La strada e’ quasi ultimata. Tra le mani il libro, Sulla strada. Kerouac: una, due, dieci pagine. L’asfalto, i pali della luce, le corsie. Un gomitolo di strade e di pensieri, verso il gazometro, l’Universita’
ai piedi della collina, di Superga, un fiume, poi un altro, il trenino e noi stretti. Stretti nel nostro dolore delle nostre parole della realta’ dei fatti… che si poteva cancellare ma non si riusciva a dimenticare. Ci si provava a chiuderlo fuori, uno “zip” di cerniera, lasciandolo, ancora e ancora fuori. L’evento, la frattura, e ripartire da li, direbbe Michela. In fondo, non volevo, volevamo, mica la luna.
Solo una sana e robusta relazione, una sana e robusta costituzione. Non volevamo la luna. O forse si. Un mondo diverso, possibile, possibilmente. Ciao Pietro (Ingrao).
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“Elogio” del riassunto
Torino. Ore 8.00: la campanella suona per tutti e anche i clacson delle auto fanno la loro parte. Nel suonare. L’odore del catrame si spande e il rullo modella su una striscia d’asfalto il nuovo tratto di Corso Principe Oddone. “Stanno asfaltando, stanno asfaltando. Accorrete. Viniti (in dialetto)” urlano eccitati alcuni anziani come per l’arrivo delle giostre. Una attrazione che li impegnera’ e li trasformera’ per alcuni giorni in geometri e architetti. Si piazzano li dove correvano i binari del treno e per loro lo spettacolo e’ assicurato. Almeno per qualche giorno. Poco prima erano “affacciati” su corso Umbria per altro evento, sostanzialmente diverso. Per un attimo anche io ero del loro gruppo. Sulla strada, a guardare. Sfogliavo mentalmente i giornali e ripensavo a maggioranze e opposizioni. Chi asfalta chi. “La strada”. “Era il tuo libro preferito, ma non comprendevo le tue parole e i suoi riferimenti. Ieri mi mancavano le parole per dirlo, oggi mi manchi tu e ora parlo al …vento e “BlaBlaCar”…Ma allora le parole erano dritte al cuore”. L’odore nell’aria e’ forte, di usato. Riprendo la mia strada, Porta Palazzo, Borgo Dora, il Serming, la scuola Holden Continua a leggere “Elogio” del riassunto
Attualita’
A guardare bene, in solaio, ci trovi cose buone. Attuali. Un paio di occhiali, rotti, ma possono essere riciclati, “non voglio spendere”, e un libro. Lo apro, lo sfoglio, alcuni passi sottolineati a quattro mani. “Le nostre valige battute erano ammucchiate di nuovo sul marciapiede, avevamo una lunga strada davanti.Ma non importava, perche’ la strada era la vita’”. (Jack Kerouac), In realta’ gli occhiali, non sono e non erano i miei e il “solaio” e’ quello dei ricordi. C. un po’ come il Papa, andava su e giu’ alla ricerca di un filo di ferro per cercare di tenere insieme quanto non lo era piu’. E non solo montatura e lenti. Ma le lenti, erano buone. E i soldi, erano e sono pochi. Come sempre. C., l'”abbandonologo” della struttura, infila il cappello (sempre lui) da minatore e via, alla ricerca non di edifici abbandonati, da classificare, censire e raccontare ma di un semplice filo di ferro. Saltando anche lui nei meandri della memoria diceva:” 8, gli occhiali del Papa”, in tempi non sospetti, quando a girare , doveva essere la ruota, della fortuna. Ma per lui, girava poco, a dire il vero. E quello era un gioco mentre tutto questo, no.
Il libro poi, lo tengo caro. Sulla strada…L.mi invitava a cogliere l’essenza del libro, “spremuta” pura di vit. “Guarda cosa che non estrae dal mio quotidiano stratificato.Le parole mi stimolano l’immaginazione. Le parole scavano e restano. Le parole…”Chissa’, forse anche io, pur non alla ricerca di borghi abbandonati, edifici pubblici o privati, sono o ero alla ricerca, come C., (o come Carmen Pellegrino, lei si, “abbandonologa” e un bel libro, “Cade la terra”). Ho trovato il libro e il ricordo delle mani di chi me lo diede. “Cadiamo tutti. Eppure c’e’ qualcuno che con dolcezza infinita/tiene questo cadere nelle sue mani”. ( Rilke, Libro delle immagini).
“Ciao come vai?”
Aria fresca, qualcosa che resta sullo sfondo e che ora “niente”, come le tante magliettine bianche (Moschino) incrociate nel mio girovagare nella “fabbrica dei colori”. Come quella scuola che si intravede oltre il fiume, che mi ha concesso gentile compagnia. Meglio, lo scheletro, della scuola. Il contenuto, invece, “molto“. Tutto. Cuori pulsanti e speranze. Sogni che si rincorrono. Uno via l’altro, uno migliore dell’altro. Sogni al galoppo. Finestre che per mesi diventeranno occhi per vedere e guardare il mondo, oltre, e provare a domandarsi, e domandare, “ciao come vai?” E con fantasia alla Salgari “ispezionare” e viaggiare il mondo o ripelustrare strade e spiagge estive e ricordi personali.. Classi piene, verifiche dei presenti e verifiche dei compiti. Estivi. Fuori, qualcuno prova a vendere libri usati, un gruppetto e’ in attesa di incontrare i compagni di classe lasciati alcuni mesi fa. Attendono il suono della campana, l’uscita. Libri che si sfogliano e ti vengono incontro e ti fanno andare. Volare. Avanti. Oltre. Piovono libri. “Ciao, come vai? “. Mi domanda, meglio sarebbe dire, domanda a quanti attivano i sensi, un portoncino, una vetrata. Vado, (forse andiamo) “con Pessoa o come Pessoa. Viaggiando viaggiando, come canta Ligabue. Come ha appena cantato a Torino e altrove. Oltre. Strade a me conosciute e che ora sono piste. Ciclabili. Il fiume, gli alberi, la doppia corsia. La memoria degli alberi, la memoria, il ricordo, il pensiero agli ulivi Salentini. Un libro. L’albero, con i vestiti, a sinistra. Il Serming, a destra. Un monumento che resta a qualcosa che è successo. Anche la terra è un monumento. Il fiume, scorre. Tutto scorre. Per un attimo ti coglie il freddo. Vestiti come foglie sugli alberi, altrove Cosimo di Calvino. Un libro, “Il barone Rampante”. Sempre di sogni si parla. Quei vestiti sono sogni. O forse lo erano. Ecco il perché del freddo. Forse qualche sogno è stato limato, col tempo. Ci si sente un pochino piu’ spogli come questi alberi che lentamente “perdono i loro capelli“. Foglie di un autunno di una estate che non e’ mai stata. E così non “siamo stati vendemmiati”. Foglie gialle venate e bagnate da qualche lacrima di rugiada. Vibrazione. Ma è un brivido. Solo un attimo. Restano le parole. Talvolta si perdono. Le parole sono importanti. Le parole sono tutto. Pochino? non penso.”Ciao, come vai?” Gia’, come va? “Noi non siamo cosa ci e’ successo, ma cosa decidiamo di essere”, far, immaginare. Anche se cosa ci e’ successo e’ determinante e ci portiamo addosso i segni, i lividi. Decidiamo di essere, meglio. Cosi mi diceva anche una ragazza tempo fa, immersi nelle nostre chiacchiere e riflessioni di un libro, forse due: sulla strada e un altro cui ricordo poco se non le mie vedute. Forse si parlava di volare. E’ paura o era paura? Erano idee su di un paio di libri, riflessioni. Idee che non saranno mai positive o negative. Restano idee, grandi o piccole. Punto. Onestamente, se è come vai, anche a piedi. “Io me ne andrei….”…nella fabbrica dei colori. Ci ritornerei, nella fabbrica dei coloriAndare. Dove? Bho. Crescere e’ un po’ smarrirsi, anche se preferiamo talvolta credere il contrario. Ad ognuno la sua…trama (trame) ad ognuno il suo treno…