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“Se non ci sei ti aspetto”

DSC00440Nell’epoca della societa’ liquida, basta un niente, un click sbagliato e ti ritrovi tempo zero, in altro luogo o in un non luogo. Ma capita anche che con i click sbagliati ci si ricamino sopra le storie, vere o fasulle che siano. Come una maestra non piu maestra diventata nel frattempo professoressa, prestata sempre alla scuola, ma in modo “superiore”,o, ancora, dello studente divenuto professore nella stessa identica scuola dove si era diplomato poco tempo prima. E questa sì che e’ una grandissima gioia e storia di riscatto personale. I casi da raccontare e snocciolare sarebbero tantissimi. Ma questa volta , in questo caso, in questa storia, lasciata ai bordi di una strada, “il mondo non è leggero’ o liquido, ma è davvero pesante. Tutta colpa di una  innocente cartolina, recapitata in un luogo sbagliato. Quindi, non, un non luogo, ma in effetti, un luogo, ‘a tutti gli effetti’. C’era tutto. Combaciava tutto. Solo il destino ci mise , lo zampino. Una lettera e un biglietto raccontano una odissea. Di pezzi di carta e di persone. Una cartolina che una persona ignota ha deciso di consegnare nel posto dove avrebbe dovuto esserla. Consegnata. Con l’odissea di un viaggio non calcolato. La raccontava alcuni giorni fa, lasciando su strada alcuni stralci della sua esperienza.

“Alcuni kg fa, decise che sarebbe partito. Una puntata aggiunti e del tutto personale della trasmissione “posta per te” .Un’improvvisata. Una sorpresa. Forse. Decisa già fin dalle prime luci dell’alba. Il treno era quello delle 21.05. Numero 791. Il numero e il posto della carrozza, bhe’, quelli sono importanti per la trama. E forse per nessuno. Le luci della stazione contribuivano ad illuminarla tutta nella sua maestà ottocentesca. Era immensa.  Forse un ministero, agli inizi. Alla fine, un imbuto. Per pochi. Una strozzatura, in fondo. Un nodo. Come quei nodi nella gola che ti prendono, e non ti lasciano più quando a circolare non sono i treni, ma i pensieri. I distributori elettronici, fuori uso. Da fuori si vedono merendine, panini e altro che mai, nel cuore di quella notte, si potevano avere.   In fondo, o agli inizi, il cartello elettronico, con l’orario di partenza e un pannello rosso e bianco, sui due ammortizzatori. Peccato fosse uno degli ultimi treni posizionati sul fascio dei binari. E forse sarebbe stato uno degli ultimi treni in partenza,  prima di “rottamare” i treni notturni. All’interno, freddo, gelo. Il buio della carrozza conciliava e obbligava a dare il benvenuto al sonno. La notte era lunga. Metà, la si conosceva. In compagnia del dondolio e di altoparlanti che annunciavano l’arrivo in stazione e di quelle che sarebbero venute incontro. Il resto della nottata, una sorpresa.  E così fu. Per metà tempo, seduto, su di un sedile in pelle e braccia incrociate sul bracciolo. Tendina chiusa, per lasciare fuori occhi intrusi e curiosi. Arrivò. Nel cuore della notte.  Una rampa di scale, un sottopassaggio, ancora una rampa di scale, in salita. Qualche sbandato, sdraiato a terra. Oggi, gli sdraiati, sono sdraiati tra le pagine di un libro. Anche. Altri vagabondavano, per sentire meno il freddo, che entrava nelle ossa. Un soggetto poco “rassicurante” guardava una “balilla” per i giornali. Anche per questi, era ancora presto. Per uscire. Forse, ancora  sdraiati nelle culle delle rotative. Il profumo del mare lo sentiva ed entrava nelle narici. Era li, a due passi. Navi con le bocche spalancate,  simili a balene spiaggiate, ma vive, come affamate di automezzi, che ad uno ad uno inghiottivano, per vomitarle  dall’altra parte, oltre il mare. Le luci della collina erano nitide. Di tanto in tanto, il rumore di qualche moto, pareva entrare nell’atrio e nella sala d’attesa. Lentamente, molto lentamente, il tempo al bar Dante, passava. Tra posta elettronica e qualche giornale datato. Cronaca cittadina di quel posto. Cominciava a farsi alba. I primi treni regionali cominciavano a partire e risalire la dorsale. Di li a poco, anche il suo. Di tanto in tanto, gli occhi gli si chiudevano, e quando no, una domanda gli balenava in testa. E se………….ma oramai, la famosa  cartolina doveva essere recapitata al posto e al destinatario giusti. Il tormento se nonostante gli anni, quella persona abitasse ancora li era come una ggccia d’olio che lentamente si instillava nel cervello e lentamente si apprestava ad avvolgere ogni minuscola parte del suo corpo, immobilizzandolo. Ma di li a poco, una risposta se la dava e si rassicurava.  cosa avrebbe fatto se nessuno…Bhe la risposta l’ha fornita lui direttamente. Armato di spry, avrebbe lasciato il suo segno, una z di  zorro notturno, o qualcosa di simile. Alla fine, dopo aver pensato e ripensato scrisse… “Se non ci sei, ti aspetto”. Sapeva che con quel viaggio notturno aveva risparmiato la bellezza di 54 kg di CO 2, ma aveva anche contribuito a trasformare un muro in un foglio di carta. Sciupando per sempre un edificio così bello.  Forse c’era ma non c’era, o se c’era, non voleva esserci. E allora, Se non ci sei, ti aspetto. Fiducia concessa. Intanto, la cartolina, il soggetto ignoto, e’ riuscito a trasformarla in un muro. In questo caso sarebbe stato meglio trasformarlo in un wall del virtuale. L’ unico dubbio e’ che  on ci e’dato sapere sequella cartolina e’ srarfinalmente consegnata. Alla persona giusta.