicinano e mi riavvicinano così i ricordi. Il cielo azzurro e’ teso, e la possibilita’ di una nuvola neanche a pagarla. La prima cosa che mi viene in mente osservando il panorama cullato come un bimbo da questa nenis indotta dal treno è “Pane e Vino”, libro di Ignazio Silone. Che bel libro! Forse l’altura con le sue montagne o forse la maturita’ appena conclusa. Di ricordo in ricordo ecco la cittadina di
Tivoli, la collina, a destra e su in cima una croce, la fontanella della stazione presa d’assalto, l’uscita dalla stazione, a destra, la curva, la strada piu’ lunga per arrivarci, alla villa, (la passerela e’ sconosciuta a chi vi accede per la prima volta), poi Villa gregoriana, pero”, no, io devo andare a
Villa d’Este! . Semmai, poi… Biglietto, entrata e… spettacolo affascinante! Le stanze, con tutte quelle pitture, le storie e le 12 fatiche di Ercole, gli stemmi, la mitologia, la cappella Estense, dove il figlio di Alfonso d’Este e Lucrezia Borgia, Ippolito II d’Este intorno al 1550, dove dal suo convento di Santa Maria Maggiore dove era stato destinato, si rese subito conto di come erano lontani i fasti della sua Ferrara…
fino all’incarico per nuovi giardini e fioriture…