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Epifania, tutte le feste si porta via

“L’Epifania, tutte le feste si porta via”, così esordiva mio nonno, al mattino presto del 6 gennaio,  senza dimenticarsi  di noi nipoti,nel  porgerci una calza, corredata al suo interno da qualche mandarino, frutta secca, caramelle, quelle classiche monete al cioccolato, sigarette, rigorosamente di cioccolata e…lire, che ora come ora, non saprei ricordare e quantificare. E insieme alla calza, si ergeva a storico della domenica, inanellando “conditi” racconti privati all’interno della storia pubblica, spaziando da “tessere per lavorare”, orgogliosanente da lui, mai richieste, e anni nella resistenza, sua e dei suoi fratelli. E anni, suoi, di come era la Befana….Ricordo ancora il suo viso, invecchiato precocemente come potevano esserlo quelli di tutte le persone che hanno conosciuto la guerra, gli stenti e le sofferenze imposte dalla ricostruzione di un Paese che usciva da molto, con le “ossa rotte”. Poi era la volta del “manifestarsi” in cucina  di mio padre: “con la festa dell’Epifania, da domani, chi a scuola e chi al lavoro”, forse. “Ma se la fortuna dovesse mai  bussare da queste parti…” nell’atto di mimare che probabilmente non ci sarebbe piu’ andato,  sventolava come una bandiera  i biglietti della Lotteria Italia, abbinati a qualche programma televisivo. Come se la fortuna davvero avesse avuto il compito di bussare da quelle parti. Ma questo, era enunciato con solennita’ più forte  solo dopo il classico dolce, la focaccia del dopo pranzo che aveva oramai  sfrattato e dichiarato chiuse le maratone di pandoro e panettoni. In fondo, a ricordare bene, era proprio l’estrazione finale, la lotteria italia, l’atto conclusivo delle vacanze natalizie, piu’ che della focaccia e la sua fava. A sera, poi, tutti davanti la tv, a sentire il nome di citta’, e serie e numero dei biglietti estratti. A ricordare ancora bene, c’era poi sempre qualcuno che aveva parenti residenti in altre grandi e piccole  citta’, e/o piu’ spesso paesini, che richiedeva un paio di biglietti come regalo natalizio. E nello “scendere” per lo stivale, con il treno, là dove questo sostava un pochino, giu’ di corsa, fiondandosi, con il rischio di perderlo, lasciando famiglia e  bagagli, a fare incetta di biglietti nel giornalaio -edicola “stazione”. A sera poi, nel caldo della cucina, dopo che  qualche foglio, era stato sfrattato dal quaderno, lapis (come amava chiamate le matite il nonno)gomma a corredp e tutti in religioso silenzio. E ovviamente, le trascrizioni dei numeri e serie  e l’immagine di citta’ e potenziali vincitori. In ultimo, tornando al racconto mattutino, l’apparizione piu’ dolce, del 6 gennaio, era quella di mia madre, che ne ricordava, redarguendoci,  il senso religioso, della manifestazione di Gesu’ al mondo.  “Oggi Gesu’ appare ai Re Magi. Ricordate. I re che seguono la stella per rendere omaggio al Re dell’umanita’ fattosi povero”. E difatti, nel Presepe della Basilica di Maria Ausiliatrice, facevano la loro comparsa i Re Magi, amorevolmente posizionati dal sacrista Torre in una stanza della Basilica composta  da giochi di specchi. Quindi, a seguire, messa, oratorio e il “cate” (figura del catechista appartenente al mondo salesiano) che bombardava noi ragazzini, appena usciti da messa, sulla predica del prete,  sul senso della festa, dell’Epifania, il suo significato mentre  tutti noi scalpitavamo per una partita a pallone o calciobalilla. Poi fu il tempo delle “ragazze”fidanzatine, biondine o morette, guarda caso,   “animatrici”, che chiudevano il ciclo delle feste dell’oratorio, vestite, o mascherate, rigorosamente da Befane e che quindi ti  inchiodavano tutto il giorno a diventare spettatore di quello spettacolo senza nemmanco riconoscere la tua  lei. Ovviamente,  per la focaccia e la fava, la dea bendata, aveva deciso diversamente.Poi…e poi…a piazza Navona così come in quelle torinesi le Befane si fanno largo tra ingorghi stradali e code kilometriche direzione saldi e outlet. La gente pare impazzita. Qualcuno ha in mano foglietti di carta, con i prezzi dell’altro giorno, ante saldi e quelli di oggi, “saldati”. Manco fossimo nel 2002, anno dell’entrata in circolazione dell’euro, cartellini esposti, 4: lira prima, lira dopo, euro prima, euro poi. Commercialisti e ragionieri si aggirano per lo “Stivale”.

L’Epifania tutte le feste, con i soldi, si porta via…

Tempo

Torino, Piazza Statuto. Foto, Romano Borrelli.Tempo. Che passa velocemente. Nove anni, la prova per la cerimonia di apertura delle Olimpiadi invernali. Qui, a Torino. Passion lives here. Tempo, più recente. Mattarella Presidente della Repubblica. Che fa, “Big snow”, neve su Torino (fiocchi che si son fatti strada lentamente tra minuscole goccioline d’acqua), l’influenza che si prende il suo posto affianco al mio e riempie i “pronto soccorso” (o i letti: chi non ha un conoscente in questo periodo che a domanda”come va” ci risponde, “a letto, con l’influenza”), dal petto un colpo, di tosse, nel petto, una passione nel tempo, e tempo di dolce Sida, “dolce, in principio, fin dal mattino”  per  i 99 di Torre Giuseppe, il più anziano sacrista salesiano, forse d’Italia.Torino 3 febbraio 2015. Per i 99 anni di Torre Giuseppe. Foto, Romano Borrelli Tempo. Che passa. Di riflessione. Ne rivorrei un pochino indietro. Di tempo. Che sarà. Dolcezza che verrà. Tempo al tempo. Intanto, che tempo fa?

ps. Auguri di buon anno ai cinesi.Torino, Piazza San Carlo sotto la neve. Foto, Romano Borrelli

Un cappuccino “insieme alla storia” al bar “la casa del caffè”

Torino 4 novembre 2014. Comune. Foto, Romano BorrelliAll’uscita dal lavoro, l’atmosfera era proprio quella adatta. Giusta. Pioggia battente. A tratti, nebbia, asfalto bagnato e che luccica e riflette. E ti rifletti. Le 16.45. Le mani sono fredde ma il tempo non abbastanza per cercare in qualche fondo di un qualche armadio di una qualche stanza di una sola casa, in affitto, i guanti che di anno in anno rivestono le dita fino ai polsi. No.

Ho voglia di un cappuccino, da sorseggiare in un posto particolare, in una casa. Del caffè. Come la pioggia insistente picchia sulla testa così il pensiero di riprodurre su fogli realtà e fantasia diviene di ora in ora sempre più insistente.  Raggiungo il bar. Ordino il cappuccino e scambio qualche chiacchiera con Giancarlo e Gaetano, nella realtà. Torino, Bar Casa del caffè. 4 novembre 2014. Foto, Romano BorrelliIl cappuccino arriva. Caldo, bollente, schiuma compatta. Nessun foro. Sono rimasto solo, nel locale, insieme a Giancarlo e Gaetano, dall’altra parte del banco, e i personaggi che affollano i mie pensieri; chi mi precedeva ha pagato, salutato e riversato il suo “a domani”. Mi “accuccio” attorniato da cioccolatini di ogni sorta. Il cappuccino ha fatto il suo corso. Forse è arrivato fino alle mani, alle dita. Ora sono calde e pronte a scrivere. Chiudo gli occhi, dopo aver visto e assorbito tutto il possibile. Pago. Declino il mio saluto e il mio “a presto”, anzi, prestissimo.  Afferro la maniglia della porta. Mi assale una necessità impellente, non fisiologica. Ho voglia di saltellare tra questi colori di queste minuscole pozzanghere davanti al Comune, così come capitava nelle serate invernali davanti al Valentino, quando una lei mi costringeva a immergere scarpe e piedi nella neve, per quel senso, che solo lei, a dire il vero, provava. Oggi invece saltello, tra una pozzanghera e l’altra, meglio, tra il riflesso di un cerchio e l’altro, meglio ancora, tra gli anni nella storia. Il blu è il 75, il 76, il 77, il 78, il bianco, gli ottanta, fino all”85. Saltello, tra i colori, come fossero i quadretti numerati, quel gioco che piaceva tantissimo ai bambini. Saltello negli anni. Il rosso me lo invento, li, davanti al portone, dove immagino che da un momento all’altro possa uscire Diego. Diego Novelli, i comunisti, la galassia della sinistra, le mani e il mani. Festo. Era proprio questo che desideravo. Prima del cappuccino. Anzi, il cappuccino era “propedeutico”. Salto, gioco, nei miei momenti di libertà, nel mio riappropriarmi delle cose che piacciono. Sfoglio pagine di anni passati, formati, sformati dall’usura e dal tempo,  e compongo.  Prima o poi, Novelli, uscirà. Piove, parecchio. Ma è piacevole, e onestamente, non mi importa molto. Ci sarà anche in solitudine qualcosa di romantico. L’acqua ormai è entrata abbattendo ogni barriera protettiva, dapprima le scarpe, poi i calzini. Non importa. E’ il mio tempo. Mentre saltello realizzo che è passato il 50. Anzi, sta passando, dopo la solita sosta e il suo cra, cra, cra e “orecchio dell’elefante” arancione,  per l’ennesima volta fatto rientrare e rilasciato subito dopo.. Ora è fermo. Speriamo non esca Novelli dal Comune, proprio ora, rischierei di non vederlo, di perdermi un pezzo di storia e non riuscire a presentargli Laura e Mario. Il resto, lo inventeremo.

Ps. Colgo l’occasione per dire di aver visto, anni 2014, Juri Bossuto, saltando tra un cerchio e l’altro, proprio qui, davanti al Comune di Torino. Un ringraziamento per aver mostrato un forte senso di amicizia rendendomi noto, per primo, il suo ultimo lavoro. I cerchi sono oramai alle spalle e con ogni trasformazione possibile mi ritrovo “cosa unica” con l’acqua della pioggia e la luce specchiata della casa di tutti i torinesi.  E’ stato un piacere sfogliare alcune pagine del geande viaggio che si chiama vita. Calzini bagnati ma con lo spot al libro, ai libri e di “librarsi” un pochino.

Ps. 2. Certo che questo posto e’ fonte di soddisfazioni,  per me e blog, articoli sulla luce, la lettera del sindaco Fassino per gli auguri al sig. Torre, il lavoro di Juri….tutto sotto i riflettori. Prima e dopo…..

 

ps. Spegnamo l’ignoranza.

La mia Torino 24/05

Torino 24 maggio 2014. Cortile Basilica Maria Ausiliatrice. Rettor Maggiore. Foto Romano Borrelli Torino 24 maggio 2014. Cortile Basilica Maria Ausiliatrice. Rettor Maggiore. Foto Romano Borrelli (2)Torino 24 maggio.  Ancora un salto nei cortili di Valdocco, e provare a scrivere, descrivere, raccontare, fotografare. Trovo nei cortili anche La Stampa. Fortunatamente intercetto il Rettor Maggiore, don Angel Fernandez Artime, appena sceso dalla sala infermeria dei Salesiani.  Il nuovo Rettor Maggiore dei Salesiani e’ giovane, loquace, affabile e concede una parola e un selfie a tutti. Con un linguaggio diretto e giovane si rivolge anche lui, come poco prima l’ Arcivescovo ai giovani nell’ omelia, in Basilica.Interno Basilica Maria Ausiliatrice. Ore 9.15. Foto Romano Borrelli “Non rassegnamoci“. E cosi, non si rassegna neanche il nostro giovane Rettor Maggiore, in tutti i sensi, incitando ogni gruppo di giovani, ragazze e ragazzi. Foto, incoraggiamenti e parole di speranza per tutte, tutti. Insieme ad una intervista rilasciata ad una cronista  de La Stampa. Il Rettor Maggiore ha appena portato un saluto agli anziani  e agli ammalati che li risiedono. Un saluto a Torre Giuseppe, il sacrista quasi centenario da questo blog ampiamente ricordato per la sua storia e il suo lavoro, ampiamente ricordati. A suo tempo anche la Stampa contribui’ ad evidenziare lo spessore del sacrista in seguito in seguito agli auguri fatti pervenire ,  dal sindaco della città. Alzo gli occhi verso il terzo piano di questo edificio e pare ci guardi come fece esattamente piu di tre mesi fa. In poco tempo i cortili di questa cittadella si riempiono. La messa presieduta dall’arcivescovo Cesare Nosiglia volge al termine.  Si deve lasciar posto alla prossima. Il tempo di un caffè e il ritorno a casa.   Basilica Maria Ausiliatrice. Messa presieduta da Arcivescovo Nosiglia. Torino 24 maggio 2014. Foto Romano BorrelliTorino 24 maggio 2014. Cortile Maria Ausiliatrice. Il Rettor Maggiore mentre rilascia un'intervista a La Stampa di Torino

TTT…che musica

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Torino. Maria Ausiliatrice. Ragazze e ragazzi della provincia di Milano in attenta lettura della Rivista Maria Ausiliatrice appena uscita.

Torino, Torre Giuseppe e Tamagnone Lucia…3 T.  Che musica sotto la Mole, in questi giorni. Per quanto riguarda le storie relative a Torre e Tamagnone, sono da pochi giorni fruibili anche su formato cartaceo (rivista Maria Ausiliatrice). Un grazie a quanti hanno chiesto con post la possibilità della storia su Torre Giuseppe in versione cartacea.

 

A Valdocco, l’entusiasmo di ragazze e ragazze provenienti dalla provincia di Milano che con la guida del loro don e  la sotto la statua del “padre e maestro dei giovani” (posta nel cortile di Maria Ausiliatrice, ai piedi delle Camerette del santo) osservano con attenzione la rivista patinata, fresca di stampa. Entusiasti del formato e degli argomenti trattati.

Per quanto riguarda la città, invece, si registra la presenza del Jazz Festival.  E numerosi turisti.

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Torino. 26 aprile 2014. Comune di Torino.

 

Alle 21 in piazza Castello, la musica continuerà. Questa sera. Per chi potrà.

In giro per la città, ora, non si trova solo un tram storico, verde, o tram ristorante. Esiste anche, in questi giorni  un tram trasformato in palcoscenico per dare spazio a questo tipo di musica. “Jazz, la forma più alta della musica” sosteneva una mia amica. Alla guida della sua vettura, la compagnia della musica jazz era costante.  In piazza, mani e dita he tamburellano su gambe e braccia; dita  mosse per dare il  ritmo a gambe in movimento con la musica di sottofondo. Jazz, espressione di sé stessi. Un’occasione, a Torino,  per diffondere la cultura jazz. Oltre che essere  musica di qualità.

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Torino 26 aprile 2014. Piazza Castello. Il palco per il Torino Jazz Festival.

Il tramonto in una tazza

Una lettera che fa scuola e  che merita una pagina.

” E’ bello poter pensare che ognuno di noi abbia una missione nella vita ed io sono alla continua ricerca di segni propiziatori, come li hai definiti, che mi facciano capire chi sono e cosa posso fare. Qual è il mio posto nel mondo. Credo che la storia di Suor Lucia possa ispirare tutti quanti su molteplici aspetti, laici e/o religiosi: il ruolo FONDAMENTALE dell’insegnamento e della scuola nella società, l’Amore per i giovani, il rispetto e la coltivazione dei propri talenti, messi a disposizione degli altri, perchè dobbiamo sentirci parte di una società e portatori di un contributo al cambiamento. E poi, ricordarsi sempre che c’è quel vuoto incolmabile, che non ci fa bastare a noi stessi e che dobbiamo riempire di spiritualità. Qualsiasi altro espediente risulterebbe illusorio e fallace. “

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Torino. Piazza Vittorio (pubblicità Generali). marzo 2014.

E’ una delle tante considerazioni arrivatemi via mail. Una bella lettera, degna di una L 28.  Non si commenta, perché contiene tutto. Una di quei pensieri che meriterebbero di portarle ” un tramonto in una tazza”.

 

Si, la storia di suor Lucia, mi è piaciuta, come mi era piaciuta quella di Torre Giuseppe, (con gli auguri per i suoi 98 da parte di Fassino, e quindi della città di Torino) di Corapi Antonio, di Angela la partigiana.……e altre ancora. Provare ad ascoltare le storie e lasciarti coinvolgere. Tante storie, tanta realtà, a volte complessa. Come quando misi un articolo contenente  le istruzioni per la richiesta dei sussidi di disoccupazione. Mai avrei pensato di ricevere tantissime mail con situazioni davvero complicate. Storie di persone.

L’amore per i giovani…Sul comodino “riposa” un libro, anzi a dire il vero, ne riposano due. L’infinito viaggiare, di Claudio MagrisLettera al padre, di Kafka.

Il primo è quello a cui sono affezionato. Forse per una questione di maturità, di tema, di scuola, di ragazzi che si apprestano a compiere gli ultimi viaggi, a scuola, dopo cinque anni.  Libro che ha viaggiato con me e continua a viaggiare. Spesso.  Insieme abbiamo conosciuto la bellezza del viaggio in tutte le condizioni atmosferiche: caldo, freddo, aria condizionata, a volte il gelo, treni, scompartimenti, sale d’attesa, passeggeri, mare, spiagge, ombrelloni, Sud, albe e tramonti, notti, mare, Alpi, e albe. E tanta  grande bellezza. A volte ha avuto un posto tutto suo, nello scompartimento, come un passeggero a tutti gli effetti. Non poteva certo “accomodarsi” sul semplice tavolino. No. aveva bisogno di altro. Una volta comprato e iniziato a legge  viaggia,  e stabilisce un patto, con il lettore. Forse di essere guardato, letto e capito. Pagina dopo pagina, giorno dopo giorno. E’ un bel libro.  E poi, diciamoci la verità: quando gli occhi si posano sopra il titolo, provi un misto di gelosia ma anche di felicità. Una grande bellezza, va scrutata. Con discrezione. Con alcuni capitoli dell’intero corpo della lettera davvero interessanti. Il libro, quello, che è stato  anche di una maturità. Quella dello scorso anno. Nella scuola, forse, qualcuno avrà cominciato a contare quanti giorni mancano. Alla sua conclusione.  Per altri, son sicuro, non è così. Dalle cronache cittadine, intanto, scopri anche spaccati di realtà piacevoli, come chi rinuncia alla gita per dedicare qualche giorno al volontariato o chi va a portare letteratura e poesia a chi vive la sofferenza del carcere.

Tornando alla lettera, invece,   dice tanto; di amore per la  scuola e giovani.  Quando la campanella suona e i ragazzi entrano a scuola o consumano i loro intervalli o escono, insieme al loro carico di studio e di libri, bhè, trasportano anche tutta la loro la grande bellezza:  la vita. Insegnamenti, stili di vita, educazione e non soltanto,  nozioni. Portano con loro valori e chi li ha instillati. Educatori, insegnanti.   (anche se a volte, l’esuberanza…diventa tanta, questo, onestamente, bisogna ricordarlo). Ecco perché a mio modo di vedere i ragazzi insieme alla scuola sono la “grande bellezza“. Portano “orme” all’interno delle quali si sono inseriti. Ognuno ne ha una propria, da migliorare, come tutti, del resto.

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Spiaggia. Salento. Tramonto. Tra Porto Cesareo e Torre Lapillo (Lecce). Estate 2013

Chi pane e politica, chi una primavera, chi una tazza con dentro un tramonto e chi nella tazza vorrebbe vederlo, il tramonto; chi corre e chi rincorre amore e amori, chi li giudica impossibili e chi fa il tifo per le cose impossibili;  chi il lavoro, saltuario, e chi pensa continuamente al lavoro e non in maniera saltuaria, chi concentrato al recupero per una maturità e chi la scoprirà, forse, quando tutto sarà finito senza rendersi conto che poteva essere più di un passeggero in questa grande bellezza che si chiama scuola.

La campana suona. Con in testa la maturità e in testa di tanti “Iolavoro”, un’occasione, a Torino, per lasciare un curriculum e sperare nella sorte. Quando un biglietto, anzi, un curriculum, puo’ cambiarti la vita. Un tentativo di togliersi il gesso di dosso in una scuola ingessata.

 

 

 

Giuseppe Torre da 80 anni sacrestano a Maria Ausiliatrice

Torino, 21 febbraio 2014. Eccovi – come promesso – il bel racconto del Nostro “Sig. Torre” nella odierna edizione de La Stampa scritto dalla giornalista MARIA TERESA MARTINENGO.

Da Ottanta anni sacrestano a Maria Ausiliatrice

Torre GiuseppeNovantotto anni appena compiuti e poco meno di ottanta trascorsi a prendersi cura della Basilica di Maria Ausiliatrice ogni giorno. Una vita speciale, quella di Giuseppe Torre, di Villafalletto, classe 1916, coadiutore salesiano (laico con le stesse regole dei sacerdoti), spesa nella cittadella di Don Bosco, vista mutare nel tempo come pochi altri.
Gli auguri del sindaco. Ieri Torre – gentile, entusiasta, sempre pronto all’aiuto – ha ricevuto gli auguri del sindaco.
Glieli ha portati un giovane amico, Romano Borrelli, che ha segnalato a Fassino un torinese schivo ma importante per l’impegno dedicato a uno dei gioielli della città, la basilica di Valdocco. «Torino si rispecchia anche in anonimi portatori di dignità e solidarietà che hanno contribuito a farla diventare la nostra preziosa Torino», ha scritto il sindaco, che ha definito Torre «persona fuori dall’ordinario, attenta e sensibile». …

 

Ieri, 20 febbraio, riportato il saluto del sindaco di Torino  Piero Fassino a Giuseppe Torre,  su TorinoClick:

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Gli auguri del sindaco di Torino Fassino a Torre Giuseppe

Fassino
Piero Fassino

Torino, 20 febbraio 2014. Cari lettori, in mattinata, il Sindaco di Torino, Piero Fassino, come aveva promesso, ha fatto pervenire presso questo blog gli auguri al sig. Torre Giuseppe, una vita “al lavoro” e di lavoro, a Torino e per Torino. Il sindaco si è raccomandato che gli auguri pervenissero al sig. Torre in giornata, con le scuse di un piccolo ritardo. Ma si sa, la politica è in fermento. Al nostro giornale cittadino, mi è parso giusto e doveroso segnalare la persona, la storia.  La sua storia è stata raccontata, qui sopra con passione. Ho avuto il piacere e la fortuna di conoscere Torre, quando ero piccolo. E davvero, la reputo una grande fortuna. Una grande fortuna, ma anche tenacia, sacrifici, e gioia nell’ascoltare una fonte così preziosa come Torre Giuseppe. Il lavoro, lo studio, gli esami, la scuola, gli affanni, la voglia di riscatto. Momenti in cui molto sembra girare come non si vorrebbe. Ma poi, l’impegno e la passione nelle persone prendono il sopravvento. Una passione vivere di passioni e veder realizzato il proprio lavoro. La felicità è stata condivisa nel pomeriggio insieme nello stesso luogo, Maria Ausiliatrice, Valdocco, a Torino, dove il Sig. Torre Giuseppe ha scritto una fantastica storia. Domani mattina anche La Stampa, interverrà sulle pagine cittadine, dopo aver letto il blog, su mia indicazione. Se non è una notizia questa…

Lettera del sindaco di Torino a Giuseppe Torre

Torre Giuseppe
Torre Giuseppe

Ancora tanti auguri, Torre.  E un grazie per i messaggi che hai saputo instillare. La passione nelle cose fatte bene. Anche quando si corre il rischio di essere tacciati di “martellamento”. Ma le storie a metà, non vanno bene. Le storie vere, devono avere la giusta pagina, la giusta conclusione.

Per questa bellissima giornata, vorrei esprimere alcuni ringraziamenti. A chi ha sostenuto la mia persona, nonostante i sacrifici, la famiglia, fratello, l’amico e collega di precariato, ing. Domenico Capano che agli inizi di questo blog insistette tanto affinché cominciassi a scrivere, il prof. Giovanni Carpinelli, che per due volte mi ha dato fiducia seguendomi nelle tesi universitarie, i lavoratori in genere che faticano ad arrivare alla fine del mese e chi il lavoro non lo ha o lo ha perso, i Salesiani che mi han dato accesso ad ogni cosa chiedessi per questa bellissima storia, e Roma, la Pisana, Felice Reburdo, un don da fabbrica, un prete operaio, chi mi ha dato voce e chi no e non ultimo i ragazzi che incontro ogni mattina a scuola, con i loro pensieri, le loro difficoltà, ma anche tanta gioia di vivere. E poi, la sinistra, la fiom per la richiesta, sempre, di giustizia sociale. I loro visi, i loro grazie il loro buongiorno. Inoltre, persone che per passione mi hanno portato ad assorbire – come una spugna – tantissimo, anche quando sembrava tutto difficile  tranne che per me. Anche quando le energie mancano e la passione pulsa. Ancora. Che fantastica storia è la vita…

Allora, lettori, a domani, su La Stampa:

Romano con Giuseppe Torre e la lettera del sindaco Fassino
Romano con Giuseppe Torre e la lettera di Fassino

Negli articoli precedenti del blog raccontata la vicenda del Nostro Giuseppe:

Torre Giuseppe. Storia completa

DSC00314Alcuni lettori del blog mi hanno chiesto di documentare ulteriormente la lettera proveniente da Roma, dal Rettor Maggiore dei Salesiani per il sig. Torre. Eccola. Giuseppe, fiero, con la lettera tra le mani. Felice perché nella vita “non ho mai avuto o voluto nulla. Sempre con distacco dalle cose. L’importate è l’uomo. E’ sempre stato al centro. I suoi bisogni,  le sue necessità  e poter dare, per quanto possibile il mio contributo, e svolgere al meglio il mio servizio per la collettività”. Ovviamente continua a svolgere ancora la parte di Marta, al “lavoro”, al mattino, e di Maria, con la preghiera, nel resto della giornata.  Entrambe, le parti migliori per questo uomo, così grande. Un quadretto di don Bosco,  all’entrata di questo edificio, ricorda come siano così impegnative certe intenzioni. “Studia di farti amare”. (don Bosco).

Oggi i suoi ricordi erano sulla riforma conciliare. Concilio Vaticano II.DSC00315

Un grazie

DSC00284Un grazie a quanti hanno scritto, privatamente, dicendomi di aver gradito la storia di Giuseppe  Torre e di Antonio Corapi,  prima. Due personalità particolari. Dediti al prossimo, alla famiglia, a quei particolari che fanno tanta gentilezza e delicatezza d’animo. Semplicità, apertura di cuore. Lealtà, fedeltà. Occhi azzurri entrambi. E in entrambi non riesco a vedere rughe. Il loro viso sembra  quello di tanti puttini che si vedono in alcune chiese. Giuseppe, in particolar modo ha lasciato davvero un segno in tantissimi che lo hanno incrociato. A chi ha ricevuto una parola di incoraggiamento, speranza, preghiera. A quanti hanno incrociato un sorriso, bonario.  Una pregheria. A  quanti ancora ricordano di aver ricevuto una di quelle cioccolate Kerestin, avvolte nella carta lilla. I fiori da prendere al mercato, le pulizie, il lavoro. Benedetto. Antonio, poi, che vorrebbe “ricambiare” quando nulla è da ricambiare. Anzi. Regala pezzi di vita, di storia. Il suo narrare pone  orme, impronte, per chi segue, che sta poi a chi lo incrocia, o ha incrociato provare ad entrarci.  Che dire? Penso ci sia poco da dire, solo grazie, per aver avuto la fortuna di incontrare e conoscere queste persone che davvero meriterebbero tantissimo. E hanno contribuito a scrivere storia. A Torino ve ne sono e ve ne erano tantissime di persone di questa levatura. Ad esempio, Enrica, Angela. Le prime che la mia mente ricorda.  La prima, che lavorava presso un opificio, zona stazione Dora e  zona industriale biscottificio Wamar poi (qualcuno ricorda ancora i biscotti Wamar e il biscottificio in corso Vigevano dove ora sorge l’Inps?). E forse proprio con l’odore dei biscotti Wamar ha costruito una storia. Era solita regalare, ai bambini del quartiere, quelli più svantaggiati, i biscotti tondi, bucaneve. Quelli con il buco. La “comunista di Valdocco” la chiamavano. Una sua vicina era una fervente democristiana. Una storia  di genere femminile, Don Camillo e Peppone. In tanti ricordano i telegiornali ascoltati insieme, dalla comunista e dalla democristiana. Nel palazzo in tanti raccontavano di aver sentito urla, ogni volta che “pioveva” e che quindi il governo ere….La comunista, che leggeva sempre La Stampa. La comunista di Valdocco che proprio in quel quartiere dove, a suo dire, si trovavano le “cantine di don Bosco“, (del quartiere). La compagna perché era solita donare,  qualcosa a qualcuno, come  era nel suo stile, come lo era stato ai tempi della guerra e del  dopoguerra, quando da vera staffetta era solita condividere carne sottratta ai tedeschi e portata alla bella e meglio nel cortile. Da condividere con i disperati.  Angela, una donna attiva nel volontariato al Cottolengo dopo anni di lavoro. Persone che con il loro esempio hanno dato davvero molto, tanto. Tantissimo. Chissà che non si continui nei racconti. La nebbia avvolge molto, di noi, degli altri, di quella lunga e continua trama che si chiama sentimento, diversamente da una, pur importante ma spicciola emozione. I neuroni specchio fanno la loro parte. I ricordi.  Urgente lasciarne traccia . Esistono persone che non ti stancheresti  ai di incontrare, di passarci del tempo insieme, e ti rendi conto di quanto davvero poco sia quel tempo davanti alla mole di bene che realmente si manifesta. In genere, nelle relazioni, capita che vi siano piccole incomprensioni, ma poi… poi, come dice un proverbio africano, quando i rami bisticciano, le radici degli alberi si abbracciano. Basta davvero poco. E poi, dopo anni di precariato, in giro per la provincia di Torino, è un po’ come esser uno storico della domenica. Dismettere gli abiti che non calzano a pennello, anzi, e provare a mettere altri abiti e provare a rileggere un po’ di storie importanti. E provare a scriverle. DSC00148