Archivi tag: Sanremo

L’amore e’

Nel cielo un colore bugiardo, non un rosso fuoco di passione. Ma e’ febbraio, comprensibile. Oggi e’ San Valentino, giornata  tradizionalmente dedicata agli innamorati20151024_18075220151024_181005. Il primo pensiero e’ un lavoro da far svolgere ai ragazzi sulle origini del santo, della festa, dell’amore attraverso l’utilizza di “app”, come piace a loro. “Didattica dal basso”. I musei hanno sponsorizzato continuamente nelle giornate passate (su alcune pagine di quotidiani locali) che nella giornata (ma …una sola?) dedicata all’amore “entrano due e paga uno”; frecciarossa, due per uno; mostre, locali, idem….Ovunque mi giri, fiori e profumi e profumi di donne, segni particolari:  bellissime…Alla Gam ultimo giorno di mostra. 20160214_17514420160214_175114Composizioni di fiori, meraviglie, dipinti e natura e colazione sull’erba.  Per non pensare esco di casa. Colazione, come al solito, posto. Non sull’erba. Qualche fermata di bus sul corso, reso simile, dai lavori in corso, ad un dopo battaglia. Arriva, salgo, mi accomodo in un bus che circola solo per me.  Poso una parte del viso sul vetro del finestrino che mi rimanda l’immagine. Sono spettinato e cosi i miei pensieri. Cammina lentamente e la nenia mi culla e mi “massaggia” il corpo. Le palpebre ne approfittano e socchiudono le saracinesche. Prenoto la fermata, scendo dal bus e raggiungo il giornalaio, compro i quotidiani, come una lunghissima abitudine che si ripete da anni. Ho l’ansia di scoprire il vincitore di Sanremo. Ieri purtroppo non ho avuto la forza di resistere per scoprirlo. La Juve ha vinto e il Napoli ha perso: “Stadio” in delirio. Vasco presenta e Stadio vincitori all’Ariston di Sanremo. Inaspettatamente. Patty solo sesta. Rientro. Stesso percorso al contrario. Frugo tra le tasche del cappotto alla ricerca delle chiavi. Le trattengo sul palmo delle mani, incerto sul da farsi. Entrare o stare ancora un po’ fuori casa. Scelgo per la prima opzione.  Infilo le chiavi nella toppa, apro, entro, chiudo, butto le chiavi sul tavolo e faccio aderire il mio corpo, cappotto compreso, al divano. Non voglio pensare, al momento. Decidero’ piu’ tardi sul mio da fare, ultimati compiti e “Corrispondenza” per domani.  Mi copro il viso con il giornale. Il nastro della memoria non vuole proprio saperne di stare zitto. “Cocciante, Barbarossa, Giorgia, Pausini, Zero, Alex Britti, Morandi e Barbara Cola, Patty Pravo, La terra dei Cachi…” e registratore alla mano per “record-are” dalla televisione e risentirle giorni dopo…” Come eravamo buffi. E  intanto giu’ a ridere da sotto il giornale…Solo un attimo. Ripenso alla “Corrispondenza”. Un amore ai tempi dei social di qualche recente passato. Come e’ bello questo libro, sembra una storia vera. Un messaggio gia’ preparato tra le mani in attesa di uno squillo, un giorno, un mese, tempo. Quanto. Era San Valentino. Una corrispondenza appena nata dalle parti del mare sul mare social. Sembra una storia vera….come si fa a vivere cosi un amore assoluto….? Ma quanto e’ bello ‘sto libro ma quanto e’ bella la vita. Questione di stelle. “Visitatrici”, nel loro comparire, scomparire, comparire.  Stelle visitatrici che continuano a girare nella loro/nostra orbita. Cadono e altre sono ancora visibili. L’amore. Ahhh! ( sospiro). Alzo gli occhi al cielo, la trattengo fino a quando e’ possibile. E quando cio’ non sara’ piu’ possibile allora vorra’ dire che non saro’ stato un buon corteggiatore. O forse no. Un semplice errore nell’aver concepito questo dubbio in una “corrispondenza”.

 

 

 

 

 

2006-2016: Passion lives here

20160210_182526Bandiere rosso cinabro a 5 cerchi sventolano nei cieli di Torino. All’uscita dalla metro i ragazzi incontrati e conosciuti negli anni passati, al tempo del tirocinio,  mi salutano con affetto. Loro scendono, nella pancia cittadina, io risalgo, verso la citta’ e intanto le loro voci mi raggiungono:”ciao Romano, ti vogliamo  bene” mentre girati verso di me fino a scomparire ai miei occhi muovono le loro  mani in un ciao infinito. Intanto, appena fuoriuscito dal tunnel e assaporato il chiarore del tardo pomeriggio torinese noto che il vento smuove la bandiera e accarezza i miei ricordi: scarponcini, felpa, giubbotto, sciarpa e guanti, team leader, bollini, pista, bus, corsie protette, notti bianche, stadio olimpico, eroe a Gottinga e Barriera, dalle parti di un distributore, una margherita e una stella scesa “for me”. Un atleta. Pure io. Torino, “Passion lives here”. Casa Italia, casa Canada, casa piccola in Canada, davanti alla Camera di Commercio, piazzale Valdo Fusi.La neve tardiva e tanto da fare…Era il 2006. Neve e Gliz ridevano e salutavano quanti si trovavano da quelle parti, a Porta Susa; la metro Collegno Porta Susa e noi torinesi che cominciavamo ad imparare cosa  era una metro, fatta per magri con pilota automatico. Porta Susa che lentamente cedeva il passo e a noi restava solo l’immaginazione…di quanto sarebbe avvenuto. Il vento muove, smuove, nelle orecchie le prime note canticchiate ad un Sanremo appena cominciato. Io intanto faccio il tifo per Cieli Immensi di Patty Pravo…..

Pasquetta a Torino (2015)

Torino capitale dello sport 2015 Torino, 14 febbraio 2015. Foto, Romano Borrelli(tante vie cittadine lo rammentano).  Pasquetta 2015 a Torino. Quali luoghi migliori dove passare la giornata se non al LingottoTorino 6 4 2015 Lingotto.Foto Romano Borrelli (un ritorno, dopo Capodanno, quando dopo un caffe’ dal profumo di Salento, bar pasticceria Elba, provai a raggiungere questa passerella) e al Parco DoraTorino Parco Dora 6 4 2015.foto, Borrelli Romano? Il primo per i ricordi olimpici e delle ” notti bianche” (quelle letterarie, migliori. Russe, ancora meglio. “Dosto” dice!). Una corsa in metro (letteralmente) dal centro all’ex-industria delle campagnole e della Lancia. Ora, altro centro. Commerciale, servito dalla metro, Lingotto. Ma il “metro” per raggiungere lo scalo ferroviario, Lingotto, ancora non c’è. Come Laura, cantava il secondo di  Sanremo. “Il piu’ grande spettacolo dopo il big bang…” . Scale mobili,  appena fuori dalla metro qualcuno in attesa di appuntamento, il piazzale, le bandiere, la palazzina delle fiere, un’altra scala mobile e orecchie che odono non il frastuono  delle presse dei tempi andati  ma dei giochi, dei trenini, e di qualche attività sempre  “open”. Poi,  la passerella che dal centro commerciale “proietta” verso gli ex-mercati generali (Moi) con un futuro da universitari e la stazione Lingotto. Sotto questa “ruota” di bicicletta olimpica qualche treno sbuffa e altri si riposano e si “ricaricano” russando come avessero l’asma (Eurostar in attesa). In lontananza riconosco dietro la grata di questo balconcino olimpico il grigio della Mole Antonelliana, sulla collina, superba, Superga e più’ vicino a noi,  la famosa “bolla” nota per qualche G europeo di qualcosa. Già, questo è un luogo ideale per le bolle da…fotografare. Per quelle da raccontare, un posto vale l’altro. Dalla bolla alle…bolle di sapone.  L’atrio di Porta Nuova  visibile sullo sfondo, oltre i binari,  vicino la “torre rossa” della piazza su via Roma (immaginando al gioco dell’affaccio tra una colonna e l’altra scendendo sulla strada, libera dalle auto). Giochiamo, invece, da qui su, un po’ a “indovina dove si trova” un qualche pezzo della città come si fa quando sei in gita, per esempio a Roma, dal Gianicolo o dal Pincio, carta o mappa alla mano, “ante app” da scaricare. Mio padre indica la bolla e la pista. Ricorda le cronache dei torinesi e dei centomila in coda per un saluto all’Avvocato in una notte gelida di gennaio. Ovviamente mio padre passa in rassegna i turni degli anni andati e della vita consumata a “fabbricare” inanellando nomi, soprannomi di operai addetti alle presse, ai cruscotti, alle porte, alle ruote….scambiando nomi, tradito di tanto in tanto dalla memoria. “Franco, Pacifico, Luigi, Nereo, Pinna…No, forse Pinna era agli stampi, ma a Mirafiori“. Lo lascio parlare, raccontare. Mi infilza “squadre di calcio”, ogni anno coi rispettivi “ricambi”.  Mio padre.  Una vita al lavoro di fabbrica. Un’immagine che stenta ad andare in pensione.Da qui, dalla passerella, raggiungo la stazione del Lingotto. Piazzale saturo di auto per chi ha scelto per l’outdoor il treno in un viaggio combinato gomma-rotaia verso il mare o le valli. Il mare, Genova e Savona sono vicine (cosa avranno fatto registrare i treni della Riviera quest’anno?) cosi le montagne. Biglietteria Lingotto. “Quanto costa il biglietto fino a Porta Susa?” 1 euro e cinquanta” mi risponde. “Due, per favore”. Pago e raggiungiamo con mio padre il binario 3. E’ in arrivo il treno smf o giù di li da Pinerolo e diretto a Torino. Tempo quasi zero e siamo nella pancia di Torino. Immagino “il corpo della città” sopra di noi. E corpi di uomini e donne. Che visitano, osservano, camminano, amano. Incrocio lo sguardo del bigliettaio e allungo i biglietti. Una manciata di minuti e siamo a destinazione. Porta Susa. Il treno prosegue, noi, scale mobili raggiunte, conquistiamo l’uscita. Alcuni treni arrivano dal mare e rilasciano profumo di salsedine. Da quanto tempo non ne sento più il profumo del mare e dell’attesa? Bhò’, chi lo sa. Poi, Porta Susa in treno e da qui, a piedi, Parco Dora, rivisto piacevolmente dopo un lungo inverno. Rivisto recentemente in tv, con il, film “Pulce non c’e’“.  Corsa, basket, calcio, e ogni tipo di gioco di squadra e di  coppie in ogni fazzoletto libero e liberato dalla natura. Rispuntano fiori, plaid e coperte a fiori (ma anche di fiori, che andava bene ugualmente). Un pallone lentamente si dirige verso i miei piedi. Lo raccolgo e lo porgo a mio padre. Il nastro della memoria si riavvolge velocemente. “Papà, tira un calcio al pallone e fallo volare in cielo”.

Per restare in tema di sport e capitale europea dello sport, di qui a poco i mondiali di calcio balilla. Quegli omini rossi e blu attaccati alle stecche che fanno rollare una pallina bianca da una parte all’altra dove quel suono evoca ricordi da bar e da oratorio. Un mondo dello sport che non conosce confini, a partire dall’ accessibilita’ a tutti. Ps. Bellissime le ragazze impegnate in questo gioco.

Verso sera, con cura e pulizia si restutuiva lentamente il parco alla città .Non prima di una birra. Ps.  Un pensiero all’Aquila e ai suoi cittadini, a sei anni dal terremotoTorino 6 4 2014.Parco Dora.Foto Borrelli RomanoTorino Parco Dora.6 4 2015, foto Borrelli Romano20150406_19150520150406_191521Torino.Parco Dora 6 4 2015.foto Borrelli RomanoTorino Parco Dora 6 4 2015.foto Borrelli RomanoTorino 6 4 2015.Foto Borrelli RomanoTorino.6 4 2015.Lingotto.Foto Borrelli RomanoTorino 6 4 2015.da Lingotto.foto Borrelli RomanoTorino Lingotto 6 4 2015.foto Borrelli RomanoTorino Lingotto.6 4 2015.foto Borrelli Romano

Buon primo maggio.

DSC00753Temperature in ribasso. Acqua, pioggia, temporale al mattino presto, così come  era successo ieri, nel tardo pomeriggio. In mezzo un arcobaleno. Ah, quanto è stato triste quell’arcobaleno di sei anni fa. Due passi, verso il “salotto” di Torino, con il pensiero in viaggio,  in prospettiva di domani e del domani. Piazza San Carlo, luogo di conclusione del corteo del primo maggio. Pensiero in retrospettiva,  a quando i palchi, posizionati qui, erano impregnati di passione, sindacale, politica, e dove andavano in scena i comizi, gli amori, le auto torinesi.  Quando via Roma era una “vasca”, lo struscio e la piazza, San Carlo, un parcheggio. Mi posiziono a due passi dal cavallo. Questo tardo pomeriggio, non è “circondato”.  Nessun girotondo in atto. Si offre per essere fotografato. Ma non espugnato. Forse fra due o tre domeniche. (Quando qualcuno si cucirà sulla maglia uno scudetto). Osservo altri fotografare.  Incuriosito e silenzioso. Mi posiziono a sinistra. Cerco la visuale alta e di colpo corrono i film delle foto di classe, quelle delle elementari, di fine anno o di Natale. In piedi e seduti. In alto, a sinistra. Per via dell’altezza.  Talvolta delle panche, per quelli “bassini”. In alto. Sia con il fiocco, a far da cornice al grembiule blu scuro con le tasche, sia con il pon pon che dalla terza elementare avevano sfrattato il fiocco azzurro dei maschietti. E sempre a sinistra, in piedi anche in seguito, alle superiori, quando cominciavano ad “uscire” dagli armadi le prime giacche quadri. In alcune cose, forse, esiste una sorta di predestinazione. Forse  per altezza rilevante, fin dal primo vagito. Anche se, sono più propenso a collocare ciò ad un cassetto della nonna, aperto così, un po’ per gioco, un po’ per noia.  Un’estate calda, caldissima. Pomeriggi eterni e tempi lunghi, lunghissimi. Infiniti. Smetti di giocare e cominci a curiosare. E gli occhi di un bambino, che a malapena legge  finiscono su un documento di lavoro, con il nome e cognome del nonno. Lavorare “oltre confine” di quello che poteva essere. in quel “ventennio” il confine. L’espatrio, pur di lavorare e dire di no a  “quella tessera” che era necessaria per lavorare. La scelta di lasciare tutto e tanti, pur di dire  ancora no a quella tessera.  No, no, no. Il diritto a lavorare senza “omologarsi” ad una dittatura.  Un foglio, quel foglio di “espatrio” per non avere la tessera (impronunciabile) era collocata in alto (a me pareva enorme, quel “settimanale”) a sinistra. Forse, è datare in quell’episodio  la nascita di quella posa assunta in tutte le fotografie, ovvero, in alto a sinistra. E a pensarci bene, anche all’università mi collocavo, in quella famosa aula 34, in alto a sinistra di quello che è stato il parallelepipedo di Palazzo Nuovo. Libri di storia del movimento operaio, pagine, documenti, scritti da altri. Da studiare e difendere.  E diffondere. E non solo. Anche in altre, magari più piccole. E oggi, tanto per non smentire, quando chiedono  ai colleghi, dove possono trovarmi, qualcuno risponde: “lo trovi in alto, a sinistra”. In quel cassetto c’era tutto. Una valigia che ti porti dietro, anche quando non viaggi. Pero’, qualcosa di diverso da un’appendice.  A questo pensavo ai piedi del cavallo, a domani, al corteo del primo maggio, a quelli degli anni passati.  Ai diritti da difendere sempre e comunque anche quando qualcuno continua a negarli o vorrebbe abolirli. Con l’arroganza di chi detiene qualche centimetro di potere e pensa di “potere” in virtù di una piccola e misera scala gerarchica, dimenticandosi che, fortunatamente, l’ordinamento, è ancora democratico, almeno in quelle cose, poche, che ci sono rimaste. Che il movimento operaio ha versato sangue. Che in un’ Italia con una disoccupazione  che “viaggia” al 12 per cento, bisogna per forza, andare al corteo, domani, per reclamarlo, questo benedetto lavoro, e per difendere i diritti e cercare di ampliarli, per chi non li possiede.   Andare col pensiero del nonno, che seppe dire di no, ad ogni forma  di oppressione. Dopo aver esaurito questi pensieri, mi dirigo verso la strada del ritorno. I portici, la stazione, la stazione della metro, la metro che arriva. Fischio. Le porte si aprono. Fischio, le porte si chiudono. Occhi su, alla mappa posizionata in alto a sinistra del vagone della metro. Una, due, tre,  cinque fermate. L’arrivo. Le scale mobili. Per la salita. Pur di non tenere quella parte impronunciabile, scalini a due a due. Per tenere la sinistra. In un batti baleno mi ritrovo in alto. Ovviamente a sinistra.

Un buon primo maggio a tutte. A tutti. Così, anche a chi mi saluta, trovando oggi, in alto, a sinistra.