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Il rientro

Insieme alla malinconia e alla tristezza che sempre accompagnano chiunque sulla via del ritorno, questa volta, in treno, a Lecce, sale anche dell’altro: almeno 2 mascherine (da cambiare ogni 4 ore), lo spry igienico, da passare sul sedile, quello sulle mani, guanti plastificati. Per la cronaca: nessuno ha misurato la febbre a qualcuno!Il treno,  ad una delle tante stazioni, (anche se Frecciarossa ne farà  davvero abbastanza) una coppia si saluta, si abbraccia, mentre il treno decelera e si posiziona attestandosi in direzione di parallelepipedi numerati, poi, le porte si aprono, lei sale, lui resta, sulla banchina. La stazione è  una di quelle di mare, ancora Sud, gente che passeggia, infradito ai piedi, e non sai mai se viaggiatori o per un caffè,  al bar della stazione. I due, tra quei 2, tutto il messaggio e la comunicazione passano  dagli occhi,  le dita, un cuore, di quelli tanto cari e postati sui social. Un vetro, quello del finestrino, li divide, e così il treno è così la temperatura: lui al caldo, lei al gelo, nell’aria condizionata della Freccia che non conosce mezze misure. Poi il treno parte, la distanza tra i due aumenta, la forbice si allarga, lui rimpicciolire, fino a scomparire, mentre lei resta,  invia un  messaggio, toglie la mascherina, indossa un golfino, spoglia  il panino dalla sua  stagnola. E mentre lui è  stato inghiottito la città di mare rimpicciolire, sbiadisce e sparisce. Case e alberi volano via, il treno sfreccia. Molto si perde, altro fa la sua comparsa. Il mare si allontana e si avvicina, tutto in pochissimi secondi. E della ragazza, a scacchiera  due posti in là, si scopre che ha delle lentiggini, due occhi chiari,  gli occhialetti capelli rossi, carina.  Ha il suo panino tra le mani e…dopo una rapida occhiata si decide…Anche altri che  indossano le mascherine, la imitano, come avesse dato il la, srotolato la  stagnola e facendo cominciare le danze delle mascelle. Già  perché al bar del treno non ci si potrà andare. Chissà fino a quando. Era un modo per fare una passeggiatina, e  anche di sguardi. La posizione dei sedili è  “a scacchiera”, due posti occupati, due liberi. Zig-zag. Ad un metro e piu da “rime buccali”  viaggia con me una signora anziana, con la mano ingessata. Conosco esattamente la storia di come è  capitato,  da Termoli o giù di lì fino quasi alla stazione d’arrivo, talmente tante le persone cui racconta l’evento. Poverina. Nei vari intervalli fra una chiamata e l’altra sgranocchia e gentilmente vorrebbe offrirmi qualcosa. Il treno sfreccia via, e riconosco Porto Recanati, on le sue casette colorate, sbircio per individuare l’oratorio (ex di don Bosco) Loreto e la sua bellissima Chiesa, Osimo (e un pensiero s san Giuseppe da Copertino che veglia sempre sugli studenti!) e il campo dabasket e le colline de” la stanza del figlio”, la galleria, Ancona, il suo Duomo, Senigallia, la spiaggia di velluto, la Rotonda. Avrei voglia di un caffè e riavvolgere il nastro ma il bar è  chiuso e qui, il treno non si ferma. Il treno corre. Riconosco molti posti e mi piace immaginare la vita in questa estate che lentamente torna a giganteggiare sullo Stivale del Bel Paese. Qui, da queste parti, iniziava sempre la Bella Estate. Son certo sia ancora cosi. Il treno corre d fischia e dei 15 o 18 minuti di ritardo che  aveva tra una stazione e l’altra di Milano (Rogoredo e Garibaldi) scompaiono drl tutto. Alla faccis della velocità cosi alta!. Il tempo di sbirciare fuori e nel giro di 40 minuti si intravedono Settimo e Superga. Il treno infila il tunnel, la voce mettalica ringrazia di aver viaggiato con loro. Il treno si ferma. Scendo e con la coda dell’occhio intravedo la ragazza  con gli occhialetti e le lentiggini. Era torinese anche lei.  Pochi secondi e ci si perde tutti, nelle viscere di Porta Susa A.V., ognuno verso le proprie vite. Verso altre destinazioni.